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Difesa della Messa Tradizionale: 165ª settimana. Nuove manifestazioni di preghiera davanti agli uffici dell'Arcidiocesi di Parigi #traditioniscustodes

Riceviamo e pubblichiamo. Luigi C. 165ª SETTIMANA: LE SENTINELLE CONTINUANO LA LORO PREGHIERA PER LA DIFESA DELLA MESSA TRADIZIONALE DAVANTI...

sabato 30 marzo 2024

Le Sante Messe del tempo pasquale in dom Prosper Guéranger #2 Messa solenne della veglia pasquale

Continuiamo le meditazioni liturgiche tratte dall’Année Liturgique di dom Propser Guéranger (Le Mans 1841-1866) per il tempo pasquale: la Messa solenne della veglia pasquale.

L.V.

MESSA SOLENNE DELLA VEGLIA PASQUALE

Le litanie volgono al termine; e già il coro dei cantori è arrivato al grido d’invocazione: Kyrie eleison! Il pontefice procede dalla sacrestia verso l’altare in tutta la maestà dei più grandi giorni. AI suo apparire, i cantori prolungano la melodia sulle parole di supplica, ripetendole tre volte e tre volte aggiungendo la preghiera al Figlio di Dio: Christe eleison! Da ultimo, si termina con l’invocare tre volte lo Spirito Santo: Kyrie eleison! Mentre si eseguono tali canti, il vescovo ai piedi dell’altare offre all’Altissimo i suoi primi omaggi con l’incenso; così che non si rende più necessaria l’antifona ordinaria, che prende il nome di introito, ad accompagnare l’ingresso del celebrante.
La basilica comincia a illuminarsi coi primi bagliori dell’aurora. L’assemblea dei fedeli, suddivisa nei diversi settori, gli uomini nella navata di destra, le donne in quella di sinistra, ha accolto nelle sue file le nuove reclute. Presso le porte, il posto dei catecumeni è vacante; e sotto le navate laterali, al luogo d’onore, si distinguono i neofiti dalla veste bianca e dalle bende e dal cero acceso che tengono in mano.
Terminata l’incensazione dell’altare, tutto a un tratto, oh trionfo del Figlio di Dio risuscitato! la voce del pontefice intona l’Inno Angelico: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli; e pace in terra agli uomini di buona volontà»! A tali accenti le campane, mute da tre giorni, risuonano a distesa nel campanile della basilica; e l’entusiasmo della nostra santa fede fa palpitare tutti i cuori. Il popolo continua con ardore il cantico celeste; terminato il quale, il vescovo riassume nell’orazione seguente i voti di tutta la Chiesa in favore dei suoi nuovi figli.

EPISTOLA (Col 3, 1-4) – Fratelli, se siete risuscitati con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo assiso alla destra del Padre; alle cose di lassù pensate, e non a quelle della terra; perché voi siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio. Quando comparirà Cristo, vostra vita, allora anche voi comparirete con lui nella gloria.

Finita questa lezione così breve, ma così profonda in ogni sua parola, il suddiacono scende dall’ambone e viene a fermarsi davanti al trono del vescovo. Dopo averlo riverito con un profondo inchino, con voce esultante pronuncia queste parole che fa risuonare in tutta la basilica e ridestano l’allegria in tutte le anime: «Padre venerabile, ti do una grande gioia: cantiamo Alleluia!» Allora il vescovo si alza e canta: Alleluia! con un tono allegro. Il coro ripete Alleluia! e per due volte il grido celeste s’alterna fra il coro e il pontefice. In quel momento svaniscono tutte le passate tristezze; si sente che le espiazioni della santa Quarantena sono state gradite dalla divina maestà; e il Padre dei secoli, per i meriti del Figlio risuscitato, perdona alla terra, avendole ridato il diritto di cantare il cantico dell’eternità. Il coro aggiunge questo versetto del Re Profeta, che celebra la misericordia di Dio:

Celebrate il Signore, perché Egli è buono, e perché la sua misericordia dura in eterno.

Tuttavia manca ancora qualcosa alle gioie di questo giorno. Gesù è uscito dalla tomba; ma fino a quest’ora non s’è manifestato a tutti. Soltanto la sua santa Madre, Maddalena e le altre pie donne, l’hanno visto; questa sera soltanto si mostrerà agli apostoli. Siamo quindi solo all’alba della risurrezione, perciò la Chiesa esprime ancora per un’ultima volta la lode del Signore sotto la forma quaresimale del Tratto.

