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sabato 15 giugno 2024

Mons. Lodewijk Aerts, Vescovo di Bruges, ovvero il Cattolicesimo fiammingo in via di estinzione. Parte 2: La grande deriva dei Vescovi fiamminghi

Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera numero 1051 pubblicata da Paix Liturgique il 13 giugno, in cui si prosegue l’analisi della situazione della Chiesa cattolica nella Diocesi di Bruges (Regione delle Fiandre, nel Belgio settentrionale) (QUI su MiL la prima parte), dopo la Diocesi di Anversa (QUI e QUI su MiL) e l’Arcidiocesi di Malines-Bruxelles (QUI e QUI su MiL).
In particolare ci si sofferma sulla deriva pastorale del Vescovo ultra-progressista mons. Lodewijk Aerts e, più in generale, dei Vescovi fiamminghi, i quali, rinnegato l’«eroismo della fede», si barcamenano tra scandali sessuali ed asservimento alla lobby LGBT.

L.V.


Va detto che mons. Lodewijk Aerts, Vescovo di Bruges, ha ereditato una situazione diocesana difficile a causa dello scandalo provocato dalla condotta del suo predecessore, mons. Roger Joseph Vangheluwe, costretto alle dimissioni nel 2010 e appena punito, in via eccezionale, con la «riduzione allo stato laicale».

Una Diocesi di Bruges scossa

Nell’autunno 2016, il quotidiano La Libre Belgique spiegava che mons. Lodewijk Aerts era stato inviato a Bruges – una Diocesi indebolita da casi di abusi che hanno particolarmente scosso i fedeli, come il «diacono assassino» di Menin o gli abusi commessi da mons. Roger Joseph Vangheluwe – perché era l’unico possibile:

La scelta di papa Francesco è stata comunque attentamente ponderata e non è stata certo fatta per difetto: ci risulta che mons. Lodewijk Aerts fosse effettivamente nella «terna» – ovvero la lista di tre nomi presentata a Roma da mons. Giacinto Berloco, Nunzio apostolico uscente del Belgio e Lussemburgo. In realtà, sembra che all’ombra della Basilica di San Pietro, egli fosse ancora un po’ «in riserva» per la nomina a Vescovo di… Gand, quando mons. Lucas Van Looy S.D.B. si è definitivamente ritirato. Mons. Lodewijk Aerts conosce la Diocesi di Gand come le sue tasche, essendo stato Vicario episcopale per quasi un quarto di secolo, prima sotto mons. Arthur Luysterman e poi sotto mons. Lucas Van Looy S.D.B.

Detto questo, è anche chiaro che la Diocesi di Bruges, ancora provata dagli scandali di mons. Roger Joseph Vangheluwe, non brulicava di candidati in grado di completare il ristabilimento dell’ordine intrapreso dall’uomo che ora presiede le sorti della Chiesa belga. Diversi potenziali candidati sembravano, a torto o a ragione, vicini al Vescovo destituito…

In effetti, la Diocesi di Bruges è stata fortemente segnata dall’affare Vangheluwe, dal nome del Vescovo in carica dal 1984, costretto a dimettersi in seguito alle rivelazioni di abusi sessuali da parte sua nei confronti del nipote; all’epoca, la magistratura perquisì anche l’abitazione privata del card. Godfried Maria Jules Danneels – allora Primate del Belgio, Arcivescovo metropolita di Malines-Bruxelles e Presidente della Conferenza Episcopale del Belgio – e sequestrò il suo computer, ma non fu incriminato.

Mons. Roger Joseph Vangheluwe aveva abusato del nipote tra il 1973 e il 1986. Altre presunte vittime si sono fatte avanti dal 2017. Tuttavia, in Belgio, dove le religioni sono finanziate pubblicamente e pagate dal Ministero della Giustizia, gli stipendi dei sacerdoti e dei Vescovi sono pubblici – questi sordidi fatti vengono utilizzati per mettere in discussione il finanziamento di una Chiesa che rischia di scomparire.

Da un punto di vista canonico, mons. Roger Joseph Vangheluwe ha dichiarato in un’intervista di «non avere l’impressione» di essere stato un pedofilo e ha ammesso abbastanza ingenuamente di aver «naturalmente confessato più volte» alla sua vittima, cosa che rientra nei delicta graviora, in questo caso il «reato di assoluzione di un complice». Ha dovuto lasciare il Belgio per la Diocesi di Blois, per decisione della Santa Sede, e poi per un’altra destinazione una volta conosciuta la sua presenza. Va notato che la sua riduzione a laico fa seguito a una richiesta del gennaio 2024 del Ministro della Giustizia belga a mons. Franco Coppola, Nunzio Apostolico in Belgio, di revocargli il titolo di Vescovo, richiesta di per sé inaccettabile in termini di libertà della Chiesa.

