PARTE Iª – DELLA SANTA VESTE TALARE
(continuazione)
del Ven. Jean-Jacques Olier
Il chierico, rivestito dalla veste talare nera, esprime la disposizione del suo spirito e il desiderio di vivere umiliato tutta la vita (29) e morto a tutto se stesso, dai piedi alla testa; non avendo più nulla in lui, né volontà, né giudizio, né passioni, come se la vecchia creatura d'Adamo morta in lui non gli lasciasse più alcun desiderio.
Un chierico deve così camminare nel mondo, portando la croce di Gesù Cristo esposta su se stesso: Crucifìgentes veterem hominem in semetipsis; di modo che nulla di carnale appaia vivente in lui. Ecco perché la veste talare è interamente chiusa e copre tutto il nostro corpo (30). È però vero che la testa non è nascosta sotto questo santo abito, come il resto del corpo; e ciò a significare che solo Gesù Cristo (31) deve apparire in noi: Viri caput Christus (32). Lo si deve vedere sulla nostra bocca: Si quis loquitur, quasi sermones Dei (33); colui che parla, dice San Pietro, deve parlare il linguaggio di Dio. Bisogna scorgere che Dio muove la sua lingua ed anima la sua parola (34). Il viso pure è scoperto, per testimoniare che il chierico deve essere, nei suoi costumi e nella sua condotta, una immagine della Divinità.
E se le mani appaiono, è perché il chierico deve far conoscere nelle sue azioni rappresentate dalle mani, che Dio opera in lui: Si quis ministrat, tamquam ex virtute quam administrat Deus(35).
Se il chierico opera, sia per potenza di Dio; sia Dio che lo muove e che gli comunica l'efficacia della sua azione; di modo che si vedano, nel suo corpo morto, le opere della vita dello spirito espresse dalle sue mani (36). II volto ben composto e la condotta di vita ben regolata, sono gli indizi ai quali riconosciamo che Dio abita nella mente e nell'anima del chierico. Modestia vestra nota sit omnibus hominibus: Dominus enim prope est. Che la vostra modestia, dice S. Paolo (37), sia conosciuta da tutti, per rispetto a Dio che vi sta vicino, e per causa dell'unione a Cristo che, risiedendo in voi, fa riflettere la sua modestia nel vostro aspetto esteriore (38).
Questo grande Dio, che ordina ogni cosa con tanta saggezza e che muove la creatura con tanto criterio, si rivela presente in un'anima per mezzo del contegno de} corpo (39). Se si riconosce la presenza di Dio nell'armonia del firmamento e nel moto dei corpi celesti, più facilmente si potrà discernere la presenza della sua maestà in un'anima che Egli guida, nel moto che Egli vi imprime (40).
Nulla resta dunque di scoperto in colui che è rivestito dell'abito talare all'infuori del viso e delle mani: questo significa che non deve più apparire in un chierico e in un prete che la vita divina, la vita di Gesù Cristo, che si rivela per mezzo delle parole e delle opere buone (41). Tutto il resto deve essere morto in lui; tutto deve essere sepolto come in una tomba (42). La vita di Dio solo, la vita della fede e della saggezza divina devono unicamente rifulgere in lui (43). E siccome la fede opera per mezzo della carità (44), le mani sono scoperte come il viso, a indicare la carità di Dio che opera in noi, e questa vita di fede che si manifesta nelle nostre azioni (45).
Quanto ai piedi, sono nascosti dalla veste talare: ciò significa la morte ai desideri ed alle affezioni terrene. I piedi, camminando, esprimono da quali sentimenti siano mossi, portandoci verso i luoghi e gli oggetti che ci piacciono (46); e siccome appunto queste affezioni e questi desideri mondani sono quelli che costituiscono la parte principale della nostra vita animale, devono essere mortificati e soffocati nei chierici, poiché essi non devono avere più che Gesù Cristo vivente nei loro spiriti, per trattenervi e comprimervi e seppellirvi la vecchia creatura (47). Tutto ciò che vi è in essi deve servire alla edificazione delle genti, e tutto, anche esteriormente, deve parlare dei misteri della nostra santa religione. La veste talare appunto annuncia al mondo il mistero della morte e sepoltura del vecchio uomo (48).
Questo abito nero dice eminentemente: - Morite a tutte le vanità del secolo (49), morite alle sue massime, al peccato, al demonio ed alla carne; morite, infine, a tutto ciò che non è Dio.
