Il sito di Sandro Magister ha ospitato l'attesa replica del prof. de Mattei, che sotto riportiamo, alle critiche sollevate nei confronti del suo libro su Il concilio Vaticano II, senza dubbio uno dei più importanti degli ultimi decenni per la Chiesa, data la centralità dell'eredità conciliare nella situazione attuale e la forza eversiva che questo testo sprigiona, con la tranquilla forza dei fatti storicamente documentati.
Quel libro ha sollevato un acceso dibattito e, come noto, i più alti lai sono venuti dal "fuoco amico", se così si può dire, ossia da ambienti teologicamente conservatori che hanno vissuto molto male il fatto di sentirsi scavalcati nel ruolo che s'erano dati di guardiani dell'ortodossia. Non potendo controbattere sul piano accademico al saggio sul Concilio, la critica si è ridotta a brevi articoli giornalistici dove l'aprioristica stroncatura ha di gran lunga prevalso sulla pacata analisi. Perché anche il minimo buon senso ci insegna che sulla sola base di una recensione di trenta righe su un giornale, scritta da chi non ha titoli accademici in quel campo, non si può liquidare la monografia di uno storico di professione come "tendenziosa, ideologica, polarizzata, di parte, di tendenza estremista" (tutti aggettivi utilizzati in un articolo di mons. Marchetto sull'Osservatore romano) oppure "summa delle tesi anticonciliariste, riproposizione dell'ermeneutica della rottura e utile a fare a pezzi i testi conciliari, anziché a spiegarli come sarebbe compito della buona scienza" (espressioni, queste, di Introvigne sull'Avvenire). E' significativo, per inciso, che i due maggiori quotidiani del mainstream cattolico, Osservatore ed Avvenire, abbiano sentito l'esigenza di intimare un'altolà del genere al dibattito sul Concilio.
Eppure, un dibattito sulla giusta o non giusta ricezione del Concilio è precisamente quello che il Papa ha voluto suscitare con il famoso discorso del 2005 sulle due ermeneutiche del Concilio. Discorso che, si ricorderà, per i primi 2-3 anni è quasi caduto nel vuoto e nel silenzio dei media cattolici ufficiali, ma che è stato nondimeno liberatorio (per la prima volta in 40 anni, tutto il postconcilio è stato messo in discussione, e dal massimo rappresentante della Chiesa...). Poi, anche grazie all'accessibilità di quel discorso via internet ed alle discussioni sul web, l'insegnamento papale ha potuto lavorare sottotraccia portando ad un dibattito che, ad onta degli interventi dei watchdogs del conciliarmente corretto, non è più arrestabile. Perché, come diceva Metternich, è inutile chiudere le frontiere coi cancelli: le idee li scavalcano.
Si può essere d'accordo o meno con la ricostruzione di de Mattei, della quale non è peraltro revocabile in dubbio l'accuratezza della documentazione; ma su una cosa si deve convenire: che il migliore servizio a Papa Benedetto lo sta rendendo senza alcun dubbio chi, come lui, si sforza di saggiare alla prova dei dati documentali la dicotomia tra le ermeneutiche della rottura e della continuità. Non, invece, chi si limita a voler chiudere il discorso prima ancora di cominciarlo, ravvisando in ogni approfondimento un crimine di leso concilio o un attentato all'ermeneutica proposta dal Papa. Il quale ha sì fissato un criterio interpretativo, ma non l'ha potuto finora svolgere (salvi alcuni accenni sul concetto di libertà religiosa): ben venga allora chi porta avanti il discorso, quali ne siano le conclusioni. Per questo, e ora ci rivolgiamo a Magister, dobbiamo deplorare il suo presentare i campi del dibattito come se fossero uno "a sostegno del Papa" (quello degli 'stroncatori') e l'altro "contro Benedetto XVI" (quello alla de Mattei), allorché è semmai vero il contrario. Lo dimostra abbondantemente anche il fatto che per Magister scriverebbe "a sostegno del Papa" (sic) il teologo Rhonheimer, il quale invece circoscrive la "continuità" talmente a livello di principi ultimi che ammette tranquillamente che il Concilio fu "una chiara svolta rispetto al passato" e in nome di una evanescente "continuità vera" rigetta "falsi schemi di continuità", ossia tentativi effettivi di far concordare il prima e il dopo. Tanto da concludere: "La discontinuità è evidente. E più evidente ancora è la continuità, là dove essa è veramente essenziale e dunque necessaria". E sarebbe questa una tesi "a sostegno del Papa"? Sarebbe forse quella l'ermeneutica della "riforma nella continuità" voluta da Benedetto XVI, o è piuttosto una ripresentazione della sempre attuale "ermeneutica della rottura", sia pure con un labiale e inconsistente omaggio ad una solo postulata 'continuità'? Chi sono dunque i più fedeli interpreti del disegno revisionista del Pontefice, in merito alla ricezione del Concilio?
Enrico
di Roberto de Mattei
Il discorso alla curia romana di Benedetto XVI, il 22 dicembre del 2005, ha aperto un dibattito sul Concilio Vaticano II di cui sono recente espressione i libri di mons. Brunero Gherardini e l’importante convegno dei Francescani dell’Immacolata, svoltosi a Roma tra il 16 e il 18 dicembre 2010, oltre al mio studio, "Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta" (Lindau, Torino, 2010).
L’invito del papa a interpretare i documenti del Vaticano II secondo una “ermeneutica della continuità” ha offerto infatti un decisivo stimolo a sviluppare il dibattito sul Concilio in maniera diversa da come ha fatto la "scuola di Bologna", che lo ha presentato in termini di frattura e discontinuità con la tradizione bimillenaria della Chiesa.
Avrei sperato che i nostri contributi, mossi solo da un sincero desiderio di rispondere all’appello del Santo Padre, fossero accolti se non con entusiasmo, almeno con interesse, che fossero scientificamente discussi e non aprioristicamente respinti. Per quanto riguarda il mio libro, ad esempio, mi sarei atteso una seria discussione storica su riviste specializzate.
Su giornali legati alle istituzioni cattoliche mi rispondono, invece, Massimo Introvigne, partner dello Studio legale Jacobacci Associati, sociologo delle minoranze religiose, oggi rappresentante del governo italiano presso l’OCSE, e l’arcivescovo Agostino Marchetto, trent'anni di carriera diplomatica alle spalle, e poi, per quasi dieci anni, in prima fila nella difesa di immigrati, zingari, clandestini, come segretario per la pastorale dei migranti.
Né mons. Marchetto, né il dott. Introvigne, malgrado i loro meriti ecclesiastici o professionali, hanno probabilmente avuto tempo di frequentare biblioteche o archivi storici; nessuno dei due è storico di professione. Ed entrambi, nei loro articoli – pubblicati rispettivamente su “Avvenire” dell’1 dicembre 2010 e su “L’Osservatore Romano” del 14 aprile 2011 – rifiutano il mio libro da un punto di vista non storico, ma ideologico.
Introvigne definisce il mio libro “una vera summa delle tesi anticonciliariste”, che “ripropone purtroppo, ancora una volta, quell’ermeneutica della rottura che Benedetto XVI denuncia come dannosa”. Marchetto lo definisce una storia “ideologica”, “di tendenza estremista”, “polarizzata e di parte” come quella orchestrata dalla scuola di Bologna, anche se di segno contrario.
La critica di Marchetto e Introvigne sembra avere un solo fine: chiudere anticipatamente quel dibattito che Benedetto XVI ha aperto e invitato a sviluppare.
L’etichetta di tradizionalista o anticonciliarista è utilizzata in maniera analoga a quella di “fascista” con cui, negli anni Settanta, si pretendeva tappare la bocca ad ogni anticomunista. Allora il mito dominante negli ambienti politici era quello della Resistenza, oggi, negli ambienti ecclesiastici, è quello del Concilio Vaticano II.
La Resistenza, scriveva allora il filosofo Augusto Del Noce, cessa di essere un elemento da situare nella storia per diventare la misura della valutazione della storia. Oggi si ha l’impressione che il Concilio Vaticano II sia un evento che cessa di essere un elemento da situare nella Tradizione cattolica per diventare la misura stessa della valutazione della Tradizione.
Io credo, al contrario, che si possa discutere sul piano storico del Concilio Vaticano II in maniera non diversa da quanto hanno sempre fatto gli storici della Chiesa.
Rivolgendosi ad essi, nel 1889, Leone XIII scriveva che “coloro che la studiano non debbono mai perdere di vista che essa rinchiude un insieme di fatti dogmatici, che si impongono alla fede, e che nessuno può mettere in dubbio [...]. Nondimeno, poiché la Chiesa, che continua tra gli uomini la vita del Verbo Incarnato, si compone di un elemento divino e di un elemento umano, quest’ultimo deve essere esposto dai maestri e studiato dai discepoli con una grande probità. Come è detto nel libro di Giobbe: ‘Iddio ha forse bisogno delle nostre menzogne?’ (Gb 13, 7)”.
“Lo storico della Chiesa – continua Leone XIII – sarà tanto più efficace nel farne rilevare la sua origine divina, superiore ad ogni concetto di ordine puramente terrestre e naturale, quanto più sarà stato leale nel non dissimulare nulla delle sofferenze che gli errori dei suoi figli, e alle volte anche dei suoi ministri, hanno causato nel corso dei secoli a questa Sposa di Cristo. Studiata così la storia della Chiesa anche da sola costituisce una magnifica e convincente dimostrazione della verità e della discontinuità del cristianesimo”.
La Chiesa è indefettibile e tuttavia, nella sua parte umana, può commettere degli errori e questi errori, queste sofferenze, possono essere provocate, dice Leone XIII, dai suoi figli e anche dai suoi ministri. Ma ciò nulla toglie alla grandezza e alla indefettibilità della Chiesa. La Chiesa, disse Leone XIII, aprendo agli studiosi gli archivi vaticani, non teme la verità.
Una verità che lo storico cerca sul piano dei fatti, mentre il teologo la cerca in quello dei princìpi: ma non esiste una verità storica che si possa contrapporre ad una verità teologica. C’è un’unica verità, che è Cristo stesso, fondatore e capo del Corpo Mistico che è la Chiesa; e la verità sulla Chiesa è la verità su Cristo e di Cristo, nell’incontro con lui, che è sempre lo stesso, ieri, oggi e sempre.
Il mio libro nasce da un profondo amore alla Chiesa, al suo magistero e alle sue istituzioni, "in primis" al papato. E il mio amore per il papato vuol essere tanto grande da non fermarsi al papa attuale, Benedetto XVI, a cui mi sento profondamente legato, ma cerca dietro l’uomo l’istituzione che egli rappresenta. È un amore che vuole abbracciare con questo papa tutti i papi nella loro continuità storica e ideale, perché il papa per un cattolico non è un uomo, è un’istituzione bimillenaria; non è quel singolo papa, ma è il papato, è la serie ininterrotta dei vicari di Cristo, da san Pietro al regnante pontefice.
Ebbene, non c’è miglior modo di esprimere il proprio attaccamento al papa e alla Chiesa che quello di servire, in tutti i campi, la verità, perché non esiste nessuna verità, storica, scientifica, politica, filosofica che possa mai essere impugnata contro la Chiesa.
