Riceviamo dal gruppo stabile "Associazione S. Alberto O.P." per la Messa Tradizionale di Genova e pubblichiamo alcune loro precisazioni in merito alla storia della Messa antica nel capoluogo ligure e al recentissimo decreto di Mons. Tasca (col quale ha governato "paternalmente" la parte del suo gregge legato al rito antico); e ciò anche in riferimento ad alcuni posti di Aldo Maria Valli, da ultimo, uno qui.
Roberto
Con la diffusione del Decreto Arcivescovile 4 dicembre 2022, in corso di pubblicazione sulla “Rivista Diocesana”, si conclude il percorso relativo all'applicazione del m.p. “Traditionis Custodes” nell'Arcidiocesi di Genova. Un percorso lungo e, a tratti, travagliato, meritevole dunque di un bilancio approfondito.
Molte cose, a questo riguardo, debbono essere spiegate e chiarite, non solo rispetto al testo del documento e non solo ai lettori “foresti”: la durata stessa dell'iter che ha portato al provvedimento oggi in esame, infatti, ha suscitato malumori e incomprensioni, non senza echi anche in Rete; in vari articoli, diffusi soprattutto tramite il blog di Aldo Maria Valli, problemi e sorte del gruppo dei fedeli sono stati abbinati con polemiche relative all'amministrazione dei beni ecclesiastici o altri temi con cui poco o nulla hanno da spartire; infine ma non da ultimo, su questo blog è stato pubblicato un articolo di commento ad una versione del decreto che, nell'aspetto esteriore, senza dubbio si presentava come quella ufficiale e definitiva... però non lo era affatto, come oggi si può vedere.
Vediamo, allora, di spendere qualche parola non solo sul presente, ma per prima cosa sul passato. “Per chi lo ha visto e per chi non c'era... e per chi quel giorno lì inseguiva una sua chimera.”.
All'entrata in vigore del m.p. “Summorum Pontificum”, in Arcidiocesi la Liturgia tradizionale era tenuta viva dal gruppo di fedeli che, fin dal 1991, beneficiava dell'indulto e che il Card. Bertone aveva, da ultimo, trasferito in una chiesa più ampia e centrale, la Parrocchia dei SS.Vittore e Carlo e N.S. della Fortuna in via Balbi, la strada dell'Università. Una piccola schola cantorum si faceva valere, gli aspetti organizzativi erano curati dalla sezione genovese di “Una Voce Italia”; il celebrante a suo tempo incaricato, don Gianni Baget Bozzo, sempre più spesso impedito dall'età e dalla salute, veniva sostituito dal Parroco, p. Marco Maria della Misericordia della Croce, religioso incardinato in Diocesi perché membro di una piccola comunità, la Fraternità della SS.ma Vergine Maria, eretta e molto apprezzata dal Card. Siri, che però poi non è cresciuta fino a poter ottenere lo status di diritto pontificio. Sull'onda delle grandi speranze suscitate dall'annuncio del “Summorum Pontificum”, sembrava che le celebrazioni dovessero moltiplicarsi e, in effetti, nei mesi successivi al luglio 2007 si è visto un certo interesse da parte di diversi Sacerdoti, tra cui in particolare don Paolo Romeo, allora Parroco di S. Ambrogio nella località di Fegino, che ha celebrato per la prima volta secondo la forma extraordinaria il 14 settembre 2007, dunque il giorno stesso dell'entrata in vigore del m.p. Tanto grande è stata la passione da lui subito sviluppata per il Rito Romano nella sua forma classica che, in poco più di un mese, questa piccola Parrocchia alla periferia della conurbazione è divenuta il secondo centro stabile di celebrazioni more antiquo, ivi associate anche ad una devozione molto sentita, quella per la Madonna della Guardia.
