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martedì 2 aprile 2024

Mons. Luc Terlinden, Primate del Belgio e curatore fallimentare

Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera numero 1019 pubblicata da Paix Liturgique il 27 marzo, in cui si prosegue l’analisi della situazione fallimentare della Chiesa belga (QUI e QUI i precedenti post).
Dopo aver illustrato la figura di mons. Johan Jozef Bonny, Vescovo di Anversa pro-LGBT e distruttore del Cattolicesimo nelle Fiandre, ora l’attenzione si concentra su mons. Luc Terliden, Arcivescovo metropolita di Malines-Bruxelles e Primate del Belgio.
Ultra-progressista, si inserisce nella scia del card. Godfried Maria Jules Danneels e del del card. Jozef De Kesel, ed in particolare è favorevole alla benedizione delle coppie omosessuali ed all’ordinazione di uomini sposati, in una Chiesa belga sull’orlo della bancarotta.

L.V.


Appena nominato Arcivescovo metropolita di Malines-Bruxelles il 22 giugno 2023, è ora il capo della Chiesa cattolica in Belgio (Primate del Belgio, Gran Cancelliere delll’Université catholique de Louvain e della Katholieke Universiteit Leuven, nonché presidente eletto della Conférence épiscopale de Belgique), mons. Luc Terlinden, ex Vicario generale della stessa Arcidiocesi e protetto dei progressisti card. Godfried Maria Jules Danneels (morto nel 2019) e card. Jozef De Kesel, è stato salutato dai media e dai globalisti come l’uomo che avrebbe portato un «lifting» alla Chiesa cattolica in Belgio. In altre parole, ora presiede i cambiamenti «giovanili», cioè mortali, che stanno avvenendo nell’Arcidiocesi di Malines-Bruxelles e in Belgio in generale.

Mons. Luc Terlinden, francofono, succede a un olandese, il card. Jozef De Kesel (precedentemente: mons. André-Joseph Léonard, francofono, che succede al card. Godfried Maria Jules Danneels, olandese). Il nuovo Arcivescovo è membro della Fraternités Sacerdotales Charles de Foucauld ed è stato un appassionato scout fin dall’infanzia. Il suo motto episcopale è: Fratelli tutti.

Mons. Luc Terlinden, un piccolo card. Godfried Maria Jules Danneels

Appena nominato, ha preso un impegno esponendo il suo programma sul sito Vatican News [QUI: N.d.T.]:

Dobbiamo aspettarci una rottura con il card. Jozef De Kesel [molto progressista]? No, perché mons. Luc Terlinden condivide «molte delle sue analisi, in particolare sul posto della Chiesa nella società di oggi e sulla sua missione».

Va ricordato che nel 2022 il suo mentore card. Jozef De Kesel, insieme agli altri Vescovi fiamminghi, tra cui mons. Johan Jozef Bonny, Vescovo di Anversa, ha introdotto una liturgia per la benedizione delle coppie dello stesso sesso.

Ma riconosce di avere «i suoi accenti». «Voglio anche condividere la mia esperienza di pastore, parroco e vicario, e avere un approccio molto pastorale sul campo», dice. Mons. Luc Terlinden assumerà il suo ministero nel contesto di una società belga molto più secolarizzata e di una Chiesa «molto più umile» ma che «ha comunque il suo posto». «Saremo credibili – come diceva San Charles de Foucault – se svilupperemo un apostolato della bontà, se ci mostreremo fondamentalmente buoni, fedeli al Vangelo, senza nascondere il nostro messaggio e le sue esigenze», ritiene. «La nostra credibilità dipenderà da questo accordo tra ciò che diciamo e ciò che facciamo», insiste.

Sul settimanale Dimanche, Vincent Delcorps ha commentato la nomina [QUI: N.d.T.]:

Una cosa è certa: la nomina di mons. Luc Terlinden è un segnale forte da parte di papa Francesco. Un doppio segnale, in realtà. Papa Francesco sta dando la sua benedizione allo stile che è stato ampiamente adottato dalla Chiesa in Belgio per diversi decenni. Uno stile caratterizzato dalla vicinanza al Vangelo, ma anche dall’umiltà, dall’apertura e dalla volontà di entrare in dialogo con la società – e di lasciarsi interpellare da essa. I legami tra il card. Godfried Maria Jules Danneels, il card. Jozef De Kesel e mons. Luc Terlinden sono evidenti. È tutta questa stirpe che oggi viene celebrata.

