Vi proponiamo l’articolo di Giacomo Amadori pubblicato sul settimanale Panorama il 29 novembre (QUI il precedente post su MiL).
L’articolo ricostruisce il fiume di denaro con cui, su ordine del card. Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della Conferenza episcopale italiana, e con la benedizione papale, le Diocesi italiane hanno permesso a Luca Casarini ed ai suoi soci di «evitare di lavorare in un bar» lucrando sui migranti; nel dossier interno di Mediterranea è citato il «sostegno economico determinante di alcuni Vescovi» che ha fatto ricco il gruppo.
L’inchiesta della Procura della Repubblica di Ragusa sull’immigrazione clandestina (il 6 dicembre la prima udienza) ricostruisce le donazioni delle Diocesi italiane (2 milioni di euro, sborsati tra gli altri dai Vescovi di Palermo e Napoli) per i salvataggi in mare.
Da questo reportage ha preso avvio l’enorme scandalo che, negli ultimi giorni, ha coinvolto i vertici della burocrazia cattolica italiana per la gestione dei fondi dell’otto per mille e ha chiamato direttamente in causa i vertici del Vaticano per i loro rapporti privilegiati con i protagonisti dell’inchiesta ed in particolare con Luca Casarini, oggi imputato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e invitato speciale di nomina pontificia alla XVI Assemblea del Sinodo dei Vescovi.
QUI il commento di Giuseppe Rusconi pubblicato il 4 dicembre sul sito Rossoporpora.
A fronte di tutte queste notizie, ribadiamo la nostra domanda: la Conferenza episcopale italiana merita l’otto per mille?
L.V.
C’è un passo del Vangelo di Giovanni che racconta la pesca miracolosa di Simon Pietro e di altri discepoli nel lago di Tiberiade. Ma duemila anni dopo c’è ancora chi, in nome di Gesù, fa pesche miracolose, in questo caso di migranti, ma soprattutto di euro. È la banda di Luca Casarini, già leader delle Tute bianche e No global, celebre per aver declamato una «dichiarazione di guerra» al mondo alla vigilia del G8 di Genova, anno del Signore 2001. Una guerra che portò alla morte di Carlo Giuliani.
Lui e altre cinque persone sono imputati davanti al Tribunale di Ragusa per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, mentre la violazione delle norme del codice della navigazione è contestata a Casarini e ad altri tre. Il prossimo 6 dicembre inizierà l’udienza preliminare propedeutica al rinvio a giudizio, richiesto dalla Procura.
L’inchiesta ruota intorno, è la tesi accusatoria, all’equivoco o, meglio, all’inganno in base al quale gli indagati, schermandosi con l’associazione di promozione sociale (Aps) Mediterranea saving humans (di cui Casarini è fondatore e membro del consiglio direttivo), hanno costituito una compagnia di navigazione triestina, la Idra social shipping, proprietaria del rimorchiatore battente bandiera italiana Mare Jonio, non tanto per soccorrere in mare i migranti a fini umanitari, ma per farne un business. Infatti la brigata offrirebbe agli armatori un «prodotto», cioè «il recupero dei naufraghi» al posto delle flotte mercantili, evitando alle stesse di perdere tempo e denaro. Un’offerta che, per esempio, avrebbe consentito di incassare nel novembre del 2020 un compenso illecito di 125 mila euro dalla compagnia armatoriale danese Maersk tankers.
Per questo oggi in sei rischiano il processo. I principali imputati sono Alessandro Mertz, socio al 20 per cento e presidente della Idra sino al febbraio 2022, Giuseppe Caccia, ex assessore dei Verdi del Comune di Venezia, studioso di Storia del pensiero politico e ricercatore universitario (titolare del 60 per cento delle quote della compagnia di navigazione, il restante 20 appartiene a un professore universitario bolognese, Sandro Mezzadra), e Casarini, per l’accusa «amministratore di fatto e dipendente della Idra». Questi signori, in attesa di difendersi davanti al giudice, sono diventati gli idoli della Chiesa cattolica, di Papa Francesco e della Conferenza episcopale italiana.