Don Rik Devillé riferisce che quando un sacerdote della sua Diocesi gli disse che voleva sposarsi, mons. Roger Joseph Vangheluwe lo congedò immediatamente con il commento «Non si può scendere più in basso…», che suona strano ora che sono noti i suoi stessi misfatti.

Nel 2003, durante la sua visita ad limina apostolorum a San Giovanni Paolo II, sostenne l’idea di ordinare le donne al diaconato, richiesta poi ripresa dal card. Jozef De Kesel, dal card. Godfried Maria Jules Danneels e dai loro puledri, in particolare da mons. Johan Jozef Bonny e da mons. Luc Terlinden…

Anche la Diocesi di Bruges è stata colpita nuovamente nel 2017, questa volta dal caso del «diacono assassino», don Ivo Poppe, colpevole di 10-20 eutanasie (ha ammesso alcuni di questi «omicidi caritatevoli», ma non tutti, perché è impossibile ricordare tutto…) nell’Ospedale Az Delta di Menen, dove era stato infermiere dal 1978 e poi visitatore pastorale dopo essere stato ordinato diacono a Wevelgem nel 1996. È stato condannato a 27 anni di carcere, una pena pesante per un crimine considerato «umanitario», senza dubbio a causa del suo status clericale.

Il card. Jozef De Kesel è apparso come testimone durante il processo d’assise; come riportò la stampa belga all’epoca,

nell’ambito di questo caso, il card. Jozef De Kesel, presidente della Conferenza episcopale belga, è apparso come testimone. Perché è comparso? Perché don Ivo Poppe era un diacono e il card. De Kesel era Vescovo di Bruges prima di succedere a mons. André-Joseph Leonard come Arcivescovo di Malines-Bruxelles.
Il card. De Kesel ha detto di non aver mai ricevuto lamentele su don Ivo Poppe, che la stampa fiamminga aveva descritto come il «diacono della morte». L’ex Vescovo di Bruges ha ricordato di aver licenziato il diacono dopo il suo arresto. «Sono stato nominato Vescovo di Bruges nel 2010 e non ho mai avuto contatti stretti con don Ivo Poppe», ha spiegato il card. De Kesel. E ha aggiunto: «Ricordo che alla fine del 2010 mi scrisse una lettera in cui chiedeva di essere esonerato dalle sue responsabilità di cappellano».

Questo è uno dei motivi per cui mons. Lodewijk Aerts ha detto, in occasione della sua ordinazione, «Non siamo una Chiesa di fedeli perfetti, tutt’altro. Siamo in uno stato molto peggiore di questa cattedrale» (si riferiva ai lavori che stavano riducendo la capacità della Sint-Salvatorskathedraal).

Mons. Jacques Gaillot come riferimento, ma non sempre

Come ha ricordato la stampa fiamminga al momento del suo insediamento, spiegando il suo motto episcopale [«Pretiosus in oculis suis»: N.d.T.],

il Vescovo fa ancora riferimento a mons. Jacques Gaillot, Vescovo di Évreux, che all’epoca dichiarò: «Se la Chiesa non serve, non serve a nulla». Il suo servizio – in greco διακονία [diakonia] – è portare la Buona Novella, dare speranza, offrire una prospettiva, che è importante in questi tempi incerti.
«Ciò che la Chiesa fa è importante in una cultura in cui molti legami sociali si stanno allentando o stanno cadendo. Qui la Chiesa può dare un contributo senza essere invadente».

Anche i gruppi religiosi lavorano in questo modo nelle Fiandre occidentali, e mons. Lodewijk Aerts spera di poterli sostenere e incoraggiare.

Secondo il portale Kerknet, la sua biblioteca comprende anche il card. Carlo Maria Martini S.I., il combattente della resistenza luterana e teologo Dietrich Bonhoeffer, Roger Louis Schutz, fondatore della Communauté de Taizé, Jean Vanier, fondatore della comunità L’Arche, e le opere di papa Francesco.

