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giovedì 23 dicembre 2010

Appunti del Convegno sul CVII

Ad una settimana esatta dall'inizio del Convegno sul Concilio Vaticano II organizzato a Roma dai Frati Francescani dell'Immacolata, vi propongo una breve recensione dei tre interventi che hanno occupato la prima mattinata. La straordinaria ricchezza di riflessioni non consente ovviamente un rapporto esauriente; quanto riporto, dunque, è solo "qualcosina" di un tutto molto più ampio.

La prolusione del Convegno è stata affidata alla voce di Mons. Luigi Negri, Vescovo di San Marino-Montefeltro. Egli ha ricordato come i testi del Concilio non possono essere totalmente scissi dal contesto storico senza cadere nell'errore dei protestanti che, analogicamente, separano il testo della Scrittura dal proprio contesto vitale che è la Tradizione. Mons. Negri ha rivolto un ringraziamento al Prof. Roberto de Mattei, esprimendo il proprio apprezzamento per l'opera "Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta"; tale opera infatti, a detta del Presule, contribuisce a chiarire i contorni storici e sociologici del contesto nel quale il Concilio è stato preparato, celebrato e recepito.
Mons. Negri ha anche sottolineato la dicotomia esistente tra le intenzioni eminentemente "missionarie" del Concilio, il cui unico intento, come risulta dalle intenzioni dei Pontefici, era quello di riproporre la dottrina di sempre all'uomo di oggi e l'attuale spegnimento dello spirito missionario tra i cattolioci.

Il primo attesissimo intervento è stato pronunciato da Mons. Brunero Gherardini, il quale ha affrontato il tema della "pastoralità " del Concilio. Egli ha dapprima mostrato il significato del lemma "pastorale" nelle lingue antiche e moderne, quindi ha documentato le ricorrenze di tale espressione nei testi del Concilio; questa prima indagine ha messo in luce come nei documenti conciliari manchi un' "esplicita definizione" di pastoralità: in assenza di ogni definizione, dunque, non si potrà che dedurre "una certa idea" di pastoralità dall'insieme dei testi. Un'idea destinata tuttavia a rimanere piuttosto vaga e a mostrare, in ultima analisi, la propria matrice "illuministico-romantica". Tale infatti è il contesto nel quale, per la prima volta in ambito tedesco, è sorta la "teologia pastorale".
A partire dal carattere “pastorale” che i Papi del Concilio hanno voluto conferire ad esso, Mons. Gherardini ha ribadito ed esplicitato la propria teoria relativa ai "gradi di Magistero" presenti nei testi del Vaticano II. Egli individua 4 gradi:

  1. Grado generale: rientra in esso l'intero corpus dei testi conciliari. Il Vaticano II è un Concilio Ecumenico della Chiesa Cattolica e, pertanto, il suo insegnamento è solenne e supremo; gli aggettivi "solenne e supremo" non esprimono la qualifica teologica dei testi del Concilio, quanto piuttosto indicano le modalità attraverso cui tali testi sono stati composti e promulgati. Il Concilio è una forma "solenne" di Magistero in quanto si distingue dall'esercizio ordinario di esso; è una forma "suprema" di Magistero perché è esercitato dal Papa in unione con i tutti i Vescovi del mondo. Ciò detto, non è possibile identificare il Magistero "solenne e supremo" con il Magistero "infallibile" o "dogmatico in senso stretto".
  2. Grado speciale: rientrano in esso tutte le dottrine, le indicazioni e le esortazioni relative ad una materia che in nessun modo può essere oggetto di definizione dogmatica, poiché esula dall'ambito della fede e della morale (es. i mezzi di comunicazione sociale, l'ecologia, etc.).
  3. Grado dell'appello o degli appelli: rientrano in esso tutte le dottrine già infallibilmente definite dal precedente Magistero e riproposte nei testi del Concilio Vaticano II (es. Primato del Romano Pontefice, Infallibilità del Romano Pontefice, Transustanziazione, etc.); in tali definizioni e solo in esse il Concilio Vaticano II gode della nota dell'infallibilità; tuttavia, come si vede, sarebbe più opportuno parlare di “infallibilità di riflesso”.
  4. Grado delle novità: rientrano in esso tutte quelle dottrine la cui connessione con il Magistero precedente è di più difficile individuazione (es. Collegialità dei Vescovi, rapporto tra Sacra Scrittura e Tradizione, limitazione dell'infallibilità della Scrittura, rapporti con le religioni acattoliche, libertà religiosa). Su di esse c'è un discorso da fare...
Mons. Gherardini ha voluto anche richiamare l'attenzione dei presenti per difendersi dalle critiche della quali è stato oggetto in questi ultimi tempi. Ha respinto la critica di coloro che vorrebbero scoraggiarlo dal lavoro teologico di ermeneutica del Vaticano II che egli ha intrapreso con rinnovato vigore. Ha altresì respinto duramente la critica dei detrattori che lo accusano di “doppiogiochismo”, ricordando quali sacrifici costi la difesa della verità sempre e comunque.