E dunque non dobbiamo temere di dire la verità sul Concilio Vaticano II, ventunesimo della storia della Chiesa. Sottolineo questa parola ventunesimo. Il Concilio Vaticano II non fu né il primo né l’ultimo Concilio nella storia della Chiesa: fu un punto, fu un momento della storia della Chiesa.
Nella storia della Chiesa ci sono stati ventuno Concili, oggi ritenuti ecumenici. Alcuni di questi Concili sono indimenticabili: il primo, quello di Nicea, che definì il nostro "Credo", poi il Concilio di Trento, il Concilio Vaticano I. Altri Concili sono oggi dimenticati: il che non significa che non siano stati Concili autentici, supreme espressioni del magistero della Chiesa.
Ma un Concilio entra nella storia per i documenti che ha prodotto. Nel XVI secolo vi furono due Concili: il Concilio Laterano V (1512-1517) e il Concilio di Trento. L’unica definizione dogmatica del quinto Concilio Lateranense fu quella secondo cui l’anima umana individuale è immortale; il Lateranense fu sotto certi aspetti un Concilio mancato: perché non riuscì ad avviare la grande riforma di cui la Chiesa aveva bisogno, e neppure a prevedere e ad arrestare la pseudo-riforma che divampò, con le 95 tesi di Lutero, proprio nell’anno in cui il Concilio si concludeva. Tutti ricordano il grande Concilio di Trento; pochi ricordano il Concilio Laterano V. Casomai si ricorda il Concilio Laterano IV (1215), che definì che “fuori della Chiesa cattolica non c’è salvezza”: una verità che è entrata a far parte della infallibile Tradizione della Chiesa.
I Concili possono promulgare dogmi, verità, decreti, canoni, che sono emanati dal Concilio, ma che non sono il Concilio. Mentre il dogma formula una verità, che una volta formulata trascende per così dire la storia, i Concili nascono e muoiono nella storia. Il Concilio è diverso dalle sue decisioni. Le decisioni del Concilio se sono infallibilmente promulgate entrano a far parte della Tradizione.
Nessun Concilio, neppure Trento o il Vaticano I, e tantomeno il Vaticano II, è più alto della Tradizione. Benedetto XVI afferma che i documenti del Concilio Vaticano II vanno letti nella loro continuità con la Tradizione della Chiesa. La Tradizione non è un evento, non è una parte, è il tutto. La Tradizione è come la Sacra Scrittura: una fonte della Rivelazione, divinamente assistita dallo Spirito Santo.
È privo di senso logico, prima che teologico, voler contrapporre, come fa qualcuno, Tradizione e magistero cosiddetto “vivente”, come se la Tradizione fosse il passato e il magistero vivente fosse il presente. La Tradizione è il magistero presente, passato e, potremmo dire, futuro.
Il magistero della Chiesa non è frutto della volontà definitoria del papa e dei vescovi, ma dipende, e non può essere separato, dalla Tradizione. Prima del magistero della Chiesa c’è la Tradizione, prima della Tradizione c’è la Rivelazione e prima della Rivelazione il Rivelatore, che è Cristo stesso.
Mi è stato rimproverato di trascurare i documenti del Concilio o di interpretarli in chiave di discontinuità con la Tradizione della Chiesa. Non è vera né la prima, né la seconda affermazione. L’interpretazione dei documenti del Concilio non spetta né a me, né a nessun aspirante interprete del Concilio, ma spetta al magistero della Chiesa, e al magistero io mi attengo. Ciò che io narro sono i fatti, ciò che ricostruisco è il contesto storico in cui quei documenti videro la luce.
E affermo che i fatti, l’evento, il contesto storico, ebbero un influsso nella storia della Chiesa non minore del magistero conciliare e postconciliare: si posero essi stessi come magistero parallelo, condizionando gli eventi.
Affermo che sul piano storico il post-Concilio non si può spiegare senza il Concilio, così come il Concilio non si può spiegare senza il pre-Concilio, perché nella storia ogni effetto ha una causa e ciò che avviene si inquadra in un processo, che spesso è addirittura plurisecolare e tocca non solo il campo delle idee, ma quello della mentalità e dei costumi.
Non nego con ciò la suprema autorità del Concilio e la autenticità e validità dei suoi atti. Ma ciò non significa infallibilità. La Chiesa è certamente infallibile, ma non sono infallibili tutte le espressioni dei suoi rappresentanti, anche supremi; e non è necessariamente né santo, né infallibile un Concilio: perché se è vero che lo Spirito Santo non manca mai di assisterlo è anche vero che bisogna corrispondere alla grazia dello Spirito Santo, che non produce automaticamente né santità né infallibilità. Se è vero che ogni Concilio può esercitare, in unione col papa, un magistero infallibile, un Concilio può anche rinunciare a esercitare tale magistero, per porsi su un piano totalmente pastorale e, su questo piano, commettere degli errori come accadde, a mio parere, quando il Concilio Vaticano II omise di condannare il comunismo.
Il Concilio Vaticano II, non dimentichiamolo, non fu un Concilio dogmatico, ma pastorale, il che non significa che fu privo di magistero, ma il suo magistero può essere considerato definitivo e infallibile solo quando ripropone, ed esplicita, come spesso fa, verità già definite dal magistero ordinario e straordinario della Chiesa.
Il problema che a me interessa però non è la discussione sui testi del Concilio; lascio questa esegesi ai teologi, e prima di tutto al papa. Il problema che mi interessa, come membro della Chiesa, è capire le radici storiche della crisi che attraversiamo. Radici remote, perché la crisi che attraversiamo è plurisecolare, ma anche prossime, perché la crisi attuale risale, prima ancora del Sessantotto, all’epoca del Concilio Vaticano II, che non sono necessariamente i 16 documenti che lo hanno concluso, ma le parole, i gesti, le omissioni, durante e dopo il Concilio, dei padri conciliari e, d’altra parte, il magistero parallelo, soprattutto mediatico, che si affiancò al magistero autentico del papa e dei vescovi. E come non si può separare il post-Concilio dal Concilio, così non si può separare il Concilio dal pre-Concilio, perché la crisi non nasce l’11 ottobre del 1962, quando il Concilio si apre, ma fermenta nei pontificati precedenti, compreso quello di Pio XII.
Mi si accusa di essere contro Pio XII, verso il quale io ho una somma ammirazione, soprattutto per quanto riguarda il suo monumentale "corpus" dottrinale. Ma non sono il postulatore della sua causa di beatificazione, sono uno storico e come tale non posso negare che Pio XII abbia subìto da parte di certi suoi collaboratori un’influenza negativa in alcuni campi, come quello liturgico o esegetico. Non si può negare che la sua enciclica "Humani generis", che considero un ottimo documento, sia priva della forza teoretica e pratica della "Pascendi" di san Pio X. Possiamo dirlo rimanendo strenui difensori del primato romano e grandi ammiratori di Pio XII, perché la Chiesa non ha paura della verità e l’amore della verità nasce dalla santa libertà dei figli di Dio (Rm 8, 21). Altrimenti non comprenderemmo la vita tempestosa della Chiesa nel corso dei secoli, fino ai nostri giorni.
Non c’è bufera, mediatica o cruenta, che ci spaventi, perché la Chiesa è sempre in piedi nelle tempeste: le eresie, gli scandali, le rivoluzioni non l’hanno scossa né hanno arrestato la sua marcia nella storia.
E un grande storico della Chiesa che non ebbe timore di raccontare la verità, Ludwig von Pastor, scrive, a conclusione della sua "Storia dei Papi", con parole che faccio mie:
“La rupe di Pietro supera le tempeste di tutti i secoli. Il fatto più grande, più inconcepibile nella storia della Chiesa di Cristo è che le età della sua più profonda umiliazione sono al tempo stesso quelle della sua più grande energia e forza invincibile, che morte e tomba sono per essa non segni della fine, ma simboli della resurrezione, che le catacombe dell’età primitiva come le persecuzioni anticristiane di quella contemporanea non possono riuscire per essa che a titolo di gloria. […] Cristo, infatti, cammina tuttora con Pietro sulle onde oscillanti e quindi vale anche per i successori di questo la parola: ‘Tu es Petrus et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversum eam’”.
Roma, 5 maggio 2011
L’invito del papa a interpretare i documenti del Vaticano II secondo una “ermeneutica della continuità” ha offerto infatti un decisivo stimolo a sviluppare il dibattito sul Concilio in maniera diversa da come ha fatto la "scuola di Bologna", che lo ha presentato in termini di frattura e discontinuità con la tradizione bimillenaria della Chiesa.
Avrei sperato che i nostri contributi, mossi solo da un sincero desiderio di rispondere all’appello del Santo Padre, fossero accolti se non con entusiasmo, almeno con interesse, che fossero scientificamente discussi e non aprioristicamente respinti. Per quanto riguarda il mio libro, ad esempio, mi sarei atteso una seria discussione storica su riviste specializzate.
Su giornali legati alle istituzioni cattoliche mi rispondono, invece, Massimo Introvigne, partner dello Studio legale Jacobacci Associati, sociologo delle minoranze religiose, oggi rappresentante del governo italiano presso l’OCSE, e l’arcivescovo Agostino Marchetto, trent'anni di carriera diplomatica alle spalle, e poi, per quasi dieci anni, in prima fila nella difesa di immigrati, zingari, clandestini, come segretario per la pastorale dei migranti.
Né mons. Marchetto, né il dott. Introvigne, malgrado i loro meriti ecclesiastici o professionali, hanno probabilmente avuto tempo di frequentare biblioteche o archivi storici; nessuno dei due è storico di professione. Ed entrambi, nei loro articoli – pubblicati rispettivamente su “Avvenire” dell’1 dicembre 2010 e su “L’Osservatore Romano” del 14 aprile 2011 – rifiutano il mio libro da un punto di vista non storico, ma ideologico.
Introvigne definisce il mio libro “una vera summa delle tesi anticonciliariste”, che “ripropone purtroppo, ancora una volta, quell’ermeneutica della rottura che Benedetto XVI denuncia come dannosa”. Marchetto lo definisce una storia “ideologica”, “di tendenza estremista”, “polarizzata e di parte” come quella orchestrata dalla scuola di Bologna, anche se di segno contrario.
La critica di Marchetto e Introvigne sembra avere un solo fine: chiudere anticipatamente quel dibattito che Benedetto XVI ha aperto e invitato a sviluppare.
L’etichetta di tradizionalista o anticonciliarista è utilizzata in maniera analoga a quella di “fascista” con cui, negli anni Settanta, si pretendeva tappare la bocca ad ogni anticomunista. Allora il mito dominante negli ambienti politici era quello della Resistenza, oggi, negli ambienti ecclesiastici, è quello del Concilio Vaticano II.
La Resistenza, scriveva allora il filosofo Augusto Del Noce, cessa di essere un elemento da situare nella storia per diventare la misura della valutazione della storia. Oggi si ha l’impressione che il Concilio Vaticano II sia un evento che cessa di essere un elemento da situare nella Tradizione cattolica per diventare la misura stessa della valutazione della Tradizione.