Gli anni successivi hanno visto uno sviluppo piuttosto diverso dalle ipotesi iniziali: sono nate e fiorite altre realtà, da Savona a Chiavari, da Sestri Levante a Rapallo, ma – nonostante l'attenzione manifestata dal Card. Bagnasco con la nomina di un Delegato per l'applicazione del m.p. “Summorum Pontificum”, scelto oltretutto nella persona dell'Avv. Emilio Artiglieri, allora Presidente di “Una Voce Genova” - nell'Arcidiocesi le SS. Messe “tridentine” hanno finito per ridursi anziché moltiplicarsi: il gruppo “storico” si è in sostanza trasferito in altra zona del centro, presso la Parrocchia-Abbazia di S. Stefano, e nel 2012 ne è divenuto Parroco proprio don Paolo Romeo, cosicché da quel momento le celebrazioni regolari si sono ridotte ad una. Tuttavia, la realtà di Santo Stefano ha via via conosciuto uno sviluppo impressionante: don Romeo infatti, senza mai essere “tradizionalista” se per tale si intende qualcuno che celebra soltanto il rito tridentino o che si pone in dissenso rispetto agli insegnamenti del Concilio Vaticano II, aveva però fatto della forma extraordinaria il centro della propria spiritualità sacerdotale, tanto da prendere a recitare l'Ufficio secondo il Breviario del 1962; di qui, probabilmente, la sua scelta di assecondare il desiderio dei Vespri cantati, che sono divenuti una caratteristica dei tempi liturgici “forti” nella vita del coetus fidelium; di qui, suppongo, anche l'organizzazione delle varie conferenze che, nel corso degli anni, hanno portato a Genova ospiti del calibro di Mons. Livi o, in campo liturgico, di Mons. Bux; di qui, soprattutto e senz'altro, l'entusiasmo con cui si è via via fatto carico in prima persona dei vari aspetti organizzativi e la sua costante disponibilità per funzioni aggiuntive, si trattasse di Messe di Requiem o votive come di Sacramentali; sempre di qui infine, soprattutto negli ultimi anni, la fortissima crescita numerica del gruppo legato alla Liturgia tradizionale, che si è arricchito anche di molte persone che così hanno riscoperto o abbracciato per la prima volta la Fede Cattolica. Insomma, alla vigilia dell'inopinato “Traditionis custodes”, questa chiesa tanto amata dai genovesi, santuario cittadino della Madonna della Guardia, era una Parrocchia “biformalista”, per così dire, dove però i fedeli legati alla forma extraordinaria potevano godere di un livello di cura pastorale e vita liturgica paragonabile ad una Parrocchia personale.
Il 16 luglio 2021 è stato un giorno molto difficile per don Paolo, che – com'ebbe a dire di lì a poco, in un incontro organizzato proprio per riflettere sul da farsi – nel “Traditionis custodes” vedeva sconfessata dalla S. Sede, da un giorno all'altro, la bontà di tutte le proprie scelte personali e, si può ben dire, di ciò che ormai formava parte integrante della sua stessa identità; però, lungi dall'abbandonarsi ad un pur comprensibilissimo sconforto, ha voluto e saputo esporre all'Arcivescovo le ragioni sue e dei fedeli perché le celebrazioni potessero proseguire. S.E. Mons. Tasca ha voluto assistere di persona alla S. Messa more antiquo il giorno di S. Stefano e ciò lasciava presagire una felice risoluzione; ma purtroppo, nei giorni seguenti, don Paolo ha contratto il Covid-19 che, dopo una lunga battaglia, lo ha condotto alla tomba. Sono convinto che l'estremo sacrificio, chiestogli dal Signore in modo tanto inatteso a vista umana, sia stato uno strumento misterioso ma provvidenziale, nel modo che Dio solo sa, per le sorti del coetus; sul momento, però, noi poveri pellegrini in terra abbiamo solo potuto sperimentare il dolore e affrontare il vuoto molto concreto che tanto distacco apriva. L'Arcivescovo, che ha celebrato di persona il funerale ed ha avuto parole di apprezzamento forte, non rituale, per l'operato di don Romeo, al suo ricovero in ospedale ha subito autorizzato per le vie brevi a sostituirlo il p. Stefano Maria Gazzano, della citata Fraternità della SS.ma Vergine Maria, già ben conosciuto ai fedeli non solo genovesi per la collaborazione sia con don Paolo, sia con le attività del gruppo di Savona e di altri ancora; l'Amministratore parrocchiale, don Massimiliano Moretti, si è sempre mostrato più che disponibile ad autorizzare anche funzioni diverse dalla S. Messa domenicale e a lasciare che la vita liturgica del gruppo proseguisse più o meno come prima (per quanto possibile e a parte l'inevitabile ombra del lutto generale).
