Per colpa della guerra non ci sarà un’Esortazione Apostolica post-sinodale. Lo
ha detto Papa Francesco Nell’allocuzione con cui Francesco ha chiuso, lo
scorso 26 ottobre, la XVI Assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi, due
Sessioni dedicate alla sinodalità, Il Santo Padre ha detto che non scriverà
un’Esortazione Apostolica post-sinodale. Questa decisione, del tutto
inattesa, è stata spiegata così: “In
questo tempo di guerre dobbiamo essere testimoni di pace, anche imparando a
dare forma reale alla convivialità delle differenze. Per tale ragione non
intendo pubblicare una Esortazione apostolica”, basta quello che abbiamo
approvato". (Saluto del Pontefice alla chiusura del Sinodo, 26 ottobre
2024). Per il Papa si tratta di un suo gesto per “dare forma reale alla convivialità delle differenze” e quindi “testimone di pace” in “tempi di guerra”. Molto interessante quanto ha detto il Santo Padre ma è anche sorprendente. Perché la pubblicazione di un documento pontificio così rilevante come un’Esortazione apostolica, per di più dedicata alla Chiesa sinodale, potrebbe essere qualcosa di guerrafondaio al punto di bloccarlo? E’ un ragionamento alquanto insolito e inadatto. Intanto, una certa stampa ha molto sottolineato
il fatto che il Documento Finale, per volere del Papa, sia stato reso
pubblico subito dopo finite le 155 votazioni. Si è elogiato questa decisione
con la solita espressione: “è la prima volta che un Papa …”, … “mai visto
prima”, “sorprendente”. Bergoglio in questo Saluto così ha spiegato
questa sua iniziativa: “Nel Documento ci sono già indicazioni
molto concrete che possono essere di guida per la missione delle Chiese, nei
diversi continenti, nei diversi contesti: per questo lo metto subito a
disposizione di tutti, per questo ho detto che sia pubblicato. Voglio, così,
riconoscere il valore del cammino sinodale compiuto, che tramite questo
Documento consegno al santo popolo fedele di Dio”. Il 31 maggio 2007, ad Aparecida, Papa Benedetto
XVI autorizzò la pubblicazione immediata del corposo documento conclusivo
della VI° Assemblea generale delle 22 Conferenze episcopali dell’America
Latina. Questo gesto è stato veramente il primo di un Papa. Precedentemente,
in cinque Assemblee continentali questi documenti conclusivi aspettarono
anche più di un anno l’autorizzazione della Santa Sede per essere pubblicati. |
Ecco cos'è, ufficialmente, la "Sinodalità" a conclusione di un percorso durato tre anni: "E' un cammino di rinnovamento spirituale e di riforma strutturale per rendere la Chiesa più partecipativa e missionaria…"
- Il Papa
annuncia: che non ci sarà un'Esortazione apostolica post-sinodale e così chiude
in sordina un percorso sempre più cauto e liquido. Molto rumore per nulla.
Dal giorno in cui venne
anticipato, oltre tre anni fa, che la XVI Assemblea Generale Ordinaria del
Sinodo dei Vescovi (2024) sarebbe stata incentrata sulla “sinodalità”, la
domanda più ricorrente è stata: ma, cos’è questa sinodalità oltre ad essere un aggettivo
da associare a processi, decisioni, riforme, strutture, stili, ecc?
Le risposte sono decine, spesso contradditorie, ma
comunque sovente imprecise e confuse.
Oggi, ed è molto importante sottolinearlo, il Documento
Finale della Seconda Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo
dei Vescovi, al paragrafo 28 offre una risposta ufficiale e autorevole. (Testo integrale).
N° 28. "Significato
e dimensioni della sinodalità.