Io credo, al contrario, che si possa discutere sul piano storico del Concilio Vaticano II in maniera non diversa da quanto hanno sempre fatto gli storici della Chiesa.
Rivolgendosi ad essi, nel 1889, Leone XIII scriveva che “coloro che la studiano non debbono mai perdere di vista che essa rinchiude un insieme di fatti dogmatici, che si impongono alla fede, e che nessuno può mettere in dubbio [...]. Nondimeno, poiché la Chiesa, che continua tra gli uomini la vita del Verbo Incarnato, si compone di un elemento divino e di un elemento umano, quest’ultimo deve essere esposto dai maestri e studiato dai discepoli con una grande probità. Come è detto nel libro di Giobbe: ‘Iddio ha forse bisogno delle nostre menzogne?’ (Gb 13, 7)”.
“Lo storico della Chiesa – continua Leone XIII – sarà tanto più efficace nel farne rilevare la sua origine divina, superiore ad ogni concetto di ordine puramente terrestre e naturale, quanto più sarà stato leale nel non dissimulare nulla delle sofferenze che gli errori dei suoi figli, e alle volte anche dei suoi ministri, hanno causato nel corso dei secoli a questa Sposa di Cristo. Studiata così la storia della Chiesa anche da sola costituisce una magnifica e convincente dimostrazione della verità e della discontinuità del cristianesimo”.
La Chiesa è indefettibile e tuttavia, nella sua parte umana, può commettere degli errori e questi errori, queste sofferenze, possono essere provocate, dice Leone XIII, dai suoi figli e anche dai suoi ministri. Ma ciò nulla toglie alla grandezza e alla indefettibilità della Chiesa. La Chiesa, disse Leone XIII, aprendo agli studiosi gli archivi vaticani, non teme la verità.
Una verità che lo storico cerca sul piano dei fatti, mentre il teologo la cerca in quello dei princìpi: ma non esiste una verità storica che si possa contrapporre ad una verità teologica. C’è un’unica verità, che è Cristo stesso, fondatore e capo del Corpo Mistico che è la Chiesa; e la verità sulla Chiesa è la verità su Cristo e di Cristo, nell’incontro con lui, che è sempre lo stesso, ieri, oggi e sempre.
Il mio libro nasce da un profondo amore alla Chiesa, al suo magistero e alle sue istituzioni, "in primis" al papato. E il mio amore per il papato vuol essere tanto grande da non fermarsi al papa attuale, Benedetto XVI, a cui mi sento profondamente legato, ma cerca dietro l’uomo l’istituzione che egli rappresenta. È un amore che vuole abbracciare con questo papa tutti i papi nella loro continuità storica e ideale, perché il papa per un cattolico non è un uomo, è un’istituzione bimillenaria; non è quel singolo papa, ma è il papato, è la serie ininterrotta dei vicari di Cristo, da san Pietro al regnante pontefice.
Ebbene, non c’è miglior modo di esprimere il proprio attaccamento al papa e alla Chiesa che quello di servire, in tutti i campi, la verità, perché non esiste nessuna verità, storica, scientifica, politica, filosofica che possa mai essere impugnata contro la Chiesa.
E dunque non dobbiamo temere di dire la verità sul Concilio Vaticano II, ventunesimo della storia della Chiesa. Sottolineo questa parola ventunesimo. Il Concilio Vaticano II non fu né il primo né l’ultimo Concilio nella storia della Chiesa: fu un punto, fu un momento della storia della Chiesa.
Nella storia della Chiesa ci sono stati ventuno Concili, oggi ritenuti ecumenici. Alcuni di questi Concili sono indimenticabili: il primo, quello di Nicea, che definì il nostro "Credo", poi il Concilio di Trento, il Concilio Vaticano I. Altri Concili sono oggi dimenticati: il che non significa che non siano stati Concili autentici, supreme espressioni del magistero della Chiesa.
Ma un Concilio entra nella storia per i documenti che ha prodotto. Nel XVI secolo vi furono due Concili: il Concilio Laterano V (1512-1517) e il Concilio di Trento. L’unica definizione dogmatica del quinto Concilio Lateranense fu quella secondo cui l’anima umana individuale è immortale; il Lateranense fu sotto certi aspetti un Concilio mancato: perché non riuscì ad avviare la grande riforma di cui la Chiesa aveva bisogno, e neppure a prevedere e ad arrestare la pseudo-riforma che divampò, con le 95 tesi di Lutero, proprio nell’anno in cui il Concilio si concludeva. Tutti ricordano il grande Concilio di Trento; pochi ricordano il Concilio Laterano V. Casomai si ricorda il Concilio Laterano IV (1215), che definì che “fuori della Chiesa cattolica non c’è salvezza”: una verità che è entrata a far parte della infallibile Tradizione della Chiesa.
I Concili possono promulgare dogmi, verità, decreti, canoni, che sono emanati dal Concilio, ma che non sono il Concilio. Mentre il dogma formula una verità, che una volta formulata trascende per così dire la storia, i Concili nascono e muoiono nella storia. Il Concilio è diverso dalle sue decisioni. Le decisioni del Concilio se sono infallibilmente promulgate entrano a far parte della Tradizione.
Nessun Concilio, neppure Trento o il Vaticano I, e tantomeno il Vaticano II, è più alto della Tradizione. Benedetto XVI afferma che i documenti del Concilio Vaticano II vanno letti nella loro continuità con la Tradizione della Chiesa. La Tradizione non è un evento, non è una parte, è il tutto. La Tradizione è come la Sacra Scrittura: una fonte della Rivelazione, divinamente assistita dallo Spirito Santo.
È privo di senso logico, prima che teologico, voler contrapporre, come fa qualcuno, Tradizione e magistero cosiddetto “vivente”, come se la Tradizione fosse il passato e il magistero vivente fosse il presente. La Tradizione è il magistero presente, passato e, potremmo dire, futuro.
Il magistero della Chiesa non è frutto della volontà definitoria del papa e dei vescovi, ma dipende, e non può essere separato, dalla Tradizione. Prima del magistero della Chiesa c’è la Tradizione, prima della Tradizione c’è la Rivelazione e prima della Rivelazione il Rivelatore, che è Cristo stesso.
Mi è stato rimproverato di trascurare i documenti del Concilio o di interpretarli in chiave di discontinuità con la Tradizione della Chiesa. Non è vera né la prima, né la seconda affermazione. L’interpretazione dei documenti del Concilio non spetta né a me, né a nessun aspirante interprete del Concilio, ma spetta al magistero della Chiesa, e al magistero io mi attengo. Ciò che io narro sono i fatti, ciò che ricostruisco è il contesto storico in cui quei documenti videro la luce.
E affermo che i fatti, l’evento, il contesto storico, ebbero un influsso nella storia della Chiesa non minore del magistero conciliare e postconciliare: si posero essi stessi come magistero parallelo, condizionando gli eventi.
Affermo che sul piano storico il post-Concilio non si può spiegare senza il Concilio, così come il Concilio non si può spiegare senza il pre-Concilio, perché nella storia ogni effetto ha una causa e ciò che avviene si inquadra in un processo, che spesso è addirittura plurisecolare e tocca non solo il campo delle idee, ma quello della mentalità e dei costumi.
Non nego con ciò la suprema autorità del Concilio e la autenticità e validità dei suoi atti. Ma ciò non significa infallibilità. La Chiesa è certamente infallibile, ma non sono infallibili tutte le espressioni dei suoi rappresentanti, anche supremi; e non è necessariamente né santo, né infallibile un Concilio: perché se è vero che lo Spirito Santo non manca mai di assisterlo è anche vero che bisogna corrispondere alla grazia dello Spirito Santo, che non produce automaticamente né santità né infallibilità. Se è vero che ogni Concilio può esercitare, in unione col papa, un magistero infallibile, un Concilio può anche rinunciare a esercitare tale magistero, per porsi su un piano totalmente pastorale e, su questo piano, commettere degli errori come accadde, a mio parere, quando il Concilio Vaticano II omise di condannare il comunismo.
Il Concilio Vaticano II, non dimentichiamolo, non fu un Concilio dogmatico, ma pastorale, il che non significa che fu privo di magistero, ma il suo magistero può essere considerato definitivo e infallibile solo quando ripropone, ed esplicita, come spesso fa, verità già definite dal magistero ordinario e straordinario della Chiesa.
Il problema che a me interessa però non è la discussione sui testi del Concilio; lascio questa esegesi ai teologi, e prima di tutto al papa. Il problema che mi interessa, come membro della Chiesa, è capire le radici storiche della crisi che attraversiamo. Radici remote, perché la crisi che attraversiamo è plurisecolare, ma anche prossime, perché la crisi attuale risale, prima ancora del Sessantotto, all’epoca del Concilio Vaticano II, che non sono necessariamente i 16 documenti che lo hanno concluso, ma le parole, i gesti, le omissioni, durante e dopo il Concilio, dei padri conciliari e, d’altra parte, il magistero parallelo, soprattutto mediatico, che si affiancò al magistero autentico del papa e dei vescovi. E come non si può separare il post-Concilio dal Concilio, così non si può separare il Concilio dal pre-Concilio, perché la crisi non nasce l’11 ottobre del 1962, quando il Concilio si apre, ma fermenta nei pontificati precedenti, compreso quello di Pio XII.
Mi si accusa di essere contro Pio XII, verso il quale io ho una somma ammirazione, soprattutto per quanto riguarda il suo monumentale "corpus" dottrinale. Ma non sono il postulatore della sua causa di beatificazione, sono uno storico e come tale non posso negare che Pio XII abbia subìto da parte di certi suoi collaboratori un’influenza negativa in alcuni campi, come quello liturgico o esegetico. Non si può negare che la sua enciclica "Humani generis", che considero un ottimo documento, sia priva della forza teoretica e pratica della "Pascendi" di san Pio X. Possiamo dirlo rimanendo strenui difensori del primato romano e grandi ammiratori di Pio XII, perché la Chiesa non ha paura della verità e l’amore della verità nasce dalla santa libertà dei figli di Dio (Rm 8, 21). Altrimenti non comprenderemmo la vita tempestosa della Chiesa nel corso dei secoli, fino ai nostri giorni.
Non c’è bufera, mediatica o cruenta, che ci spaventi, perché la Chiesa è sempre in piedi nelle tempeste: le eresie, gli scandali, le rivoluzioni non l’hanno scossa né hanno arrestato la sua marcia nella storia.
E un grande storico della Chiesa che non ebbe timore di raccontare la verità, Ludwig von Pastor, scrive, a conclusione della sua "Storia dei Papi", con parole che faccio mie:
“La rupe di Pietro supera le tempeste di tutti i secoli. Il fatto più grande, più inconcepibile nella storia della Chiesa di Cristo è che le età della sua più profonda umiliazione sono al tempo stesso quelle della sua più grande energia e forza invincibile, che morte e tomba sono per essa non segni della fine, ma simboli della resurrezione, che le catacombe dell’età primitiva come le persecuzioni anticristiane di quella contemporanea non possono riuscire per essa che a titolo di gloria. […] Cristo, infatti, cammina tuttora con Pietro sulle onde oscillanti e quindi vale anche per i successori di questo la parola: ‘Tu es Petrus et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversum eam’”.