TRATTO

Lodate il Signore, tutte quante le nazioni; lodatelo tutti, o popoli.
V. Perché s’è affermata sopra di noi la sua misericordia e la verità del Signore rimane in eterno.

Mentre il coro canta quest’inno davidico, il diacono si dirige verso l’ambone, da cui farà sentire le parole del santo Vangelo. Non è accompagnato dagli accoliti con le loro fiaccole, però lo precede il turiferario con l’incenso. Anche questo è un’allusione agli eventi della grande mattinata: le donne sono venute al sepolcro coi profumi, ma ancora non brilla nelle loro anime la fede della risurrezione. L’incenso rappresenta i loro profumi, mentre l’assenza delle fiaccole significa ch’esse ancora non possedevano questa fede.

VANGELO (Mt 28, 1-7) – Passato il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Magdala e l’altra Maria andarono a visitare il sepolcro. Ed ecco che vi fu un grande terremoto: un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve. Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie tremarono tramortite. Ma l’angelo disse alle donne: «Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. È risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là lo vedrete. Ecco, io ve l’ho detto».

Dopo la lettura del Vangelo, il pontefice non intona il simbolo della fede: la santa Chiesa lo riserva per la Messa solenne che radunerà di nuovo i fedeli. Essa segue ora per ora le fasi del divino mistero e in questo momento vuol ricordarci l’intervallo che dovette trascorrere prima che gli apostoli, destinati a predicare ovunque la fede della risurrezione, non gli avessero reso omaggio.
Salutato il popolo, il pontefice s’accinge a offrire alla divina maestà il pane e il vino occorrenti al sacrificio; per una deroga all’osservanza d’ogni Messa, i cantori non intonano l’antifona nota sotto il nome di offertorio. Infatti, quotidianamente tale antifona accompagna la processione dei fedeli diretti all’altare a offrire il pane e il vino che saranno loro restituiti nella Comunione, trasformati nel corpo e nel sangue di Gesù Cristo. Se non che la funzione s’è prolungata molto; e se l’ardore delle anime è sempre lo stesso, si fa però sentire la fatica del corpo; il piagnucolare dei fanciulli, che si tengono digiuni per la comunione, fanno già intendere la sofferenza che provano. Il pane e il vino, materia del santo sacrificio, saranno oggi apprestati dalla Chiesa; e quand’anche non saranno gli stessi neofiti a presentarli, non per questo mancheranno d’assidersi alla mensa del Signore.
Fatta dunque l’offerta, e incensato il pane e il vino e l’altare, il pontefice raccoglie i voti di tutti i presenti nella Segreta, seguita dal prefazio pasquale.
Al cominciare del canone si opera il mistero divino. Nulla è mutato nell’ordine delle cerimonie, fino all’istante che precede la Comunione. Per un’usanza che rimonta ai tempi apostolici, i fedeli, prima di accostarsi al corpo e al sangue del Signore, si scambiavano reciprocamente il bacio fraterno, pronunciando le parole: «La pace sia con te!». In questa prima Messa pasquale tale costume si omette, perché fu la sera del giorno della risurrezione che Gesù rivolse quelle parole ai discepoli riuniti. La santa Chiesa, sempre ossequiente alle minime circostanze della vita del suo celeste sposo, ama riprodurle nella sua condotta. Per la stessa ragione omette oggi il canto dell’Agnus Dei, che del resto non data prima del VII secolo, e che presenta alla terza ripetizione le parole: «Donaci la pace».
È venuto il momento in cui i neofiti, per la prima volta, gusteranno il pane di vita e berranno la celeste bevanda che Cristo istituì nell’ultima Cena. Purificati nell’acqua e ricevuto lo Spirito Santo, essi ormai hanno diritto d’assidersi al sacro banchetto; la bianca tunica che li copre dice abbastanza che la loro anima è rivestita della veste nuziale richiesta agli invitati nel festino dell’Agnello. S’avvicinano all’altare lieti e riverenti; il diacono porge loro il corpo del Signore, e poi il calice del sangue divino. Anche i bambini sono ammessi, e il diacono, intingendo il dito nella sacra coppa, lascia cadere nella loro bocca qualche goccia. Finalmente, per significare che in queste prime ore del Battesimo sono tutti «simili ai bambini appena nati», come si esprime il principe degli apostoli, a tutti viene offerto dopo la Comunione un po’ di latte e di miele, simboli dell’infanzia e ricordo, nello stesso tempo, della terra che il Signore promise al suo popolo.
Compiuta infine ogni cosa, il vescovo conclude le preghiere del sacrificio domandando al Signore lo spirito di concordia tra tutti i fratelli, che in una medesima Pasqua hanno partecipato ai medesimi misteri. La stessa Chiesa li ha portati nel suo seno materno, lo stesso fonte li ha generati alla vita; sono membri d’un medesimo divino Capo; un medesimo Spirito li ha contrassegnati col suo sigillo; un medesimo Padre Celeste li ha riuniti nella sua adozione. A un cenno del diacono, dato in nome del pontefice, l’assemblea si scioglie e i fedeli, uscendo dalla chiesa, si ritirano nelle loro case, fino al momento che il santo sacrificio non li riunirà di nuovo per celebrare con maggior splendore la festa delle feste, la Pasqua della Risurrezione.