Il secondo intervento della mattina è stato pronunciato dal Rev.do don Ignacio Andereggen, docente della Pontificia Università Gregoriana. Egli ha individuato i tratti salienti della nostra modernità malata attraverso le linee maestre tracciate da San Pio X nella Pascendi; quindi ha mostrato come essa sia il prodotto del pensiero sostanzialmente immanentista dei “grandi” pensatori della modernità: Cartesio, Kant, Hegel e Freud. Particolarmente interessante l'annotazione secondo cui la “conversione filosofica” di Cartesio altro non è che una “scimmiottatura” ed un capovolgimento degli Esercizi Spirituali di Sant'Ignazio: un pervertimento intellettuale fatto di meditazioni, di illuminazioni interiori e di discernimento degli spiriti (cfr. genio maligno) che conduce al rifiuto radicale di tutto ciò che è “tradizione”.

D.F.

36 commenti:

  1. Bravissimo il card. Gherardini, cardinale in pectore per ogni fadele della Verità cattolica!!!
    Solo persone chiare come lui potranno segnare l'avvio per uscire da quasta peste di errori e di vizi!

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  2. <span>Bravissimo il card. Gherardini, cardinale in pectore per ogni fedele della Verità cattolica!!!  
    Solo persone chiare come lui potranno segnare l'avvio per uscire da quasta peste di errori e di vizi!</span>

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  3. leggete 'sta bordata di Introvigne:     http://www.cesnur.org/2010/mi-ghe.html

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  4. E direi che Introvigne ha fatto centro ancora una volta. Leggendo il libro di Gherardini si colgono molte contraddizioni. Da una parte dice che il Concilio è una grazia e dall'altra dice che è eretico, almeno in parte. Ma del resto su uno legge i suoi libri la sua posizione appare davvero confusa. Anche la sua teologia è confusa, e come al solito si chiede di mettere il papa sotto esame e di farlo giudicare, da chi poi? dagli "esperti"? Non è che se a sbagliare il rapporto tra teologia e magistero sono i tradizionalisti si faccia meno danno di quando lo fanno i progressisti. Anzi, è stata proprio la sclerotizzazione dell'ortodossia in neoscolastica razionalista ad aver dato forza al modernismo e averci precipitato nel disastro esploso col post-concilio.

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  5. ho letto il commento di Introvigne e molto mi lascia perplessa questa sua affermazione



    Il problema non è, ultimamente, il ruolo della Tradizione. Tutti i cattolici, o quasi, lo riconoscono. Il problema è che non esiste un manualetto normativo per tutti dal titolo «La Tradizione», dato una volta per sempre: e se ci fosse avrebbe bisogno d'interpretazione, esattamente come la sacra Scrittura. Perché il fedele sappia che cosa deve considerare Tradizione oggi, bisogna che qualcuno glielo dica autorevolmente. Potrà trattarsi del Papa e dei vescovi in comunione con lui, che è la soluzione cattolica. Oppure potrà trattarsi dei teologi, degli storici, di chi si pretende più sapiente, di chi grida di più o riesce a farsi fare pubblicità dai grandi giornali. Questa seconda risposta è diffusa, ma ci porta fuori dal modo di funzionamento tipico della Chiesa Cattolica.

