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giovedì 10 luglio 2025

Valence, i fedeli di fronte all’ingiustizia di mons. Durand

Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera 1233 pubblicata da Paix Liturgique il 9 luglio, in cui si riprende ad esaminare la situazione nella Diocesi di Valence (ne abbiamo scritto di recente QUI, QUI e QUI su MiL).
Ricordiamo che il 15 maggio scorso, con un messaggio su Facebook, mons. François Durand, Vescovo di Valence, ha reso nota la decisione di allontanare dalla Diocesi la Fraternità sacerdotale di San Pietro e sostituirla (per i sacramenti, il catechismo e le attività pastorali) con un sacerdote diocesano, abolendo di fatto la Santa Messa tradizionale quotidiana e gli altri sacramenti.
Alla fine di giugno i quattrocento fedeli hanno scritto una accorata e rispettosa lettera aperta al Vescovo, che ancora non ha risposto.

L.V.


A metà maggio, la Diocesi di Valence e il suo Vescovo mons. François Durand, proveniente dalla Lozère, hanno pubblicato un documento dal titolo sobrio Evolution de la collaboration du diocèse de Valence avec la Fraternité Sacerdotale Saint Pierre [Evoluzione della collaborazione della Diocesi di Valence con la Fraternità sacerdotale di San Pietro: QUI e QUI: N.d.T.], in cui cancellano le Sante Messe tradizionali feriali e i Sacramenti nella Diocesi di Valence, mantiene la Santa Messa tradizionale domenicale ora affidata a sacerdoti diocesani e Cooperatori parrocchiali di Cristo Re, riprende il Catechismo per metterlo sotto il controllo della Diocesi e mantiene alla Fraternità sacerdotale di San Pietro la Santa Messa tradizionale di Montélimar – il cui luogo di culto, la Chapelle Notre-Dame de la Rose, è animato da un’associazione.

Questa ennesima decisione diocesana contro i fedeli della Tradizione, invitati a unirsi alla Diocesi abbandonando la maggior parte delle loro Sante Messe e dei loro Sacramenti, ha giustamente suscitato un forte clamore, in particolare sulla pagina della Diocesi di Valence dove numerosi commenti hanno messo in discussione la decisione di mons. François Durand – piuttosto che dialogare con i fedeli come lascerebbe supporre un approccio sinodale, la Diocesi ha preferito cancellare completamente sia il post che i commenti.

Inoltre, Montélimar – la cappella di don Bryan Houghton, ultimo sacerdote a celebrare ogni giorno la Santa Messa tradizionale, sull’altare maggiore della Cathédrale Saint-Vincent di Viviers, dal 1969 all’inizio degli anni Novanta – e Valence sono tra i primi apostolati della Fraternità sacerdotale di San Pietro, quando questa si è staccata dalla Fraternità sacerdotale San Pio X dopo le consacrazioni del 1988. Ecco ancora una volta che viene ricompensata molto male per la sua fedeltà alla gerarchia della Chiesa…

Alla fine di giugno, quattrocento parrocchiani di Valence e Montélimar hanno interpellato mons. François Durand, Vescovo di Valence, in una lettera aperta (alla fine della lettera) e dall’inizio di luglio alcuni hanno iniziato un digiuno di protesta, dandosi il cambio in tende installate nel parcheggio della chiesa.

Un odio clericale contro un apostolato che ha avuto successo

Per certi versi, la situazione a Valence ricorda quella di Quimper: un apostolato emarginato, ma che ha avuto un successo oltre ogni aspettativa, gelosie clericali, un ripristino previsto da sacerdoti diocesani già oberati di lavoro – Valence non ha tredici sacerdoti da mandare a formarsi all’Abbaye Notre-Dame di Fontgombault, ma ancora una volta, piuttosto che garantire una transizione pacifica nominando un sacerdote responsabile, la Diocesi ha preferito mandarne tre a formarsi all’Abbaye Notre-Dame di Triors che devono darsi il cambio.

A differenza di Quimper, tuttavia, la Fraternità sacerdotale San Pio X è insediata non lontano da Valence, a Chantemerle-les-Blés, dove dispone di una cappella da ottanta posti servita da Lione, e dove metà dei fedeli proviene dal nord dell’Ardèche, ultima «grande frontiera» della Tradizione, dove non esiste assolutamente alcun servizio di alcuna tendenza.