Quanto a mons. André-Joseph Léonard, è stato sottoposto a una damnatio memoriae: è davvero esistito il povero Primate del Belgio, un ratzingueriano se mai ce n’è stato uno, che ha ricevuto una torta di gesso in faccia a ognuna di queste conferenze?

La stirpe osannata da papa Francesco è quella della bancarotta della Chiesa belga – all'inizio del 2024 erano rimasti 32 seminaristi per tutto il Belgio, 15 per le cinque Diocesi fiamminghe e 17 per quelle vallone, mentre nel 2000 la sola Diocesi di Namur aveva 30 seminaristi. Nel 1957, poco prima del Concilio Vaticano II, in Belgio c’erano 1.485 seminaristi. Anche la vita consacrata è crollata, con un’età media di ottant’anni per i religiosi all’inizio del 2024.

In occasione della sua ordinazione episcopale, come si dice oggi (se siamo classici, diciamo «consacrazione», e se siamo tradizionali, «incoronazione»), mons. Luc Terlinden ha nominato come suo modello, non un sacerdote-operaio, ma un sacerdote-lavoratore (così si fa in Belgio), don Émile Vandenbussche (1930-2014), che, dal punto di vista della vita spirituale, non è stata una cattiva scelta: don Émile Vandenbussche era una figura simile a quella di padre Jacques Loew O.P. in Francia. Nato il 27 giugno 1930 ad Anderlecht, Émile Vandenbussche fece parte degli ultimi grandi «anni di ordinazione» del Seminario arcivescovile, allora unitario [unico per Fiamminghi e Valloni]. Tradizionalmente, i primi anni del collegio sceglievano il sacerdozio diocesano. Il card. Jozef-Ernest Van Roey, Arcivescovo metropolita di Malines-Bruxelles, lo ordinò sacerdote il 26 dicembre 1955. Tipico cittadino di Bruxelles, per tutta la sua carriera sacerdotale lavorò nella Cappellania parrocchiale di Bruxelles.

Prima come Vicario parrocchiale al Sacré-Cœur di Anderlecht (1955-1959), poi a Sainte-Alène di Saint-Gilles (1959-1964). Nel 1963, gli fu chiesto di fondare una nuova Parrocchia nei quartieri popolari di Saint-Gilles. All’epoca c’era molta povertà e la zona era caratterizzata dall’arrivo di stranieri, un fenomeno nuovo per l’epoca», racconta mons. Herman Cosijns, Vicario generale dell’Arcidiocesi di Malines-Bruxelles, che lo conosceva bene.

Lì costruì una chiesa moderna in solidarietà con i lavoratori spagnoli e portoghesi. Per lui era importante valorizzare le persone che vivevano in queste condizioni. Alla Parrocchia fu dato il nome speciale di Jésus-Travaileur [Gesù Lavoratore:. N.d.T.]. «Don Émile Vandenbussche era postconciliare, ma non si poteva definire progressista […]. Era un uomo di preghiera e di fede vissuta, un vero uomo interiore che viveva della sua vita di preghiera».

Nel 1981, don Émile Vandenbussche fu nominato Decano di Schaerbeek-Nord e Parroco di Saint-Servais; non la borghese Schaerbeek, ma i quartieri popolari misti, presto conosciuti e riconosciuti per i problemi causati dalla concentrazione di nuovi arrivi. Dal 1976 al 1983 è stato anche responsabile della formazione pastorale presso il seminario diocesano. Dal 2000, divenuto cieco, si è ritirato in una casa di riposo.