    che tutti i cattolici riconoscano il ruolo della Tradizione non è così scontato, visto che hannpo prevalso contesti dove il ruolo della Tradizione, se non è rinnegato è diluito o deformato. Mi riferisco innanzitutto ai modernisti, per i quali la Tradizione e con essa i Dogmi è mutevole e si evolve a seconda delle mode del tempo Penso anche ai neocatecumenali, per i quali la tradizione è INTERROTTA da Costantino al Vaticano II, (vedi immagine inserita) dal quale sarebbe rinata con loro, i ri-fondatori della vera Chiesa. Ne abbiamo documentato tutte le aberrazioni e mi fermo qui; ma intanto l'immagine è eloquente di per sé...
    Se è vero che c'è qualcuno (Papa, Vescovi) che dica ai fedeli cosa si deve "considerare Tradizione oggi" e mi chiedo perché l'aggiunta di quell'oggi, dal momento che non credo che oggi il senso di Tradizione sia mutato, altrimenti davvero ci troveremmo in piena 'discontinuità'. Ricorderei ad Introvigne quel che diceva Prospero Guéranger "... Quando il pastore si trasforma in lupo (ovviamente non si riferiva al S. Padre né tanto meno me lo sogno io), tocca innanzitutto al gregge difendersi. Di regola, senza dubbio, la dottrina discende dai vescovi ai fedeli, e i sudditi non devono giudicare nel campo della fede i loro capi. Ma nel tesoro della Rivelazione vi sono dei punti essenziali dei quali ogni cristiano, per il fatto stesso di essere cristiano, la la necessaria conoscenza e la custodia obbligatoria." Non è forse vero che, oggi, sono proprio quei "punti essenziali" che sono a dir poco "oscurati"?

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  6. <span><span>ho letto il commento di Introvigne e molto mi lascia perplessa questa sua affermazione : 
    Il problema non è, ultimamente, il ruolo della Tradizione. Tutti i cattolici, o quasi, lo riconoscono. Il problema è che non esiste un manualetto normativo per tutti dal titolo «La Tradizione», dato una volta per sempre: e se ci fosse avrebbe bisogno d'interpretazione, esattamente come la sacra Scrittura. Perché il fedele sappia che cosa deve considerare Tradizione oggi, bisogna che qualcuno glielo dica autorevolmente. Potrà trattarsi del Papa e dei vescovi in comunione con lui, che è la soluzione cattolica. Oppure potrà trattarsi dei teologi, degli storici, di chi si pretende più sapiente, di chi grida di più o riesce a farsi fare pubblicità dai grandi giornali. Questa seconda risposta è diffusa, ma ci porta fuori dal modo di funzionamento tipico della Chiesa Cattolica.  
     
    che tutti i cattolici riconoscano il ruolo della Tradizione non è così scontato, visto che hanno prevalso contesti - e sono maggioritari- per i quali il ruolo della Tradizione, se non è rinnegato è diluito o deformato. 
    Mi riferisco innanzitutto ai modernisti, per i quali la Tradizione e con essa i Dogmi, è mutevole e si evolve a seconda delle mode del tempo.
     Penso anche ai neocatecumenali, per i quali la tradizione è INTERROTTA da Costantino al Vaticano II, (vedi immagine inserita) per effetto del quale sarebbe rinata con loro, i ri-fondatori della vera Chiesa. Ne abbiamo documentato tutte le aberrazioni e mi fermo qui; ma intanto l'immagine è eloquente di per sé...  
    Se è vero che c'è qualcuno (Papa, Vescovi) che deve dire ai fedeli cosa si deve "considerare Tradizione oggi", mi chiedo perché l'aggiunta di quell'oggi, dal momento che non credo che oggi il senso di Tradizione sia mutato, altrimenti davvero ci troveremmo in piena 'discontinuità'. Ricorderei ad Introvigne quel che diceva Prospero Guéranger "... Quando il pastore si trasforma in lupo (ovviamente non si riferiva al S. Padre né tanto meno me lo sogno io), tocca innanzitutto al gregge difendersi. Di regola, senza dubbio, la dottrina discende dai vescovi ai fedeli, e i sudditi non devono giudicare nel campo della fede i loro capi. Ma nel tesoro della Rivelazione vi sono dei punti essenziali dei quali ogni cristiano, per il fatto stesso di essere cristiano, la la necessaria conoscenza e la custodia obbligatoria." </span><span>Non è forse vero che, oggi, sono proprio quei "punti essenziali" che sono a dir poco "oscurati"?</span>PICTURES<img></img>
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  7. <span><span>ho letto il commento di Introvigne e molto mi lascia perplessa questa sua affermazione :   
    Il problema non è, ultimamente, il ruolo della Tradizione. Tutti i cattolici, o quasi, lo riconoscono. Il problema è che non esiste un manualetto normativo per tutti dal titolo «La Tradizione», dato una volta per sempre: e se ci fosse avrebbe bisogno d'interpretazione, esattamente come la sacra Scrittura. Perché il fedele sappia che cosa deve considerare Tradizione oggi, bisogna che qualcuno glielo dica autorevolmente. Potrà trattarsi del Papa e dei vescovi in comunione con lui, che è la soluzione cattolica. Oppure potrà trattarsi dei teologi, degli storici, di chi si pretende più sapiente, di chi grida di più o riesce a farsi fare pubblicità dai grandi giornali. Questa seconda risposta è diffusa, ma ci porta fuori dal modo di funzionamento tipico della Chiesa Cattolica.    
       