Non è la prima volta che la situazione dell’apostolato a Valence è stata minacciata, ma sembrava essersi stabilizzata in un equilibrio precario finché era presente don Sébastien Dufour F.S.S.P., che svolgeva anche funzioni presso la Diocesi, ma è stato trasferito in Corsica, a Bastia. Don don Bruno Stemler F.S.S.P., proveniente da un altro apostolato ritiratosi alla Fraternità sacerdotale di San Pietro, a Digione, si è concentrato sul suo apostolato, con risultati convincenti, ma probabilmente ha perso l’occasione di essere utile anche alla Diocesi.

Si dice anche che «se la Fraternità sacerdotale di San Pietro non viene cacciata, diversi sacerdoti daranno le dimissioni». Un cenno alla mafia bigoudène, quel gruppo di sacerdoti che ha governato la Diocesi di Quimper e Léon manipolando i Vescovi che si sono succeduti e mantenendo l’omertà su numerosi casi di morale, in particolare negli istituti scolastici di Likes, Kreisker, Relecq-Kerhuon e negli ex seminari minori, ma anche in alcune grandi Parrocchie (Châteaulin). Tuttavia, il velo di silenzio non è sopravvissuto al caso Bétharram, e ogni mese nel Finistère vengono alla luce casi di abusi e violenze – ovviamente, quel poco di unità diocesana che restava non ha resistito a un passato così oscuro, anche se molti altri casi devono ancora essere svelati.

«La Diocesi di Valence è gestita da un piccolo Soviet che grida molto forte e che impressiona i Vescovi di passaggio», osserva un abitante della città. Un piccolo Soviet che non vuole assolutamente essere giudicato sui fatti: Valence è una città molto scristianizzata, in parte legata al suo retaggio protestante e laico, dove la comunità armena (il 10 per cento della popolazione della città dagli anni Venti), molto attiva e che ha recuperato l’antica Église Chapelle Saint-Joseph della Congregazione del Santissimo Redentore, è l’eccezione che conferma la regola.

Il silenzio sugli abusi continua, almeno in apparenza, e la Diocesi di Valence si trova su un terreno instabile, quello della comunità dei Foyers de Charité [Focolari della Carità: N.d.T.], di cui fanno parte diversi istituti scolastici dell’insegnamento cattolico diocesano.

La Diocesi stessa non è realmente uno spazio unico, con poli che comunicano poco tra loro (Valence, Romans, Montélimar nelle valli del Rodano e dell’Isère, dove si concentrano la popolazione e l’occupazione, Die, Crest nell’antica «Drôme des collines», un tempo roccaforte protestante, dove sia il territorio che la religione cosiddetta riformata sono in declino).

A differenza dell’Ardèche, del Vaucluse o della Lozère, non esiste una vera e propria identità e la situazione finanziaria non deve essere delle migliori: contrariamente ai suoi obblighi legali, la Diocesi non pubblica i propri conti sul sito del giornale ufficiale.

Il bollettino diocesano del 2022, che riporta i dati dal 2019 al 2021, dà un’idea della situazione con un risultato corrente in deficit di 690.000 euro nel 2019, 722.000 nel 2020 – l’anno del COVID-19 – e 646.000 euro nel 2021. Dopo le vendite e i lasciti, il risultato eccezionale è stato negativo per 192.000 euro nel 2019, 592.000 euro nel 2020 e 23.000 nel 2021. Lo stesso documento ricorda che nel 2001 c’erano 12.565 donatori al Denier de l’Église [contributo volontario dei fedeli per la Chiesa: N.d.T.], con una donazione media di 116 euro, ma che nel 2021 sono solo 6.516, con una donazione media di 259 euro: il numero dei donatori si è dimezzato in vent’anni. Insomma, la Diocesi di Valence si sta ritirando, come altre…

Una Cattedrale vuota, dove si predica la pace e la collegialità senza crederci

Quando si assiste alla messa solenne delle ore 9:30 nella Cathédrale Saint-Apollinaire di Valence – proprio accanto alla quale si trova l’edificio dove vivono il Vescovo e il Vicario generale – si capisce facilmente perché la Diocesi abbia deciso di cacciare la Fraternità sacerdotale di San Pietro dalla Église Notre-Dame e il carismatico curato della Église Sainte-Catherine a sud del centro città: almeno loro riescono a riempire le loro chiese. E il prossimo bersaglio dell’ira episcopale – o almeno del Soviet ecclesiastico che ha messo le mani sopra – sarà sicuramente il curato della Église Saint-Jean-Baptiste e i suoi cori, a nord del centro città.

