Seconda parte dello studio : " I luoghi della Liturgia " .
Il primo studio si trova QUI .
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La sede e l’ambone ovvero il luogo della Parola
La sede della Riforma non può non esser concepita come sviluppo del seggio posto nel presbiterio nella spazialità liturgica che ci precede, “..le nuove forme scaturiscano organicamente, in qualche maniera, da quelle già esistenti ” (s.c.23) ricercandone l’idonea valorizzazione e visibilità. La esigenza di visibilità della sede non può però tradursi in una sistemazione irriguardosa nei confronti dell’altare.
Il luogo più appropriato per la sede non può che essere dunque nella posizione laterale rispetto l’altare, rifuggendo ogni competitività con la centralità di questo.
“Si eviti ogni forma di trono ” (OGMR310).
Soprattutto nelle nuove chiese la sede posta di lato potrà esser sistemata su un piano retrostante l’altare rivolta verso il centro della congregazione dei fedeli; posizione di secondo piano ma nel medesimo livello dell’altare.
“Si eviti ogni forma di trono ” (OGMR310).
Soprattutto nelle nuove chiese la sede posta di lato potrà esser sistemata su un piano retrostante l’altare rivolta verso il centro della congregazione dei fedeli; posizione di secondo piano ma nel medesimo livello dell’altare.
Il primato e la centralità dell’altare potrà esser ribadita introducendo un ciborio.
Se la sede è posta in posizione antistante l’altare si dovrà trovare il modo che risulti con visuale aperta verso di esso evitando di offenderne la presenza con una posizione irriguardosa.
La quota del piano della sede in questo caso dovrà essere inferiore rispetto il piano liturgico dell’altare. Tali configurazioni mirano a ricercare una visibilità della sede discreta e rispettosa nei confronti del luogo dell’Eucarestia.
Vi può esser un modo diverso di concepire la sede adatto soprattutto per le nuove chiese: il seggio della spazialità liturgica tradizionale può esser ricondotto alla concezione originaria del seggio episcopale nel luogo della Parola.
Ricostituire in tal modo il luogo della Parola tenendo conto organicamente dell’intera tradizione.
Un nuovo luogo della Parola comprendente sede ed ambone in posizione laterale prossimo alla navata, adiacente ma distinto dal luogo dell’Eucarestia.
In tal modo si evita di interferire nelle chiese cattedrali con la centralità della cattedra episcopale così come spesso disposta anche nella tradizione del secondo millennio.
La sede non può essere confusa con la cattedra episcopale.
In tal modo si evita di interferire nelle chiese cattedrali con la centralità della cattedra episcopale così come spesso disposta anche nella tradizione del secondo millennio.
La sede non può essere confusa con la cattedra episcopale.
Un luogo della parola dunque riformato; una sintesi nella continuità della ininterrotta tradizione dei due luoghi liturgici.
Si può partire dall’ambone in posizione laterale sulla navata ribadita nel pulpito che sviluppa la soluzione architettonica a mensola.
L’ambone in posizione pensile consente la visibilità ad altezza d’uomo facilitando la possibilità di collocavi in prossimità la sede.
In definitiva si tratta di far incontrare la tradizione dei luoghi laterali del seggio e dell’ambone; la sede traslata verso la navata si avvicina così all’ambone.
In definitiva si tratta di far incontrare la tradizione dei luoghi laterali del seggio e dell’ambone; la sede traslata verso la navata si avvicina così all’ambone.
Della tradizione liturgica dei primi secoli è necessario coglierne lo spirito perché sia questo ad esser riproposto nello spazio liturgico tenendo conto dell’evoluzione avvenuta nel secondo millennio.
Le soluzioni spaziali dei primi secoli non possono esser riproposte senza una rivisitazione che coinvolga l’intero spazio liturgico così come è pervenuto sino a noi; la Riforma liturgica non ci chiede di tornare indietro ma di andare avanti.
Non sin può attingere dall’archeologia cristiana trasponendo pedissequamente le soluzioni spaziali che più ci aggradano.
Ogni fuoco liturgico deve esser pensato nella relazione con gli altri fuochi e nel rispetto di uno spazio liturgico che ha continuato a rinnovarsi nell’arco dei secoli evitando di introdurvi soluzioni di rottura nei confronti della tradizione più recente.
Il coro
Il coro è composto prevalentemente da fedeli laici di entrambi i sessi che nella tradizione ha preso posto nelle cantorie variamente distribuite nel livello superiore dello spazio liturgico della chiesa.
Il coro pertanto non può esser confuso con la schola cantorum dei primi secoli al centro della navata composta questa da chierici; così come non può esser confuso con il coro dei chierici nell’abside.
Nella liturgia sono stati sempre distinti i luoghi propri dei ministri ordinati dagli spazi dei fedeli e la Riforma liturgica non abolisce tale ordine.
Il luogo del coro pertanto non potrà essere nel presbiterio ma chiaramente distinto da questo.
Accade invece talvolta che certi usi dello spazio liturgico costituenti interpretazione della Riforma secondo discontinuità vengano adattati nelle chiese parrocchiali.
La parrocchia raccoglie insieme nell’unità tutte le sensibilità spirituali presenti nella Chiesa che sono antiche e nuove; lo spazio liturgico della chiesa parrocchiale ed il suo uso dovranno riflettere quanto più possibile questa unità che è sincronica e diacronica.