Ma soprattutto, al momento dell’insediamento come Arcivescovo metropolita di Malines-Bruxelles, mons. Luc Terlinden ha reso omaggio a un altro sostenitore, particolarmente controverso negli ultimi mesi in tutta la Provincia per la sua cattiva gestione dei casi di pedofilia: «Voglio ringraziare i miei predecessori che, ciascuno con il proprio carisma, sono stati dei veri pastori. Penso in particolare al card. Godfried Maria Jules Danneels, che si è impegnato con passione per Dio e per le persone, e che rimane per me un esempio».

Come ha ricordato il sito Corrispondenza Romana il 24 gennaio 2024 [QUI: N.d.T.],

La Conférence épiscopale de Belgique, oggi presieduta da mons. Luc Terlinden, è stata guidata per diciotto anni, dal 1961 al 1979, dal card. Léon-Jozef Suenens e poi, per oltre trent’anni dal 1979 al 2010, dal card. Godfried Maria Jules Danneels (1933-2019). Il card. Léon-Joseph Suenens, Primate del Belgio (1904-1996), capeggiò nel 1968 la contestazione della lettera enciclica Humanae Vitae di San Paolo VI. Quando il card. Léon-Jozef Suenens nel 1979 si ritirò, designò come suo successore l’Arcivescovo, da lui consacrato, Godfried Maria Jules Danneels, che ne proseguì la linea ultra-progressista. Il card. Danneels, Arcivescovo metropolita di Malines-Bruxelles è stato il principale leader di quel gruppo, definito la «mafia di San Gallo», che appoggiò in due conclavi la candidatura del card. Jorge Mario Bergoglio, Arcivescovo metropolita di Buenos Aires. Non ci riuscì nel 2005, ci riuscì, otto anni dopo nel 2013. In totale, tra il card. Suenens ed il card. Danneels, la Chiesa belga è stata guidata per cinquant’anni da due Cardinali che l’hanno devastata.

L’atteggiamento del card. Godfried Maria Jules Danneels, morto nel 2019 ma coinvolto nel 2010 – la sua casa e il suo palazzo arcivescovile sono stati perquisiti, il suo computer è stato sequestrato ma è sfuggito all’incriminazione – in particolare per non aver incoraggiato mons. Roger Joseph Vangheluwe, Vescovo di Bruges [dall’11 marzo 2024 dimesso dallo stato clericale: N.d.T.], a dimettersi in seguito agli abusi da lui commessi, è stato nuovamente attaccato frontalmente dai media fiamminghi  attraverso il documentario Godvergeten, che ha messo a nudo il ruolo importante che ha svolto per anni nel coprire la pedofilia e gli abusi all’interno del clero belga [QUI: N.d.T.].

La «rivelazione» da parte della televisione fiamminga [VRT CANVAS: N.d.T.] di un «traffico» di 30mila bambini «strappati» alle madri nubili tra il 1945 e il 1980 per essere dati in adozione a famiglie, sotto l’egida di congregazioni religiose impegnate nella protezione dell’infanzia, ha permesso ai parlamentari belgi di indagare sugli abusi sessuali commessi dal clero stesso, con l’obiettivo in particolare di ridurre i finanziamenti pubblici al culto cattolico.

Per la lobby LGBT nella Chiesa, ma non troppo [in italiano nell’originale: N.d.T.]

Nel 2022, come Vicario generale dell’Arcidiocesi di Malines-Bruxelles, ha attuato la liturgia inventata dai Vescovi fiamminghi, guidati dal card. Jozef De Kesel, per benedire le coppie dello stesso sesso.

Come sottolinea il sito La Porte Latine, questo processo è guidato da un omosessuale [QUI: N.d.T.]:

Il comunicato stampa ha coinciso con la creazione di un «punto di contatto» intitolato Homosexualité et foi [Omosessualità e fede: N.d.T.] all’interno del servizio interdiocesano di pastorale familiare. Questo «punto di contatto» è stato posto sotto la responsabilità di Willy Bombeek, portavoce dell’educazione cattolica nelle Fiandre dal 1999 al 2017, che ha coordinato la creazione di un gruppo di lavoro sul tema.
Willy Bombeek afferma che «l’esperienza sessuale è un diritto anche per le persone LGBT nella misura in cui avviene all’interno di una relazione fedele e duratura»: un’affermazione che ha presentato al card. Jozef De Kesel nel febbraio 2020.
Willy Bombeek non ne fa mistero. Ha descritto l’iniziativa come «rivoluzionaria». Ha dichiarato: «Io stesso sono credente e omosessuale. Per questo i Vescovi mi hanno chiesto di assumere questa missione. Credo sia importante che la Chiesa abbia voluto nominare specificamente un credente LGBT a questo incarico».

