Il
blog Croce-via ha dedicato molta attenzione al nostro post
"Rileggendo l'intervista a papa Francesco";
ci sembra dunque gentile offrire una risposta che, sebbene parziale a
causa del poco tempo a nostra disposizione (e ce ne scusiamo), possa
offrire altresì qualche puntualizzazione.
Le
prime osservazioni di Kerygmatico (questo il nome dell'autore del
post) riguardano le nostre premesse metodologiche; egli ritiene che
il nostro metodo non sia adeguato alle esigenze dell'ermeneutica così
come esse sono state sviluppate da Paul Ricoeur, verso il quale egli
mostra una stima assoluta e indiscutibile. In questo senso
l'insufficienza del nostro scritto sarebbe tale da poter di già
essere cestinato: «Detto
questo potremmo anche concludere qui, visto che le due premesse di
fondo si basano su un’idea di “ermeneutica” che però non è
completa e non risponde a tutte le problematiche che essa mette in
campo».
Che
cosa ci viene rimproverato? Ci viene rimproverato il fatto di aver in
toto trascurato il
"con-testo" all'interno del quale il "testo" deve
essere letto e, conseguentemente, di averne tratto una lettura
incompleta, se non travisata.
É
evidente che un testo non può mai essere totalmente
"de-contestualizzato", ma è altresì evidente che il
"con-testo" non può avere un significato prevalente
rispetto al testo medesimo. Leggendo un testo dobbiamo tenere
presente chi l'ha detto, a chi l'ha detto, quando l'ha detto; ciò
non toglie che il testo veicoli effettivamente un messaggio che tende
a trascendere il contesto e ad affermarsi secondo la mente
dell'autore. Se l'ermeneutica, cioè l'interpretazione di un testo,
prende il sopravvento sul testo medesimo, si cade necessariamente nel
soggettivismo, nello storicismo e, in definitiva, nell'arbitrio: si
può far dire a uno scritto qualsiasi cosa. Si misconosce il basilare
principio secondo cui il vero è vero e il falso è falso
indipendentemente dall'autore, dal mittente e dal luogo
dell'esposizione.
La
Chiesa ha sempre ritenuto valido questo principio e il metodo
ermeneutico che da esso procede. Per secoli la Suprema Congregazione
ha condannato, cioè ha denunciato la falsità di singole
proposizioni estratte dalle opere sospette; dopo attento esame,
infatti, si definiva che una singola proposizione fosse "erronea",
perché errata in se stessa, indipendentemente da chi, quando e come
fosse stata scritta. Attenti bene: non stiamo dicendo di essere il
"Sant'Uffizio", ma stiamo rivendicando come legittimo ed
"ecclesiale" un metodo che, pur riconoscendo il giusto
valore al contesto, riconosca altresì al linguaggio umano la
capacità di essere espressione approssimativa ma oggettiva della
verità conosciuta.
Kerygmatico,
dunque, richiama il "con-testo" dell'intervista che noi
avremmo tralasciato (mittente è il Pontefice, tramite Padre Spadaro,
luogo "La Civiltà cattolica") e compie queste
osservazioni:
- circa il mittente commenta: "Il papa, scusate se è poco". Ma, atteso il carattere non magisteriale dell'intervista, bisognerebbe ricordare, con san Tommaso, che l'argomento di autorità è sempre il più debole (STh I, q. 1, a. 8) . Un errore di calcolo non diventa una verità qualora venga proferito da un docente universitario di matematica!
- circa il tramite rileva giustamente che Padre Spadaro costituisce una sorta di "filtro" tra il Pontefice e noi, pertanto occorre tener presente "il suo (del Padre) tentativo di ermeneutica personale dettato da ciò che ha detto il Papa e ha riportato e ciò che gli ha detto il Papa ed egli non ha riportato". Ma forse Keygmatico ignora che il papa ha letto e approvato ciò che Padre Spadaro ha scritto, in modo che noi potessimo leggere tutto ciò e solo ciò che il papa effettivamente voleva leggessimo.
A
questo punto si entra nel merito delle nostre osservazioni.
Rimandiamo i cortesi lettori (qualora stiano ancora leggendo!) al
nostro post precedente. Ovviamente, secondo Kerygmatico, nessuna
delle nostre osservazioni ha la benché minima plausibilità. Come
vorremmo sinceramente poter fare noi stessi questa candida
retractatio
alla luce dei fatti!