La Riforma dello spazio liturgico della chiesa parrocchiale non potrà che essere dunque nella continuità della tradizione che è la stessa per tutti.
Del resto le interpretazioni della Riforma nella linea della rottura mostrano sempre più i loro limiti.
Le due note pastorali della CEI indicano per il coro la posizione nell’aula.
Credo sia opportuno considerare anche per il coro l’autentica partecipazione dei fedeli; questa non è una semplice attività esterna (Sacramentum caritatis).
Seguire con raccoglimento spirituale la musica ed il canto che ispirano all’adorazione costituisce fondamentale partecipazione.
Sono convinto che le cantorie tradizionali delle chiese storiche possano ancora svolgere bene il loro compito se adeguatamente valorizzate; inoltre possono suggerire opportune soluzioni per le nuove chiese.
arch. Claudio Mecozzi
( continua )
Figure : il prospetto della Basilica di Santa Maria in Montesanto
- progetto di una nuova chiesa parrocchiale - interno -
Mi la lascia molto perplesso questo tentativo di "mediazione" tra modo antico e modo moderno di celebrare pur essendo fatto in buona fede e con le migliori intenzioni.Non si possono porre sullo stesso piano celebrazione versu populum e versum Deum ne la Parola e l'Eucaristia come si fa oggidì ("la Mensa della parola e dell'Eucaristia"). Quello che deve essere e rimanere centrale è il Sacrificio, la cosidetta "Missa fidelium" che anche nei primi tempi della Chiesa aveva una sua netta preminenza nei confronti della prima parte. La prima parte è una preparazione alla seconda non una cosa distinta e sullo stesso piano come nel NO. Il tentativo di metterle sullo stesso piano è moderno e deriva da ragioni ecumeniche. Idem per la Sede. Perchè serve dar tanto risalto alla sede? da quando il prete è così importante? Se non si vede in faccia il prete si ha nostalgia? Quello che si evince dall'esame spassionato della struttura della Chiesa è che la struttura vecchia non va più bene stando alle nuove norme liturgiche proprio perché è cambiata la Messa. Ma il problema vero non è che bisogna conciliare le due cose, è che è cambiata la Messa. Se le Chiese che sono andate bene per secoli ad un certo punto non vanno più bene bisognerebbe farsi delle domande. Forse che è cambiata pure la Fede?
RispondiEliminaLo studio,relativo agli aspetti spaziali ed architettonici della liturgia, intende fondarsi sulla teologia della liturgia di Benedetto XVI°. la celebrazione versus Deum e versus populum non sono considerate pertanto sullo stesso piano; il novus Ordo discende dal vetus Ordo come prevede la stessa Sacrosantum Cocilium e, tra le due Forme dello stesso Rito non possono esserci differenze sostanziali.B.XVI° quando celebrava versum populum poneva la croce davanti a sè al centro dell'altare in tutta evidenza ristabilendo in tal modo il giusto orientamento della preghiera eucaristica.La direzione unica della pregiera eucaristica resta dunque il riferimento.Ma per la piena ricomprensione di questo è necessario - visto lo stato delle cose - una dose di carità pastorale perchè non venga compromessa l'unità.Questo in parole semplici credo sia stato lo sforzo di B.XVI° nella liturgia.Nello studio propongo per le nuove chiese l'altare principale libero sui quattro lati correttamente realizato e questo costituisce una novità di non poco conto rispetto a come sono stati realizzati gli altari in questi cinquant'anni.In tal modo si permette la convivenza ordinata di entrambe le Forme del Rito Romano.Le chiese storiche sono perfettamente adatte anche per il Novus Ordo non vi è pertanto necessità di stravolgerne i presbiteri ne tantomeno gli altari sui quali si può continuare a celebrare con la nuova forma della Messa.Gli amboni-pulpiti inoltre non dovrebbero interferire con il presbiterio ma in continuità con la tradizione esser collocati sulla navata in posizione laterale.Nella stessa messa tridentina l'omelia in lingua volgare non veniva prionunciata dal presbiterio ma dal pulpito affacciato sulla navata.Nella Sacrosantum Concilium vi è la rivalutazione del seggio del celebrante (sede) disposto nella liturgia tradizionale lateralmente all'altare.Per le nuove chiese è fondamentale infatti che venga mantenuta quasta posizione laterale della sede che potrà declinarsi con più di una possibilità, l'importante è che non risulti mai irriguardosa nei confronti dell'altare.La simbologia della centralità riservata all'altare e al tabernacolo è segno della preminenza della liturgia eucaristica sulla liturgia della parola.Non sono sullo stesso piano ma la seconda è ordinata alla prima anche ovviamente nel Novus Ordo.Dopo le dimissioni di B.XVI° non saprei quali prospetive potrà avere il suo alto Magistero sulla liturgia di cui mi sono appassionato come architetto da alcuni anni, ed ha distanza di tempo lo trovo sempre più provvidenziale per la Chiesa.Non vedo alternative migliori che consentano alla Chiesa di camminare unita.Questo studio potrà esser meglio compreso con la pubblicazione della terza ed ultima parte.
RispondiEliminaClaudio Mecozzi