Le dimensioni di un
presbiterio storico rimangono immutate anche quando - come
purtroppo è accaduto - si è scelto di demolire l’altare
tradizionale. Cominciando a demolire si è finito talvolta per fare
tabula rasa come se i valori storici e artistici e liturgici del
passato non contassero nulla. Tale scelta si è rivelata peraltro del
tutto ideologica considerando che non è di alcun vantaggio per la
spazialità liturgica della riforma. Infatti le dimensione del
catino absidale e segnatamente quella trasversale del presbiterio
restano le medesime; insufficienti per sistemarvi in primo piano
tutti i fuochi liturgici. Gran parte degli adeguamenti realizzati in
questo modo risultano pertanto infelici; contrassegnati da fuochi
liturgici affastellati l’uno a ridosso dell’altro quasi a
contendersi la posizione di maggior visibilità. E’ necessario
pertanto considerare attentamente le caratteristiche dimensionali dei
presbiteri storici costituenti un preciso vincolo che si
aggiunge ai vincoli storico-artistici propri della figuratività. Da
un attenta valutazione potrebbe risultare per nulla opportuno per
molte chiese realizzare l’altare libero sui quattro lati
atto alla celebrazione versus populum a meno che non si decida
di operare forzature che si riveleranno con evidenza a grave
discapito del decoro. Potrebbe invece esser di gran lunga preferibile
limitarsi alla realizzazione del luogo della Parola attraverso
il riutilizzo di amboni o pulpiti storici oppure
costruendo un nuovo ambone capace di adeguarsi alla spazialità
liturgica esistente. Soprattutto nel
primo caso potrà rivelarsi necessario uno schermo elettronico da
situare in posizione elevata e discreta, tale da consentire la vista
dai primi banchi delle azioni liturgiche officiate sul luogo della
Parola posto in posizione retrostante. Una liturgia della
Parola da celebrare, questa si, nel contatto diretto faccia a
faccia sullo spazio della navata; così come avveniva nei primi
secoli e come è continuato a sussistere con la stessa tradizione
tridentina. Altro è il rapporto dei fedeli con l’altare;
rispetto al quale la direzione comune della preghiera e la centralità
del tabernacolo costituiscono valori liturgici mai aboliti. A
tale proposito la Sacrosantum Concilium non evidenzia alcun
conflitto tra altare e tabernacolo. Nella celebrazione versus Deum
non si celebra contro un muro ma rivolti verso la croce
dinanzi alla pala d’altare: finestra
questa aperta su uno scorcio o riflesso di Cielo. Nel
presbiterio potrà esser quindi conservato interamente il
luogo dell’Eucarestia con l’altare tradizionale
comprensivo di tabernacolo e croce insieme alla sede
sistemata in posizione antistante di lato e di
profilo. Nelle chiese storiche è necessario non dimenticare la
esigenza della tutela dei valori storico-artistici espressione
architettonica di valori liturgici immutabili. ”Questa (la
liturgia) infatti consta di una parte immutabile, perché di
istituzione divina, e di parti suscettibili di cambiamento,..”
(S.C.21) La cultura laica nei confronti dei valori
storico-artistici è molto attenta nel prescriverne la tutela e la
conservazione perseguendo come reato l’alienazione degli stessi.
Quanti scempi di altari tradizionali sono stati fatti perdendo
per sempre quei valori storici, artistici e liturgici espressi come
una sinfonia nel loro contesto architettonico, non senza grave
detrimento per la fede di tutti. Lo spazio liturgico storico è
sempre attuale e vivo e può esser riformato con semplici interventi
che non investono il presbiterio; la scelta peggiore sotto ogni
profilo è la sua negazione sino a ridurlo a pezzi da museo e
finanche d’antiquariato.
Le nuove chiese
Diverso è il caso delle
nuove chiese dove forma dimensioni e disposizione del presbiterio
sono da definire ex novo e dove potranno realisticamente esser tenuti
in considerazione taluni usi liturgici (non certamente gli abusi)
maggiormente affermatisi in questi primi cinquant’anni di
post-Concilio. Tali possibilità però non possono esser considerate
in maniera arbitraria; la continuità con la spazialità liturgica
storica che ci precede è fondamentale pena l’irriconoscibilità
dei nuovi spazi sacri. Nelle nuove
chiese l’altare libero sui quattro lati potrà esser senza
difficoltà realizzato con tutto lo spazio attorno che necessita. Si
potranno in
tal modo rispettare le
diverse sensibilità liturgiche consentendo la preghiera eucaristica
sia versus populum che versus Deum. Un altare che non
preclude, ma include entrambi le possibilità. Per il tabernacolo
è importante ribadirne la esigenza della centralità e la soluzione
pensile su colonna telescopica sostenuta dal ciborio costituisce una
concreta possibilità. Inoltre uno spazio liturgico ben progettato
dovrebbe avere sempre più di una appropriata possibilità per il
tabernacolo; potrà risultare utile in differenti tempi e
modi. Una o due piccole cappelle laterali con altare addossato
(richiede molto meno spazio) ad un dossale possono essere
facilmente previste; risulteranno sempre utili per collocarvi il
tabernacolo, per l’altare della reposizione e
per celebrarvi la S.ta Messa in situazioni meno frequenti e
particolari. L’altare maggiore disposto nell’abside potrà
esser quantomeno predisposto ad accogliere un ciborio a sua volta
predisposto per l’inserimento di un tabernacolo pensile.
