Per tramite del suo segretario diacono Ambrogio Fidato abbiamo ricevuto la seguente segnalazione cronichistica da S.E.R. Mons. Eleuterio Favella.
La «magniffica cronica di Roma» segue alla notizia secondo la quale papa Francesco, nella riunione con i Capi Dicastero della Curia Romana dello scorso 20 novembre, ha dichiarato il card. Raymond Leo Burke un suo nemico e ha perciò intenzione di togliergli l’appartamento e lo stipendio (QUI; QUI, QUI e QUI su MiL).
Grati a Sua Eccellenza Reverendissima per il rinnovato privilegio della sua considerazione nel volerci segnalare le «magniffiche croniche di Roma, de’ fratelli Beretta, Felice e mons. Mario», ed inginocchiati al bacio dell’anello, ci professiamo imperituramente suoi servitori umilissimi.
L.V.
«Eran molti jorni che in Urbe se udivan i sagri streppiti et urla viepiù sagratissime del Ss.mo Signor Nostro insin la porta dell’Asinaria, al casino del prence Ludovisi et a Tor di Nona, et era mormoratione infra il popolazzo & viventi civilmente & clero romano & frati & monachi che l’Augusto umore era contristato dall’affare del cardinale delle Americhe, em.mo Raimondo Burcardo, ch’il Santissimo Pontiffice tenea per capo de’ riggidi et pelagiani et era cardinal dubioso et nella guerra dell’Introibbo era capo della fronda, che tanti affanni recava all’apostolecho core tanto da levar l’apetito all’augustissimo stomacho lì vicino, facendoli saltar duo aut tria coletioni mattinali e toller mezza dozina de portate nel disnar de mezzodì et ultra far parchissima coena con apena sedeci ova fresche in carozza et polastri duo in forno rostiti, quasi alimenti di egrotante appresso la sagra mensa papale, epperò cui era sempre unita una botticella de vino sincerissimo Cannellino che deve la collegiata frascatana in numero di venti mensuali per onorar il suddetto censo del suppedaneo papale, sicché era giunto il signor Papa alla delibberation de levar al Burcardo et il piatto cardenalitio et il palagio urbano et cappellania et prebbende et sinecure et la rendita della vigna del Mascharone, epperò il sottodatario monsegnor Frangippane, episcopo tittular de Betlemme, fe’ notar alli sapienti riflessi dell’appostolicho celabro che il mentovato Burcardo tenea in Roma soltanto picciol casina cum sagra cappella et havea modesta rendita imperocché jam dalla Santetà Sua giubbilato pria dalla prefettura del Sommo Tribbunal di Ambo le Segnature et dipoi dalla protettoria della sagra riliggione Giovannita, ove foe mandato il vegliardo Tomasi che tutti tenean jam pro rimbambito ma ch’avea gran loco nell’appostolico core, quanto parimenti nell’augustissimo stomacho tenean loco amplissimo li donativi & cathedratici & censi in varrili de sardelle et arringhe et botticelle de vino di Marsala et Zibibbo che facea venir dalli feudi sui lampedusani il Tomasi et ancho dal ven.le monisterio di Palma di Montechiaro, ch’era di suo patronato, donde quelle osservantissime moniali menavan al signor Papa annualmente quarenta stara di marzapane & pane d’Ispagna & alie dolzure che tanto sollazzavan il papal gargarotio, sicché al Burcardo mericano era picciol danno ma contrariamente gran disdoro pella Santa Sedia e la Chiesa romana, majormente che la vigna del Mascharone unqua foe di collation del Burcardo imperocché esso Papa l’avea sequestrata al cardenal Brandimullero, vegliardo todesco insin dalli primi dubia, e da allor se dicea che Sua Beatitudine s’era bevuto almen cento otri di cesanese all’anno che da quella mentovata vinea il fattore recava per S. Martino al palagio apostolecho magna cum diligentia, di talché la Santetà Sua, colli notori modi gentili et bonantia ch’ogn’huom canosce ut sui propri, cacciò il col.mo Frangippane dall’audientia infra blastimie & multe contumelie, comminando ad elli di andar ad apparecchiarsi l’anima pel supremo passo imperocché era in animo convocar Mastro Titta etiam pro eo et che era l’orario dell’apparecchiatura del desinar apostolecho ch’era unica cossa a recar qualche sollievo in quei giorni di affanni & contristationi al suo magn.co animo et volea non ultra sentir parlar del Burcardo che al prossimo sgarbo et ofensione avria levato ad elli cappello et biretta et galero et fascia et succintorio et cinto erniario et tutte ditte cosse eran note in Suburra come alli Monti et alla Regula et multi dicean che la carne trista nol volea nemmen Giesondio aut il Dimonio, et li birri facean terrore in tucta Roma et fe’ murar alcune porte della cittade a pozzolana il Sovrano Pontiffice che fia cussì d’essemplo all’altri cardenali & nobbeli & decurioni & popolo infedele delli felicissimi Stati suoi sotto pena di giri de rota duodeviginti & dello stivaletto ispagnuolo & alie pene corporali etc.».
da «Le magniffiche croniche di Roma sotto l’augustissimo ponteficato del Ss.mo Signor Nostro papa Francesco» de’ fratelli Beretta, Felice e mons. Mario, appresso la stamperia Medicea con privileggio - Libro VI
Ma tte dico de sì commare Marì !!!
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