LODI

Fino a quando durò l’usanza di celebrare la Veglia Pasquale durante la notte dal sabato alla domenica, non vi fu l’Ufficio notturno o mattutino. Ma più tardi, quando venne in uso di anticipare la Messa della notte di Pasqua al mattino del Sabato Santo, si pensò di aggiungere l’Ufficio dei Vespri. Siccome tutta la mattinata era occupata dalle cerimonie liturgiche, la Chiesa pensò di dare ai Vespri una forma molto breve e adatta a quella gioia che si conveniva dopo il canto dell’Alleluia. I Vespri furono pertanto organizzati in modo da fare corpo con la Messa.
Con la restaurazione della Vigilia Pasquale, Mattutino e Lodi di Pasqua hanno subito una modificazione. La Chiesa ha voluto conservare un brano delle Lodi, unendolo alla Messa della quale serve come ringraziamento.

Terminata la Comunione viene intonata l’antifona Alleluia dopo la quale si canta il salmo 150 che sarà seguito immediatamente ancora dall’antifona Et valde mane e dal canto del Benedictus.

ANTIFONA
Alleluia, Alleluia, Alleluia.
SALMO 150
Lodate il Signore nel suo santuario, lodatelo nel suo maestoso firmamento.
Lodatelo per i suoi prodigi, lodatelo per la sua somma maestà:
Lodatelo con squilli di trombe, lodatelo con l’arpa e la cetra.
Lodatelo col timpano e con danze, lodatelo con strumenti a corda e a fiato.
Lodatelo con cembali sonori, lodatelo con cembali squillanti:
ogni creatura che respiri, lodi il Signore!
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era nel principio e ora e sempre, e nei secoli dei secoli, Così sia.

ANTIFONA
Al mattino presto della domenica vengono al sepolcro quando il sole è già sorto.

CANTICO DI ZACCARIA
Benedetto il Signore Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo.
E ha suscitato per noi salvezza potente, nella casa di Davide suo servo.
Come aveva promesso per bocca dei santi profeti d’un tempo.
Salvezza dai nostri nemici e dalle mani di quanti ci odiano.
Così egli ha concesso misericordia ai padri nostri e si è ricordato della sua santa alleanza:
del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre, di concederci, liberati dalle mani dei nemici, di servirlo senza timore in santità e giustizia
al suo cospetto per tutti i nostri giorni.
E tu, bambino, sarai chiamato profeta dall’Altissimo: poiché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade,
Per dal al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati,
grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio,
per cui verrà a visitarci dall’alto un Sole che sorge,
Per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte,
e dirigere i nostri passi sulla via della pace.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era nel principio e ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Così sia.

Mentre si canta il Benedictus, il vescovo incensa l’altare e poi, dopo che è stata ripetuta l’antifona, egli canta questa preghiera:

Infondi in noi, o Signore, lo Spirito del tuo amore, affinché stiano in perfetta concordia quelli che hai saziato coi sacramenti pasquali. Per Gesù Cristo nostro Signore. Amen.

Terminata questa preghiera, il diacono annunzia ai fedeli che la funzione è terminata e aggiunge alla solita formula due Alleluia; questi due Alleluia verranno ripetuti a fine Messa per tutta la settimana, fino al sabato prossimo incluso.

Andate la Messa è finita, Alleluja, Alleluja!
Ringraziamo Dio, Alleluja, Alleluja!

La Messa termina con la benedizione del vescovo.

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