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sabato 5 aprile 2025

Sinodo Cei, scontro su gay e donne (con tante spinte pro “aperture”)

Pro sodomiti e pro femministe alla riscossa.
Hanno contestato il documento delle proposizioni da votare: lobby gay e teologhe femministe. La Noceti  e padre Piva, gesuita, hanno fatto da registi. Sono i due gruppi di pressione soprattutto Padre Piva e la "teologa" Nocetti.
QUI Franca Giansoldati.
Nico Spuntoni: "Flop all’assemblea sinodale. L’élite del laicato si ribella".
Affari Italiani – Fabio Carosi: "Su gay e donne i vescovi divisi: salta l’accordo per il Sinodo:  “…Su “accompagnamento delle persone in situazioni affettive particolari” insieme a “responsabilità ecclesiale e pastorale delle donne” non c'è stata unanimità , anzi si è vociferato di un 'assemblea partecipata da “ribelli” che non hanno accettato l'apertura ai gay e ad un maggior coinvolgimento delle donne nelle comunità diocesane e parrocchiali…. monsignor Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale del cammino sinodale: “Abbiamo ribadito che la Chiesa non è composta da guide che ignorano il “sentire” del popolo (di Dio), tirando dritto come se avessero sempre ragione - cosa purtroppo molto diffusa oggi nelle tendenze sovraniste e dittatoriali - ma è composta da guide chiamate a discernere la presenza e l’azione dello Spirito nel Popolo di Dio, del quale fanno parte”".
Luigi C.


Molto, se non tutto, da rifare. La fase conclusiva del Cammino sinodale della Chiesa italiana – che doveva pronunciarsi sul testo delle 50 Proposizioni raccolte sotto il titolo «Perché la gioia sia piena» – è stata segnata non solo da un nulla di fatto, ma in buona sostanza da un rinvio del testo, giudicato da più parti deludenti, nonostante quello in esame fosse un documento di sintesi di ben quattro anni di lavoro della Chiesa italiana. Addirittura, secondo quanto riferito da Famiglia Cristiana, oltre il 95% degli interventi sulle 50 Proposizioni è «stato critico». Per questo l’Assemblea, suddivisa in 28 gruppi con 957 delegati presenti – di cui 176 vescovi, 246 presbiteri, 442 laici, 31 consacrati, 18 diaconi, 44 tra religiosi e religiose delle 226 diocesi (su 229) non ha potuto decidere.
O, meglio, ha deciso – attraverso il voto di una mozione, che ha incassato 835 favorevoli, 12 contrari e 7 astenuti (su 854 votanti) – che il testo «Perché la gioia sia piena» sia pesantemente rimaneggiato.
Così il testo è stato affidato alla Presidenza del Comitato Nazionale del Cammino sinodale affinché, con il supporto del Comitato e dei facilitatori dei gruppi di studio, provveda – per sabato 25 ottobre, in occasione del Giubileo delle équipe sinodali e degli Organismi di partecipazione – alla redazione finale, accogliendo emendamenti e aggiustamenti che, alla luce di quanto poc’anzi detto, sarebbero stati troppo numerosi per poter consentire una votazione nella convocazione del Cammino sinodale da poco conclusasi ieri e convocato a partire dal 31 marzo.

«Il testo proposto di fatto è apparso inadeguato», ha infatti spiegato monsignor Erio Castellucci, Presidente del Comitato Nazionale del Cammino sinodale, prima del voto della mozione del rinvio al 25 ottobre, «l’Assemblea di martedì mattina e le moltissime proposte di emendamento avanzate dai 28 gruppi richiedono un ripensamento globale del testo e non solo l’aggiustamento di alcune sue parti. I gruppi in queste due mezze giornate hanno lavorato molto bene, intensamente e creativamente, ritrovando nel testo talvolta anche ricchezze che non emergevano ad una prima lettura, e hanno integrato e corretto il testo; che tuttavia non si presenta ancora maturo».

Per quanto riguarda «le moltissime proposte di emendamento avanzate dai 28 gruppi», anche se non è dato conoscere i testi esatti di questi emendamenti, sappiamo tuttavia che tra i temi ritenuti più prioritari dalla base – per pervenire ad un «testo più maturo», come dichiarato dal Presidente della Cei, Cardinale Matteo Zuppi, nell’Aula Paolo VI – ci sono «l’accompagnamento delle persone in situazioni affettive particolari» e la «responsabilità ecclesiale e pastorale delle donne»; il che, tradotto dal curialese, corrisponde ad una maggiore richiesta di “aperture” verso le persone che vivono non solo una attrazione ma anche una relazione omosessuale e verso il ruolo delle donne. Tutto molto curioso, anche perché nel testo tanto criticato delle aperture già ci sono.