La Conférence épiscopale de Belgique, da lui presieduta, ha naturalmente sostenuto la dichiarazione Fiducia supplicans sul senso pastorale delle benedizioni, che aveva anticipato – è una delle poche, insieme a quelle di Germania e Austria. Ma mons. Luc Terlinden non ha mai parlato direttamente, lasciando che fosse il pro-LGBT mons. Johan Jozef Bonny, Vescovo di Anversa, a esprimere la sua gioia, come ha fatto mons. Geert de Kerpel, portavoce del card. Jozef De Kesel: «Questo è un grandissimo passo avanti perché viene dal corpo supremo della Chiesa e perché afferma anche esplicitamente che le coppie dello stesso sesso possono quindi ricevere la benedizione. […] Dato che i Vescovi fiamminghi si sono espressi a favore di questa misura, era già possibile qui nelle Fiandre. Il fatto che il Vaticano confermi ora questa posizione è di grande aiuto. E per la Chiesa di tutto il mondo è un grande passo avanti».

Stranamente, per un Vescovo così progressista, non si trova da nessuna parte nel motore di ricerca della lobby cattolica americana pro-LGBT New Ways Ministries. La sua posizione in questo campo rimane cauta. È un po’ come la sua posizione «moderata» sull’aborto. Il 24 giugno 2023 ha dichiarato al quotidiano La Libre Belgique, in un’intervista realizzata al momento della sua nomina: «L’aborto non può essere banalizzato. Lo dico a titolo personale, non per condannare o sottolineare il punto, ma perché ho incontrato troppe persone, madri e medici, che hanno sofferto molto a causa di un aborto. Tuttavia, le nostre parole saranno credibili solo se ci avvicineremo alle realtà più dolorose. Non avrebbe senso opporsi all’aborto se non ci impegnassimo concretamente a sostenere le madri che si trovano in difficoltà durante la gravidanza».

Ordinare uomini sposati, ma per quali fedeli?

Appena nominato, mons. Luc Terlinden si è detto favorevole all'ordinazione di uomini sposati, con il pretesto che questa è la prassi delle Chiese cristiane orientali: «Nelle Chiese orientali oggi si conoscono sacerdoti sposati e sacerdoti celibi, e vedono in questo una fonte di ricchezza. Penso che abbiamo qualcosa da guadagnare accogliendo questa esperienza».

Il 24 giugno 2023 ha chiesto una «maggiore trasparenza» nelle decisioni della Chiesa sul celibato sacerdotale: «Di fronte alla questione dell'ordinazione di uomini sposati, non possiamo partire con idee preconcette e dire “mai questo!”». Lo ha ripetuto a luglio su RTL Belgique [QUI: N.d.T.]: «Non si tratta di secedere [da Roma], ma sono questioni di cui possiamo parlare», riprendendo l’argomento delle Chiese orientali.

Logicamente, questo punto di vista è stato ripreso dai Vescovi belgi, che a metà febbraio 2024 hanno firmato una proposta per la seconda sessione della XVI assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, il prossimo autunno, in cui contestano le posizioni tradizionali della Chiesa sul sacerdozio, sostenendo al contrario l’ordinazione di donne e uomini sposati.