La Cattedrale non è nemmeno piena per un terzo, compresi i chierichetti, e la situazione è appena migliore per la Église Saint-Pierre di Bourg-lès-Valence, la Parrocchia che comprende tutti i villaggi a nord di Valence, alle porte di Romans-sur-Isère, piena per metà.

Pochi giorni dopo la decisione della Diocesi di cacciare la Fraternità sacerdotale di San Pietro e di cancellare dalla mappa la maggior parte delle Sante Messe tradizionali e dei Sacramenti a Valence, il Parroco predica nella sua omelia in cattedrale la «collegialità, la partecipazione effettiva di tutti e di tutte», mentre la preghiera universale chiede di «far regnare l’amore e la speranza dove regna la guerra». Solo che questo riguarda evidentemente il Vicino Oriente – che queste belle parole non hanno raggiunto, dato che poche settimane dopo è scoppiata la «guerra dei dodici giorni» tra Iran e Israele.

La preghiera universale, molto marcata, chiede di «dare la pace ai paesi in guerra, agli anziani, ai migranti, alle persone che si impegnano per i migranti». Ma certamente non ai fedeli della Santa Messa tradizionale nella Diocesi di Valencia.

E l’omelia incentrata sull’amore per il prossimo si conclude chiedendo di «accogliere l’amore di Cristo restituendone un po’, affinché questa bella circolazione continui». Ancora una volta, si tratta evidentemente solo di belle parole, che dovrebbero illustrare al meglio la parabola della pagliuzza e della trave. E il cui divario con la realtà fa interrogare sulla legittimità di tali pastori, che non applicano a se stessi e alla loro azione le belle parole, o la Parola, che sembrano tuttavia conoscere e citare a profusione.

Una chiesa (troppo) ben situata?

Per quanto riguarda la Église Notre-Dame di Valence, che un tempo era una Parrocchia progressista con quattro Vicari, quando la Fraternità sacerdotale di San Pietro l’ha recuperata nel 2011 non c’era più nulla. Tuttavia, ben situata a 500 metri dalla stazione ferroviaria – e dalla casa diocesana, situata in un ex convento lungo i binari, di fronte al centro della città, la chiesa è anche molto accessibile dal centro città e dai Comuni limitrofi, poiché non si trova nella zona pedonale.

Un apostolato che viene rimproverato di aver avuto un successo oltre ogni aspettativa

Prima del 2011, la Santa Messa tradizionale veniva celebrata alle estremità della Diocesi – nella Chapelle Notre-Dame de la Rose di Montélimar, piuttosto a sud della Drôme, a Rochegude, alle porte del Vaucluse, una volta al mese, e all’Abbaye Notre-Dame di Triors, fondata nel 1984 come figlia dell’Abbaye Notre-Dame di Fontgombault, a nord di Romans-sur-Isère, che dal 1988 beneficia dell’indulto che permette di celebrare la Santa Messa tradizionale.

«Quando nel 2011 abbiamo iniziato nella Église Notre-Dame di Valence, eravamo una cinquantina; oggi siamo quasi trecento e c’è un grande ricambio tra i fedeli, qui non è proprio Versailles», spiega una parrocchiana – un quarto dei fedeli sono militari, il resto sono famiglie di Valence e del suo agglomerato urbano, provenienti da tutti i tipi di ambiente. Ricorda l’ex Vescovo, ora trasferito a Nancy: «C’erano situazioni di tensione, ma mons. Pierre-Yves Michel ascoltava e capiva. Ora, mons. François Durand non vuole né ascoltare né capire. Abbiamo una situazione in cui egli ritiene che la Santa Messa tradizionale abbia il suo posto nella Diocesi, ma deve poter controllare tutto: i sacerdoti, il catechismo, i fedeli…».

Del resto, la prima petizione online per chiedere al Vescovo di mantenere la Fraternità sacerdotale di San Pietro a Valence non è stata lanciata dai fedeli della Église Notre-Dame di Valence, ma dai fedeli della Diocesi. «In realtà, la Parrocchia si è molto sviluppata dopo il COVID-19. Ma soprattutto ci viene rimproverato il numero di persone che vengono a seguire il catechismo qui – eppure fanno quello che vogliono, è loro libertà di scegliere dove essere catechizzati. A quanto pare per il nostro Vescovo no, devono seguire il catechismo del centro città che non assomiglia a niente», constata un fedele deluso.