    che tutti i cattolici riconoscano il ruolo della Tradizione non è così scontato, visto che hanno prevalso contesti - e sono maggioritari- per i quali il ruolo della Tradizione, se non è rinnegato è diluito o deformato.   
    Mi riferisco innanzitutto ai modernisti, per i quali la Tradizione e con essa i Dogmi, è mutevole e si evolve a seconda delle mode del tempo.  
     Penso anche ai neocatecumenali, per i quali la tradizione è INTERROTTA da Costantino al Vaticano II, (vedi immagine inserita) per effetto del quale sarebbe rinata con loro, i ri-fondatori della vera Chiesa. Ne abbiamo documentato tutte le aberrazioni e mi fermo qui; ma intanto l'immagine è eloquente di per sé...    
    Se è vero che c'è qualcuno (Papa, Vescovi) che deve dire ai fedeli cosa si deve "considerare Tradizione oggi", mi chiedo perché l'aggiunta di quell'oggi, dal momento che non credo che oggi il senso di Tradizione sia mutato, altrimenti davvero ci troveremmo in piena 'discontinuità'. Ricorderei ad Introvigne quel che diceva Prospero Guéranger "... Quando il pastore si trasforma in lupo (ovviamente non si riferiva al S. Padre né tanto meno me lo sogno io), tocca innanzitutto al gregge difendersi. Di regola, senza dubbio, la dottrina discende dai vescovi ai fedeli, e i sudditi non devono giudicare nel campo della fede i loro capi. Ma nel tesoro della Rivelazione vi sono dei punti essenziali dei quali ogni cristiano, per il fatto stesso di essere cristiano, la la necessaria conoscenza e la custodia obbligatoria." </span><span>Non è forse vero che, oggi, sono proprio quei "punti essenziali" che sono a dir poco "oscurati"?</span></span>

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  8. ... e mi meraviglia tanto più questa affermazione, per quanto è chiara e limpida la definizione di Gherardini che, veritativa com'è, vien liquidata in termini tanto sbrigativi quanto inesatti, accostandola al non cattolico Elemire Zolla "la cui nozione normativa della Tradizione prescinde totalmente dal ruolo dell'autorità nella Chiesa Cattolica."
    A comprova, non faccio altro che trascrivervi l'estratto dell'insegnamento di Gherardi, facendo notare come il Successor e il Traditor, noi siano altro che l'Autorità che custodisce e trasmette la Tradizione e la interpreta anche...

    <span><span>"...L’ermeneutica teologica definita della “continuità evolutiva”, esclude tutti quei criteri immanentistici che si sono imposti, dall’Illuminismo ad oggi, sia alla filosofia che alla teologia.</span> Gli Apostoli ci hanno lasciato quanto da Cristo avevano ricevutoratione ecclesiae, non i carismi personali ma le verità riguardanti la Fede e la Chiesa.Successio et Traditio: al successor viene trasmesso un deposito di cui diventa custos et traditor, ossia custode e trasmettitore di quod semper, quod ubique, quod ab omnibus creditum est. Tradizione da tradere: trasmettere, consegnare, comunicare; il che implica l’atto, il contenuto, l’Autorità che trasmette la sapienza metabolizzata dalle più lontane generazioni consegnata alla presente da consegnare alle future. Paolo a Timoteo afferma che la grazia ricevuta con l'imposizione delle mani lo abilita a trasmettere la verità ricevuta a uomini 'sicuri'. Ecco già in atto la catena della successione apostolica. Tertulliano parla di trasmissione della 'semente apostolica'. I Padri la chiamano Traditio Dominica Traditio Apostolica “lo Spirito Santo vi ricorderà tutte le cose che vi ho insegnato io” (Gv 14, 26). L’insufflatio dello Spirito non ha per oggetto una o più, ma “quaecumque dixero vobis”: tutte le cose, acquisizioni sempre più approfondite, nova et vetera (Gv 16,13). </span>

