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martedì 5 luglio 2016

I figli "oggetto" delle coppie omosessuali

Vittorio Sgarbi spesso ha delle intuizioni e dei pensieri che sono molto più di buon senso e "cattolici" di tanti prelati vestiti di viola, di rosso o anche di altro colore.
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Il Giornale. 18-6-2016. Vittorio Sgarbi
La lettura dell'istruttivo «reportage» di Francesco Merlo da Montreal per raccontare il seguito della storia tra Nichi Vendola ed Ed Testa, induce ad alcune riflessioni, a partire della compassata partecipazione del giornalista alle vicissitudini dei due.
Tutto regolare, tutto tranquillo: una civilissima esperienza umana dei due uomini che hanno concepito un bambino, Tobia Antonio Testa, «figlio di due papà» (applausi).
C'è stato, è vero, un contributo marginale di ben due donne, la donatrice e la portatrice, ma adesso, finalmente, si sono fatte da parte. E Nichi ed Ed possono essere i genitori felici di un figlio solo loro davanti agli uomini e davanti alla legge, essendo nato a Sacramento, in California, ed essendo insieme cittadino italiano e canadese.
Battaglia vinta, al di là di pregiudizi morali e ottusità legislative. Merlo approva.
Nichi ed Ed cercano di persuaderlo con argomenti soavi.
«Ma davvero pensi che dipenda dal sesso il doppio registro psicologico? Non ti sembra superato anche come stereotipo che la grazia sia femminile e la forza maschile? O che siano di genere la malinconia e il coraggio, l'ironia e l'intelligenza, la tenerezza della mamma e la severità del papà? E davvero pensi che io, Ed e Tobia siamo una minaccia per la famiglia?». Ecco la mozione degli affetti, il tentativo d'invocare la normalità, la semplicità, la pulizia dei sentimenti. Così si manifesta una famiglia «normale»: a 4 mani fanno il bagno a Tobia, poi lo cambiano, lo puliscono, gli danno la poppata, lo chiamano con soprannomi da burla, gli cantano la ninna nanna. E ancora moine, baci, carezze con mani di padre che piacerebbero a Rilke, il quale benediceva solo le mani delle madri.
Dopo aver letto queste delicatissime parole, alziamo gli occhi e vediamo la nuova famiglia, in una eloquente fotografia. Ed, in veste di padre, sorride e osserva, compiaciuto, Nichi che stringe con le mani grosse al petto il bambino.
Ho cercato di vincere ogni pregiudizio, di superare l'antica polemica; e, avvezzo a guardare le immagini della maternità nei dipinti, le Madonne con il bambino di Pietro Lorenzetti, di Piero della Francesca, di Giovanni Bellini, di Raffaello, di Klimt, di Gino Severini, ho guardato anche mamma Nichi nell'intensità del suo gesto. Ho visto, in modo esclusivo, intenso, perfino drammatico, l'amore egoistico, il desiderio di possesso, più ancora che la protezione del bambino. «Nessuno potrà strapparmelo», sembra dire Nichi.
E non è l'atteggiamento materno della mamma che sostiene e scalda il bambino nella Natività di Caravaggio a Messina, ma la concentrazione ossessiva e infantile di chi stringe una cosa che è sua. Il piccolo Tobia appare un capriccio soddisfatto. Nello stringerlo Nichi sembra dire: «Giù le mani. È mio». Come direbbe di un orsacchiotto di peluche o di un cagnolino. Nulla di male. Ma il bambino è una persona che ha diritto a una madre, la quale, anzi le quali, peraltro, esistono. Può darsi che nel tempo si abitui ai due estranei che lo hanno sostanzialmente rapito, senza neppure la prospettiva di un riscatto. Ecco: la riduzione di una persona a cosa, pure amatissima, è il limite dell'impresa di Nichi ed Ed, che hanno avuto quello che volevano, con una determinazione che li rende padroni di Tobia. Ecco perché: non obietto a una coppia, anche omosessuale, che adotti un bambino abbandonato, per disinteressato amore per l'umanità, per proteggere chi è indifeso, chi non ha nessuno, contemperando aiuto, altruismo e tenerezza, e legittimo e comprensibile egoismo. Ma l'amore della madre, come mostra Caravaggio, è protezione, non possesso. La Madonna indica una totalità umana, carne della sua carne, e pur nella bizzarra concezione eteroclita, figlio di Dio, non di Giuseppe. Un amore puro, disinteressato, non la proprietà di un bambino come un oggetto. Nichi stringe Tobia come un bene che gli appartiene. Merlo osserva e tace; gli sembra fatalisticamente ineluttabile. Ma pensa alla felicità di Nichi, non di suo figlio. L'unico bene non negoziabile. L'amore di sé e di ciò che è suo è più forte dell'amore per lui. Un dono per sé in una impressionante simulazione di parti impossibili. No: possibili; ingenerose verso il figlio disarmato.