L’eroismo della fede? No, non c’è. Chiedere ai Cattolici di fare il meno possibile. Nella conferenza stampa di insediamento del 5 ottobre 2016 (loc. cit.) ha dichiarato di voler «svegliare la Chiesa borghese, che sono convinto sia un po’ assopita», prendendo come esempio la preparazione al matrimonio:

«Sentite, prendete le persone che vogliono sposarsi in Chiesa. Si sentono anche discussioni sull’argomento. Alcuni si chiedono: dovremmo, come Chiesa, continuare a occuparci dei matrimoni di persone che vediamo raramente o mai in chiesa? E altri impongono alla coppia condizioni tali da gravare su queste persone con un peso superiore alle loro forze.
Ascoltate, dalla mia esperienza a Gand, dove abbiamo lavorato con circa quindici coppie ogni anno per i loro matrimoni, con iniziative molto modeste, senza cerimonia, posso dire che mi hanno reso più religioso. Ora che la relazione è così fragile, si aspettano qualcosa dalla Chiesa. Si aspettano che la Chiesa creda in ciò che loro stessi sperano profondamente, cioè che sia possibile amarsi a lungo termine. Queste coppie sperano che la Chiesa creda in ciò che loro vogliono veramente. Possiamo essere al loro servizio offrendo loro il tesoro del Vangelo».

Tuttavia, come abbiamo già detto, a differenza del suo modello mons. Jacques Gaillot, nel 2017 mons. Lodewijk Aerts non ha esitato a licenziare un sacerdote atipico, don Luk Brutin, a Zwevezele, che era già ai ferri corti con il suo predecessore (card. Jozef De Kesel) dal 2011, con il pretesto che «non godeva di un sostegno unanime nelle sue parrocchie». Lunedì, don Luk Brutin ha perso l’assegnazione delle Parrocchie di Sint-Aldegondis e Sint-Jozef a favore di Zwevezele. Si è trattato di una «decisione attentamente ponderata, in conformità con le procedure canoniche», spiega la Diocesi di Bruges. L’obiettivo è quello di consentire alle Parrocchie interessate di tornare a «un’attività pastorale più serena», prosegue la Diocesi di Bruges, senza spiegare ulteriormente le ragioni del malcontento.

Non è la prima volta che don Luk Brutin, noto per il suo stile anticonvenzionale, finisce nelle cronache. Era già stato escluso dalle Parrocchie di Wingene. Arrivato a Zwevezele sei anni fa, l’uomo non si fa scrupoli a celebrare la Messa in mezzo agli autoscontri o a indossare una giacca di pelle per benedire i motociclisti. Questo ha irritato alcuni parrocchiani, ma evidentemente non tutti, visto che 150 di loro hanno manifestato per il suo ritorno nel settembre 2017. Hanno poi dichiarato: «Questo dimostra ancora una volta come la Diocesi di Bruges tratta le persone. Crediamo che don Luk Brutin sia trattato più duramente dei preti pedofili».

Nel 2019, questo Parroco, che ha irritato la Chiesa «borghese e sonnolenta», ha annunciato di sospendere il suo appello a Roma, in accordo con la Diocesi di Bruges, che manteneva il suo trattamento. Ha detto:

«Ho fatto appello perché molti parrocchiani me lo hanno chiesto, ma se torno indietro, le molestie ricominceranno. Inoltre, tutto il nostro duro lavoro degli ultimi anni è stato cancellato e i dipendenti sostituiti. Per quanto mi riguarda, si tratta solo di un risarcimento. Che riconoscano che sono stata vittima di mobbing e che queste situazioni possano essere evitate in futuro. Posso solo sperare di poter lavorare di nuovo altrove, ma non rinnegherò il mio specifico stile di predicazione. È stato un successo».

Sei anni dopo, quando il caso Vangheluwe è riemerso alla televisione fiamminga sulla scia delle rivelazioni sul presunto «traffico» di bambini negli orfanotrofi gestiti dalla Chiesa nelle Diocesi di Anversa e Hasselt, mons. Lodewijk Aerts si è detto «responsabile» delle azioni e degli errori commessi in passato nella sua diocesi e si è cosparso il capo di cenere.

Tuttavia, una lettera aperta a mons. Lodewijk Aerts pubblicata dalla stampa locale alla fine di settembre ci ricorda che una vittima di un sacerdote della Diocesi, che ha chiesto di incontrarlo, aspetta da un anno che il Vescovo trovi il tempo di farlo.

