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mercoledì 6 settembre 2023

Le bestemmie ereticali di padre Antonio Spadaro S.I. e la «supercazzola» difensiva della Pontificia Accademia di Teologia

Lo scorso 25 agosto avevamo scritto in merito alle «bestemmie ereticali» (espressione che usiamo con filiale dolore, ma pienamente giustificata dalla definizione tratta dal Vocabolario Treccani che abbiamo riportato QUI) contenute nel commento settimanale al Vangelo (Mt 15, 21-28) curato da padre Antonio Spadaro S.I., teologo di riferimento di papa Francesco e direttore della rivista La Civiltà Cattolica, edita dalla Compagnia di Gesù, e pubblicato domenica 20 agosto sul quotidiano ultra-laicista Il Fatto Quotidiano (QUI, poi QUI e QUI su MiL).
Ricordiamo che, nel suo commento al Vangelo, padre Spadaro attribuiva direttamente a Nostro Signore Gesù Cristo le seguenti caratteristiche:
- indifferente alla sofferenza;
- stizzito ed insensibile;
- inscalfibilmente duro;
- teologo non misericordioso;
- beffardo ed irriguardoso nei confronti della povera madre;
- con una caduta di tono, di stile e di umanità;
- accecato dal nazionalismo e dal rigorismo teologico;
- rigido, confuso e da convertire;
- malato e prigioniero dalla rigidità e dagli elementi teologici, politici e culturali dominanti del suo tempo;
- lodatore della fede pagana.
A distanza di alcuni giorni – e soprattutto dopo l’indignazione che tale commento, per quanto pubblicato su un giornale che può contare su una modestissima diffusione di circa 50.000 copie tra edizione cartacea e digitale, ha suscitato in tutto l’orbe cattolico (nel costante silenzio vaticano) – giunge la difesa con una lettera nientemeno di mons. Antonio Staglianò, Vescovo emerito di Noto e Presidente della Pontificia Accademia di Teologia (non nuovo a bizzarrie: QUI, QUI, QUI, QUI e QUI su MiL), pubblicata sulla pagina Facebook ufficiale dellAccademia che presiede.
Di fronte all’evidenza, il Presidente della Pontificia Accademia di Teologia – anziché dare onestamente atto dell’evidenza stessa – tenta di rigirare la frittata ed ecco che parte lancia in resta sin dal titolo: «Attenti agli eretici».
E chi mai sarebbero questi «eretici», secondo Sua Eccellenza? Non certo padre Spadaro, che delizia i lettori «con la sua scrittura precisa, puntuale, a tratti poetica, da autentico letterato», ma coloro che si sono permessi di evidenziare ciò che era ed è di per sé evidente.
Così evidente che mons. Staglianò si trova a contorcere il proprio discorso, producendo una lunga serie di frasi che sarebbero potute più propriamente uscire dalle battute del Conte Raffaello Mascetti di cinematografica memoria: «È la testimonianza dell’amore nella carne che spinge il dono della vita fino a morire, la misura dell’ortodossia del credente. Perciò, nel travaglio culturale che stiamo vivendo, le vere eresie contro l’Incarnazione, e contro la Trinità, si verificano nella pratica di una vita che pretende di credere in Cristo, ma non opera la “sua” carità, non organizza la “sua” solidarietà, non vive la “sua” giustizia»: cosa ora c’entrino i dogmi dell’Incarnazione e della Trinità con il racconto evangelico in commento è un mistero…
E ancora: «C’è un cortocircuito nelle lenti a infrarosso: Papa Francesco scrive la Laudato si [in realtà è «si’» con l’apostrofo: N.d.R.] e fa ambientalismo ecologico; scrive poi la Fratelli tutti e fa sociologismo (magari massonico, con quell’appello alla fratellanza universale). Chiede di accogliere i migranti - perché oggi nel mondo in guerra è proprio l’ospitalità (dunque, la capacità di farla davvero in società individualistiche e super interessate solo al denaro) il segno della carità cristiana, possibile solo con la grazia dell’eucarestia-, e fa politica di sinistra»: ma non stava difendendo l’articolo scritto da padre Spadaro? Dal cilindro del mago Staglianò esce d’improvviso (e tira per la giacchetta) papa Francesco con il suo «ambientalismo ecologico», «sociologismo (magari massonico)», «ospitalità»… nella montante confusione, Sua Eccellenza avrà sbagliato a fare copia-incolla con un altro articolo che stava scrivendo?
Ma il vero coup de théâtre «con supercazzola» è riservato per il gran finale, con immancabile citazione «gesuitica»: «La dialettica è legittima e il dialogo ancor di più, non l’accusa e il giudizio che tende ad abbattere, a escludere, a dividere. Diabolon è divisivo ed è anche “fissista” (Ch. Theobald)»: già, perché oltraggiare con espressioni ingiuriose ed irriverenti Nostro Signore Gesù Cristo ed usare concetti contrari alla fede non significa forse «abbattere, escludere e dividere» il popolo di Dio affidato alla propria cura spirituale di pastore?
Ecco poi proporre le immancabili citazioni, ovviamente a sproposito… ma fanno sempre scena ed affumicano l’aria: «Nel dialogo, teniamo però conto dell’osservazione del beato Antonio Rosmini a quelli che lo accusavano di eresia, perché non capivano il suo luminoso insegnamento: ”abbandonando la sostanza del dogma, si contentano di salvare alcune frasi, come coloro che, dando i denari a' ladroni, salvan la borsa vota”»: il Presidente della Pontificia Accademia di Teologia si sarà accorto che, nella ormai totale confusione del suo scritto, si trova a descrivere (e ad accusare) proprio ciò che ha fatto padre Spadaro, che ha storpiato le frasi del brano evangelico attraverso lenti ideologiche «abbandonando la sostanza del dogma», ovvero della teologia cattolica?
Per giungere alla vera supercazzola finale, la cui interpretazione richiederebbe un lavoro che lasciamo ai lettori più volenterosi: «La sostanza dei dogmi cattolici è il cristianesimo che salva e redime, il quale a sua volta è la “fede operosa nella carità”. La “borsa” del cattolicesimo dogmatico senza fede viva è vuota, o per dirla con san Giacomo è “fede morta”, dunque, religione irreligiosa, persino atea, nonostante l’onore attribuito a Dio con la bocca»… ma anche tarapia tapioco come se fosse antani! (per i pochi che non abbiano colto la citazione: QUI)