Roma, 5 maggio 2011
Marchetto più che storico pare diplomatico. nel suo "contrappunto sul vat2°" dice che il concilio ha avuto un impatto sulla chiesa... proprio lui lo dice... un impatto, di solito provoca sempre qualche danno.... o no ? e rohnheimer? quello che "apre" al preservativo.... questi sono i censori di demattei...
RispondiElimina<span>...a proposito di Mgr. Gherardini ... l</span><span>a sua rivista dice FINALMENTE quello che la FSSPX sostiene da 50 anni !</span>
RispondiElimina<span></span>
<span></span>
<p><span>La rivista internazionale di ricerca e di critica teologica "Divinitas", diretta dall'autorevole mons. Brunero Gherardini, pubblica un articolo di Paolo Pasqualucci dall'eloquente titolo </span>
</p><p><span>"La Cristologia antropocentrica del Concilio ecumenico Vaticano II".</span>
</p><p><span></span>
</p><p><span>L'autore, dopo aver citato l'articolo 22 della costituzione Gaudiium et Spes, in cui si afferma che con l'incarnazione il Figlio di Dio <span>si è unito in un certo modo ad ogni uomo</span>, obietta che
" l'idea dell'incarnazione di Nostro Signore come unione con ogni uomo appare tutt'altro che chiara dal momento che, secondo il dogma, noi sappiamo essersi Egli unito (nell'unione ipostatica) esclusivamente alla natura umana di quell'uomo che è stato l'ebreo Gesù di Nazareth, unita quindi, la sua divinità (pur mantenendosi essa indivisa e distinta) alla natura umana di un solo uomo in carne e ossa, la cui esistenza è stata ampiamente provata ".</span>
</p><p><span></span>
<span>http://www.riscossacristiana.it/index.php?option=com_content&view=article&id=880:gaudium-et-spes-una-cristologia-antropocentrica-di-piero-vassallo&catid=61:vita-della-chiesa&Itemid=123</span><span></span> </p>
Stimo il Prof.De Mattei ma ritengo che in questo caso si sbagli.Fa una differenza secondo me sbagliata.Se seguissimo i suoi ragionamenti allora si potrebbero discutere tutti i 21 Concili.Non è corretto dire che c'è differenza tra Concilio Pastorale e dogmatico un Concilio non viene indetto mai per nulla nè Giovanni XXIII e Paolo VI impazzirono nel voler fare un Concilio.Quella fase storica e ancora quella attuale lo esigevano.
RispondiEliminaMI DISPIACE PER LUI PERCHE' IN ALTRI MOMENTI HA DETTO COSE PREGEVOLI MA SUL VATICANO II SI SBAGLIA
Ma ogni uomo è legato a tutta l'umanità non è una entità isolata.Quindi se Cristo si è fatto realmente uomo si è unito a tutta l'umanità.Mons.Gherardini si sbaglia
RispondiEliminaBeh! se l'ospite sostiene che non c'è differenza tra un Concilio Dogmatico e uno pastorale allora siamo proprio messi male.
RispondiEliminaComplimenti per l'analisi del Professor De Mattei!!
non basta affermare che Gherardini sbaglia. Occorre dimostrarlo con argomenti convincenti e, soprattutto, cattolici come i suoi!
RispondiEliminaMa perché allora non applicare lo stesso schema di indagine storica al Concilio di Nicea o a quello di Efeso o quello di Calcedonia e vedere, per esempio, come hanno influito sulle loro decisioni le situazioni contingenti, in molti casi assai più 'scandalose' che non quelle che hanno esercitato la loro azione sul Vaticano II? ( per fare solo un esempio l'intervento piuttosto brutale delle guardie del corpo di Cirillo di Alessandria nel Concilio di Efeso)
RispondiEliminaMi sembra molto equilibrato l'intervento del Prof. De Mattei: il suo libro è pregevole per la ricostruzione storica degli avvenimenti prima durante e dopo il Concilio. Che il Concilio Vat. II sia pastorale lo ha detto lo stesso Concilio e quindi è infallibile quando reitera definizioni dogamtiche di precedenti concili. Se si vuole bene alla Chiesa e al Papa Benedetto XVI occorre discutere con serietà, profondità e pacatezza quelo che è il contenuto del Concilio. Se Dio vuole prima o poi l'Autorità Suprema della Chiesa chiarirà in modo definitivo le questioni aperte. Quanto a Marchetto e a Introvigne lasciamoli ai ROM e ai Testimoni di Geova di più non possono dire.
RispondiEliminaTanto per fare un esempio terra terra: SS. Concilio di Nicea:
RispondiElimina<span>- Canone V: "(...), dell'obbligo di tenere i sinodi due volte all'anno"</span>
- Canone <span>XX: "che non si debba, nei giorni di domenica e di Pentecoste, pregare in ginocchio"</span>
- Professione di Fede;
Tutti e tre i punti evidenziati sono ancor oggi validi? Solo uno e gli altri no? E perchè no? Cosa le differenzia?
<span><span>E’ vero, che Cristo si è unito all'umanità. Non solo in virtù dell’ Incarnazione, ma anche della Creazione perché “per mezzo di lui tutte le cose sono state create”. Ma qui risuona forte la Parola: "A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo ma da Dio sono stati generati." (Giovanni, Prologo). Infatti nella Creazione Nuova inaugurata da Cristo Signore, l’Uomo Nuovo è ‘generato non creato’ dal Padre in Cristo nel cuore dei credenti in Lui.</span>
RispondiEliminaSu GS 22 ho approfondito la riflessione qui, se a qualcuno può interessare</span>
"La Chiesa è infallibile, ma un Concilio può commettere errori"
RispondiEliminaUna analisi che parte da una contraddizione in termini, è sicuramente una analisi sbagliata!
caro ospite, lei è uno di quei numerosi cattolici di oggi con la memoria cortissima, che dimenticano non solo le verità antiche, ma anche quelle dibattute da pochissimi giorni (o dette da poche ore) e largamente accettate e riconosciute dagli interlocutori in contesti pubblici-mediatici; per favore, allora abbia la pazienza di rileggere questo passaggio circa le CONDIZIONI NECESSARIE PER L'INFALLIBILITA' DI UN CONCILIO, risultanti nella risposta della FSSPX alle affermazioni di p. Cavalcoli, risalente a poche settimane orsono:
RispondiElimina(circa il dovere di accettare le dottrine del Concilio)
<span>"È vero, come dice Cavalcoli, </span><span> che</span>
<span>gli insegnamenti del Concilio Vaticano II non sono solo pastorali, ci sono molti insegnamenti dottrinali: anche la libertà religiosa, la collegialità e l'ecumenismo sono insegnamenti<span> che n</span>on hanno il valore di disposizioni pastorali, bensì hanno valore di principio, effettivamente riguardano la fede. </span>
<span>* Ma ciò non è sufficiente per l'infallibilità: il Padre trasforma una condizione necessaria ma non sufficiente in una condizione necessaria e sufficiente. </span>
<span>Invece è necessaria inoltre l'intenzione di dare un insegnamento definitivo che obblighi in maniera assoluta la Chiesa Universale. Ora "la pastoralità" del Concilio non esclude pronunciamenti in materia di fede (anzi ogni pastorale deve essere fondata su principi dottrinali), ma di fatto ha escluso l'intenzione di esercitare l'infallibilità, di imporre un insegnamento definitivo obbligante tutta la Chiesa . "</span>
riportato su
http://unafides33.blogspot.com/2011/04/circa-il-dovere-di-accettare-le.html
se il Concilio V2 stesso ha dichiarato PROGRAMMATICAMENTE di non essere infallibile, in quanto NON-dogmatico, come si può affermare che sia INFALLIBILE, per principio (?) contro il suo stesso intento e programma ? infallibile al di là delle sue volontà ?
RispondiEliminanon ci si rende conto dell'assurdità di questa convinzione, come non se ne rese conto neanche p. Cavalcoli , più "realista del re", ovvero della realtà storica ?
è evidente che chi lo afferma, sta seguendo un PARTITO PRESO, cioè un intento fazioso, e non vuole prendere ATTO DELLA REALTA' dei fatti.
Lo dice la FSSPX ????
RispondiEliminaE mica è la Chiesa !!!!!!
Un banale esempio terra terra: canone XV del SS. Concilio di Calcedonia:
RispondiEliminaXV. Delle diaconesse.
Non si ordini diacono una donna prima dei quarant'anni, e non senza diligente esame. Se per caso dopo avere ricevuto l'imposizione delle mani ed avere vissuto per un certo tempo nel ministero, osasse contrarre matrimonio, disprezzando con ciò la grazia di Dio, sia anatema insieme a colui che si è unito a lei.
Oggi e da un bel pezzo prima di oggi non mi risulta che questo canone sia ancora "in vigore". Eppure la condanna del monofisismo resta ovviamente valida. E non per questo c'è contraddizione con l'infallibilità.
no, egregio signore, lo ha detto il concilio stesso:
RispondiElimina"Non voglio essere dogmatico" quindi = mi espongo quantomeno alla discutibilità-opinabilità.
E allora ?
Garante del Concilio è la Chiesa ed il Papa.
RispondiEliminaQuelli precedenti e l'attuale Papa Benedetto XVI non mi risulta abbiano sollevato obiezioni. Anzi...
Benedetto XVI lo cita in continuazione....
nonostante vi chiudiate gli occhi per non vedere e turate le orecchie per non sentire.
Leggetevi i discorsi e gli atti...
Dire che quello di De Mattei è uno dei libri più importanti degli ultimi decenni non è forse un po' eccessivo...?
RispondiElimina<span>E' Gherardini a dover dimostrare semmai qualcosa non io.Poi il termine cattolico significa "UNIVERSALE"</span>
RispondiElimina<span>QUINDI E' UN TERMINE INCLUSIVO NON ESCLUDENTE.Poi che Mons.Gherardini abbia l'esclusività delle "opinioni cattoliche"non mi risulta.Esprime delle opinioni non sono dogma.Quello che scrive sono solamente le sue opinioni personali.Le si può condividere o meno ma sempre tali restano.</span>
<span>lo cita in continuazione.... </span>
RispondiEliminama lo cita come dogma ?
mi fa un esempio di nuovo/i dogma/i definito/i infallibilmente dal Vaticano II ?