Come spiega il sito Riposte Catholique [QUI: N.d.T.],

I Vescovi belgi ritengono che «l’ordinazione dei “viri probati” non dovrebbe essere universalmente obbligatoria o proibita». Nonostante questa frase contorta, è proprio la messa in discussione del celibato sacerdotale che i Vescovi belgi propongono nell’ambito della prossima assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi. La proposta è stata avanzata come parte di «una bozza di testo in cui formulano tre priorità» che saranno «discusse a livello di Chiesa universale».
Ci sono anche alcune affermazioni stringate o sciroppose: «La Chiesa dovrebbe avere il coraggio di mettere la sua Tradizione (o le sue Tradizioni) in conversazione con le attuali conoscenze della ricerca teologica, filosofica e scientifica». Esse «non devono essere affrontate in modo statico, ma dinamico». Infine, i Vescovi chiedono anche l’istituzione di un diaconato femminile.

E all'inizio di marzo, mons. Luc Terlinden ha spudoratamente dichiarato su Radio chrétienne francophone che queste proposte ultra-progressiste sono in realtà… tradizionali! Basta distorcere la nozione di Tradizione, inventando la «tradizione vivente» che asseconda tutte le idee e le lobby del momento [QUI: N.d.T.]: «L’ordinazione di uomini sposati è stata fatta per duemila anni nella Chiesa orientale e il diaconato femminile è esistito in passato. Da questo punto di vista, non è progressista. Non è molto progressista, è riscoprire le proprie tradizioni».

Ma i sacerdoti sposati per servire quali fedeli? Il rapporto annuale 2018 della Chiesa cattolica in Belgio accennava alla scomparsa a breve termine della vita monastica nella parte fiamminga dell’Arcidiocesi di Malines-Bruxelles: «Nel Brabante fiammingo e a Malines solo il 5,5 per cento dei religiosi ha meno di sessanta’anni». A quel tempo, l’Arcidiocesi di Malines-Bruxelles contava 629 parrocchie (su un totale di 3.846 in Belgio – saranno 3.613 nel 2022), 131 dipendenti laici – quasi la metà dei 278 dipendenti delle Diocesi belghe. Nel 2021, la stessa Diocesi avrà 431 sacerdoti per 573 parrocchie, 1280 religiosi e 1204 religiose, la maggior parte dei quali avrà più di ottant’anni. Nel 2009, la stessa Diocesi aveva 629 sacerdoti (e il Belgio un totale di 3659).

Nel gennaio 2023, mons. Luc Terlinden, in qualità di Vicario generale dell’Arcidiocesi di Malines-Bruxelles, ha dichiarato che anche nella Diocesi della capitale la Chiesa dovrà ridurre il numero di Messe e Parrocchie, come sottolinea il quotidiano La Libre [QUI: N.d.T.]:

«La Chiesa dovrà scegliere i suoi fronti», osserva mons. Luc Terlinden, Vicario generale dell’Arcidiocesi di Malines-Bruxelles. La riflessione sull’organizzazione delle Parrocchie andrà quindi di pari passo con una lenta ma «inevitabile» riduzione del numero di campanili. Il sistema delle unità pastorali che raggruppano quattro o cinque campanili è transitorio. Anche se non è sempre facile trovare una nuova destinazione d'uso per un luogo di culto, «alcuni chiuderanno e stiamo andando verso lo sviluppo di diversi grandi centri missionari. Non saremo più in grado di mantenere la rete territoriale che è stata costruita negli ultimi secoli».

Rimarranno quindi solo poche Parrocchie, i cui Parroci saranno buoni cattolici, per lo più pensionati, che sono stati ordinati sacerdoti.

2 commenti:

  1. OK, ho letto l'articolo, non ho visto particolari indicazioni che Terlinden sia "ultra-progressista" specialmente in paragone con Bonny o i suoi predecessori...

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  2. Riguardo all'ordinazione di uomini (già) sposati, bisogna ammettere che Terlinden ha ragione: se la chiesa cattolica lo permette per i greci, perchè allora per i latini no? Questa distinzione è ridicola: o tutti o nessuno. Credo sia venuto il momento di una risposta definitiva e vincolante per tutti i cattolici, come anche per il diaconato: è pur vero che sono esistite le diaconesse per assistere convertite e penitenti, bisogna però ben specificare i loro ruoli (es. sull'altare non ci devono stare). Anche sull'accorpamento delle parrocchie, cosa può fare? Se non ci sono fedeli, non ci sono chiese. Preghiamo per lui.

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