Riguardo al luogo della Parola non dovrebbe risultare
difficoltoso collocare l’ambone in posizione laterale sulla
navata; nell’area compresa tra il primo gradino del presbiterio
ed il primo banco dei fedeli. Per l’ambone ci si può
ispirare alla tradizione dei pulpiti realizzando un luogo
sospeso su pilastro o su muro. E’ particolarmente auspicabile
proprio nella spazialità liturgica delle nuove chiese ricercare per
la sede principale del celebrante nonché per le sedi
degli altri ministri partecipanti a vario titolo alla liturgia uno
spazio laterale ben distinto dal luogo dell’Eucarestia. Tale
spazio potrà ritrovarsi in prossimità dell’ambone
affacciato sulla navata, ricostituendo in tal modo in forma nuova ma
nella continuità il luogo della Parola dei primi secoli.
Conclusioni
I due luoghi liturgici
possono esser oggi esplicitati considerando le origini riguardo il
luogo della Parola e rispettando al contempo la evoluzione
avvenuta del luogo dell’Eucarestia. Laddove si riguarda alle
origini è necessaria una interpretazione in continuità con il
processo organico di riforma dello spazio liturgico avvenuto nel
tempo per non cadere nell’archeologismo. Una architettura ispirata
alle tipologie classiche dello spazio sacro necessariamente
reinterpretate con i segni e i materiali della contemporaneità può
costituirsi fondamento architettonico capace di contemperare queste
due fondamentali esigenze. 1A
seguito del Mutu Proprio Summorum Pontificum una buona e moderna
prospettiva liturgica è quella di adeguare i presbiteri permettendo
la convivenza ordinata di entrambe le Forme del Rito Romano. In
particolare la celebrazione con il Novus Ordo nell’altare ad Deum
ritrova la direzione comune della preghiera eucaristica della Messa
di sempre. Altari ad Deum storici da riproporre all’uso liturgico e
di nuovi da realizzare per le cappelle secondarie delle nuove chiese;
l’altare ad Deum costituisce un insuperabile soluzione dal punto di
vista dell’ottimizzazione dello spazio. Quanto esposto vuole
essere una via percorribile dove declinare gli aspetti architettonici
e spaziali della liturgia secondo quella riforma della riforma
delineata da Benedetto XVI°. La Tradizione infatti non è morta ma
viva, protesa verso l’avvenire della Chiesa capace di riformarsi
nella consapevolezza dei valori immutabili di cui è portatrice.
Amare la tradizione significa innanzitutto comprenderne la vitalità
intesa come capacità intrinseca della Tradizione di proporsi in
forme nuove quando necessario restando sempre fedele a se stessa.
Tutt’altro che fissismo e arroccamento.
arch. Claudio Mecozzi
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Note
1 Claudio Mecozzi, l’Architettura della continuità, blob messainlatino 2012
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Note
1 Claudio Mecozzi, l’Architettura della continuità, blob messainlatino 2012
Progetto di ricerca per la nuova Chiesa parrocchiale S. Giovanni Nepomuceno Neumann a Montespaccato (Roma). Vista schematica dell’interno ispirato alla spazialità liturgica barocca. L’ambone è sulla navata rivolto al popolo ed aperto alla visuale dell’altare. Il coro ritrova il suo luogo in alto secondo la tradizione delle cantorie. Progettazione architettonica arch.Claudio Mecozzi. Liturgia rev. prof. Uwe Michael Lang.
non condivido:
RispondiElimina"potrà rivelarsi necessario uno schermo elettronico da situare in posizione elevata e discreta, tale da consentire la vista dai primi banchi delle azioni liturgiche officiate sul luogo della Parola posto in posizione retrostante."
alla proclamazione del Vangelo basta voltarsi verso il pulpito.
Come mai e' improvvisamente sparita ogni frase laudativa nei confronti di Papa Francesco ? Che cosa strana ...
RispondiEliminaE' vero, nelle epoche contraddistinte dall'ambone ci si volgeva verso di esso durante la proclamazione della parola;si assisteva all'intera celebrazione stando in piedi e si poteva pertanto evitare di volgere le spalle all'altare posto nell'abside nel voltarsi verso l'ambone. Oggi, sopratutto stando nei banchi sarebbe possibile volgersi al pulpito senza dare le spalle al tabernacolo? E' necessario tener conto integralmente degli sviluppi dello spazio liturgico avvenuti nel secondo millennio per non cadere nell' archeologismo . Da quì la possibile necessità di introdurre nelle chiese storiche un piccolo e discreto schermo elettronico al servizio della sola liturgia della parola.
RispondiEliminaClaudio Mecozzi