Guardate voi siete in un grosso equivoco!!Tutti i Concili tranne il Vaticano II sono dogmatici.Sono stati indetti cioè perchè c'era un problema dottrinale all'interno della Chiesa.Il Vaticano II invece non è stato indetto per rispondere ad un errore dottrinale.Questo non significa che sia un Concilio minore o meno importante dei precedenti venti.Il Vaticano II non fu indetto per un capriccio o per un colpo di mano di Giovanni XIII.Era già nell aria sotto il pontificato di Pio XII.E' infatti il Vaticano II si è servito del lavoro preparatorio fatto precedentemente.Se il Vaticano II è stato indetto fu perchè c'era un grosso problema pastorale che non era inferiore a quello dogmatico.Giovanni XXIII se ne rese conto.Si intravvedeva il grande fenomeno della secolarizzazione,del'uscita delle masse dalla Chiesa.E questo è stato un problema grosso quanto le peggiori eresie.Il Beato Giovanni XXIII nella lettera apostolica Humane Salutis sosteneva:
RispondiElimina" <span><span>In questo nostro tempo la Chiesa vede la comunità umana gravemente turbata aspirare ad un totale rinnovamento. E mentre l’umanità si avvia verso un nuovo ordine di cose, compiti vastissimi sovrastano la Chiesa...Questo si richiede ora alla Chiesa: <span>di immettere l’energia perenne, vivificante, divina del Vangelo nelle vene di quella che è oggi la comunità umana</span>, che si esalta delle sue conquiste nel campo della tecnica e delle scienze, ma subisce le conseguenze di un ordine temporale che taluni hanno tentato di riorganizzare prescindendo da Dio".</span></span>
<span><span></span></span>
<span><span>Il Vaticano II ha inteso rispondere alla perdita di fede dell'umanità moderna e questo è pari alla formulazione di un dogma perchè come dice Giovanni XXIII si tratta di:"<span>di immettere l’energia perenne, vivificante, divina del Vangelo nelle vene di quella che è oggi la comunità umana"</span></span></span>
<span><span><span></span></span></span>
<span><span>In parole povere si tratta di presentare il Vangelo all'uomo moderno e questo è più importante dei Dogmi e di tutto il resto perchè l'esistenza della Chiesa non è fine a se stessa ma esiste in funzione della diffusione del Regno di Dio.Non si tratta di conservare nulla,la Chiesa non è un museo,sitratta di far conoscere Gesù Cristo all'uomo d'oggi,secolarizato,ateo,nichilsta.Se Giovanni XXIII ha indetto il Vaticano II fu perchè pensava che la Chiesa pre conciliare non era in grado di dialogare con questa umanità.</span></span>
<p><span>Il Concilio Vaticano II fu il 21° concilio ecumenico della Chiesa cattolica, celebrato dal 1962 al 1965. Fu uno dei più grandi concili della storia della Chiesa, per la partecipazione così numerosa di Padri, di teologi e di osservatori e per la sua internazionalizzazione, al punto che K. Rahner lo definì un vero inizio, “l’inizio dell’inizio”, inaugurante una nuova fase della Chiesa e un nuovo paradigma: quello della “Chiesa a dimensione mondiale”. </span>
RispondiElimina</p><p><span></span><span>Un Concilio, dunque, che inaugurava una nuova epoca, principiante dal Concilio stesso divenutone il motore, e che si apriva finalmente alla storia e al mondo, liberando la Chiesa da pregiudizi e chiusure, in nome di un nuovo approccio alla modernità. Fu questa una prospettiva che si impose ben presto, sin dal rifiuto compatto degli schemi preparatori, accusati di manualismo e di esser impedimento soprattutto ad un dialogo ecumenico con gli esponenti della Riforma. Si desiderava il dialogo. Si volle un Concilio che fosse pastorale e che inaugurasse un nuovo modo di porsi del Magistero solenne della Chiesa. Fu questo il discorso programmatico di Giovanni XXIII dell’ottobre 1962: la Chiesa non doveva temere i soliti “profeti di sventura”; era ormai adulta per trovare una strada d’incontro con il mondo moderno</span><span>. </span>
</p><p><span>Ci fu tanto ottimismo. Tante preveggenze però s’infransero sugli scogli di una realtà che non si guadagna a prezzo della verità su Dio e sull’uomo. La Chiesa aveva cercato sin dai suoi albori di dialogare con gli uomini. Una linea, che poi fu in qualche modo quella più influente – di qui i dissapori e gli abusi scoppiati in modo altisonante nel post-concilio –, volle il Concilio stesso come via al dialogo: non partire dal dogma per avvicinare pastoralmente gli uomini a Dio, ma partire dalla prassi per risalire al dogma. Spesso però il dogma si smarrì nei meandri di una prassi esagitata, che voleva il cambiamento. Cambiare, aggiornarsi, resourcemment: queste erano le parole d’ordine che circolavano e che s’udirono così preponderanti nell’immediato post-concilio. Crebbe fino all’inverosimile una “smania di dir male del passato”, come diceva il cardinale E. Florit. </span>
</p><p><span>Il Concilio voleva emanciparsi da una Chiesa di prima? Sicuramente no e neppure lo poteva: un albero senza radici muore. Eppure in tanti si fecero – e si fanno – paladini di un’assoluta novitas, fino a far iniziare la Chiesa dal Vaticano II. Qui all’aspetto misterico si è sostituito quello socio-politico, che non risponde però al connotato “Chiesa”.</span>
</p><p><span>Il ritorno alle fonti: la S. Scrittura, i Padri, la Liturgia, era necessario. Ma una Chiesa senza la sua Tradizione non ha più una forma e ormai, smarrita, cerca il suo Io in tanti surrogati. Il mondo fu uno di questi. Ma a quale prezzo? </span>
</p><p><span>p. Serafino M. Lanzetta, FI</span>
</p><p><span> </span>
</p>
Allora, se ho ben capito, siamo tutti veri dei e veri uomini?
RispondiEliminaPoveri noi!
RispondiEliminaFiloni a propaganda Fide!
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2011/05/10/visualizza_new.html_871870633.html
<span><span>era ormai adulta per trovare una strada d’incontro con il mondo moderno</span><span>. </span> </span>
RispondiElimina(cfr.: "...la sventurata rispose"....)
dunque: per 1930 anni la Chiesa era stata "troppo bambina" per incontrare/abbracciare il mondo, che le era stato sempre estraneo, non abbastanza amato (dunque non cristianizzato affatto?....) e tutto il cammino che per quei secoli aveva percorso......era roba per bambini. I Santi ce lo dimostrano: tutti bambini nella Fede, una Fede che spostava le montagne (dell'orgoglio, del peccato e dell'ateismo). Ma il mitico mondo moderno non sapeva che farsene.
Ci voleva qualcosa <span>per adulti</span> nell'approccio ad esso: parlare il suo linguaggio, come le chitarre, i bonghi le messe-show e il catechismo uscito di recente, Youcat; resta poi da vedere quante persone o ADULTI attirerà nei decenni passati e futuri questo giovanilismo-audltismo-mondanismo alla Fede cattolica, e perchè mai con le messe beat e con le catechesi social-populiste chiese e seminari si sono svuotati.
<span><span><span>era ormai adulta per trovare una strada d’incontro con il mondo moderno</span><span>. </span> </span>
RispondiElimina(cfr.: "...la sventurata rispose"....)
dunque: per 1930 anni la Chiesa era stata "troppo bambina" per incontrare/abbracciare il mondo, che le era stato sempre estraneo, non abbastanza amato (dunque non cristianizzato affatto?....) e tutto il cammino che per quei secoli aveva percorso......era roba per bambini. I Santi ce lo dimostrano: tutti bambini nella Fede, una Fede che spostava le montagne (dell'orgoglio, del peccato e dell'ateismo). Ma il mitico mondo moderno non sapeva che farsene.
Ci voleva qualcosa <span>per adulti</span> nell'approccio ad esso: parlare il suo linguaggio, come le chitarre, i bonghi le messe-show e il catechismo uscito di recente, Youcat; resta poi da vedere quante persone o ADULTI attirerà nei decenni successivi al CV2 e futuri questo giovanilismo-adultismo-mondanismo alla Fede cattolica, e perchè mai con le messe beat e con le catechesi social-populiste chiese e seminari si sono svuotati.</span>
Si deve dimostrare che la dottrina contenuta nei Decreti del CVII è stata insegnata e creduta ,senza soluzione di discontinuità,da tutti i Vescovi in comunione con i Papi ,in tutto il mondo(cattolico=universale).Se non si dimostra ciò,evidenziando la mancanza del consenso unanime dei Padri, è difficile evitare eresia e scisma.
RispondiEliminaE queste non sono opinioni personali.
Cosa ci si poteva aspettare da un Concilio che nascondeva al suo interno una "rimpatriata"di teologi "allontanati" e/o sospesi "a divinis "?
RispondiEliminaAmico mio non hai capito.Non è che la Chiesa fosse troppo bambina è l'uomo che non è più bambino.
RispondiEliminaAll'uomo moderno non si arriva più con i metodi pastorali di 50,60 anni fa.La società pre Concilio Vaticano II era una società rurale,intrisa di cristianesimo.Non che fosse perfetta ma aveva un antropologia diversa da quella attuale.Con l'evoluzione della scienza e lo sviluppo della tecnologia l'antropologia è cambiata.La società si è secolarizzata,staccata dai valori cristiani.C'è stato il 68 il femminismo,la rivoluzione sessuale,l'aborto.La famiglia si va disgregando,preale un forte edonismo,
materialismo .Non possiamo pensare di parlare a questo tipo di uomo con la modalità di 60 anni fa o con le categorie pastorali degli anni cinquanta.La Chiesa era già in crisi prima del Vaticano II perchè stava tramontando la società cristiana per lasciare il posto a quella attuale che non è cristiana.La Chiesa si trova a fronteggiare questo mondo e non può che usare quella medicina di misericordia che voi tanto aborrite.
Mi pare significativo che il Prof. De Mattei abbia pubblicato l'articolo nel giorno della memoria liturgica VO di S. Pio V.
RispondiEliminaSi comincia a ribattere punto per punto a frasi fatte e pregiudizi ideologici.
FdS
preghiamo che S. Pio V protegga la sua benedetta e coraggiosa ricerca storica, ormai necessaria per districare -ad occhi aperti- la matassa di eventi rimasti oscuri e intoccabili fino al fatidico 7-07-2007.
RispondiEliminala Chiesa di Cristo, se non vuole perdere le sue radici e la sua identità cattolica di Madre e Maestra dei figli di Dio redenti in Cristo, deve ritrovare e rivalutare tutto il suo passato, tutta la Tradizione, sensza scalfire la Dottrina perenne e il Magistero inalterabile, del quale fanno parte imprescindibile le opere di Misericordia spirituale, soprattutto:
RispondiElimina1- Consigliare i dubbiosi
2- Insegnare agli ignoranti
3- Ammonire i peccatori,
ecc... che sono certamente, dal CV2 ad oggi, notevolmente traascurate, se non dimenticate, specialmente la TERZA, perchè si è voluto smorzare e tralasciare del tutto il concetto di PECCATO, sue conseguenze e sua gravità, che ha richiesto per salvare l'uomo il Santo Sacrificio della Croce di Nostro Signore.
L apiù grande misericordia di cui abbiamo oggi bisogno è la luce impèietosa della VERITA': questa ci è stata negata, perchè la Chiesa ha preferito blandire il mondo in tutte le sue inclinazioni carnali, terrene e caduche, distogliendo lo sguardo dell'uomo moderno dal suo ultimo fine: la Vita Eterna.
@ sanfedista
RispondiEliminacredo che tu intenzionalmente voglia aggiungere altra confusione. Il Canone da te postato non è più menzionato pur essendo in vigore, perchè son passati secoli e semplicemente per il fatto che è da un po' che la figura della diaconessa è venuta a scemare sostituita sempre più da Religiose.