Inoltre, mi sembra doveroso ricordare l'impegno, discreto ma in quell'ora decisivo, di Fosca Preo, una consacrata che si è assunta l'onere di tenere aperta la chiesa e badare alla sua cura materiale, finché un tumore - mi verrebbe da dire - doppiamente maligno non l'ha costretta a ritirarsi in casa in attesa dell'incontro con lo Sposo, di cui non aveva fatto parola con nessuno, ma che è seguito a stretto giro. Ha lasciato in tutti noi il rimpianto di non averla conosciuta meglio e la sensazione di essere passati, spiritualmente parlando, accanto ad un piccolo cespo di viole, magari umilmente nascoste da piante più grandi, più alte, più frondose, eppur capaci di donare a tutto un ambiente il profumo superno dell'umiltà e del sacrificio. Dire “Non sarà dimenticata” sarebbe parola vana, se dovessimo fare affidamento soltanto sulla memoria o la gratitudine degli uomini; ma la Comunione dei Santi invera e ci fa sperimentare già su questa terra la promessa con cui sa confortarci il Proprio della Missa Defunctorum, “In memoria aeterna erit iustus, ab auditione mala non timebit.”. Per lei abbiamo potuto cantarle in grato ricordo e suffragio in die trigesima; dobbiamo ancora cantarle, invece, per chi ha condiviso la sorte di don Paolo a distanza di pochi giorni appena, il Prof. Rino Tartaglino, storico Segretario di “Una Voce Genova” e vera colonna del servizio all'altare. I tanti che sono arrivati negli ultimi anni, forse, non lo conoscevano per nome, dato che non distribuiva più a mano ma solo per e-mail il piccolo settimanale di informazione cattolica che gestiva, ma tutti ricordiamo l'assiduità, la cura e l'amore con cui ha servito la S. Messa, fino alla morte repentina che lo ha portato, io credo, a servire all'Altare del Cielo.
Pur nelle intuibili difficoltà, i fedeli hanno saputo organizzarsi e non sono rimasti inattivi in attesa del Fato: anzitutto, è stata inviata all'Arcivescovo una lettera - datata non casualmente alla festa della Divina Misericordia e corredata da una raccolta di firme che ai veterani dell'epoca pre-Summorum ha ricordato senz'altro il tempo dell'indulto – in cui gli abbiamo chiesto di far proseguire la vita del gruppo come prima e in particolare di lasciarci in S. Stefano, previa la necessaria dispensa dal divieto di far svolgere queste celebrazioni in chiese parrocchiali, introdotto dal “Traditionis Custodes” ma, a nostro sommesso avviso, sproporzionato ed ingiustificato quantomeno rispetto al caso concreto, cioè ad una realtà di serena convivenza tra le due forme che si era aperta anche ad una terza, con l'ospitalità accordata ai fedeli ucraini dell'Esarcato Apostolico per l'Italia.
In attesa di riscontro, dal momento che - anche se fossimo rimasti a S. Stefano - si sarebbe verificata una separazione tra le attività ordinarie della Parrocchia e la cura pastorale del coetus, è sembrato opportuno costituire un'associazione che potesse farsi carico delle varie incombenze materiali ed organizzative (dal servizio al rifornimento di fiori, particole e vino), all'uopo gestendo le offerte della S. Messa, che prima confluivano nel bilancio parrocchiale. Questo perché “Una Voce Genova” - lo chiarisco per scrupolo di completezza - forse esiste ancora sulla carta, onestamente non saprei, ma perfino i frequentanti “storici” non ricordano alcuna sua attività ormai da anni e, con la morte del compianto Prof. Tartaglino, essa deve dirsi scomparsa ad ogni effetto pratico. Non c'è nulla di male in questo, beninteso, e tutto si spiega: finché era vivo don Paolo, di fatto si faceva carico in prima persona anche degli aspetti un tempo gestiti dall'associazione, finanche stampando Ordinari e Propri, quindi si capisce bene che essa sia sembrata superflua. Ma la nuova situazione, costituendo per tanti versi un ritorno all'antico id est alla situazione sotto il vigore dell'indulto, obbliga i coetus fidelium ad organizzarsi ed organizzare tutto, il più possibile, in proprio.
È nata così l'Associazione “S. Alberto Magno O.P.”, che deve il titolo alla devozione di don Paolo Romeo per il Doctor Universalis e ambisce a proseguire l'opera di lui tanto nella cura della sacra Liturgia quanto, se sarà materialmente possibile, nella diffusione della sana dottrina. Io ho curato la redazione degli statuti e, mancando altri spazi, messo a disposizione il mio studio come sede provvisoria; alla prima riunione, gli iscritti – confidando, mi è parso di capire, che una certa competenza nel diritto amministrativo canonico potesse tornare utile nelle discussioni con la Curia – hanno ritenuto di eleggermi Presidente. A due persone ben più necessarie di me, l'organista M.° Prof. Simone Dettori e il Dott. Andrea Gaggioli, storico collaboratore di don Paolo, factotum e ben conosciuto da gran parte del clero genovese, sono toccati i fardelli, certo più gravosi, della carica di Tesoriere e, rispettivamente, di Segretario. Sebbene si sia scelto di non chiedere, almeno all'inizio, alcun riconoscimento giuridico statale o canonico, l'Autorità ecclesiastica è stata informata in anticipo di quest'intenzione e, tramite il Cancelliere Mons. Michele De Santi, l'ha riconosciuta opportuna e pienamente conforme al can. 215 CIC; a costituzione avvenuta, ho spedito di persona gli statuti all'Arcivescovo e ne ho ricevuto un biglietto di ringraziamento; non è però sembrato opportuno, mi è stato anticipato tramite il Cancelliere, inserire espressamente la nuova realtà associativa nel decreto allora in preparazione.
