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martedì 1 ottobre 2013

Risposta al blog Croce-via sull'intervista al Papa di Cività Cattolica



Il blog Croce-via ha dedicato molta attenzione al nostro post "Rileggendo l'intervista a papa Francesco"; ci sembra dunque gentile offrire una risposta che, sebbene parziale a causa del poco tempo a nostra disposizione (e ce ne scusiamo), possa offrire altresì qualche puntualizzazione.



Le prime osservazioni di Kerygmatico (questo il nome dell'autore del post) riguardano le nostre premesse metodologiche; egli ritiene che il nostro metodo non sia adeguato alle esigenze dell'ermeneutica così come esse sono state sviluppate da Paul Ricoeur, verso il quale egli mostra una stima assoluta e indiscutibile. In questo senso l'insufficienza del nostro scritto sarebbe tale da poter di già essere cestinato: «Detto questo potremmo anche concludere qui, visto che le due premesse di fondo si basano su un’idea di “ermeneutica” che però non è completa e non risponde a tutte le problematiche che essa mette in campo».


Che cosa ci viene rimproverato? Ci viene rimproverato il fatto di aver in toto trascurato il "con-testo" all'interno del quale il "testo" deve essere letto e, conseguentemente, di averne tratto una lettura incompleta, se non travisata.


É evidente che un testo non può mai essere totalmente "de-contestualizzato", ma è altresì evidente che il "con-testo" non può avere un significato prevalente rispetto al testo medesimo. Leggendo un testo dobbiamo tenere presente chi l'ha detto, a chi l'ha detto, quando l'ha detto; ciò non toglie che il testo veicoli effettivamente un messaggio che tende a trascendere il contesto e ad affermarsi secondo la mente dell'autore. Se l'ermeneutica, cioè l'interpretazione di un testo, prende il sopravvento sul testo medesimo, si cade necessariamente nel soggettivismo, nello storicismo e, in definitiva, nell'arbitrio: si può far dire a uno scritto qualsiasi cosa. Si misconosce il basilare principio secondo cui il vero è vero e il falso è falso indipendentemente dall'autore, dal mittente e dal luogo dell'esposizione.


La Chiesa ha sempre ritenuto valido questo principio e il metodo ermeneutico che da esso procede. Per secoli la Suprema Congregazione ha condannato, cioè ha denunciato la falsità di singole proposizioni estratte dalle opere sospette; dopo attento esame, infatti, si definiva che una singola proposizione fosse "erronea", perché errata in se stessa, indipendentemente da chi, quando e come fosse stata scritta. Attenti bene: non stiamo dicendo di essere il "Sant'Uffizio", ma stiamo rivendicando come legittimo ed "ecclesiale" un metodo che, pur riconoscendo il giusto valore al contesto, riconosca altresì al linguaggio umano la capacità di essere espressione approssimativa ma oggettiva della verità conosciuta.



Kerygmatico, dunque, richiama il "con-testo" dell'intervista che noi avremmo tralasciato (mittente è il Pontefice, tramite Padre Spadaro, luogo "La Civiltà cattolica") e compie queste osservazioni:


  1. circa il mittente commenta: "Il papa, scusate se è poco". Ma, atteso il carattere non magisteriale dell'intervista, bisognerebbe ricordare, con san Tommaso, che l'argomento di autorità è sempre il più debole (STh I, q. 1, a. 8) . Un errore di calcolo non diventa una verità qualora venga proferito da un docente universitario di matematica!
  2. circa il tramite rileva giustamente che Padre Spadaro costituisce una sorta di "filtro" tra il Pontefice e noi, pertanto occorre tener presente "il suo (del Padre) tentativo di ermeneutica personale dettato da ciò che ha detto il Papa e ha riportato e ciò che gli ha detto il Papa ed egli non ha riportato". Ma forse Keygmatico ignora che il papa ha letto e approvato ciò che Padre Spadaro ha scritto, in modo che noi potessimo leggere tutto ciò e solo ciò che il papa effettivamente voleva leggessimo.


A questo punto si entra nel merito delle nostre osservazioni. Rimandiamo i cortesi lettori (qualora stiano ancora leggendo!) al nostro post precedente. Ovviamente, secondo Kerygmatico, nessuna delle nostre osservazioni ha la benché minima plausibilità. Come vorremmo sinceramente poter fare noi stessi questa candida retractatio alla luce dei fatti!