Così
veniamo rimproverati:
«A
mio umilissimo parere le parole del Papa sono meno auliche di quelle
che vuole il sig. DR. No. Non c’è nessuna volontà di localizzare
l’incontro con “Dio non già nell’appropriazione del “depositum
fidei” per intellectum fide illustratum, bensì nel “processo
storico in corso”, semplicemente è un richiamo ai Gesuiti (devo
ricordare il destinatario primo?) e quindi ai fedeli (destinatario
secondo) a non fermarsi alla mera teoria, ma attivarsi per
un’ortoprassi che sia perfettamente aderente a questa teoria! Dio,
se è Dio, è presente sempre e ovunque Sub
specie aeternitatis e
il Papa vuole richiamare l’attenzione soprattutto sull’incontro
fra l’uomo e Dio oggi, sul hic
et nunc che tutti
dobbiamo vivere, quindi sull’incontro che NOI oggi siamo chiamati a
vivere. E’ porre l’attenzione sulle nostre azioni quotidiane, un
richiamo ad essere sale nel mondo, non sale chiuso nell’armadietto
della cucina! E’ un modo atto a non rendere il dogma una Verità
che, restando incomunicata nella pratica, risulta lettera morta
all’atto pratico per molti!».
Ecco
qui i risultati di una vera ermeneutica. Siccome il papa non parla in
maniera aulica, allora tutto è chiaro! Ci era parso
che, nelle parole del papa, mancasse ogni riferimento alla dimensione
intellettuale dell'atto di fede; che emergesse al contrario una certa
svalutazione dell'espressione dogmatica, come una qualche allergia
per tutto ciò che definisce e dona certezza. Ci sembrava che
l'esperienza dell'oggi (non meglio definita peraltro! Esperienza
mistica? Esperienza carismatica? "Esperire" significa
apprendere attraverso i 5 sensi corporei...) fosse proposta come
autentico luogo d'incontro tra Dio e l'uomo, a scapito dell'incontro
avvenuto nel "passato" (che la teologia chiama abitualmente
Rivelazione!). E invece no! Il papa intendeva solo richiamare la
necessità di vivere coerentemente l'impegno cristiano; di mostrare
con le opere la nostra fede!
Purtroppo
dobbiamo dissentire da una tale interpretazione-riduzione "ad
usum Delphini"
delle parole del papa . Ci sembra che i contenuti concettuali che
egli ha espresso, pur dovendo essere adeguatamente contestualizzati,
conservino un valore e un significato preciso. E vadano oltre una
semplice esortazione alla coerenza. Se facessimo nostra tale
interpretazione "riduzionista", dimostreremmo
un'inaccettabile ingenuità nei confronti della storia e della storia
del dogma. Nessuno che pratichi un po' la teologia può ignorare
quali e quante questioni ruotino intorno al concetto di fede e quanto
alta sia la posta in gioco. Il tentativo di storicizzare il dogma e
di renderlo liquida espressione dell'esperienza vitale di ogni uomo
in ogni tempo non è certo sorto ieri; abbiamo perciò gli strumenti
per individuarlo e per tenercene alla larga. É preciso dovere dei
figli obbedienti della cattolica Madre.
DR
per MiL
per MiL
Questa è l'abilità: si sta annunciando al mondo una nuova religione, attraverso le interviste a organi di stampa e attraverso le chiacchierate con Scalfari. Dei mezzi che offrono due vantaggi: da un lato arrivano diritti a tutti (più di un'enciclica), dall'altro sono mezzi informali, che disorientano eventuali contraddittori (forse si è espresso male, forse non l'hanno capito, forse hanno distorto il senso delle sue parole...). Questo però si poteva si poteva pensarlo all'inizio, ormai è chiaro che PF pensa proprio queste cose e queste vuole che circolino.
RispondiEliminaDialogare con lei DR è un piacere. Spero vivamente di avere il tempo di esprimere meglio il mio punto di vista grazie alle sue confutazioni. Questo è il dialogo che stiamo cercando con il nostro blog comune. Grazie della sua attenzione!
RispondiEliminaForse, dico forse, stavamo sbagliando tutti...
RispondiEliminahttp://pellegrininellaverita.wordpress.com/2013/10/04/la-stampa-il-papa-e-quel-silenzio-indicibile-al-crocevia/
Grazie ancora DR!