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  9. forse la "confusione" di Gher. dipende dalla materia "confusa"... Al conv. Gher. ha distinti vari livelli in cui leggere il Vat.2: il livello dogmatico (non si tocca) e quello "pastorale", nel senso di novità (o innovazioni) che in quanto tali, di per sé, non sono tutte definitive e impassibili di verifica o ripensamenti da perte dell'Autorità competente (vedi in materia liturgica). Precisare tali principi non è tradizionalismo. Gli appelli di Ghr. al Papa non sono contraddittori né doppiogiochisti. Li trovo sinceri. Oggi il pericolo non è il tradiz. ma il progress.   Preghiamo per Introvigne che sia più sottile nel discernere e per Gher. che riesca a rispondere a Intr.   Buon pomeriggio a tutti.

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  10. ho letto il commento di Introvigne e molto mi meraviglia questa sua affermazione:


    Il problema non è, ultimamente, il ruolo della Tradizione. Tutti i cattolici, o quasi, lo riconoscono. Il problema è che non esiste un manualetto normativo per tutti dal titolo «La Tradizione», dato una volta per sempre: e se ci fosse avrebbe bisogno d'interpretazione, esattamente come la sacra Scrittura. Perché il fedele sappia che cosa deve considerare Tradizione oggi, bisogna che qualcuno glielo dica autorevolmente. Potrà trattarsi del Papa e dei vescovi in comunione con lui, che è la soluzione cattolica. Oppure potrà trattarsi dei teologi, degli storici, di chi si pretende più sapiente, di chi grida di più o riesce a farsi fare pubblicità dai grandi giornali. Questa seconda risposta è diffusa, ma ci porta fuori dal modo di funzionamento tipico della Chiesa Cattolica.
    Se è vero che il ruolo della Tradizione deve essere detto ai fedeli da qualcuno autorevolmente, cosa intende Introvigne per "cosa si deve considerare la tradizione oggi" e mi chiedo la ragione dell'aggiunga di quell' "oggi", che può far pensare che il ruolo della Tradizione è mutato insieme ad essa, dal momento che nella Chiesa ci sono diversi contesti - e sono maggioritari - dove l'autentico ruolo della Tradizione non è più così scontato e lui non dovrebbe ignorarlo:
    - Penso ai modernisti per i quali la Tradizione, come i Dogmi, si evolve è mutevole a seconda delle mode del tempo
    - Penso ai neocatecumenali, per i quali la Tradizione si è INTERROTTA  da Costantino al Vaticano II (vedi immagine) ed è rinata per effetto del concilio proprio da loro che si considerano i ri-fondatori della vera Chiesa, con altre aberrazioni già ampiamente documente, Ma mi fermo qui, inserendo l'immagine già eloquentte di per sè-
    Ricorderei al prof. Introvigne queste parole di Dom Guéranger: "... quando il pastore si cambia in lupo, tocca nazitutto al gregge difendersi. Di regola, senza dubbio, la dottrina discende dai vescovi ai fedeli; e i sudditi non devono giudicare nel campo della fede i loro capi. Ma nel campo della Rivelazione vi sono dei punti essenziali dei quali ogni cristiano, per il fatto stesso di essere cristiano, ha la necessaria conoscenza e la custodia obblgatoria."