P.S.: se gli «eretici» sono davvero tutti coloro non allineati alla (contorta) posizione «con supercazzola» di mons. Antonio Staglianò, prendiamo atto che più del 90 per cento degli oltre cento commenti pubblicati sotto il post in questione è riferibile ad utenti «eretici»: ci incontreremo tutti all’inferno, ad ascoltare le lezioni di padre Spadaro.

P.P.S.: con filiale amore e devozione, ricordiamo a S.E. mons. Antonio Staglianò l’ammonimento evangelico di Nostro Signore Gesù Cristo, sempre utile per quanto «teologo rigido e non misericordioso»: «Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno» (Mt 5,37).

L.V.


𝑑𝑖 + 𝐴𝑛𝑡𝑜𝑛𝑖𝑜 𝑆𝑡𝑎𝑔𝑙𝑖𝑎𝑛ò
𝑃𝑟𝑒𝑠𝑖𝑑𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑃𝑜𝑛𝑡𝑖𝑓𝑖𝑐𝑖𝑎 𝐴𝑐𝑐𝑎𝑑𝑒𝑚𝑖𝑎 𝑑𝑖 𝑇𝑒𝑜𝑙𝑜𝑔𝑖𝑎

Questa volta tocca al Direttore della Civiltà cattolica e non tanto a papa Francesco. È già un passo in avanti. E però il padre gesuita è uno dei più stretti collaboratori del papa. Dunque, mal comune mezzo gaudio. Attenti all’eretico: «Gesù ha peccato di rigidità, ma poi si è convertito ed è guarito. Quindi Gesù era un peccatore come tutti gli uomini. Questa lampante eresia così si articola in modo più analitico. Nostro Signore è insensibile e duro d’animo: addio al cuore misericordioso di Cristo che ha offerto Sé stesso per salvarci». Così sintetizza un “articolo shock” a firma di Tommaso Scandroglio su La nuova Bussola quotidiana, del 30.8.2023, con un titolo davvero attraente (e orticante): “Gesù rigido e peccatore, l’eresia di padre Spadaro”. Il riferimento è al consueto commento domenicale che il padre gesuita sta facendo da qualche tempo su Il Fatto quotidiano deliziando i lettori con la sua scrittura precisa, puntuale, a tratti poetica, da autentico letterato.
Chiunque può leggere il testo del 20 agosto riguardante l’episodio di una donna cananea che invoca da Gesù la guarigione della figlia tormentata dal demonio (Matteo 15, 21-28). Alla fine, Gesù, compie il miracolo, dopo molte insistenze. La questione è che Matteo parla della “durezza di Gesù” e lo fa apparire esattamente come Spadaro lo descrive: «insensibile. […] La durezza del Maestro è inscalfibile. […] La misericordia non è per lei. È esclusa. Non si discute. [Gesù] risponde in maniera beffarda e irriguardosa nei confronti di quella povera donna. “Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini”, cioè ai cani domestici. Una caduta di tono, di stile, di umanità. Gesù appare come fosse accecato dal nazionalismo e dal rigorismo teologico». Gesù “appare” così o no, secondo il racconto di Matteo? Certo, appare beffardo e irriguardoso, visto che dà del “cane” a una persona umana? E questo non dovrebbe essere degno per chiunque tra gli umani, tanto meno per il Figlio di Dio nella carne umana.
La risposta della donna sorprende, perché accetta di essere un cagnolino pur di godere delle briciole che cadono dalla tavola del padrone. Quale meraviglia, quanta bellezza di fede c’è in questa speranza. Da qui, il miracolo, compiuto da Gesù che Spadaro commenta così: «poche parole, ma ben poste e tali da sconvolgere la rigidità di Gesù, da conformarlo, da “convertirlo” a sé. […] E anche Gesù appare guarito, e alla fine si mostra libero, dalla rigidità degli elementi teologici, politici e culturali dominanti del suo tempo». Ecco, dunque, Gesù appare guarito, Gesù si mostra libero. Il pezzo di padre Spadaro è veramente bello, anzi straordinario per la plasticità con la quale “ricostruisce la scena” rendendola viva. Sembra quasi di assistervi. Il linguaggio narrativo è davvero incisivo nel creare il “contrasto” da cui poi scaturisce l'ammirazione di Gesù per la grande fede dell'incredula (come altre volte, inversamente, Gesù si meraviglia, deluso, per l'incredulità dei religiosi).