“I termini “sinodalità” e “sinodale” derivano
dall’antica e costante pratica ecclesiale del radunarsi in sinodo. Nelle
tradizioni delle Chiese d’Oriente e d’Occidente la parola “sinodo” si riferisce
a istituzioni ed eventi che nel tempo hanno assunto forme diverse, coinvolgendo
una pluralità di soggetti. Nella loro varietà tutte queste forme sono
accomunate dal radunarsi insieme per dialogare, discernere e decidere. Grazie
all’esperienza degli ultimi anni, il significato di questi termini è stato
maggiormente compreso e più ancora vissuto. Sempre più essi sono stati
associati al desiderio di una Chiesa più vicina alle persone e più relazionale,
che sia casa e famiglia di Dio. Nel corso del processo sinodale è maturata una
convergenza sul significato di sinodalità che sta alla base di questo
Documento: la sinodalità è il camminare insieme dei Cristiani con Cristo e
verso il Regno di Dio, in unione a tutta l’umanità; orientata alla missione,
essa comporta il riunirsi in assemblea ai diversi livelli della vita ecclesiale,
l’ascolto reciproco, il dialogo, il discernimento comunitario, il formarsi del
consenso come espressione del rendersi presente di Cristo vivo nello Spirito e
l’assunzione di una decisione in una corresponsabilità differenziata. In questa
linea comprendiamo meglio che cosa significa che la sinodalità è dimensione
costitutiva della Chiesa (cfr. CTI, n. 1). In termini semplici e sintetici, si
può dire che la sinodalità è un cammino di rinnovamento spirituale e di riforma
strutturale per rendere la Chiesa più partecipativa e missionaria, per renderla
cioè più capace di camminare con ogni uomo e ogni donna irradiando la luce di
Cristo." (Fonte: Documento Finale, 26 ottobre 2024).
Una nostra
sintesi del concetto
❏
La sinodalità
(sinodale) - dimensione costitutiva della Chiesa - è un cammino di rinnovamento
spirituale e di riforma strutturale per rendere la Chiesa più partecipativa e
missionaria.
❏ Si tratta dunque del camminare insieme di
tutti i Cristiani con Cristo, verso il Regno di Dio, in unione con tutta
l’umanità. Ciò rende la Chiesa più vicina alle persone e più relazionale, più
capace di camminare con ogni uomo e ogni donna irradiando la luce di Cristo.
❏ La sinodalità, così intesa, comporta il
riunirsi in assemblea ai diversi livelli della vita ecclesiale, l’ascolto
reciproco, il dialogo, il discernimento comunitario, il formarsi del consenso
come espressione del rendersi presente di Cristo vivo nello Spirito e
l’assunzione di una decisione in una corresponsabilità differenziata.
Senza
guantoni. La “guerra” evitata
Il clima precedente all’assise sinodale in
Vaticano si presentava diviso. Da un lato era già definitivamente evidente che
l’assemblea sinodale sarebbe stata, come è avvenuto, serena e scontata, non
bellicosa ed educatamente irrilevante. Dall’altro lato, si pensava invece che
ci sarebbe, fuori dal Sinodo, ma in parallelo, una dinamica mediatica piuttosto
polemica. Questo però non è accaduto. A un evento piatto, blindato e calcolato
anche nel minino di ogni cosa, è corrisposta un’indifferenza notevole della stampa,
quasi snob.
Nulla di tutto ciò è stato casuale e aleatorio. La
dinamica mediatica si è profilata adeguandosi allo svolgimento dell’assise.
Ovviamente, a monte, c’era la decisione e il volere di Papa Francesco che aveva
cattato il bisogno di portare a termine il Sinodo senza guantoni e senza prove
di forze.
Di questa strategia fa parte la decisione di non
pubblicare un’Esortazione apostolica post-sinodale, palesemente un controsenso,
dopo due sessioni incentrate sul camminare insieme per essere “Chiesa sinodale:
comunione, partecipazione, missione”.
·
Dov’è il “nuovo” dopo tre
anni?
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Perché si fa un’operazione
di questo tipo?
·
Il pontificato della
sinodalità?
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Un’occasione persa?
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Un Sinodo mancato
Ma tutto quanto si dice nel paragrafo 28 del
Documento Finale era già conosciuto nella Chiesa e la sua gerarchia ne ha
parlato sempre, da decenni, anzi secoli. Lo hanno detto diversi Vescovi di Roma
e lo stesso Papa Francesco lo ha scritto e ripetuto dal 2013, quando nella sua
mente e in quella dei suoi collaboratori non c’era benché la minima traccia di
questa prospettiva annunciata ora come “un cammino di rinnovamento spirituale e
di riforma strutturale”. Nulla di tutto ciò che ora va sotto la denominazione
di ‘sinodalità’ si trova nel magistero episcopale bonaerense di Jorge Mario
Bergoglio e neanche nel famoso documento della Chiesa dell’America Latina
firmato ad Aparecida.
Sono tutte questioni emerse, elaborate e proposte
in questi ultimi anni del pontificato e offrono un altro modo di leggere principi,
concetti e pratiche già nel cuore del cattolicesimo da sempre. L’intero fedele
santo Popolo di Dio dei nostri tempi è stato evangelizzato con questi concetti,
con queste parole e con questi stili di vita.
Dove c’è allora la novità che giustifica il
percorso triennale che ha portato a ripetere quanto già conosciuto e ribadito?