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  11. <span>ho letto il commento di Introvigne e molto mi meraviglia questa sua affermazione:  
    Il problema non è, ultimamente, il ruolo della Tradizione. Tutti i cattolici, o quasi, lo riconoscono. Il problema è che non esiste un manualetto normativo per tutti dal titolo «La Tradizione», dato una volta per sempre: e se ci fosse avrebbe bisogno d'interpretazione, esattamente come la sacra Scrittura. Perché il fedele sappia che cosa deve considerare Tradizione oggi, bisogna che qualcuno glielo dica autorevolmente. Potrà trattarsi del Papa e dei vescovi in comunione con lui, che è la soluzione cattolica. Oppure potrà trattarsi dei teologi, degli storici, di chi si pretende più sapiente, di chi grida di più o riesce a farsi fare pubblicità dai grandi giornali. Questa seconda risposta è diffusa, ma ci porta fuori dal modo di funzionamento tipico della Chiesa Cattolica.  
    Se è vero che il ruolo della Tradizione deve essere detto ai fedeli da qualcuno autorevolmente, cosa intende Introvigne per "cosa si deve considerare la tradizione oggi" e mi chiedo la ragione dell'aggiunta di quell' "oggi", che può far pensare che il ruolo della Tradizione è mutato insieme ad essa, dal momento che nella Chiesa ci sono diversi contesti - e sono maggioritari - dove l'autentico ruolo della Tradizione non è più così scontato e lui non dovrebbe ignorarlo:  
    - Penso ai modernisti per i quali la Tradizione, come i Dogmi, si evolve è mutevole a seconda delle mode del tempo  
    - Penso ai neocatecumenali, per i quali la Tradizione si è INTERROTTA  da Costantino al Vaticano II (vedi immagine) ed è rinata per effetto del concilio proprio da loro che si considerano i ri-fondatori della vera Chiesa, con altre aberrazioni già ampiamente documente, Ma mi fermo qui, inserendo l'immagine già eloquentte di per sè-  
    Ricorderei al prof. Introvigne queste parole di Dom Guéranger: "... quando il pastore si cambia in lupo, tocca nazitutto al gregge difendersi. Di regola, senza dubbio, la dottrina discende dai vescovi ai fedeli; e i sudditi non devono giudicare nel campo della fede i loro capi. Ma nel campo della Rivelazione vi sono dei punti essenziali dei quali ogni cristiano, per il fatto stesso di essere cristiano, ha la necessaria conoscenza e la custodia obbligatoria.</span>

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  12. ... e mi meraviglia tanto più questa affermazione, per quanto è chiara e limpida la definizione di Gherardini che, veritativa com'è, vien liquidata in termini tanto sbrigativi quanto inesatti, accostandola al non cattolico Elemire Zolla "la cui nozione normativa della Tradizione prescinde totalmente dal ruolo dell'autorità nella Chiesa Cattolica."  
    A comprova, non faccio altro che trascrivervi l'estratto dell'insegnamento di Gherardini, facendo notare come il Successor e il Traditor, non siano altro che l'Autorità che custodisce e trasmette la Tradizione e la interpreta anche...  

    "...L’ermeneutica teologica definita della “continuità evolutiva”, esclude tutti quei criteri immanentistici che si sono imposti, dall’Illuminismo ad oggi, sia alla filosofia che alla teologia. Gli Apostoli ci hanno lasciato quanto da Cristo avevano ricevuto ratione ecclesiae, non i carismi personali ma le verità riguardanti la Fede e la Chiesa. Successio et Traditio: al successor viene trasmesso un deposito di cui diventa custos et traditor, ossia custode e trasmettitore di quod semper, quod ubique, quod ab omnibus creditum est. Tradizione da tradere: trasmettere, consegnare, comunicare; il che implica l’atto, il contenuto, l’Autorità che trasmette la sapienza metabolizzata dalle più lontane generazioni consegnata alla presente da consegnare alle future. Paolo a Timoteo afferma che la grazia ricevuta con l'imposizione delle mani lo abilita a trasmettere la verità ricevuta a uomini 'sicuri'. Ecco già in atto la catena della successione apostolica. Tertulliano parla di trasmissione della 'semente apostolica'. I Padri la chiamano Traditio Dominica o Traditio Apostolica “lo Spirito Santo vi ricorderà tutte le cose che vi ho insegnato io” (Gv 14, 26). L’insufflatio dello Spirito non ha per oggetto una o più, ma “quaecumque dixero vobis”: tutte le cose, acquisizioni sempre più approfondite, nova et vetera (Gv 16,13). 