𝐷𝑜𝑣𝑒 𝑠𝑡𝑎𝑟𝑒𝑏𝑏𝑒 𝑎𝑙𝑙𝑜𝑟𝑎 𝑙'𝑒𝑟𝑒𝑠𝑖𝑎 𝑑𝑖 𝑆𝑝𝑎𝑑𝑎𝑟𝑜? 𝐷𝑜𝑣'è 𝑠𝑐𝑟𝑖𝑡𝑡𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝐺𝑒𝑠ù è 𝑢𝑛 𝑝𝑒𝑐𝑐𝑎𝑡𝑜𝑟𝑒?
Non c’è scritto, ma la coscienza (cattolica) di Scandroglio invece la vede, perché “quotidianamente la sua nuova bussola lavora con potenti lenti a infrarosso” (come quelle di cui è dotato il nuovo telescopio James Web, con la mission di scandagliare le profondità dell’universo avvicinandosi il più possibile all’ormai improbabile Big bang). Ecco cosa vede nei commenti di Spadaro: la figura di Gesù storicizzata «elisa dalla sua natura divina, gettata nell’immanentismo transeunte in cui tutti noi viviamo». E già, perché l’infrarosso di quelle lenti permetterebbe di “vedere” dov’è e dove non è la “natura divina” del Figlio di Dio, solo perché si citano i dogmi della Chiesa cattolica sull’Incarnazione e sulla Trinità, sul peccato originale. Eppure quel messaggio di E. Mounier resta indimenticabile: «occorre soffrire, perché la verità non si cristallizzi in dottrina, ma nasca sempre dalla carne». È vero, perché l’autentica dottrina della Chiesa cattolica nasce, nella tradizione vivente, dalla carne sofferente dei martiri. È la testimonianza dell’amore nella carne che spinge il dono della vita fino a morire, la misura dell’ortodossia del credente. Perciò, nel travaglio culturale che stiamo vivendo, le vere eresie contro l’Incarnazione, e contro la Trinità, si verificano nella pratica di una vita che pretende di credere in Cristo, ma non opera la “sua” carità, non organizza la “sua” solidarietà, non vive la “sua” giustizia.

E perché 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑒 𝑒𝑟𝑒𝑠𝑖𝑒 𝑝𝑟𝑎𝑡𝑖𝑐ℎ𝑒 nessuno le vede?
C’è un cortocircuito nelle lenti a infrarosso: Papa Francesco scrive la Laudato si e fa ambientalismo ecologico; scrive poi la Fratelli tutti e fa sociologismo (magari massonico, con quell’appello alla fratellanza universale). Chiede di accogliere i migranti - perché oggi nel mondo in guerra è proprio l’ospitalità (dunque, la capacità di farla davvero in società individualistiche e super interessate solo al denaro) il segno della carità cristiana, possibile solo con la grazia dell’eucarestia-, e fa politica di sinistra.

𝑁𝑜𝑛 𝑑𝑜𝑣𝑟𝑒𝑚𝑚𝑜 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑛𝑑𝑒𝑟𝑐𝑖 𝑑𝑖 𝑝𝑖ù 𝑡𝑟𝑎 𝑐𝑎𝑡𝑡𝑜𝑙𝑖𝑐𝑖?
Non siamo fratelli in Cristo? La dialettica è legittima e il dialogo ancor di più, non l’accusa e il giudizio che tende ad abbattere, a escludere, a dividere. Diabolon è divisivo ed è anche “fissista” (Ch. Theobald). Nel dialogo, teniamo però conto dell’osservazione del beato Antonio Rosmini a quelli che lo accusavano di eresia, perché non capivano il suo luminoso insegnamento: «abbandonando la sostanza del dogma, si contentano di salvare alcune frasi, come coloro che, dando i denari a' ladroni, salvan la borsa vota». La sostanza dei dogmi cattolici è il cristianesimo che salva e redime, il quale a sua volta è la “fede operosa nella carità”. La “borsa” del cattolicesimo dogmatico senza fede viva è vuota, o per dirla con san Giacomo è “fede morta”, dunque, religione irreligiosa, persino atea, nonostante l’onore attribuito a Dio con la bocca. È pure scritto: «questo popolo mi onora con le labbra ma il suo cuore è lontano da me» (cfr. Mc 7,1-13).

Roma, 1 settembre 2023

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