A quanto risulta a Panorama, Mediterranea e le attività di recupero di migranti della Mare Jonio vengono finanziate da numerose diocesi italiane grazie all’impegno, in primis, del presidente della Cei Matteo Maria Zuppi, dell’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice (l’uomo che avrebbe fatto capire a Casarini e ai suoi il vero senso del Vangelo) e di altri suoi colleghi come il napoletano Domenico Battaglia, all’interno del progetto «Cum-finis, fratelli tutti (come l’enciclica del Pontefice, ndr), alle frontiere di mare e di terra, d’Europa». Un programma sperimentale che, almeno sulle fonti aperte, non è stato pubblicizzato e su cui, all’ufficio stampa della Cei, non hanno saputo darci informazioni. Eppure ci risulta che, il 26 aprile 2023, proprio la presidenza della Conferenza episcopale, destinataria dell’8 per mille, abbia approvato un finanziamento di 780 mila euro delle arcidiocesi di Napoli e Palermo e delle diocesi di Brescia, Pesaro e Ancona. In pratica avrebbe avallato le erogazioni mensili dell’importo di 65 mila euro previste da questo progetto pilota.
E il «sostegno economico determinante di alcuni vescovi» è citato in un dossier interno di Mediterranea sulla relazione con la Chiesa cattolica, dove viene esaltato il ruolo centrale di Zuppi e Lorefice. Probabilmente l’imprimatur è arrivato direttamente da Jorge Mario Bergoglio. Infatti, la vigilia di Pasqua 2020, l’11 aprile, il giornale dei vescovi Avvenire aveva pubblicato una lettera del Pontefice, di risposta a quella di Casarini, che si era lamentato per tutti gli ostacoli incontrati per «poter salvare dalla morte i nostri fratelli e sorelle migranti»: «Luca, caro fratello […] grazie per tutto quello che fate» aveva scritto Francesco. Anticipando il futuro aiuto: «Vorrei dirvi che sono a disposizione per dare una mano sempre. contate su di me».
Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo. Grazie anche al suo impegno personale, secondo quanto risulta a panorama, vengono finanziate le attività di recupero dei migranti. |
Il piano di Mediterranea, che prevede pure interventi in Ucraina (per esempio sono stati allestiti un ambulatorio mobile e una carovana di van per il recupero dei profughi), è stato sostenuto dall’inizio pure dal vescovo di Modena Erio Castellucci (dal 2021 vicepresidente per l’Italia settentrionale della Cei), in stretti rapporti con don Mattia Ferrari, cappellano della Mediterranea, membro del consiglio direttivo e vicario parrocchiale di Nonantola e, secondo le carte dell’inchiesta, «punto di raccordo con le varie arcidiocesi per la raccolta di fondi».
Oltre alle somme già citate, nel 2021 a Mediterranea sarebbero stati elargiti altri 219 mila euro, nel settembre 2022 ulteriori 200 mila provenienti dalle arcidiocesi di Napoli e Palermo, soldi che avrebbero consentito di coprire le missioni in mare di quell’anno. Sempre nel 2022, 10 mila euro sarebbero stati erogati dalla diocesi di Modena, 20 mila dalla Fondazione migrantes (organismo pastorale della Cei costituito per «la fraterna accoglienza», l’evangelizzazione e l’integrazione degli stranieri), 30 mila direttamente dal vescovo di Palermo, 115 mila euro dagli enti ecclesiastici (diocesi e fondazione). Nel 2023, 200 mila sarebbero stati versati dalla Caritas, 200 mila di nuovo da Napoli e Palermo, altri 270 mila euro da altre diocesi, 25 mila direttamente dal cardinal Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e presidente della commissione delle conferenze episcopali dell’Unione europea.
In tutto, più di 2 milioni di euro.
Se si considera che Mediterranea nelle uniche quattro missioni condotte con la Mare Jonio tra il 2022 (gennaio, aprile e giugno) e il 2023 (nell’ottobre scorso) ha condotto in porto 422 migranti in tutto, il recupero di ogni naufrago è valso a Casarini e soci 4.900 euro, una vera pesca miracolosa.