Per mezzo di questo abito che è ben differente da quello del mondo (50) il chierico rivela di aver deposti gli usi mondani, di non voler aver più rapporti col secolo, e di professare pubblicamente la sua opposizione ad ogni pompa o vanità. La semplicità, la modestia, il colore di questa santa veste proclamano tali sentimenti.
II chierico porta pure impresso sul viso. e in tutto il suo contegno il grado di mortificazione propria a cui è giunto (51).
Il suo volto è scoperto unicamente perché è l'immagine di Dio per il quale egli vive; ma siccome Dio, che è infinitamente superiore al mondo, vive in lui di una vita infinitamente sublime e al di sopra della terra, così il chierico deve avere scolpita sul viso un'espressione di grande elevazione al di sopra di tutte le creature, mostrando così quanto il mondo e tutto ciò che contiene siano sprezzabili ai suoi occhi (52).
L'ecclesiastico deve essere come cieco, in rapporto al mondo; non deve considerarne più né le bellezze né le rarità; deve essere come sordo alle sue notizie, calpestare tutte le sue pompe, condannare i suoi artifici; deve avere il cuore ben chiuso alle sue massime ed ai suoi sentimenti: in una parola, deve essere insensibile a tutto ciò che esso propone, poi che egli è ormai interiormente rivestito dell'uomo nuovo, questo uomo tutto di cielo, che più non vive sulla terra dove non trova più nulla degno di lui (53). Egli pregusta in tal modo le delizie di un altro mondo, dove Dio solo formerà la gioia, dove non apparirà più traccia di questo mondo volgare (54). Egli appartiene già a quell'altra generazione, a quell'altro mondo, più bello, più puro, mille volle più santo del presente. Egli non è più, come era nell'ordine naturale, il centro a cui converge tutta la volta del mondo, ma è il punto al quale converge tutta la Chiesa del Cielo che sopra lui riposa, che lo guarda e per il quale è stato formato tutto questo mondo superiore (55).
Bisogna dunque che noi ci consideriamo come persone fuori del mondo, viventi nel cielo (56), che conversano coi santi, che vivono nell'oblio, nell'avversione in un sovrano disdegno di tutto il mondo (57).
Bisogna che dimostriamo bene, a tutti, con la nostra condotta, vivendo e muovendoci nel mondo come Dio stesso (58), che c'è una vita molto migliore che ci aspetta nel cielo (59) dove già ci troviamo per la fede e dove già felicemente conversiamo con i santi.
NOTE
(29) Electo, ad intimam cordis humilita!em desiderandam, humiliore cunctis coloribus nigro colore. Petr. Cluniac., statut. 16.
(30) Quia sacerdos dux et antesignanus est exercitus Domini, his titulorum insignibus jubetur adornatus incedere, seseque sequentibus ecclesiasticae militiae cuneis sanguinis et crucis Christi debet vexilla praeferre. Petr. Dam . op. 25, de Dignit. sacerdot., c. 2.
(31) Capile nudato testatur Christum sibi caput esse. Simon. Thessalon. , de Ord. Episc.
(32) I Cor., 11, 3.
(33) I Petr., 4, 11.
(34) Non enim vos estis qui loquimini, sed Spiritus Patris vestri qui loquitur in vobis. Matth., 10, 20. Vox nostra Christus est. S. Ambr., de Isaac., c. 8, n. 75.
(35) I Petr., 4, 11.
(36) Exstantes et visae manus virtutem et efficientiam Dei, in his quae operatur sacerdos, declarant.
Sim. Thessalon., de Sacro Ord.
(37) Philip., 4, 5.
(38) Ex vlsu cognoscitur vir, et ab occursu faciei cognoscitur sensatus. Eccl., 19, 26. – Nec oculus sine Dei nutu moventur. S. Basil. in Ps. 32, n. 6. –Conversemur quasi Del templa, ut Deum in nobis constet habitare. S. Cypr., de Orat. Dom., p. 207. Modestia portio Dei est. S.Ambr., de Offic., lib. 1, c. 18, n. 70. – Ubi Christus est, modestia quoque est. S. Greg. Naz., ep.193.
(39) Amictus corporis..., et ingressus hominis enuntiant de illo. Eccl., 19, 27.
(40) Caelum, eunctaque caelestia... consono ordinationis concentu, protestantur gloriam Dei, et praedicatione perpetua majestatem sui loquuntur auctoris. De Vocat. Gen., lib. 2, c. 4, inter op. S. Leon.