Da queste constatazioni nasce buona parte della
reazione irritata di moltissimi cattolici nel mondo di fronte a frasi logore e
astiose tipo: “la Chiesa sinodale
accoglie il grido di chi soffre”, “la
sinodalità apre le porte della Chiesa a tutti” oppure “ricominciare daccapo con lo stile e il metodo sinodali”.
Allora ci si domanda: nelle decine di secoli
precedenti della vita della Chiesa non era mai accaduto nulla di simile?
Senza la sinodalità scoperta e proposta da
Francesco, la Chiesa quindi non ascoltava i poveri, non era vicina ai
sofferenti? La “nuova” Chiesa di cui si parla comincia con Papa Bergoglio?
Questo mantra è un copia/incolla di uno precedente,
usato per anni, quello del “Papa della
prima volta”. Per cinque sei anni ogni cosa che faceva o diceva il Santo
Padre veniva illustrato come “la prima volta” di un Papa e ciò, regolarmente,
era un falso clamoroso. E’ accaduto ancora poco fa, sabato 26 ottobre, in
occasione della chiusura del Sinodo.
Come mai la sinodalità, “dimensione costitutiva
della Chiesa”, per raggiungere un “rinnovamento spirituale” e fare “una riforma
strutturale per rendere la Chiesa più “partecipativa e missionaria”, si scopre
solo ora nel 2024, dopo quasi dodici anni di pontificato di Papa Francesco?
“Dialogare,
discernere e decidere … camminando tutti insieme” è un indirizzo del
magistero pontificio, e dell’episcopale in generale, con il quale, le
generazioni più anziane del cattolicesimo, sono cresciute nella fede così come da
sempre i fedeli antenati.
Una grande
occasione persa perché la vera questione era la collegialità nella Chiesa a 60
anni dal Concilio.
Adesso le due Sessioni del Sinodo, al momento
della loro conclusione, ribadiscono tutto quello che è stato già detto, anche
nei pontificati più recenti, conciliari e post conciliari, da Roncalli a
Ratzinger (1958 - 2013). Da quanto si legge nelle decine e decine di documenti
sinodali, si capisce sostanzialmente questo: sinodalità e sinodale sono la
riforma (strutture) e il rinnovamento (spirituale) della Chiesa voluti da Papa
Francesco e questo messaggio deve passare come definizione storica del
pontificato di Jorge Mario Bergoglio.
Si dice e si scrive testualmente: Francesco è il
Papa sinodale, il Papa del “cammino del rinnovamento spirituale e della riforma
strutturale per rendere la Chiesa più partecipativa e missionaria”.
Tutto bene, ma le cose realmente non stanno così.
Quello di Francesco, quando sarà la storia e non
la cronaca, sarà illustrato come il pontificato più autoritario e accentratore degli
ultimi cent’anni e le due Sessioni sinodali con le quali si vuole accreditare pratiche
e stili sinodali, - “partecipazione, ascolto e comunione" - sono state
esse stesse un concentrato di dirigismo gerarchico, estremo e frustrante. O
meglio: in questo pontificato dopo quasi dodici anni si può dire che nella “partecipazione,
ascolto e comunione” sono stati coinvolti solo una parte delle gerarchie e i
fedeli amici o vicini.
Il Sinodo
mancato
Trascrivo qui una riflessioni che ho ricevuto via
mail da un prelato importante che ha presso parte alle due Sessioni sinodali: “Questi incontri sono stati utili per
discutere solo con chi era già d’accordo poiché il principio supremo era solo quello
di ubbidire. Se l’istituzione sinodale creata da Paolo VI è nata per
l’esercizio della collegialità episcopale, perché non si è scelto allora come
tema centrale questa collegialità, ma vista 60 anni dopo il Concilio Ecumenico
Vaticano II, in un mondo sconvolto e devastato, per di più oggi ostaggio di una
crisi globale di civiltà? A sostegno di tale scelta, le sedute e i partecipanti
avrebbero avuto le conclusioni del Sinodo del 1969, centrato sulla collegialità
e le Conferenze episcopali, e soprattutto il documento della Commissione
Teologica Internazionale sulla “sinodalità nella vita e
nella missione della Chiesa”
(2014-2017) dal quale il Documento Finale dello scorso 26 ottobre attinge
abbondantemente”.
Consenso e
corresponsabilità
Un'affermazione centrale in quest'ampia
descrizione della pratica e dello stile sinodali è questa: sinodale implica
"il riunirsi in assemblea ai diversi livelli della vita ecclesiale,
l’ascolto reciproco, il dialogo, il discernimento comunitario, il formarsi del
consenso come espressione del rendersi presente di Cristo vivo nello Spirito e
l’assunzione di una decisione in una corresponsabilità differenziata".