Ma la metafora del lago di Tiberiade non l’abbiamo inventata noi. Si trova negli atti del procedimento in corso a Ragusa. Il 5 agosto 2020, dopo aver ricevuto la lettera con la proposta da Casarini, monsignor Castellucci si scioglie: «Carissimo Luca, grazie! Ho letto e riletto la tua lettera e sono tante le emozioni e le riflessioni che vorrei esprimere: tra sdegno e rabbia per l’indifferenza quasi generale e la gratitudine e stima per te e gli altri amici, che state davvero mettendo in pratica quello che Gesù ha proposto. L’iniziativa è molto valida: occorre che ci si coordini e certamente don Mattia potrebbe essere un “perno” per quanto riguarda le diocesi. Dopodomani vedo il cardinal Zuppi, con il quale parleremo anche di questo. Aggiungo questo: sarò già in grado lunedì di inviare la prima somma di 10 mila euro (goccia nel mare, ma…): non so se arriveranno in giornata, perché non conosco i tempi delle banche… spero di sì. Ti chiederei un iban, in modo da fare l’operazione direttamente e il più velocemente possibile. Ci teniamo in contatto… grazie e un abbraccio!».
Per comprendere meglio il carteggio occorre ricordare che l’ex ateo Casarini ha da tempo completato il suo percorso da incendiario a pompiere e che nel 2019 ha confessato ai giornali la sua svolta spirituale, a cui, però, non ha voluto dare un nome. Ha solo fatto sapere di avere sul comodino l’enciclica Laudato si’ di Bergoglio. Meritandosi quest’anno un posto al Sinodo dei vescovi come «invitato speciale». Occasione in cui ha ribadito che la sua non è una conversione, avendo avuto un’educazione cattolica, ma una «ricongiunzione con questa Chiesa», dovuta all’esperienza dei salvataggi in mare.
Ma leggiamola l’ispiratissima risposta di Casarini: «Don Erio Grazie. Grazie per quella che tu chiami “una goccia nel mare”, ma che ha in sé una potenza straordinaria. Perché vedi, queste gocce sono come le lacrime: a cosa servono le lacrime di Maria, di fronte a tanto orrore come quello di un figlio ucciso? A cosa servono le lacrime di un bambino di fronte alla violenza? Queste gocce, come le lacrime, sono calde. Si fanno strada nell’acqua resa gelida dall’indifferenza, nell’aria rarefatta dei senza respiro, e si muovono, scendono dagli occhi e rigano il viso, bagnano il mare e per un attimo lo riscaldano, mescolandosi alle onde. Sono gocce che vengono dal cuore, e ognuna ha il peso e la forza di un oceano. Caro Padre, sappi questo: con questa goccia delle tue lacrime, noi riscalderemo l’acqua del Grande Lago di Tiberiade». Dopo questa concessione al lirismo, Casarini diventa pragmatico e spiega di essere «in assoluta emergenza», ma offre anche una possibile soluzione da realizzare attraverso un’associazione costituita ad hoc: «Se organizziamo il fatto che una volta al mese le parrocchie delle diocesi possano destinare una lacrima, le offerte raccolte dai fedeli, al soccorso in mare […] noi avremo un fiume caldo capace di trasformare l’intero clima di questo pezzo straordinario di mondo. Provo a mettere giù uno schema di costruzione della associazione Grande Lago di Tiberiade, cosicché tu possa parlarne a Don Matteo Zuppi. Il giorno 10 incontreremo, io, Beppe e Don Mattia, Don Corrado Lorefice. Poi Monsignor Mogavero (Domenico, ndr), poi Don Pennisi (il vescovo Michele, ndr) e tanti altri. Per intessere insieme la rete dei pescatori di uomini. Grazie dunque per questa prima goccia».