(41) Accipe hoc sacrum indumentum, quo cognoscaris mundum contempsisse, et te Christo perpetuo subdidisse, Frederìc. Archiep., Institut. ad Ord.. suscip. in EccI. Mediol. tit. 1. Forma esse debemus caeteris, non solum in opere scd etiam in sermone. S. Ambr., de Offic., lib. 2, cap.19, n. 96.
(42) Nos oportet non solum carnalibus vitiis, verum etiam ipsis elementis mortuos esse.Cassian.. Inst., lib. 4, cap. 35.
(43) Quod nunc vivo in carne, in fide vivo Filii Dei. Gal., 2, 20.
(44) Fides quae per caritatem operatur. Gal., 5, 6.
(45) Vita justitiae est per Deum habitantem in nobis bis per fidem... Et intelligendum est de fide per dilectionem operante. D. Thom. in cap. 3 Ep. ad Gal., lect. 4.
(46) Humani affectus quasi pedes sunt. S. Aug. tract. 56 in Joan, n. 44. Pedes nostri affectus nostri sunt. Prout quisque affectum et amorem habuerit, ita accedit vel recedit a Deo. Id. in Ps.94, n. 2.
(47) Signum crucis (impressum in ordinatione) designat omnium simul cupiditatum cessationem, divinaeque vitae imitationem. S. Dionys., de EccI. Hier., cap. 5. Contempl. § 4.
(48) In eos tanquam in speculum reliqui oculos conjiciunt; ex iisque sumunt quod imitentur. Quaporpter sic decet omnino clericos..., vitam moresque suos omnes componere, ut habitu, gestu, incessu, sermone, aliisque omnibus rebus, nil nisi grave, moderatum, ac religione plenum prae se ferant. Conc. Trid., sess. 32, cap . 1 de Reform.
(49) Nolite conformari huic saeculo. Rom., 12, 2.
(50) Vestis nigra humilitatis et religiosae vitae symbolum est. Sim. Thessalon., lib. de sacris Ordin., cap. 2, de Ritu ordinat. Lector.
(51) Mortuum nobis hunc mundum deputantes, nos quoqne ipsi huic mundo moriamur, et dicamus quod Apostolus ait: Mihi mundus crucifixus est, et ego mundo. S. Aug., de Trinit., lib.2, cap. 17, n. 28.
(52) Eo usque mente secedat et avolet, ut et hunc communem transcendat usum et consuetudinem cogitandi. S. Bernard. in Cant., serm. 52, n. 4.
(53) Quaemadmodum qui inflammattus est ac febri laborat, quemcumnque ei offeras cibum aut potum quamvis suavissmum abominatur ac renuit; sic qui Spiritus Sancti atque Christi caelesti desiderio sunt accensi, et amore dilectionis Dei in anima sauciati, omnia quae sunt in hoc saeculo praeclara et pretiosa repudianda et odio digna reputant. S. Macar., hom. 9. –Quid agis in saeculo, qui major es mundo? S. Hieron., ep. 3, ad Heliod.
(54) Deus ipsi sibi et mundus, et locus, et omnia. Tertull., lib. contra Prax., c. 5. Nihil nobis sit commune cum saeculo. S. Chrysost., hom. 5, in Epist. ad Tit. , cap. 2, n. 1.
(55) Respice universum mundum istum, et considera si in eo aliquid sit quod tibi non serviat. Omnis creatura ad hunc finem cursum suum dirigit, ut obsequiis tuis famuletur, ut utilitati deserviat. Hoc caelum, hoc terra, hoc aër, hoc maria. Append. S. Aug. tom. 6, de Dilig. Deo, c. 4.
(56) De mundo non estis, sed ego elegi vos de mundo. Joan. 15, 19. –Nostra conversatio in caelis est. Philip. 3, 20.
(57) Non solurn non se immisceat circa saeculari negotia, sed nec cogitet de mundo. S. Crysost. hom. 15, op. imp. in Matth.
(58) In hoc positi sunt, ut Deum repraesentent. D. Thom., Suppl. q. 34, a. 1.
(59) Cognoscentes vos habere meliorem el manentem substantiam. Hebr., 10, 34.
Propongo alla Redazione l'ennesimo episodio del Caso Thiberville
RispondiEliminahttp://secretummeummihi.blogspot.com/
Questo sì che ha del grottesco: un vescovo che dovrebbe essere lui scomunicato che vuole scomunicare!!! Ma ci rendiamo conto di quanto i progressisti stiano toccando il fondo?? E' possibile che ci si ricordi delle scomuniche solo per casi come questo, proprio loro (i neomodernisti) che per primi si saranno stracciati le vesti alla sola parola SCOMUNICA, considerandola un delirio di un'onnipotente chiesa medioevale plagiante coscienze e priva di carità??