I Vescovi fiamminghi e la grande deriva pastorale

Quando si tratta di demagogia nei confronti della lobby LGBT, mons. Lodewijk Aerts non è diverso dagli altri Vescovi fiamminghi, e parliamo di lui solo come rappresentante di questa stupefacente deriva pastorale di parte dell’Episcopato, che la dichiarazione Fiducia supplicans sul senso pastorale delle benedizioni è arrivata ad approvare.

Come il suo collega mons. Luc Terlinden, Arcivescovo metropolita di Malines-Bruxelles – un altro «Kesel Boy» che deve la sua mitra alla doppia filiazione con il card. Jozef De Kesel ed il card. Godfried Maria Jules Danneels – è assente dal motore di ricerca della lobby «cattolica» LGBT americana New Ways Ministries.

Tuttavia, nel 2022 mons. Lodewijk Aerts è stato uno dei Vescovi fiamminghi (insieme al card. Jozef De Kesel) che, prima della dichiarazione Fiducia supplicans sul senso pastorale delle benedizioni, ha introdotto una liturgia per benedire le coppie LGBT. Come ha sottolineato all’epoca il gruppo New Ways Ministries, che ha accolto con favore la notizia,

l’annuncio dell’iniziativa sul sito web della Chiesa cattolica belga fa espressamente riferimento alle parole di papa Francesco e all’esortazione apostolica postsinodale Amoris Laetitia sull’amore nella famiglia come fonte del desiderio dei Vescovi di «dare una risposta concreta e un compimento al desiderio di prestare attenzione esplicita alla situazione delle persone omosessuali, dei loro genitori e delle loro famiglie nello sviluppo delle loro politiche».

Il card. Jozef De Kesel, allora Arcivescovo metropolita di Malines-Bruxelles, è ufficialmente nominato nel documento come uno dei firmatari; la firma stessa consiste in tre parole: «I Vescovi fiamminghi». Si tratta di mons. Johan Jozef Bonny, Vescovo di Anversa (noto per le sue dichiarazioni eterodosse), di mons. Lode Van Hecke, O.C.S.O., Vescovo di Gand, di mons. Patrick Hoogmartens, Vescovo di Hasselt, e di mons. Lodewijk Aerts, Vescovo di Bruges.

Ma non è tutto. I suddetti Vescovi fiamminghi, tra cui mons. Lodewijk Aerts, hanno poi co-firmato una dichiarazione che lo stesso card. Víctor Manuel Fernández, Prefetto del Dicastero per la Dottrina della fede, non avrebbe osato produrre e che merita un’attenta lettura:

Anche i credenti che hanno relazioni omosessuali stabili vogliono essere rispettati e apprezzati all’interno della comunità religiosa. Fa male quando si sentono esclusi o come se non appartenessero. Vogliono essere ascoltati e riconosciuti. È questo il senso di questo approccio pastorale: la loro storia di incertezza verso una crescente chiarezza e accettazione; le loro domande sulle posizioni della Chiesa; la loro gioia nel conoscere un partner stabile; la loro scelta di una relazione esclusiva e duratura; la loro determinazione ad assumersi la responsabilità reciproca e il loro desiderio di essere al servizio della Chiesa e della società.

Non si tratta di accogliere i Cristiani «in relazioni omosessuali stabili» come peccatori da perdonare se si pentono, ma come peccatori che vogliono rimanere nel loro peccato pubblico. In quanto omosessuali che vivono pubblicamente come coppia, «vogliono essere ascoltati e riconosciuti». In questo caso, la cura pastorale della Chiesa mira a sostenerli nella loro stabilità nel peccato, che è vista come una cosa buona. Li incoraggia ad avere la gioia di «conoscere un partner stabile», invece di praticare il peccato con più partner occasionali. In quanto tali, cioè in quanto peccatori pubblici stabili ed esemplari, sono accolti a «farsi carico gli uni degli altri», cioè, se capiamo bene, a farsi carico degli altri omosessuali non ancora stabili, e quindi a essere «al servizio della Chiesa».

2 commenti:

  1. Che Dio ci aiuti e aiuti loro. Siamo messi molto male.

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  2. Una Chiesa che si volge a Sodoma e Gomorra non può non fare la fine della moglie di Lot... Una cattedrale vuota, come una statua di sale, monito per i passanti.

    Dopo Canada, Germania, Belgio... Questo è il cammino che sta intraprendendo anche la Chiesa italiana: CEI, Avvenire, Azione Cattolica, Scout, Famiglia Cristiana,...

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