A questo punto Casarini invia l’iban di Caccia e specifica: «Si tratta del conto di Beppe, per non fare inutili giri di bonifici che farebbero tardare l’arrivo. Ci mettiamo alla ricerca adesso di tutto il resto: entro martedì dobbiamo pagare circa 40 mila euro… ma ce la faremo! Ti abbraccio forte. Luca». Il fiume di finanziamenti inizia con questa prima goccia, a cui ne seguono molte altre. Il 14 agosto 2020 don Mattia invia lo screenshot della ricevuta di un secondo bonifico bancario da 10 mila euro, disposto dalla diocesi di Brescia. Il 29 settembre, Caccia riceve dall’arcidiocesi di Modena-Nonantola 20 mila euro e chiede di «ringraziare molto Monsignor Castellucci». Il 14 gennaio 2021 giunge una nuova iniezione di cash sempre dalla diocesi di Modena, che tra agosto 2020 e febbraio 2021 invia 45 mila euro.
Gli investigatori rilevano «gravi e sistematici elementi di anomalia» nelle movimentazioni bancarie di Caccia. Il quale restituisce quanto ricevuto a Mediterranea «in genere con una dilazione temporale anche di un mese rispetto al momento della ricezione». Un incontrollato crowdfunding darebbe la possibilità di utilizzare quelle erogazioni in modo disinvolto.
Per esempio alcune sono state inoltrate alla Idra come «prestiti infruttiferi», pronte per essere richieste indietro dai novelli lupi di mare. In una captazione Caccia ammette che «non è stato bello tenersi i soldi delle donazioni di Facebook e di domandarli in prestito». Al telefono Casarini, destinatario di 6 mila euro di emolumenti mensili, ammette che «’sta roba» è stata messa su da lui, Metz e Caccia e che gli ha permesso di «pagare l’affitto di casa e la separazione» senza dover «andare a lavorare in un bar».
Agli atti è finita pure una chat del novembre 2020 tra Casarini e il medico Mario Affronti «dell’ufficio Migrantes dell’Arcidiocesi di Palermo», già presidente della Società italiana di medicina delle migrazioni, in cui l’ex no global pietisce con urgenza «un contributo per l’acquisto di dispositivi anti covid».
Casarini, pur chiedendo di indicare tale causale nel bonifico, svela che quell’offerta più che per le mascherine servirà ad altro: «In realtà sono debiti che abbiamo accumulato per le ultime due missioni e ci servono per saldare e chiedere credito per le prossime. Quindi prima arrivano meglio è». Poi aggiunge: «Per rendicontazioni non problem. Ma don Gianni diceva stai generico». Affronti prima spiega di dover «capire come fare arrivare il contributo» e poi annuncia l’invio dei 20 mila euro della Fondazione migrantes.
Gli investigatori registrano in tempo reale l’ansia per l’arrivo di quei denari. La combriccola sta provando a spillarli ai danesi della Maersk, ma contemporaneamente, visto che ritardano, tenta la strada della Chiesa. la conversazione è così riassunta nei brogliacci: «Casarini esclama che bisogna incrociare le dita. Caccia replica che intanto questa settimana devono avere i 20 di “questi altri” perché se no… Casarini risponde di avere scritto un sollecito a Mario (Affronti, ndr) […] il quale dovrà riferirgli ciò che risponderanno “quelli”».