Per un altro fedele, «ci rimproverano di non essere in comunione con la Diocesi, ma per realizzare questa comunione siamo noi che dobbiamo separarci dai nostri sacerdoti, dalle nostre Sante Messe infrasettimanali, dai nostri Sacramenti. E ridurci, visto che evidentemente siamo troppi, troppo giovani, troppo devoti e troppo cattolici. Comincia a diventare troppo. Cosa succederà dopo? Mons. François Durand inizierà a perseguitare gli Armeni, perché la Église Chapelle Saint-Joseph della Congregazione del Santissimo Redentore è troppo piena per i suoi gusti, lui che ha una cattedrale vuota?».

Ancora una volta ci si può chiedere quale sia questa propensione a nominare Vescovi provenienti dal deserto in Diocesi più popolate, con la missione di cacciare tutti coloro che riempiono le chiese e trasformare le moltitudini in un deserto di sale… ovviamente senza dialogare con i loro nuovi fedeli, senza ascoltare, senza sentire e senza capire il loro gregge. Conta solo l’ideologia: tutto deve scomparire.

* * *

Lettera aperta dei fedeli legati alla Santa Messa tradizionale nella Diocesi di Valence

Mons. François Durand, cari fratelli e sorelle in Cristo, cari amici, credenti e non credenti, questa lettera aperta è l’espressione della nostra incomprensione, del nostro profondo dolore e della nostra pacifica determinazione di fronte all’ingiusta esclusione della liturgia tradizionale nella nostra Diocesi.

Da diversi anni, in Francia come in altre parti del mondo, i fedeli affezionati alla Santa Messa tradizionale sono progressivamente emarginati, senza un vero dialogo, senza una seria giustificazione pastorale e con la motivazione che la presenza di sacerdoti provenienti da istituti tradizionali, come la Fraternità sacerdotale di San Pietro, disturberebbe alcuni sacerdoti diocesani e sarebbe percepita come una concorrenza nell’evangelizzazione.

Dopo Besançon, Grenoble, Quimper… la comunità dei fedeli legati al rito tradizionale di Valence e Montélimar e all’apostolato della Fraternità sacerdotale di San Pietro è oggi esclusa dalla comunione diocesana. Il sacerdote che ci accompagna da anni con fedeltà e dedizione ha ricevuto l’ordine di lasciare la Diocesi il 1º settembre 2025. La nostra comunità è quindi improvvisamente dispersa, i nostri bambini sono privati del catechismo, i nostri giovani degli incontri spirituali. Le nostre case «Domus Christiani» non beneficeranno più di un accompagnamento pastorale.

Abbiamo appreso questa decisione tramite un semplice messaggio pubblicato il 15 maggio sulla pagina Facebook della Parrocchia di Notre-Dame-du-Rhône. Questo comunicato, freddo e impersonale, ci ha lasciati senza parole.

Come si può quindi pretendere di operare per l’unità della Chiesa distruggendo una comunità vivente di oltre quattrocento persone?

Alla nostra comunità viene rimproverato di essere troppo chiusa in se stessa. Eppure, da anni, è invisibile:
  • gli orari delle Sante Messe tradizionali non compaiono quasi mai nelle pubblicazioni ufficiali della Diocesi;
  • né il Parroco della Parrocchia di Saint-Émilien (Valence) né quello di Notre-Dame-du-Rhône (Montélimar) ci hanno fatto visita pastorale, nonostante le nostre richieste.

Ci accusano di essere una comunità chiusa, mentre i nostri fedeli sono impegnati in opere caritative, come la Società di San Vincenzo de’ Paoli e il Panier du Frère, aiutano i parrocchiani bisognosi e partecipano attivamente alla vita locale ed ecclesiale.

Il nostro sacerdote è ingiustamente accusato di fare concorrenza ai sacerdoti diocesani:
  • perché la sua dedizione attira molti bambini, adolescenti, studenti e famiglie ai suoi corsi di catechismo settimanali;
  • perché si reca instancabilmente da coloro che chiedono preghiere, un sacramento o un accompagnamento spirituale;
  • perché non concelebra, pur obbedendo alla costituzione propria della Fraternità sacerdotale di San Pietro, convalidata da diversi Papi, tra cui papa Francesco nel 2022 e poi nel 2024;
  • perché evangelizza secondo il suo carisma, fedele alla sua vocazione e al suo istituto.