RispondiElimina<span><span>est toujours la même chose: n'oubliez pas le cas il ya quelques années du card. </span><span>Martini vs Antonio Sofri et l'hebdomadaire Il Sabato.... <span><span>les progressists sont toujours dangereux: tout est fonction de parvenir à des positions de pouvoir et puis ... </span><span>malheur à celui qui les touche là!</span></span></span></span>
RispondiEliminaIl diavolo fa le pentole ma non i coperchi........ i vescovi baroni e quanti li coprono sono avvisati......... i cattolici si sono stufati di questi vescovi che vanno a inaugurare moschee che vanno a benedire logge massoniche (il card. Barbarin) e che poi vogliono scomunicare i loro fedeli. E' chiaro che il vescovo a questo punto non deve più combattere contro l'abbe Michel ma contro il "popolo di Dio" di cui parlava pure il mitico Concilio....... adesso il Popolo non è più buono deve obbedire e basta? .... ma come non si era detto che bisognava ascoltare il popolo?....... In Vaticano se ci leggete: meditate, meditate.....
RispondiElimina<span> non si era detto che bisognava ascoltare il popolo?.</span>
RispondiEliminache il Vescovo opprima il popolo, a 45 anni dal CV2, è evento NORMALISSIMO, ed è inutile meravigliarsi o risentirsi.
Ribellarsi non servirà a nulla. Il potere non spetta al popolo, ma a chi lo ha preso con la forza, fingendo a parole di stare dalla parte del popolo, con quella tattica che si chiama "demagogia". E' stata una bella illusione quella di sentirci ripetere dai testi conciliari le grandi novità del "popolo sacerdote, profeta e re": chiacchiere rivoluzionarie che servivano ai tiranni per instaurare il loro regime.
Infatti in ogni regime totalitario giunge poi la fase della normalizzazione: nella Chiesa è in atto già da almeno 30 anni.
<span><span> non si era detto che bisognava ascoltare il popolo?.</span>
RispondiEliminache il Vescovo opprima il popolo, a 45 anni dal CV2, è evento NORMALISSIMO, ed è inutile meravigliarsi o risentirsi.
Ribellarsi non servirà a nulla. Il potere non spetta al popolo, ma a chi lo ha preso con la forza, fingendo a parole di stare dalla parte del popolo, con quella tattica che si chiama "demagogia". E' stata una bella illusione quella di sentirci ripetere dai testi conciliari le grandi novità del "popolo sacerdote, profeta e re": chiacchiere rivoluzionarie che servivano ai tiranni per instaurare il loro regime.
Infatti in ogni regime totalitario giunge poi la fase della normalizzazione: nella Chiesa è in atto già da almeno 30 anni.</span>
provate a rileggere queste bellissime parole che spiegano il significato della veste talare nera:
RispondiElimina<span>Bisogna dunque che noi ci consideriamo come persone fuori del mondo, viventi nel cielo (56), che conversano coi santi, che vivono nell'oblio, nell'avversione in un sovrano disdegno di tutto il mondo (57).</span>
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persone fuori del mondo
viventi nel cielo....
in un sovrano disdegno di tutto il mondo .
Ora, chiediamoci, rileggendo questa esortazione all' ascetismo, che riflette e realizza in pratica -nel sacerdote prima che nei laici- quella parola del Vangelo : "Siate nel mondo, ma <span>non del </span>mondo", e quelle di S. Paolo:
"Maci<span>ò che per me era un guadagno,l'ho considerato come un danno, a causa di Cristo. Anzi, a<span>dire il vero, ritengo che ogni cosa sia un danno di fronte all’eccellenza della conoscenza di Cristo</span></span>
Gesù, mio Signore, per il quale ho rinunciato a tutto; io considero queste cose come tanta spazzaturaal fine di guadagnare Cristo (Filippesi 3:7-8)
Testo bellissimo che avrebbe meritato qualche commento.
RispondiEliminaInfatti, testo molto bello; però, se fosse preso alla lettera nell'ultima parte, non avremmo avuto un don Bosco, don Orione e via dicendo, sacerdoti santi e "del Cielo" che però non vivevano certo fuori dal mondo né ignoravano ideali e tendenze del mondo, salvo servirsene a maggior gloria di Dio.
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