Ma che le parrocchie siano viste come una gigantesca mucca da mungere è dimostrato da un’intercettazione del 27 novembre 2020. Caccia spiega che «la riunione con i vescovi», organizzata per chiedere «un intervento di emergenza sui debiti» dell’anno, «è andata molto bene» e che «vi erano 16 vescovoni», quindi aggiunge che «partirà il tesseramento, le donazioni permanenti». Il brogliaccio della telefonata prosegue con altri particolari riportati da Caccia: «Tutti hanno detto dobbiamo… poi don Ciotti, che è il capo dei bergogliani, li ha messi in riga, e tutti hanno detto che non è in discussione il fatto che la nave bisogna comperarla e finanziare perché tutti hanno detto che è la loro nave, e noi gli dobbiamo garantire di potere navigare». Addirittura per qualcuno la Mare Jonio avrebbe dovuto battere bandiera vaticana. Caccia sogna a occhi aperti e si augura che «con questi qua» passi «il concetto di 30.000 euro (forse 3.000, ndr) al mese da ogni diocesi» (in Italia sono 226), che vorrebbe «dire mettersi d’accordo con 100 parrocchie che sottoscrivano per ogni diocesi 30 euro per Mediterranea». Caccia, a questo punto, aggiunge: «Siamo già 100.000 sopra la previsione messa sul piano economico di Mediterranea e si è già sui 580 annui». Metz suggerisce di chiedere a don Mattia i contatti «con quello che era il referente curatore della basilica di San Francesco d’Assisi», cioè «quello che aveva organizzato nelle giornate di Francesco», a cui Mediterranea aveva partecipato, e che «adesso è stato preso dal Papa, portato a Roma e dicono essere la continuità di Francesco», secondo i media «il giovane continuatore di tutta la strategia».
Si riferiscono probabilmente a Mauro Gambetti, ex custode del Sacro convento, creato cardinale nel novembre del 2020 e dal 20 febbraio 2021 vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano e per le ville pontificie e presidente della Fabbrica di San Pietro.
In una chat tra Casarini e Caccia i due parlano dei quattrini che devono arrivare dalla Maersk. Casarini: «L’unica prospettiva è quella che sai. Ma dobbiamo avere anche qualche entrata consistente perché se no non andiamo da nessuna parte». Anche perché, specifica Caccia, «abbiamo una Aps che, a parte i vescovi (si presume: soldi dei vescovi, ndr) raccolti da noi, sta raccogliendo al massimo 12 mila euro al mese, nonostante le missioni in corso». I nostri, però, non hanno preso solo soldi, ma anche ottenuto garanzie bancarie. Per esempio, grazie a una fideiussione dell’arcidiocesi di Napoli, Mediterranea avrebbe chiesto al proprio istituto di credito (Banca etica) un finanziamento di 780 mila euro (l’equivalente del progetto pilota). Idra, invece, ha fatto ricorso a dei garanti «politici» per ottenere un mutuo chirografario del valore di circa 520 mila euro, erogato il 23 gennaio 2020.
La cifra, quello stesso giorno, è stata quasi interamente utilizzata per la restituzione di un «prestito infruttifero» da 465 mila euro ottenuto nel 2018 dall’associazione Ya Basta. Nella loro informativa finale gli investigatori evidenziavano come le rate trimestrali fossero «attualmente impagate» (ma dall’istituto negano irregolarità) e sottolineavano che «il mutuo chirografario è un prestito che non richiede garanzie immobiliari» e che «il tetto massimo erogabile all’impresa può arrivare a 120.000 euro».
Ma chi sono stati i garanti di un’operazione tanto rischiosa? Eccoli: gli allora deputati del Pd Matteo Orfini, Gennaro Migliore, Luca Rizzo Nervo, Fausto Raciti, Massimo Ungaro, Giuditta Pini (nel direttivo di Mediterranea), Luca Pastorino, Vincenza Bruno Bossio, il fondatore di Sinistra ecologia e libertà ed ex governatore della Puglia Nichi Vendola, la verde Rossella Muroni, il senatore dem Francesco Verducci e l’ex collega Francesco Laforgia, i già parlamentari (alcuni rieletti nel 2022) di Sinistra italiana Nicola Fratoianni, Loredana De Petris, Giuseppe De Cristofaro, Erasmo Palazzotto, gli europarlamentari Pietro Bartolo (ex sindaco di Lampedusa) e Massimo Smeriglio, il consigliere regionale lombardo di +Europa-Radicali Michele Usuelli , oltre a Caccia e Metz.
A proposito di politici, Caccia al telefono fa un commento anche su Mario Draghi, ritenendo che con lui «possono avere “risvolti” positivi perché questi “banchieri” sui diritti umani e immigrazione non sono degli idioti». E a proposito di banchieri e politici, gli investigatori, annotano anche un finanziamento di 10 mila euro di Francesca Bazoli, figlia del presidente emerito di Intesa Sanpaolo e cognata del sindaco di Milano Beppe Sala, oltre a un «compenso occasionale» di 4 mila euro dell’ex leader della Cgil Sergio Cofferati.