La proposizione n°5, per esempio, indica già che «le diocesi, avvalendosi anche di esperienze formative, prassi già in atto, si impegnino nella formazione di operatori e nuovi percorsi perché le comunità siano compagne di viaggio e favoriscano l’integrazione delle persone che soffrono perché si sentono ai margini della vita ecclesiale a causa delle loro relazioni affettive o condizioni familiari ferite o non conformi al matrimonio sacramentale (sposati civilmente, divorziati in seconda unione e conviventi eccetera) o del loro orientamento sessuale e della loro identità di genere». Comprensibile, quindi, quanto detto dallo stesso Castellucci: «Come vedete non sono neanche tanto chiuse, queste proposizioni».

Allo stesso modo, non mancano nel documento rinviato riferimenti alle donne, perché, se da un lato si è criticato il fatto di aver espunto il riferimento al diaconato, dall’altra è rimasta comunque una sostanziale apertura laddove si dice che è necessario «promuovere la nomina di donne (laiche e religiose) a guida di uffici diocesani, in ruoli di responsabilità pastorale in diocesi, parrocchie e associazioni, […] di promuovere il loro accesso ai ministeri istituiti, perché – come lettrici, accolite, catechiste e referenti di piccole comunità – possano servire le comunità cristiane […]». Solo pochi anni fa ciò sarebbe stato, se non impensabile, certo difficile da leggere. Eppure si son comunque registrate spinte affinché su questi temi si faccia di più e meglio, anche se non è esattamente chiaro come.

Quello che invece è chiaro, allargando lo sguardo, è che ciò che ha a gran voce richiesto l’Assemblea sinodale, seppellendo di emendamenti il testo proposto dal Comitato Nazionale del Cammino sinodale – e costringendo così ad un rinvio ad ottobre della votazione finale – è la solita agenda progressista che sta tanto a cuore ad alcune chiese europee, mentre altre – peraltro ben più povere, giovani, fiorenti e dinamiche (pensiamo a quelle africane) – non voglio vedere neppure da lontano. Si tratta di richieste peraltro avanzate nei 28 gruppi con toni molto accesi, se persino monsignor Castellucci ha alluso a «numerosi i punti che hanno sollevato criticità», a «momenti di tensione» ad un’«Assemblea “ribelle» – salvo poi subito definirla bonariamente «viva, critica, leale».

Vedremo ora ciò che accadrà in autunno e quale sarà il testo sottoposto all’Assemblea e infine votato, benché sempre Castellucci abbia cercato di smorzare da subito certi entusiasmi. Queste le sue esatte ed integrali parole: «Anticipo che vorremmo fare un passo avanti, non “tirare una riga” e ricominciare, perché abbiamo alle spalle quattro anni di Cammino delle nostre Chiese: vorremmo andare verso un testo che, pur mirando alla sintesi e orientandosi a decisioni votabili (prima o poi occorre pure decidere), sia più discorsivo del presente testo delle Proposizioni, anche emendato con i lavori di questi giorni, e più ricco e profondo».

Ora, il riferimento al fatto che sarà un testo «anche emendato» ma che non tirerà, rispetto a quanto tanto criticato (e comunque non così privo di “aperture”), una «riga sopra», lascia intendere le spinte più “aperturiste” emerse nei 28 gruppi in questi giorni di lavoro non saranno accontentate; ma certo, ecco, qualcosa si farà. A margine di questo, e pur con tutto il rispetto per l’«Assemblea “ribelle» – nella quale ci permettiamo di immaginare che abbiano avuto un forte peso i laici (essendo, solo loro, molto centinaia) –, riteniamo che abbia ragione monsignor Castellucci quando dice che la «Chiesa non è composta da guide che ignorano il “sentire” del popolo (di Dio), tirando dritto come se avessero sempre ragione».

Il fatto è che la Chiesa non può neppure – come invece, pare, vorrebbero non pochi laici ma non solo – ridursi ad una realtà in cui le pecore, che in questi tempi difficili vivono sulla loro pelle certamente tante ferite (ma sono anche le più esposte alla secolarizzazione, alle mode e, direbbe un certo Joseph Ratzinger, «ai venti di dottrina»), pretendono di guidare i pastori. In questo senso, la sensazione è che lo stesso metodo sinodale possa evidenziare, come ogni cosa umana, dei rischi pesanti, a partire da quello secondo cui un popolo giustamente ascoltato possa poi diventare un popolo che si alza in piedi, che pretende e mai sazio. Speriamo naturalmente di sbagliarci, ma vedremo. Il 25 ottobre non è poi così lontano 

(Foto: Screenshot TG2000, YouTube)

1 commento:

  1. Questi documenti sinodali di laici e Vescovi hanno validità magisteriale?
    A mio avviso non hanno il valore magisteriale pieno di un collegio di Vescovi riunito ed orante.
    Nel futuro, guardando a 2000 anni di Tradizione, non saranno molto considerati.

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