In questo caso allora non è lecito dire come fai tu che per questo fatto non c'è contraddizione con l'infallibilità questo non centra assolutamente niente. Il Canone con l'anatema Resta lì fermo così com'è. Chissà forse con il tempo quando riappariranno nuovamente le diaconesse si dovrà rimettere in auge tale Canone e chi lo cambierà sarà anatema. O forse tu vuoi semplicemente dire che poichè son passati secoli e quindi tutto è entrato nel dimenticatoio sia lecito rifare l'edificio? Non mi sembra che tal metro di misura si applichi in un edificio antico da restaurare, il quale non è legato a nessun dogma di fede figuriamoci se lo possiamo applicare ad un Canone di un Concilio Dogmatico.
Le diaconesse:
non si trattava di donne che avessero ricevuto l’ordine sacro attraverso l’imposizione delle mani, ma di alcune incaricate in modo permanente a compiere determinati servizi, come ad esempio di istruire le donne catecumene (che avevano chiesto di ricevere il battesimo), di sorvegliare la porta durante la liturgia o servizi di carità.
In particolare avevano l’incarico di aiutare le donne a svestirsi e rivestirsi nella celebrazione del battesimo che a quei tempi si faceva per immersione.
Non va dimenticato che il termine “diacono” significa “servitore”.
Sant’Epifanio dice: “Quantunque ci siano nella Chiesa delle diaconesse, tuttavia non sono incaricate di servizi sacerdotali o per servizi simili, ma per sorvegliare sui buoni costumi delle donne”.
Di diaconesse parla anche San Paolo: “Vi raccomando Febe, nostra sorella, diaconessa della Chiesa di Cencre: ricevetela nel Signore, come si conviene ai credenti, e assistetela in qualunque cosa abbia bisogno; anch'essa infatti ha protetto molti, e anche me stesso” (Rm 16,1-2). Qui San Paolo parla di una donna che svolgeva funzioni di servizio all’interno della Chiesa.
In antico c’erano anche delle sacerdotesse ed episcopesse, ma questi titoli designavano le mogli o le madri dei sacerdoti e dei vescovi, e non avevano alcun titolo di consacrazione.
Ecco che poi mano mano passo passo la Chiesa ha proceduto con i vari altri Concili Dogmatici per riparare le varie eresie che si sono inserite all'interno della Chiesa. Sanfedista se ho capito bene seguendo il filo del tuo dire avrebbero ragione i protestanti nel consacrare le sacerdotesse, perchè al giorno d'oggi non essendoci più preti vanno bene anche le donne. Onestamentela tua idea è platealmente un fac simile di eresia strisciante.
@ sanfedista
RispondiEliminacredo che tu intenzionalmente voglia aggiungere altra confusione. Il Canone da te postato non è più menzionato pur essendo in vigore, perchè son passati secoli e semplicemente per il fatto che è da un po' che la figura della diaconessa è venuta a scemare sostituita sempre più da Religiose.
In questo caso allora non è lecito dire come fai tu che per questo fatto non c'è contraddizione con l'infallibilità questo non centra assolutamente niente. Il Canone con l'anatema Resta lì fermo così com'è. Chissà forse con il tempo quando riappariranno nuovamente le diaconesse si dovrà rimettere in auge tale Canone e chi lo cambierà sarà anatema. O forse tu vuoi semplicemente dire che poichè son passati secoli e quindi tutto è entrato nel dimenticatoio sia lecito rifare l'edificio? Non mi sembra che tal metro di misura si applichi in un edificio antico da restaurare, il quale non è legato a nessun dogma di fede figuriamoci se lo possiamo applicare ad un Canone di un Concilio Dogmatico.
Le diaconesse:
non si trattava di donne che avessero ricevuto l’ordine sacro attraverso l’imposizione delle mani, ma di alcune incaricate in modo permanente a compiere determinati servizi, come ad esempio di istruire le donne catecumene (che avevano chiesto di ricevere il battesimo), di sorvegliare la porta durante la liturgia o servizi di carità.
In particolare avevano l’incarico di aiutare le donne a svestirsi e rivestirsi nella celebrazione del battesimo che a quei tempi si faceva per immersione.
Non va dimenticato che il termine “diacono” significa “servitore”.
Sant’Epifanio dice: “Quantunque ci siano nella Chiesa delle diaconesse, tuttavia non sono incaricate di servizi sacerdotali o per servizi simili, ma per sorvegliare sui buoni costumi delle donne”.
Di diaconesse parla anche San Paolo: “Vi raccomando Febe, nostra sorella, diaconessa della Chiesa di Cencre: ricevetela nel Signore, come si conviene ai credenti, e assistetela in qualunque cosa abbia bisogno; anch'essa infatti ha protetto molti, e anche me stesso” (Rm 16,1-2). Qui San Paolo parla di una donna che svolgeva funzioni di servizio all’interno della Chiesa.
In antico c’erano anche delle sacerdotesse ed episcopesse, ma questi titoli designavano le mogli o le madri dei sacerdoti e dei vescovi, e non avevano alcun titolo di consacrazione.
Ecco che poi mano mano passo passo la Chiesa ha proceduto con i vari altri Concili Dogmatici per riparare le varie eresie che si sono inserite all'interno della Chiesa. Sanfedista se ho capito bene seguendo il filo del tuo dire avrebbero ragione i protestanti nel consacrare le sacerdotesse, perchè al giorno d'oggi non essendoci più preti vanno bene anche le donne. Onestamentela tua idea è platealmente un fac simile di eresia strisciante.
Beati "flame" !
RispondiEliminaIl "contatore" ringrazia... :)
e dimmi ha funzionato? quest'umanità ha capito meglio Gesù Cristo dopo il Concilio?
RispondiEliminaripeto ominimo ospite, belle parole, ma dimmi pensi davvero che adesso la Chiesa si faccia capire così bene dall'uomo moderno?
RispondiEliminainteressante e giusta la considerazione su Pio XII
RispondiEliminaAmico mio non mi sembra che la Chiesa post Conciliare non abbia ammonito i peccatori e comunque il problema non è questo.Il problema è come far conoscere Gesù Cristo alle nuove generazioni.E questo non lo puoo fare condannando ma amando e mostrando all'uomo di oggi l'amore di Dio
RispondiEliminaNon sempre l'uomo moderno capisce è vero,ma cosa bisognerebbe fare allora abbandonare l'uomo moderno a se stesso.Condannarlo?Gesù come ha agito?E' andato in cerca della pecora perduta lasciando le novantanove oppure ha lasciato che la pecora si perdesse?Se la Chiesa Post Vaticano II non riesce sempre a dialogare con l'uomo moderno figuriamoci quella pre concilio Vaticano II cosa avrebbe fatto chiusa,dogmatica,più propensa a condanare che a capire?
RispondiEliminaDel resto al medicina della misericordia è il metodo usato da Dio.La Chiesa post Vaticano II ha cercato solo di essere più simile a Gesù Cristo
Se il Vaticano II contenesse errori allora sarebbe stata la Chiesa ad aver sbagliato dato che al vaticano II hanno partecipato quasi tutti i vescovi cattolici e ovviamente i Papi.E' stato il Concilio più partecipato e la maggioranza dei Vescovi ha approvato le Costituzioni Conciliari.Dunque a chi attibuire gli eventuali errori a Giovanni XXIII?A Paolo VI?Ai padri conciliari?Alla Chiesa dunque?Allora la Chiesa non è infallibile ed il Dogma dell'infallibilità è una bugia?Insomma un discorso contraddittorio del Prof.De Mattei.Mi dispiace ma non posso che rigettare quello che dice.
RispondiEliminaIo devo ringraziare di tutto cuore il prof. De Mattei perchè sono anni che mi vado chiedendo, e vado chiedendo ragioni proprio di questi aspetti che lui, assai più egregiamente di me, ha esposto in modo tale che TUTTI nella Chiesa dovrebbero porsi lo stesso dilemma....queste le sue parole:
RispondiEliminaIl problema che a me interessa però non è la discussione sui testi del Concilio; lascio questa esegesi ai teologi, e prima di tutto al papa. Il problema che mi interessa, come membro della Chiesa, è capire le radici storiche della crisi che attraversiamo. Radici remote, perché la crisi che attraversiamo è plurisecolare, ma anche prossime, perché la crisi attuale risale, prima ancora del Sessantotto, all’epoca del Concilio Vaticano II, che non sono necessariamente i 16 documenti che lo hanno concluso, ma le parole, i gesti, le omissioni, durante e dopo il Concilio, dei padri conciliari e, d’altra parte, il magistero parallelo, soprattutto mediatico, che si affiancò al magistero autentico del papa e dei vescovi. E come non si può separare il post-Concilio dal Concilio, così non si può separare il Concilio dal pre-Concilio, perché la crisi non nasce l’11 ottobre del 1962, quando il Concilio si apre, ma fermenta nei pontificati precedenti, compreso quello di Pio XII.
***********
nella mia miseria vado anche oltre, la crisi si apre con LA DENUNCIA UFFICIALE DI SAN PIO X AL MODERNISMO.... nel momento in cui san Pio X offre alle coscienze del mondo la Pascendi Dominici gregis, PORTA ALLO SCOPERTO il Modernismo, lo fa emergere.... e da qui cominciano GLI SCHIERAMENTI pro e contro, qui cominciano a formarsi le tendenze TRADIZIONALISTE....leggasi la questione di Pio XI con la Action Francese dapprima condannata da lui... e poi riabilitata con Pio XII, e sempre a causa DI DIFESA DELLA TRADIZIONE....
l'attacco alla Tradizione comincia con l'esplosione del Modernismo.... già in quegli anni emerge un disaccordo fra Pio XI e Pio XII, VISIONI DIVERSE.... il Concilio Vaticano II PER la sua applicazione fanno emergere l'apice, non il principio di questo problema....
;)
mai sentito parlare della gnosi?
RispondiEliminache seguito di caricature pazzesche... certe frasi assolute come<span> "Se la Chiesa Post Vaticano II non riesce sempre a dialogare con l'uomo moderno figuriamoci quella pre concilio Vaticano II cosa avrebbe fatto chiusa,dogmatica,più propensa a condanare che a capire?</span>" squalificano da sole tutto il tuo discorso. Non si può procedere per slogan! e poi tu dimentichi che qua non è cambiato il metodo, è cambiato il contenuto. Era necessario, per esempio, per venire incontro all'uomo moderno, dire che i Vescovi ricevono giurisdizione direttamente da Dio nella consacrazione episcopale e non dal Papa?
RispondiElimina@ Caterina
RispondiElimina<span>il Concilio Vaticano II PER la sua applicazione fanno emergere l'apice, non il principio di questo problema.... </span>
Quindi tu vuoi dire che poichè il modernismo esisteva prima dell Concilio Vat.II ad esso non si può imputare tutte le colpe. Beh! posso dire con certezza che sono proprio i documenti usciti da quel pastorale concilio che hanno consacrato l'entrata a gamba tesa del modernismo all'interno della Chiesa. Non a caso durante i lavori ci furono delle lotte intestine tra alcuni Padri Conciliari.
