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sabato 27 febbraio 2021

La liturgia vero ponte verso la fede

Vi proponiamo un interessante contributo di Angelo Pellicioli, coordinatore del Comitato permanente per il Rinnovamento liturgico nella Fede, sull’importanza di preservare i gesti della liturgia.

L.V.


L’essere umano si avvale del corpo per percepire, in modo tangibile, le immagini ed i suoni che gli pervengono e lo fa attraverso i sensi della vista e dell’udito. Per la maggior parte di noi la percezione sensoriale risulta infatti indispensabile per decriptare luoghi, sentimenti e sensazioni. Solo alcune persone, peraltro dotate di alta spiritualità e concentrazione riescono, in via del tutto eccezionale, ad intercettare con la mente messaggi che i sensi corporei non riescono a captare.
Se poi entriamo nel campo della fede, dove nulla si può toccare con mano ma percepire solo con il pensiero e la riflessione, le cose si complicano non di poco.
Riuscire a captare e comprendere le verità di fede rappresenta per l’uomo uno sforzo sovrumano ed impossibile; sembra che ciò cozzi con la realtà stessa della sua vita terrena. Sant’Agostino, che aveva invano provato a percorrere questa inaccessibile via, si ricredette solo innanzi al messaggero di Dio. Capì, infatti, cosa volesse fargli comprendere il fanciullo che era intento a racchiudere tutto il mare in una conchiglia: le verità di fede non possono essere contenute, nella piccola e debole mente umana né, tantomeno, possono essere dalla stessa decifrate o comprese.
Premesso ciò, occorre andare alla ricerca di quale sia il miglior modo di avvicinamento dell’uomo al soprannaturale. Ed è proprio qui che si inseriscono i mezzi che fungono da tramite fra l’umano ed il divino.
Tra di essi ne spicca uno di importanza essenziale: la sacra liturgia. Essa costituisce vero ponte fra l’anima ed il corpo e permette, in tal modo, di porre la creatura in diretto contatto spirituale col suo Creatore.
È proprio la liturgia che, fungendo da tramite fra il corpo e l’anima, riesce ad elevare quest’ultima rendendola capace di avvicinarsi sempre più al volere ed al disegno divino, divenuti umanamente inspiegabili ed irraggiungibili dopo la commissione del peccato originale nel paradiso terrestre avvenuta ad opera dei nostri progenitori.
Sappiamo bene come la santa Messa costituisca la forma più significativa dell’espressione liturgica. Orbene, attraverso la liturgia, la sua celebrazione avvicina l’uomo a Dio, rendendo più facile, per coloro che assistono al Sacrificio divino, elevare la propria mente (spirito) al fine di trovarsi in piena simbiosi con il Signore.
Per questo le posture, le posizioni ed i comportamenti liturgici sull’altare (ed in chiesa) assumono un’importanza rilevante e sono veramente determinanti per un effettivo avvicinamento del fedele a Cristo redentore.
Tutti abbiamo avuto modo di constatare come, in presenza del Novus Ordo Missae, sia stata abolita la vecchia postura del celebrante; la quale non è più rivolta ad orientem e coram deo bensì coram populo. Ciò comporta palesemente, oltre all’immanentismo del fedele, pure l’immobilismo orizzontale di tutta la celebrazione. Tale erronea postura preclude infatti quella necessaria verticalità che partendo dai fedeli raggiunge, attraverso il celebrante, Gesù crocifisso: Agnello sacrificale presente sull’altare.
I fautori del Novus Ordo Missae sostengono che, con esso, la nuova liturgia sacrificale della santa Messa abbia posto Cristo al centro della celebrazione, ma ciò non corrisponde affatto al vero. Si tenga presente che in tutte le altre religioni, comprese quelle false, ciò non avviene. Tutte le rispettive celebrazioni si tengono, infatti, rivolgendosi in un’unica direzione che, partendo dal popolo, raggiunge il celebrante e si proietta verso la divinità da adorare.
Già nell’Antico Testamento, laddove in osservanza al motto: gratia supponit naturam (la grazia presuppone la predisposizione e l’impegno naturale per essere raggiunta), le celebrazioni avvenivano con il celebrante, stanziato innanzi ai fedeli; ed entrambi, in ogni caso, rivolti verso il Signore.
Oggi l’altare, il crocifisso ed il tabernacolo spesso non si trovano nemmeno più sulla stessa linea d’azione. Questo rappresenta, senza dubbio, un ulteriore ostacolo per ottenere un unico senso di rivolgimento nello svolgersi delle celebrazioni liturgiche.
Che dire? I nuovi presbiteri, di seconda e terza generazione post conciliare, prediligono la celebrazione della santa Messa coram populo. Forse con tale comportamento si sentono più al centro dell’attenzione, ma questo fa scordare loro che il celebrante è solo il mezzo attraverso il quale Cristo scende sulla sacra Mensa. I presbiteri dell’era moderna, presi come sono nel porre al centro delle celebrazioni l’assemblea dei fedeli, non si rendono nemmeno conto di essere attratti più dalla sfera temporale che da quella spirituale e di aver, in tal modo, perso di vista i desiderata che conducono al soprannaturale.
Così, dopo oltre cinquant’anni dalla riforma liturgica conciliare, siamo oggi giunti ad uno svuotamento del vero significato della celebrazione eucaristica. Dobbiamo perciò, da buoni fedeli osservanti e praticanti, impegnarci a fondo per non snaturare oltre il vero e profondo significato della sacra liturgia, ma cercare strenuamente di riportare la medesima nel proprio alveo naturale. Non dobbiamo dimenticare che essa ci è stata donata dal Magistero ecclesiale, nel corso di più secoli, per aiutarci a meglio comprendere i misteri della fede: Incarnazione, Passione, Morte e Resurrezione di Gesù Cristo; vero compendio della Sua salvifica redenzione.

Angelo Pellicioli

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