Un anno fa,
il 27 ottobre 2023, Papa Francesco derogava alla prescrizione nella vicenda
Rupnik per permettere un processo canonico per abusi. Come stanno le cose?
Il 27 ottobre 2023, a
sorpresa, (era il penultimo giorno della Prima sessione del Sinodo), e dopo
insistenti indiscrezioni che parlavano per la prima volta di un diretto coinvolgimento
della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori nello scandalo dell'ex
gesuita sloveno, famoso mosaicista, Marko Ivan Rupnik, il Papa fece rendere
pubblicò il seguente comunicato:
"Nel
mese di settembre la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori ha
segnalato al Papa gravi problemi nella gestione del caso di P. Marko Rupnik e
la mancanza di vicinanza alle vittime. Di conseguenza il Santo Padre ha chiesto
al Dicastero per la Dottrina della Fede di esaminare il caso e ha deciso di
derogare alla prescrizione per consentire lo svolgimento di un processo. Il
Papa è fermamente convinto che se c’è una cosa che la Chiesa deve imparare dal
Sinodo è ascoltare con attenzione e compassione coloro che soffrono,
soprattutto coloro che si sentono emarginati dalla Chiesa".
La scomunica tolta
Fino ad oggi, quasi un anno dopo la decisione del
Pontefice nulla si sa sullo svolgimento del processo contro Rupnik che in
passato - 2019/2023 – non si è potuto fare poiché i reati a lui contestati
(perpetrati in un arco di 30 anni) erano caduti in prescrizione. Allora venne
processato solo per il delitto di “assoluzione in confessione di una complice”.
Per questo gravissimo delitto Rupnik, giudicato colpevole dal Dicastero per la
Dottrina della Fede, fu scomunicato a metà maggio 2020 e poi, dopo pochi
giorni, questa scomunica venne tolta.
Tolta da chi? Dall’unica persona che all’interno
delle Mure vaticane poteva farlo: Papa Francesco. Le indagini e il processo del
Vaticano, dopo un primo intervento investigativo della Curia generalizia dei
Gesuiti, finì con l’espulsione del prete dalla Compagnia e il trasferimento del
caso nel territorio dello Stato Città del Vaticano del quale il Santo Padre
Francesco è Sovrano.
Poi, il mosaicista nonché teologo - potente,
influente e ricco - il 15 giugno 2023 venne espulso dai Gesuita per non aver
ubbidito a diverse disposizioni impostegli nelle corso delle indagini. Il 27
luglio 2023, in rappresentanza della Compagnia, superiore di Rupnik (p. Johan
Verschueren), con una lettera dolorosa annunciò che non c’era stato appello da
parte del prete sloveno e quindi l’espulsione era diventata definitiva.
L’intervento
(inevitabile) del Papa e le pressioni.
Poche settimane dopo p. Rupnik si fece incardinare
nella diocesi slovena di Capodistria alla quale è stato da sempre molto legato.
Più o meno in questo periodo, a seguito della
prima iniziativa - molto riservata e direttamente presso la persona del Papa -
della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori e persone vulnerabili -
Francesco prende la decisione di mandare ad un secondo processo canonico al
prete sloveno derogando alla prescrizione. Questa Commissione, presieduta dal
card. S. O’Malley, non si era mai pronunciata su questa vicenda seppure le
vittime erano donne adulte e vulnerabili. E’ noto che queste realtà delicate e
complesse sono il terreno preferito degli abusatori seriali che dall’abuso di
potere e di coscienza arrivano al loro scopo centrale: l’abuso sessuale. Non a
caso la predazione e i conseguenti abusi si sono registrati per decenni
all’intero della Comunità di Loyola, gruppo di donne consacrate fondata dallo
stesso Marko Rupnik e Ivanka Hosta (anche lei indagata, processata e
sanzionata).
Correggere
radicalmente la rotta o dimenticare come se niente fosse?
Sono le pressioni dell’opinione pubblica e quelle
rilevanti del cardinale O’Malley e della Pontificia Commissione per la Tutela
dei Minori e persone vulnerabili, i moventi ultimi della decisione di Papa
Francesco che un anno fa nessuna aspettava meno che mai alla fine della Prima
sessione del Sinodo sulla sinodalità.
In quei giorni la stessa Pontificia Commissione
per la Tutela dei Minori e delle persone vulnerabili in una sua nota ha voluto
sottolineare "l'importanza del ruolo che una cultura della salvaguardia
dovrebbe svolgere in qualsiasi teologia del ministero, della leadership o del
culto. Il cuore del mandato della Chiesa è quello di rendere tutti sicuri, di
proteggere i vulnerabili da qualsiasi cosa li minacci".
La Pontificia Commissione aveva sottolineato al
Pontefice questioni che, discretamente, aveva discusso anche con alcune vittime
del prete sloveno: da un lato, poca trasparenza e linearità nella gestione del
caso e mancanza di empatia e di vicinanza alle donne coinvolte. Tra altro nessuna
di queste vittime aveva ricevuto risposta alle lettere fatte recapitare in
Vaticano in quest’ultimo decennio.
Ad un anno di distanza dall’inizio del processo non
resta che aspettare. Sullo sbocco circolano svariate indiscrezioni, a volte
sospette. L’unica cosa che ora conta è la vigilanza per impedire l’0blio, che
sarebbe l’ingiustizia finale per le vittime già colpite da altre ingiustizie,
umiliazioni, menzogne e calunnie.