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giovedì 29 maggio 2014

Il Papa ha parlato bene. Repliche di un lettore di MiL alle "correzioni" delle parole di Francesco al Memoriale di Yad Vashem

Ieri abbiamo proposto alla vostra lettura (anche per far nascere un confronto)  le considerazioni teologiche di un nostro lettore, alle parole pronunciate dal Papa il 26.05.2014 al Memoriale Yad Vashenm. 
Un altro lettore ci ha scritto per sottoporci le sue contro-considerazioni. Le pubblichiamo di seguito. Esse sono puntuali e certamente in parte condivisibili. Bisogna ricordare però che le "correzioni" del primo lettore alle parole del Papa sono sorte a parer nostro, in un tentativo di ridimensionarne la strumentalizzazione: si ha forse l'impressione che dal Papa  (e dalla Chiesa) si pretendano buonisti iperboli  solo di fronte a determinati eventi buissimi della Storia dell'Uomo (da condannare senza riserve! e bene ha fatto il Papa!), mentre per altri sembra normale (od opportuno o senza interesse alucno) che egli non dica nulla...
L'eccesso di cordoglio e il monito di condanna, per quanto fondati e doverosi, rischiano forse di essere percepito come meno sincero e meno opportuno se dà l'impressione di scivolare in derive di "politicalmente corretto",  o di fallare in grossolane sviste teologiche (che per conto di un Papa non è da poco). 
Ringraziamo entrambi i lettori intervenuti, e ci uniamo alle preghiere per il Santo Padre. 

Questo incontro dialettico, pacato, dotto e costruttivo ci piace molto!! Se impedire i commenti produce questi buoni frutti, ben venga! 

Roberto
 
Cara redazione di MiL,

in relazione al post: "Alcune considerazioni teologiche sulle parole del Papa ..."
vorrei rispondere con un paio di contro-considerazioni. Che Papa Francesco   sia impreciso teologicamente in certi discorsi pubblici è vero. Che il  Papa sia da criticare quando è necessario, è giusto e doveroso   (personalmente non mi sento certo un papaboy: ci sono molte cose  nell'agire quotidiano che, secondo me, non sta facendo affatto bene). Ma  la critica che avete pubblicato mi pare inconsistente e farisaica. Vediamo due passaggi:
"Faccio umilmente notare che quando Dio nella Genesi si pone la domanda,  non stava certo pensando alla Shoa né allo Yad Vashem"
Dio "pensava" certamente a tutti i disastri che l'uomo compie quando si erige dio di sé stesso, dall'uccisione di Abele sino alla fine della Storia, quindi certamente inclusa la Shoa. Precisare "Dio nella Genesi", come a voler richiamare un vincolo di temporalità, come se quella frase avesse senso solo nel momento storico a cui si riferiva o in cui fu  scritta, è un modo molto ingenuo e limitativo di leggere la Bibbia e
interpretare la Parola di Dio.

"Affermare poi che "forse nemmeno il Padre poteva immaginare" l'abisso di  perdizione dell'umanità è una eresia ancora più manifesta e palese."
in Genesi 6, 6-7 (edizione CEI 2008) non sta forse scritto (grassetto mio):
"6 E il Signore si pentì di aver fatto l'uomo sulla terra e se ne  addolorò in cuor suo. 7 Il Signore disse: "Cancellerò dalla faccia della  terra l'uomo che ho creato e, con l'uomo, anche il bestiame e i rettili e  gli uccelli del cielo, perché sono pentito di averli fatti"
In Giona 3, 10 (edizione CEI 2008) non sta forse scritto:
"6 Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva  minacciato di fare loro e non lo fece."

Stesso concetto, "ravvedersi" in italiano vuol dire "riconoscere di aver  agito male e correggersi.". Se dovessi giudicare questi passaggi biblici (e probabilmente altri) con lo stesso metro puntiglioso e letterale del vostro lettore, dovrei concludere che la Bibbia è eretica: non è concepibile che Dio si penta delle proprie azioni perché contraddirebbe la  propria infallibilità.

Lascio a chi è più esperto di me l'eventuale disquisizione sulle traduzioni a volte imprecise dei testi antichi; ma se quei passaggi sono così come sono nella Bibbia 2008 approvata dalla CEI, io concludo che -  non potendo essere eretiche - si tratta di iperboli, di espressioni  letterarie rivolte a sottolineare la gravità degli atti umani davanti ai  quali Dio si adira. Ecco che anche la frase del Pontefice è evidentemente
un'iperbole che Francesco ha ritenuto di dover usare per commentare uno degli abissi della Storia.

Nell'introduzione ho scritto "critica farisaica": intendevo dire che  troppo focalizzata sul particolare ed è sterile. Non pretendo che la mia  interpretazione sia quella definitiva, anche perché non sono certo un'esperto in esegesi biblica, ma mi pare che un qualsiasi commento serio  non può non considerare i punti che ho citato. È certamente opportuno  discutere se sia opportuno che un Papa usi iperboli, e fino a che punto, o  se debba mantenersi teologicamente impeccabile in ogni intervento pubblico. Ma commentare con superficialità e col ditino alzato solo per  sottolineare presunti errori, senza curarsi di dare il giusto contesto, fa  altrettanti danni all'evangelizzazione dei tentativi di relativizzazione  dei modernisti, progressisti, o come vogliamo chiamarli.
Passando su un altro piano, le considerazioni finali del vostro lettore sono antisioniste ed antisemite, ma soprattutto false: infatti Papa Francesco ha dato ampio spazio anche alla "campana" palestinese, come le foto vicino al cosiddetto "muro dei territori" testimoniano. Non aggiungo altro perché mi pare totalmente inopportuno mescolare commenti teologici e  politici.
Grazie per l'attenzione e preghiamo per il Santo Padre.