36° appuntamento della rubrica sulla storia del Movimento Liturgico a cura del M° Aurelio Porfiri: oggi presentiamo padre Giovanni Semeria B., controverso sacerdote sanremese, barnabita "socialista", in odore di modernismo.
Qui i precedenti medaglioni.
Roberto
La tempesta modernista: Giovanni Semeria (1867-1931)
Non c’è dubbio che fin dalla riforma protestante la Chiesa ha dovuto affrontare delle sfide formidabili, sfide che l’hanno impegnata in modo costante. Una di queste, forse la più terribile, fu quella del modernismo, uno dei periodi più bui della sua lunga storia. Ci furono esponenti delle idee moderniste apertamente schieratisi per queste nuove idee mentre altri si trovarono in mezzo, forse simpatizzando per alcune di queste idee, in mezzo a questa tempesta.
Uno di questi era il noto predicatore barnabita Giovanni Semeria. Nato a Sanremo ma studiò a Roma dove si avvicinò ad alcuni intellettuali che lo introdussero a nuove dimensioni. Si occupò di predicazione, come detto, ed ebbe interessi liturgici ed archeologici.
Sul suo modernismo Francesco Mores dice: “Sul modernismo di Semeria ha scritto quasi cinquant’anni fa pagine nette Émile Poulat. Studioso, tra l’altro, di esegesi e di origini cristiane, il barnabita non poteva non incorrere nei sospetti che, dopo la relativa apertura di Leone XIII, attraversarono il pontificato di papa Sarto. Il 24 novembre 1910 egli ricevette una lettera autografa di Pio X con l’autorizzazione a prestare il giuramento antimodernista «con delle riserve», non ultima la possibilità di utilizzare pseudonimi e di essere sottoposto al controllo di padre Agostino Gemelli, a garanzia di ortodossia, intesa come «una dimensione della disciplina» (Poulat, 1969, p. 173). Nel settembre del 1912 egli fu dunque inviato da Genova, via Torino, a Bruxelles, presso il santuario di Gesù Bambino. L’anno seguente si recò in Palestina, a Gerusalemme (dove incontrò padre Marie-Joseph Lagrange), poi al Cairo e ad Atene. Lo scoppio della prima guerra mondiale lo colse in Svizzera. Risiedendo a Ginevra e insegnando Dante per un breve periodo all’Università di Losanna, Semeria preparò il suo ritorno in Italia. Il 13 giugno 1915, chiamato dal generale Luigi Cadorna, raggiunse Udine da cappellano del comando supremo dell’esercito. Il febbrile attivismo dispiegato lo portò, già in dicembre, a un crollo nervoso; da qui la scelta di tornare a Ginevra per curarsi, indirizzando ora la propria azione non più solo verso i soldati mobilitati, bensì anche verso gli orfani. A settembre ritornò a Udine, dove strinse un sodalizio con don Giovanni Minozzi, animatore delle bibliotechine da campo e delle case del soldato. Passato, dopo Caporetto, alle dipendenze dell’ordinario militare monsignor Angelo Bartolomasi, a Bologna, Semeria si trovò a continuare la sua opera di predicazione e assistenza ai soldati” (Dizionario Biografico degli Italiani).
Fu un famoso e ricercato predicatore che come detto si interessò anche a temi liturgici e di musica sacra, in questo probabilmente in coincidenza con le battaglie condotte dai ceciliani sotto Pio X per una riforma all’insegna del Motu Proprio del 22 novembre 1903.
Statua di p. Semeria a Sanremo (loc. Coldirodi) sua città natale foto: Sanremonews .it |