Mentre la Francia si scristianizza, i Vescovi chiudono gli apostolati e bandiscono i Sacramenti nel rito tradizionale che tuttavia attraggono per la loro bellezza, profondità e senso del sacro.

Mentre la Chiesa in Francia manca di vocazioni sacerdotali, i Vescovi allontanano i sacerdoti della Fraternità sacerdotale di San Pietro che invece apportano un vero conforto spirituale, una presenza stabile, una fecondità pastorale.

Ciò che vive oggi la nostra comunità è profondamente ingiusto.

Non capiamo perché a partire dal settembre 2025 noi fedeli legati al rito tradizionale nella Drôme saremo privati di un apostolato che risponde alle nostre esigenze spirituali, di una pastorale fedele all’insegnamento della Chiesa cattolica e di una pastorale che porta frutti attraverso le conversioni e le crescenti richieste dei Sacramenti.

Ciò che chiediamo semplicemente a mons. François Durand, nostro Vescovo, è di poter vivere la nostra fede nella liturgia che la Chiesa non ha mai abrogato. Gli chiediamo solo che il nostro radicamento spirituale sia rispettato. Desideriamo costruire l’unità nella verità, nella carità e nella diversità liturgica. La nostra richiesta non richiede alcun privilegio, ma un diritto legittimo.

Ancor più, affermiamo con forza: la spiritualità tradizionale non è un ostacolo, ma una ricchezza per la Chiesa.

I sacerdoti della Fraternità sacerdotale di San Pietro e di altri istituti tradizionali non sono rivali, ma fedeli e autentici servitori del Vangelo, proprio come lo sono i sacerdoti diocesani. L’evangelizzazione non si fa escludendo una comunità, ma accogliendola.

Questa lettera aperta non è una protesta, tanto meno una rottura. Vuole informare i Cattolici della Drôme e della Francia della realtà che vivono le comunità legate al rito tradizionale: l’esistenza di un’emarginazione silenziosa ma reale di una comunità della nostra Diocesi, la paura di un apostolato che porta frutto e, più in generale, attira l’attenzione sulla presenza di una crisi liturgica.

Nello spirito di sinodalità, tanto promosso negli ultimi anni dalle autorità ecclesiastiche, rivolgiamo a mons. François Durand questo sincero appello:
  • che sia ripristinato l’apostolato tradizionale nella nostra Diocesi;
  • che sia garantito un accesso stabile alla Santa Messa tradizionale, così come ai Sacramenti nel rito straordinario, celebrati da un sacerdote specificamente e fedelmente formato a questa liturgia e alla sua spiritualità;
  • che la voce dei fedeli sia veramente ascoltata affinché la sinodalità non rimanga un concetto teorico, ma diventi una realtà vissuta nella fiducia e nella verità.

A voi che ci ascoltate, che ci leggete, credenti o non credenti, sappiate che siamo Cattolici fedeli alla Chiesa, ai suoi sacerdoti e alla Tradizione. Vogliamo trasmettere questa fede ai nostri figli nella forma liturgica che nutre le nostre anime.

Questa lettera è un grido del cuore.

Un grido doloroso, ma portatore di speranza. Non possiamo più tacere di fronte all’ingiustizia che subiscono le comunità legate al rito tradizionale.

Monsignore, restituiteci il nostro apostolato!

Monsignori, restituiteci i nostri apostolati!

Noi, fedeli di Valence e Montélimar, non vogliamo che un’altra comunità in Francia o altrove debba attraversare la stessa prova: quella di una silenziosa esclusione, di una dolorosa emarginazione, della colpevolizzazione di una sensibilità pur legittima all’interno della Chiesa.

Rifiutiamo anche di assistere, senza reagire, all’emarginazione di sacerdoti devoti, preparati, zelanti, semplicemente perché esercitano il loro ministero secondo il carisma tradizionale e celebrano secondo un rito antico che la Chiesa stessa riconosce e conferma.

Preghiamo, agiamo e rimaniamo nell’amore di Cristo, nella fedeltà alla Chiesa e nella speranza di una giustizia liturgica.

400 fedeli della comunità tradizionale di Montélimar e Valence




2 commenti:

  1. Ordinato vescovo il 10/3/2024 ......Uno degli ultimi regali del tanto amato Bergoglio.

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    1. Ha già due caratteristiche che apprezzo: scelto da Francesco ed indigesto ai tradizionalisti. Senz’altro un ottimo pastore.

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