Joseph Shaw, presidente della Foederatio internationalis Una Voce, col suo inglese splendidamente pronunciato (è sempre più raro ascoltare la received pronunciation e riuscire, in tal modo, a comprendere perfettamente in versione originale) ci istruisce con un excursus sulla storia delle prime reazioni alla riforma liturgia seguita al Concilio Vaticano II.
E partiamo proprio dall'Inghilterra, con la celebre petizione contro la sciatteria liturgica e per il mantenimento della liturgia che aveva sostenuto gli innumerevoli candidati al martirio nei secoli di repressione protestante e anglicana. Nella lunga lista di firmatari di intellettuali inglesi, l'allora papa Paolo VI fu colpito in particolare dalla firma di Agatha Christie, e concesse (per la sola Gran Bretagna) quello che venne battezzato l'Agatha Christie indult, ossia il permesso di mantenere a certe condizioni l'antica liturgia.
Fu il primo colpo portato al preteso totalitarismo della nuova messa.
In quegli stessi anni si costituì la Federazione internazionale Una voce, alle cui richieste e petizioni aderirono anche molti non cattolici, preoccupati che con la proibizione dell'antica Messa si perdesse un inestimabile capitale culturale ed artistico, musicale anche.
E proprio uno dei pochi ancora vivi di quella generazione di firmatari è il grande pianista e direttore d'orchestra Vladimir Ashkenazi, ebreo russo e quindi, diremmo, doppiamente non cattolico.
Il nostro relatore liricamente ricorda quel periodo iniziale (1966-1971) in cui i fedeli e il mondo della
cultura insieme reagirono allo choc di essere 'derubati' del tesoro della Messa antica e posero le basi per la resistenza e la successiva resilienza (nel senso etimologico del termine: saltare nuovamente in piedi).Il seme insomma di quel che poi è avvenuto e che si può riassumere con le parole oraziane che sono il motto di questo nostro sito: multa renascentur quae iam cecidere - molte cose, che un tempo caddero, rinasceranno.
Interessante la risposta che dà il relatore alla brillante domande di un uditore: perché non proporre all'UNESCO l'iscrizione della liturgia tradizionale nel patrimonio immateriale dell'umanità. Sì, ci dice il relatore, probabilmente nella sottocategoria dei beni minacciati... Il problema, però, è che se la baguette francese e la pizza napoletana sono stati riconosciuti dall'UNESCO, è per il lobbying di due governi (rispettivamente francese ed italiano). La Santa Sede farebbe altrettanto?
Enrico
Il libro del Relatore sull'argomento trattato |
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