Sotto osservazione pure i bonifici inviati a chi cura o ha curato la comunicazione di Mediterranea, Luca Faenza e l’agenzia Ff3300 di Bari, rispettivamente destinatari di «somme dalla Camera dei deputati» e di «plurimi accrediti dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e della Città metropolitana di Milano».
Il 23 marzo scorso, Casarini si è fatto fotografare proprio a fianco del suo bancomat, Francesco. Come se non fosse in corso un processo per reati che prevedono da 6 a 12 anni, aumentabili anche della metà per chi cerca di trarre profitto dall’illecito. Ma forse i «vescovoni» confidano in una pesca miracolosa pure in Tribunale.
No. La CEI non merita l'8×1000 per tutto quello che stiamo vedendo negli ultimi anni. Diamo i soldi direttamente ai preti di nostra fiducia e davvero meritevoli (ce ne sono tanti), diamoli direttamente a loro così siamo sicuri che vengono spesi bene e meglio della CEI.
RispondiEliminaL'esecrazione dei fedeli cattolici "normali" e "normalisti" per la vicenda descritta nell'articolo è immensa e rimarrà nella "memoria" a dimostrazione di quanto in basso siamo tutti caduti in questo tassello di vita ecclesiale. Lucrare sulla vita e sulle legittime aspirazioni dei nostri fratelli e delle nostre sorelle cosiddetti "immigrati" è quanto di più schifoso possa essere concepito dalla malvagità umana. Dopo il disgusto che fi affida alla duplice giustizia divina ed umana sorge spontanea la domanda: CHI e PERCHE' ha fatto trapelare questo scandalo inaudito? Si vuole colpire l'attuale Presidente CEI, il "candidato" cioè che non gode di particolari simpatie fra i modernisti? Certamente il Presidente dei vescovi italiani mostra uno zelo pastorale tutto particolare: egli volge il suo sguardo a TUTTI e non fa distinzioni ideologiche come avviene con il Capo Supremo che è intriso di faziosità. Anni fa lo avrebbero fatto sicuramente Papa…ma ormai la moderazione è finita: siamo allo scontro e quel candidato non appartiene a nessuno dei predetti schieramenti… ma è uomo del dialogo e della moderazione... Memori delle grandi, disinteressate e sincere buone attenzioni del Presidente CEI nei confronti degli "sfigatissimi" fedeli cattolici che si identificano con la liturgia dei Padri ci auguriamo che almeno questo blog voglia considerare il ripugnante scandalo descritto dall'articolo in modo più ampio: la corsa alla successione al seggio petrino è iniziata : i gesuiti sono abilissimi, ed intelligentissimi, "trafficanti" di notizie che possono turbare gli animi dei conclavisti influenzandone la visione d'ensemble e l'opinione. Come tutte le persone che "contano" il Porporato in questione è incline ad avere pubblicamente una concezione sinistroide riguardo i tempi dell'accoglienza e dell'immigrazione ma che non supera mai la solerzia dell'arcivescovo di Panormos : capolavoro di lobbismo , di intransigenza ideologica: pupazzetto del comandante in capo.
RispondiEliminaContento di non aver più devoluto l'8 per mille alla Conferenza episcopale italiana.
RispondiEliminaA chi lo hai devoluto?
EliminaCerto non a Casarini
EliminaE' la Chiesa "in uscita", in mezzo al mare nostrum.
RispondiEliminaA parte la facile ironia, si pensi a noi poveri fedeli, che prima sosteniamo con le offerte il circolo vizioso dell'immigrazione "a comando", e poi lo sosteniamo attraverso lo Stato che si fa carico del business, dove i veri profughi sono una piccolissima minoranza (stando ai dati ufficiali).
Gz
Bella roba questi vescovi
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