Ma perchè ci si ostina a non parlare chiaro e dire come sono andate esattamente le cose? Caterina sei spesso contradditoria, mi sembri una che ha paura di scoprire la verità e con essa perdere sicurezza nella Fede. Io pur avendo scoperto certe cose tenute nascoste seguendo il filo conduttore della Tradizione non ho paura di dissentire e nemmeno di perdere la mia Fede nella Chiesa Cattolica fondata da Gesù Cristo con il suo capo visibile cioè il Papa e disapprovo chi continua giustificare l'ingiustificabile.
Mi sembra un po' riduttivo riassumere il tutto con la frase "la società prima del CVII era una società rurale" e che quindi anche la pastorale fosse fatta su misura per questa.
RispondiEliminaAnche io ringrazio il Professore per questo articolo equilibrato e chiaro. Soprattutto sereno.
RispondiEliminaIl fatto strumentale della "infallibilità" del Vaticano II è niente altro che questo: strumentale. La discussione intorno alla "infallibilità" del Vaticano II è un ossimoro. Il Concilio stesso, il Papa che l'ha convocato, i Papi siccessivi, hanno definito che il Vaticano II non è infallibile. Quindi su cosa si discute? Discuter su questo manifesta la volontà di stagnare il dibattito per non approfondirlo e per non risolvere i problemi
Ospite la Chiesa è ben più grande di qualsiasi padre conciliare o di qualsiasi Papa, se un Papa sbaglia non sbaglia la Chiesa, se un padre conciliare sbaglia non sbaglia la Chiesa. Solitamente se uno sbaglia è proprio perchè non fa ciò che la Chiesa insegna. Il Papa non è impeccabile ed è infallibile solo nell'insegnare le verità rivelate quando da pastore e maestro di tutti i cristiani definisce dottrine circa la fede ed i costumi, ma se il Papa non vuole usare nessuna autorità, non vuole insegnare nulla, né definire alcunchè, né condannare nessun errore, può errare, perchè parla senza impegnare lo Spirito Santo. Esiste il libero arbitrio anche per il Papa, lo Spirito Santo non può obbligarlo ad impegnare la sua autorità se lui non vuole. Dio ci ha creati senza di noi, ma senza di noi non può salvarci. Il CVII non è stato un Concilio dogmatico , gli stessi Papi conciliari hanno ribadito di non voler insegnare nulla di nuovo, non hanno voluto usare la loro autorità, oggi poi autorità è una parolaccia condannata dai nuovi teologhi.
RispondiElimina..e la contradditoria sarebbe Caterina?
RispondiElimina<span>..e la contraddittoria sarebbe Caterina?</span>
RispondiElimina@ Stefano 78 il giustificazionista ..... ma non troppo (?)
RispondiEliminaIl giustificazionismo di cui ti ammanti se non erro lo adottano tutt'ora i protestanti riguardo il Purgatorio...... che sia l'altra faccia della stessa medaglia?
Che male c'è ad ammettere che certi punti, certi indirizzi liturgico-pastorali inaugurati iniziati dal concilio possono essere modificati in futuro (speriamo non troppo futuro)? La liberalizzazione della Messa antica è uno di questi segnali... I Padri e Signori che sostengono l'immutabilità e irreformabilità integrale - 100% - del Vaticano II difendono la liceità e la necessità del cambiamento (pastoral-liturgico) del pre-concilio, ma si stracciano le vesti se si fa qualche osservazione su qualche punto del concilio e postconcilio. Ma come? se muta uno può mutar l'altro... se si critica l'uno si può criticar l'altro... Qualcuno vuole che la Chiesa resti fossillizzata agli anni '60-'70?
RispondiEliminaE così dunque il nostro ospite neocat stima De Mattei, questo è il primo suo commento che leggo su questo thread e già mi rallegro di leggere quelli che son sicura non mancheranno di venire dalla sua cattedra.
RispondiEliminaVediamo se mi sbaglio....
Non mi sbagliavo...seconda lezione, e via per la prossima.
RispondiElimina<span>Più che riduttiva è comica e lo dice una che non parla del "prima del Vaticano II" per sentito dire ma perchè lo ha vissuto.</span>
RispondiElimina<span>Ma non dobbiamo stupirci dei copia-incolla e dei clichés dell`ospite neocat, non dimentichiamo che, "formato" dal suo maestro, crede che la Chiesa è uscita dal suo letargo, che era cominciato dopo Costantino, ed è rinata con il Vaticano II.
</span>
Rigetta, rigetta, no problem, come ami dire ad altri ...ecchisenefr....ma intanto RESPIRA fra una frase e l`altra!
RispondiEliminaGrazie REX, breve, succinto e compendioso
RispondiEliminaAl prof. de Mattei va ogni ringraziamento per la sua opera e i suoi articoli molto profondi. Davvero un laico cattolico di tutto rispetto (un novello San Tommaso Moro).
RispondiEliminaDe Mattei e Gherardini secondo me hanno centrato il cuore del problema: La Chiesa non può sbarazzarsi della Tradizione. Punto!
Senza la Tradizione la Chiesa si svuota di Dio e diventa un contenitore del nulla, del niente, dell'inutile, dell'irrilevante...
La Tradizione è una fonte della Rivelazione superiore alla stessa Scrittura che non può essere letta e compresa rettamente senza la Tradizione. Per assurdo si può diventare santi senza o con poca Scrittura, ma non senza Tradizione, perchè nella Tradizione si cela l'opera dello Spirito Santo e senza lo Spirito Santo la Scrittura è lettera morta, la liturgia diventa il teatrino di Bugnini: il "piccolo chimico" dei riti, la gerarchia una struttura umana come un consiglio di amministrazione di una multinazionale dove vi sono cordate ed intrighi.......
Più noi ci lasciamo plasmare dalla Tradizione e più respiriamo il respiro sacro e divino della vera Chiesa Sposa dell'Agnello mistico. Senza la Tradizione nasce già morta una "nuova" chiesa di carta, una chiesa che produce parole vuote, preghiere e liturgie che non mettono in contatto con il divino, una morale di precetti che non si ha più la forza di osservare perchè non c'è più l'anima.
Senza la Tradizione la Sacra Scrittura è il libro chiuso con sette sigilli che nessuno più capisce......
Senza la Tradizione la Chiesa è l'ombra di se stessa, un cadavere che non si riesce mai a rianimare, nonostante tutte le operazioni pubblicitarie e di marketing a cui si riduce certa pastorale conciliare, istrionica, buffonesca e giovanilista.......
Si parla di Parola di Dio, ma la Parola senza la Tradizione rimane solo parola, carte, documenti, fonti, testi vuoti come tessere di un mosaico che non si è più in grado di mettere in ordine e decifrare....... questo fu l'errore di Lutero: "sola Scriptura", fu in realtà il tentativo demoniaco di fare a meno dello Spirito Santo.......
La Madonna ci salverà.....
don Bernardo
Hi hi hi hi
RispondiEliminaAggiungo la Tradizione è immutabile, perchè Dio non può mutare ne evolversi. Con la morte dell'ultimo apostolo San Giovanni, Dio ci ha rivelato tutto e non può aggiungere nulla a quello che ci ha donato.
RispondiEliminaSi può parlare di Tradizione "vivente" non nel senso che cambia e muta, ma nel senso che in essa vive lo Spirito Santo e la comprende solo chi come Maria si apre all'azione dello Spirito e cioè solo i santi e solo quei teologi che sono santi cioè i "piccoli e umili" del Vangelo.
Il Magistero è interprete della Tradizione nel senso che con l'assistenza dello Spirito la spiega, ma non può modificarla perchè non è padrone, ma servo della Verità.
Il primato supremo lo ha solo lo Spirito Santo che scende sugli apostoli riuniti in concilio intorno a Maria nel cenacolo. Maria è la prima, e l'unica vera teologa.
don Bernardo
Stando così le cose qual'è il compito dei Concili? Il compito dei Concili è appunto quello di annunciare quello che la Chiesa già crede.
RispondiEliminaQuindi i Concili non innovano mai! Cioè non dicono una dottrina nuova che prima non esisteva, ma semplicemente dicono che una determinata dottrina fa già parte del patrimonio immutabile della rivelazione. I Concili non creano niente, ma semplicemente mettono in evidenza una verità di fede che già era presente.
Perciò se un concilio pretende di dire qualcosa in contrasto con la Tradizione fa semplicemente un'azione insensata ed erronea in partenza. Un Concilio che invece si mette umilmente in ascolto di ciò che lo Spirito Santo ha gia detto alla Chiesa fa un'opera che può essere utile soprattutto quando certe verità di fede sono messe in dubbio dagli eretici...... Lo stesso Spirito Santo non può aggiungere alla rivelazione delle novità, perchè la rivelazione si è formalmente conclusa con la morte dell'ultimo apostolo. Lo Spirito Santo ci aiuta a comprendere meglio e ci illumina sulle conseguenze delle verità immutabili che compongono il patrimonio della rivelazione.
Concludo dicendo che essendo la Tradizione, come la Rivelazione di origine divina nessuna forza umana potrà mai abbatterla e cancellarla, perchè è impossibile eliminare la Verità. Essa fu messa in croce, ma è risuscitata e non muore più, mentre tutti gli eretici sono morti e sono dimenticati, come sono dimenticati certi teologi piccoli piccoli: raner, kung, de lubac, congar, teillard de chardin, schillebeex...... sono tutti morti...... lasciate che i morti seppelliscano certi cadaveri....... Gesù il Risorto vive immortale e con Lui vivono i santi e i martiri che hanno reso testimonianza alla Verità con il loro sangue e con la loro vita santa......
RispondiEliminaIl carisma più grande è la "caritas" cioè la santità soprannaturale dono dello Spirito e i teologi sono davvero tali solo se sono santi.
@ Ospite.
RispondiEliminaGuarda che l'asinello non fa: hi hi hi hi..... ma fa: hi-ho, hi-ho, hi-ho, hi-ho .......
Non prendertela..... mi raccomando...... anche a me piace sdrammatizzare.......
Più leggo gli interventi e più I dubbi mi attanagliano.
RispondiEliminaNon ho capito:
1) la Tradizione è stata messa in croce?
2) l'interpretazione dei documenti del Concilio spetta al magistero della Chiesa, che poi è quella stessa Chiesa che ha fallato sul Concilio Vaticano II.
3) La Chiesa è infallibile ma non i suoi rappresentanti anche supremi: allora è un'entità astratta, non composta da uomini?
4) ordine ascendente: Magistero-Tradizione-Rivelazione-Rivelatore, anche se - mi sembra - che prima di tutto c'è la Tradizione, "divinamente assistita dallo Spirito Santo", posta sullo stesso piano della Sacra Scrittura: ma chi inquadra e definisce gli elementi costitutivi della tradizione?
Comunque aspetto che qualcuno mi spieghi qual è il giusto metro per giudicare "buono" o "cattivo", "ispirato" o meno un concilio.
<span><span><span>"Voler essere rigorosamente moderni é condannare se stessi alla mediocrità. Come spendere i propri ultimi soldi terreni per comprare un nuovo cappello alla moda é condannare se stessi a divenire un giorno fuori moda. La strada tracciata nei secoli scorsi é piena di gente morta moderna.</span></span> <span><span>"</span></span></span>
RispondiElimina<span><span><span></span></span></span>
<span><span><span></span><span>G.K. Chesterton: ‘The Common Man.’</span><span></span> </span>
</span>
Ironia, ironia!