Così veniamo rimproverati:


«A mio umilissimo parere le parole del Papa sono meno auliche di quelle che vuole il sig. DR. No. Non c’è nessuna volontà di localizzare l’incontro con “Dio non già nell’appropriazione del “depositum fidei” per intellectum fide illustratum, bensì nel “processo storico in corso”, semplicemente è un richiamo ai Gesuiti (devo ricordare il destinatario primo?) e quindi ai fedeli (destinatario secondo) a non fermarsi alla mera teoria, ma attivarsi per un’ortoprassi che sia perfettamente aderente a questa teoria! Dio, se è Dio, è presente sempre e ovunque Sub specie aeternitatis e il Papa vuole richiamare l’attenzione soprattutto sull’incontro fra l’uomo e Dio oggi, sul hic et nunc che tutti dobbiamo vivere, quindi sull’incontro che NOI oggi siamo chiamati a vivere. E’ porre l’attenzione sulle nostre azioni quotidiane, un richiamo ad essere sale nel mondo, non sale chiuso nell’armadietto della cucina! E’ un modo atto a non rendere il dogma una Verità che, restando incomunicata nella pratica, risulta lettera morta all’atto pratico per molti!».



Ecco qui i risultati di una vera ermeneutica. Siccome il papa non parla in maniera aulica, allora tutto è chiaro! Ci era parso che, nelle parole del papa, mancasse ogni riferimento alla dimensione intellettuale dell'atto di fede; che emergesse al contrario una certa svalutazione dell'espressione dogmatica, come una qualche allergia per tutto ciò che definisce e dona certezza. Ci sembrava che l'esperienza dell'oggi (non meglio definita peraltro! Esperienza mistica? Esperienza carismatica? "Esperire" significa apprendere attraverso i 5 sensi corporei...) fosse proposta come autentico luogo d'incontro tra Dio e l'uomo, a scapito dell'incontro avvenuto nel "passato" (che la teologia chiama abitualmente Rivelazione!). E invece no! Il papa intendeva solo richiamare la necessità di vivere coerentemente l'impegno cristiano; di mostrare con le opere la nostra fede!



Purtroppo dobbiamo dissentire da una tale interpretazione-riduzione "ad usum Delphini" delle parole del papa . Ci sembra che i contenuti concettuali che egli ha espresso, pur dovendo essere adeguatamente contestualizzati, conservino un valore e un significato preciso. E vadano oltre una semplice esortazione alla coerenza. Se facessimo nostra tale interpretazione "riduzionista", dimostreremmo un'inaccettabile ingenuità nei confronti della storia e della storia del dogma. Nessuno che pratichi un po' la teologia può ignorare quali e quante questioni ruotino intorno al concetto di fede e quanto alta sia la posta in gioco. Il tentativo di storicizzare il dogma e di renderlo liquida espressione dell'esperienza vitale di ogni uomo in ogni tempo non è certo sorto ieri; abbiamo perciò gli strumenti per individuarlo e per tenercene alla larga. É preciso dovere dei figli obbedienti della cattolica Madre.


DR
per MiL

3 commenti:

  1. Questa è l'abilità: si sta annunciando al mondo una nuova religione, attraverso le interviste a organi di stampa e attraverso le chiacchierate con Scalfari. Dei mezzi che offrono due vantaggi: da un lato arrivano diritti a tutti (più di un'enciclica), dall'altro sono mezzi informali, che disorientano eventuali contraddittori (forse si è espresso male, forse non l'hanno capito, forse hanno distorto il senso delle sue parole...). Questo però si poteva si poteva pensarlo all'inizio, ormai è chiaro che PF pensa proprio queste cose e queste vuole che circolino.

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  2. Dialogare con lei DR è un piacere. Spero vivamente di avere il tempo di esprimere meglio il mio punto di vista grazie alle sue confutazioni. Questo è il dialogo che stiamo cercando con il nostro blog comune. Grazie della sua attenzione!

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  3. Forse, dico forse, stavamo sbagliando tutti...
    http://pellegrininellaverita.wordpress.com/2013/10/04/la-stampa-il-papa-e-quel-silenzio-indicibile-al-crocevia/

    Grazie ancora DR!

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