L'appello a “riunirsi” in assemblea a tutti i
livelli è chiaro anche perché la parola Chiesa, da sempre, ha avuto il medesimo
significato: Assemblea. Si potrebbe dire in modo semplice ma vero che riunirsi,
nella Chiesa, non è stato mai un problema. Sorgono però molti dubbi e
perplessità su tre concetti esposti senza precisazioni o spiegazioni e che sono
ambigui. Ecco i punti:
(a) discernimento comunitario
(b) formarsi del consenso
come espressione del rendersi presente di Cristo vivo
(c) assunzione di una
decisione in una corresponsabilità differenziata
“Rimane
dunque l’esigenza di proseguire il discernimento a riguardo.”
Con riferimento al prelato già citato sembra molto
importante trascrivere una sua riflessione come vescovo di una diocesi
importante: “Leggendo questi tre punti
resto perplesso se per un attimo guardo la questione dall’ottica di 15 o 20
laici presenti in una riunione con me per discutere affari diocesani. Mentre il
“discernimento comunitario” appare comprensibile e possibile a volte con fatica
ciò che il Documento presenta formazione del “consenso come espressione del
rendersi presente di Cristo vivo” appare invece abbastanza incomprensibile per
i fedeli e anche per me in quanto vescovo … quando il consenso non è possibile
non c’è presenza del Cristo vivo? Come, quando e sulla base di quali criteri si
ferma un processo di questo tipo che risulta inconcludente? Su cosa si sta
parlando realmente? Poi, la questione “corresponsabilità differenziata” dove
porta se si vuole essere onesti? Porta al punto di partenza: alla fine decide
sempre il Pontefice, il vescovo o il parroco”.
Insomma, conclude il documento a proposito della
"sinodalità": "Essa deve esprimersi nel modo ordinario di vivere
e operare della Chiesa. Tale modus vivendi et operandi si realizza attraverso
l’ascolto comunitario della Parola e la celebrazione dell’Eucaristia, la
fraternità della comunione e la corresponsabilità e partecipazione di tutto il
Popolo di Dio, ai suoi vari livelli e nella distinzione dei diversi ministeri e
ruoli, alla sua vita e alla sua missione» (CTI, n. 70a)".
Tutto questo nella Chiesa si dice e si ascolta, si
spiega e si predica da secoli. Oggi dove c'è la novità, il rinnovamento e la
riforma?
Il Sinodo non ha dato nessuna risposta alle
questioni più rilevanti e sensibili che lo stesso Papa anticipa da qualche anno.
Nel Sinodo, ogni qualvolta si doveva trovare una risposta nel Documento Finale
si legge questa frase: “Rimane dunque l’esigenza di proseguire il discernimento
a riguardo.”
Oggi no! Forse
domani.
Il Sinodo, in due sessioni, sostanzialmente non ha
deciso nulla di importante per la vita della Chiesa. I molti belli auspici, e
le belle parole, non trovano un ancoraggio in decisione reali e concrete. Le
cose rilevanti sono state tutte rinviate al momento in cui i "tempi
saranno maturi". Oppure saranno studiate da gruppi di esperti.
Quindi oggi no! Forse domani.
Questo meccanismo è stato descritto dallo stesso
Santo Padre con queste parole nel Saluto conclusivo all'Assemblea il 26 ottobre
scorso:
"Su alcuni aspetti della vita della Chiesa
segnalati nel Documento, come pure sui temi affidati ai dieci “Gruppi di
Studio”, che devono lavorare con libertà, per offrirmi proposte, c’è bisogno di
tempo, per giungere a scelte che coinvolgono la Chiesa tutta. Io, allora,
continuerò ad ascoltare i Vescovi e le Chiese affidate a loro. Questo non è il
modo classico di rimandare all’infinito le decisioni. È quello che corrisponde
allo stile sinodale con cui anche il ministero petrino va esercitato: ascoltare,
convocare, discernere, decidere e valutare. E in questi passi sono necessari le
pause, i silenzi, la preghiera. È uno stile che stiamo apprendendo insieme, un
po’ alla volta. Lo Spirito Santo ci chiama e ci sostiene in un questo
apprendimento, che dobbiamo comprendere come processo di conversione." (Fonte)
“In questo tempo di guerre dobbiamo essere testimoni di pace, anche imparando a dare forma reale alla convivialità delle differenze. Per tale ragione non intendo pubblicare una Esortazione apostolica” Benny Hill, risate, sipario.
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