RispondiElimina<span><span><span><span>"Non c'é mai stato niente nella storia dell'uomo simile all'evoluzione dell'idea di Dio. L'idea di Dio é stata nascosta, evitata, quasi dimenticata. Si sono perfino inventate ogni tipo di ragioni per non darle importanza. Ma mai nessuno ha immaginato che questa idea potesse evolvere. "</span></span></span>
RispondiElimina<span><span><span></span></span></span>
<span><span><span></span></span><span><span>G.K. Chesterton "The Everlasting man"</span></span></span></span>
... nessuno prima del CVII...
RispondiEliminaE' peggio di un raglio d'asino: è un ghigno satanico.
RispondiElimina@ Petronius
RispondiEliminaSe ti riferisci ai miei interventi trovi già in essi la risposta: basta leggerli con calma e semplicità. Senza complicare le cose: "Il vostro parlare sia: Sì, Sì, No, No.....
In croce è stato messo Gesù, cioè la Verità......
Le fonti della Rivelazione sono la Tradizione e la Scrittura....... Penso che la Scrittura va letta alla luce dello Spirito Santo con cui è stata composta......
Il Magistero interpreta la Rivelazione, ma non può cambiarla tradirebbe la sua missione.........
Chi mi garantisce e definisce gli elementi costitutivi della Tradizione? Penso sia l'assistenza dello Spirito Santo che si fonda sulla promessa di Gesù: "Le porte degli inferi non prevarranno........ Io sono con voi tutti i giorni fino alla fondazione del mondo".....
In tempi difficili come questo penso sia importante l'umiltà, la preghiera, la penitenza, spegnere le passioni e ricordare che la Verità non ci appartiene, ma ci è stata data in dono...... La devozione mariana è importantissima perchè Maria vince tutte le eresie.......
<span>è uno dei segni rivelatori che stiamo vivendo la grande Apostasia predetta da S. Paolo (2 Tess. 2,3) e che non ce ne sono state altre di questa entità. Tocca proprio alla nostra generazione viverla, subirla e combattere per non esserne travolti, in una grande e lunga tribolazione, per sostenere una prova di Fede che sarà durissima, paragonabile solo a quella dei martiri dei primi secoli, nella Chiesa appena nata</span>
RispondiEliminaIl Prof. De Mattei ha davvero ragione nel dire che le critiche di Marchetto e Introvigne sono ideologiche. Secondo me, però, sarebbe opportuno ragionare su un'altra considerazione: quando Benedetto XVI parlò delle due "ermeneutiche", secondo molti aprì un dibattito sul concilio. Ma aprire un dibattito sul concilio significa, di fatto, chiuderlo e lasciarlo alla bagarre della confusione delle differenti opinioni. Aprendo un dibattito sul Concilio si crea un nuovo relativismo in merito ai suoi contenuti. L'unico modo per chiudere col concilio, quindi, non è discuterlo o ridiscuterlo, ma sarebbe quello di abrogarlo. Con quale credibilità può mettere in discussione il concilio chi prima ha contribuito a realizzarne i documenti più controversi e poi lo applica ogni giorno? La "beatificazione" di Giovanni Paolo II è la canonizzazione del concilio perché Wojtyla per 27 lunghi anni ne mise in pratica lo spirito e i dettami. La reiterazione di Assisi contiene le premesse degli errori conciliari in materia di ecumenismo e libertà religiosa. E' quindi Benedetto XVI che aprendo, apparentemente, una sorta di dibattito sul concilio, lascia che le varie parti si sbranino tra loro nelle varie interpretazioni, mentre lui persevera nella continuità col predecessore anche se con uno stile più mite ed accademico. E' Ratzinger, quindi, che aprendolo, chiude il dibattito sul concilio definendolo in continuità con la Tradizione e negando, con tale asserzione il principio di identità e di non contraddizione.
RispondiEliminaIl "titolo" me lo avete dato voi...Perchè chiunque non arrivi alle vostre conclusioni è un "giustificazionista dell'errore".
RispondiElimina<span>l'ispirazione e la spirazione dello Spirito Santo non manca nella Chiesa; ma, purtroppo gli uomini di Chiesa possono disattenderla... Abbiamo - e lo abbiamo anche spesso ricordato - il metro di giudizio: la Rivelazione ci è stata data TUTTA INTERA e possiamo ritenere valido e ispirato tutto ciò che si richiama alla Tradizione, pur meglio esplicitandola, ma sempre eodem sensu eademque sententia.
RispondiEliminaOgni innovazione non radicata nella Tradizione, non richiede l'assenso della nostra Fede e della nostra volontà.</span>
la Tradizione è messa in croce ed è<span> ancora scomunicata,</span> bandita dalla conoscenza della gran massa dei fedeli, ferocemente combattuta all'interno della Chiesa da coloro che a parole si professano seguaci di Cristo e suoi autentici annunciatori, ma che in realtà seguono ciecamente il verbo conciliare, che ha inaugurato secondo i detentori del regime una nuova tradizione, che avrebbe "superato" quella di sempre, dando vita ad una nuuova Chiesa, con una nuuova teologia e liturgia riformata, al cui centro è l'uomo, non più Cristo, diventato ora UN UOMO TRA NOI, sia pure di eccezionali qualità, amico e compagno di un allegro convito in cui si "commemora" la sua morte e resurrezione, ma che essenzialmente deve servire e allietare l'uomo, facendogli dimenticare il Santo Sacrificio del Figlio di Dio, la Vittima Perfetta offerta al Padre, gradita da Lui in espiazione dei peccati del mondo, per la Redenzione degli uomini.
RispondiEliminaEcco come gli stessi uomini di Chiesa combattono la Tradizione ( per Petronius e quelli che non ancora riescono a rendersene conto):
http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2011/04/la-tradizione-e-ancora-silenziata-e.html
scusi, Matteo, se posso darle un consiglio, non metta il gradimento "mi piace" al suo stesso commento....
RispondiEliminaaltrimenti i maligni rideranno di lei dicendo che si auto-incensa, non le pare ?... :)
(immagino che lei consideri quel tasto una specie di firma, ma tale non è...)
Per me De Mattei è un chiacchierone, ma sul Concilio non ha tutti i torti.
RispondiElimina<span>in base a quale criterio di giudizio lei si sente in diritto di definire il prof. de Mattei "un chiacchierone" ?</span>
RispondiElimina<span>Ospite</span><span></span><img></img>
RispondiElimina<span>Ma ogni uomo è legato a tutta l'umanità non è una entità isolata.Quindi se Cristo si è fatto realmente uomo si è unito a tutta l'umanità.Mons.Gherardini si sbaglia</span>
Ah si?, E chi l'ha detto, Voltaire? Maometto?, Darwin ( quello di discendiamo tutti da una scimmia)?
Beh, per la precisione l'avevano affermato in precedenza i modernisti condannati dalla Pascendi
RispondiElimina<span><span>Aprendo un dibattito sul Concilio si crea un nuovo relativismo in merito ai suoi contenuti.</span>
RispondiElimina<span>è proprio così: il meccanismo perverso della trappola hegeliana continua il suo moto perpetuo, nel quale stritolandoci, impedendoci di uscirne, <span>illudendoci che la SOLUZIONE STIA DENTRO la trappola, anzichè FUORI </span>di essa -ovvero: la Verità vi farà liberi- vuole farci ancora altalenare proseguendo il cammino mentale e spirituale (?) secondo quel nefasto ZIG-ZAG innarrestabile, senza fine, anno dopo anno, travolti e sospinti senza posa da quella spinta e controspinta meccanica-pendolare: tesi-antitesi-sintesi -->=nuova tesi-antitesi-sintesi...ecc.... </span>
(un po' come la famosa DIALETTICA dei mitici "blocchi contraposti" citati spesso dall'on E. Berlinguer....che prosegue fatalmente ad inquinare la forma mentis di tutta la Chiesa, clero e fedeli, con il suo visualizzare tutto secondo schema di OPPOST-ISMI, e la sua dinamica di voler cercare il punto medio tra Verità e menzogna: inganno satanico tipico del modernismo, che viene però continuamente spacciato per armonica e pacifica CONVIVENZA tra diverse opinioni: assistiamo così quasi alla legittimazione e santificazione del RELATIVISMO, dottrinale e morale, ritenuto cosa buona, come si constata giornalmente da decenni nei fatti e discorsi diffusi nella Chiesa e nella società ...)</span>
C'è in effetti, a ben vedere, una grande contraddizione in questo duplice atteggiamento:
RispondiElimina- affermare che il CV2 E' senza dubbio in continuità con la Tradizione
- e poi aprire il DIBATTITO se SIA o non SIA esso in continuità.
di fronte a questo BIVIO di strade divergenti tra loro un semplice ragionatore si chiede:
insomma, quale strada devo prendere? il concilio E' o NON E' in continuità ?
se dobbiamo accettare per vero che LO E',
<span> ---> </span>perchè mai fare un dibattito su tale argomento ?
capire che 2 strade di un bivio DIVERGONO, e se si prende una, NON si può prendere l'altra, alla biforcazione, occorre scegliere, una volta per tutte, visto che non si può camminare da "biforcati" !
dunque:
->> SE il CV2 E' in continuità, NON si discute, stop.
->> SE è lecito discuterne, ALLORA -nel momento in cui si APRE un dibattito- vuol dire che la continuità NON c'è, ovvero NON è cosa certa, poichè è discutibile, opinabile , incerta, e quindi già NEGATA !
E chi l'ha detto, Voltaire, Maometto? Darwin?
RispondiEliminaCosi' ad occhio e croce mi pare un ibrido (pardon, un frutto dell'evoluzione) di Thomas Merton (No Man Is an Island) ed il Cristo cosmico di Teilhard de Chardin.
Col Post-Concilio abbiamo subito danni e persecuzioni, un'analisi accurata delle cause era indispensabile e ne ringrazio De Mattei, dove cercare le cause di questi disastri se non nel Concilio? Forse non era nelle intenzioni di chi l'ha promosso ma i fatti parlano da soli. Perchè allora non entrare nel merito dei fatti? Il dibattito che ne puo' nascere e' giusto, necessario ed una riflessione mi pare indispensabile purchè non sia preconcetta ed ideologica. Non dogmatizziamo un Concilio che non volle essere dogmatico o finiremo per comportarci come i progressisti che, dopo quasi 50anni continuano a riempirsi la bocca di frasi fatte usandole per condannare ed isolare chi non e' in linea con loro.
RispondiEliminaInfatti lo ritengo una sorta di firma. Ma accetto il consiglio
RispondiElimina<span>Darwin ( quello di discendiamo tutti da una scimmia)?</span>
RispondiEliminaChe prima di morire si rese conto che, almeno le evidenze smentiscono tale tesi.
quanti sofismi e cavilli.... mi sembra che si voglai semplicemente prendere ciò che piace e cio che non piace si può buttarlo!!!!
RispondiEliminase così fosse non si potrebbe parlare di Verità, ma ognuno avrebbe la sua!
se il concilio l'ha fatto la Chiesa mi sembra che debba essere considerato importante se uno non lo condivide beh... davvero a qual punto tutto diventa opinabile!!!