A questo punto e purtroppo, si è creato uno scollamento tra le aspettative dei fedeli – che attendevano una risposta alla richiesta di dispensa o, prima ancora, la convocazione di un incontro di qualche tipo per discuterne – e il meccanismo decisionale, che invece ha portato senz'altro alla scelta di applicare la nuova norma e trasferire il gruppo; anche nella fase che a quel punto si è aperta, cioè l'individuazione di una nuova sede, otre a chi doveva parteciparvi per ragioni di ufficio, è stato coinvolto il solo Avv. Emilio Artiglieri, a quanto mi è dato capire più in veste di Delegato “uscente”, per così dire, che non di supposto portavoce dei fedeli; questi, ad ogni modo, non hanno saputo per tempo delle decisioni già maturate o in maturazione, venendo così colti di sorpresa dall'annuncio che il 30 ottobre, festa di Cristo Re, il Vescovo Ausiliare, Ecc.mo Mons. Niccolò Anselmi, si sarebbe presentato insieme con il Rev. Mons. Gianluigi Ganabano, coordinatore dell'Ufficio per la Liturgia, per illustrare i contenuti essenziali dell'emanando decreto, che, oltre alla nomina dello stesso Mons. Ganabano a Delegato, avrebbe previsto il trasferimento delle attività del coetus presso l'Oratorio di S. Antonio alla Marina, a partire dal 27 novembre, prima Domenica di Avvento.
Qui occorre forse precisare che le chiese sono luoghi sacri dove i fedeli hanno diritto di entrare per esercitare il culto divino (cfr. can. 1214), ma gli oratori sono “destinati al culto divino in favore di una comunità o di un gruppo” (can. 1223), dalle nostre parti in genere una Confraternita, che di solito ne è anche proprietaria. Essi, quindi, sono aperti al pubblico solo di rado, complice pure il declino delle Confraternite in termini di effettivi e di attività, e risultano poco conosciuti. La conseguente incertezza di molti su dove e come potesse essere la nuova sede ha alimentato il disagio per l'annuncio di una decisione già presa, senza che fosse stato consultato il gruppo o, perlomeno, p. Stefano, agli occhi di molti l'interlocutore naturale. Non ha aiutato – l'ho fatto presente il giorno stesso dell'annuncio e lo ripeto senza difficoltà ora – l'assenza anche solo di un richiamo all'avvenuta presentazione di una richiesta di dispensa e ai motivi per cui si era ritenuto di non accoglierla; il Vescovo Ausiliare ha però parlato dell'esigenza che i fedeli contribuissero economicamente alle necessità del luogo che li avrebbe ospitati, il che ha spaventato più di una persona, comprensibilmente timorosa di finire in qualche luogo in rovina e di vedersi accollare le spese per tenerlo o rimetterlo in piedi.
Ad annuncio avvenuto, per l'Associazione si è trattato di capire come fosse davvero l'Oratorio, di prendere contatto con chi lo gestiva in concreto (dunque con la Confraternita proprietaria) e anche di comprendere quali sarebbero stati gli ulteriori contenuti del decreto, specialmente in termini di frequenza delle celebrazioni, destinazione delle offerte etc. Esaminare il posto è stato abbastanza facile, dato che si trova in una zona ben collegata ed è aperto il sabato pomeriggio, ma valutarne le condizioni un po' meno, anche perché erano ancora in corso alcuni lavori di sistemazione; lì per lì sembrava troppo piccolo, però in condizioni decorose, bisognoso al massimo di un'energica pulizia generale e di quei piccoli lavoretti che sono sempre necessari quando un posto è stato poco usato per un certo periodo di tempo. Altri incontri hanno consentito di allacciare i primi rapporti personali, cominciare a progettare l'immediato futuro – almeno a grandi linee – verificare le disponibilità dell'occorrente, dagli strumenti musicali a suppellettili e paramenti, infine trasferire i beni mobili in proprietà o uso del coetus; tramite il Delegato – che non poteva provvedere direttamente, dato che a sua volta era ancora in attesa del documento di delega, cioè del decreto – è stata ottenuta la proroga di una settimana del termine per il trasferimento, in modo tale che la prima celebrazione avvenisse Domenica 4 dicembre, come poi infatti è avvenuto.
fine prima parte
(continua)
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Genova, 12 dicembre 2022
Avv. Guido Ferro Canale
Associazione “S. Alberto Magno O.P.”
Presidente