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  13. <span>.. e mi meraviglia tanto più questa affermazione, per quanto è chiara e limpida la definizione di Gherardini che, veritativa com'è, vien liquidata in termini tanto sbrigativi quanto inesatti, accostandola al non cattolico Elemire Zolla "la cui nozione normativa della Tradizione prescinde totalmente dal ruolo dell'autorità nella Chiesa Cattolica."    
    A comprova, non faccio altro che trascrivervi l'estratto dell'insegnamento di Gherardini, facendo notare come il Successor e il Traditor, non siano altro che l'Autorità che custodisce e trasmette la Tradizione e la interpreta anche...    
     
    "...L’ermeneutica teologica definita della “continuità evolutiva”, esclude tutti quei criteri immanentistici che si sono imposti, dall’Illuminismo ad oggi, sia alla filosofia che alla teologia. Gli Apostoli ci hanno lasciato quanto da Cristo avevano ricevuto ratione ecclesiaenon i carismi personali ma le verità riguardanti la Fede e la Chiesa. Successio et Traditio: al successor viene trasmesso un deposito di cui diventa custos et traditor, ossia custode e trasmettitore di quod semper, quod ubique, quod ab omnibus creditum est. Tradizione da tradere: trasmettere, consegnare, comunicare; il che implica l’atto, il contenuto, l’Autorità che trasmette la sapienza metabolizzata dalle più lontane generazioni consegnata alla presente da consegnare alle future. Paolo a Timoteo afferma che la grazia ricevuta con l'imposizione delle mani lo abilita a trasmettere la verità ricevuta a uomini 'sicuri'. Ecco già in atto la catena della successione apostolica. Tertulliano parla di trasmissione della 'semente apostolica'. I Padri la chiamano Traditio Dominica oTraditio Apostolica “lo Spirito Santo vi ricorderà tutte le cose che vi ho insegnato io” (Gv 14, 26). L’insufflatio dello Spirito non ha per oggetto una o più, ma “quaecumque dixero vobis”: tutte le cose, acquisizioni sempre più approfondite, nova et vetera (Gv 16,13).   </span>

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  14. <span>ho letto il commento di Introvigne e molto mi meraviglia questa sua affermazione:    
    Il problema non è, ultimamente, il ruolo della Tradizione. Tutti i cattolici, o quasi, lo riconoscono. Il problema è che non esiste un manualetto normativo per tutti dal titolo «La Tradizione», dato una volta per sempre: e se ci fosse avrebbe bisogno d'interpretazione, esattamente come la sacra Scrittura. Perché il fedele sappia che cosa deve considerare Tradizione oggi, bisogna che qualcuno glielo dica autorevolmente. Potrà trattarsi del Papa e dei vescovi in comunione con lui, che è la soluzione cattolica. Oppure potrà trattarsi dei teologi, degli storici, di chi si pretende più sapiente, di chi grida di più o riesce a farsi fare pubblicità dai grandi giornali. Questa seconda risposta è diffusa, ma ci porta fuori dal modo di funzionamento tipico della Chiesa Cattolica.    
    Se è vero che il ruolo della Tradizione deve essere detto ai fedeli da qualcuno autorevolmente, cosa intende Introvigne per "cosa si deve considerare la tradizione oggi" e mi chiedo la ragione dell'aggiunta di quell' "oggi", che può far pensare che il ruolo della Tradizione è mutato insieme ad essa, dal momento che nella Chiesa ci sono diversi contesti - e sono maggioritari - dove l'autentico ruolo della Tradizione non è più così scontato e lui non dovrebbe ignorarlo:    
    - Penso ai modernisti per i quali la Tradizione, come i Dogmi, si evolve è mutevole a seconda delle mode del tempo    
    - Penso ai neocatecumenali, per i quali la Tradizione si è INTERROTTA  da Costantino al Vaticano II (vedi immagine) ed è rinata per effetto del concilio proprio da loro che si considerano i ri-fondatori della vera Chiesa, con altre aberrazioni già ampiamente documente, Ma mi fermo qui, inserendo l'immagine già eloquentte di per sè-    
    Ricorderei al prof. Introvigne queste parole di Dom Guéranger: "... quando il pastore si cambia in lupo, tocca nazitutto al gregge difendersi. Di regola, senza dubbio, la dottrina discende dai vescovi ai fedeli; e i sudditi non devono giudicare nel campo della fede i loro capi. Ma nel campo della Rivelazione vi sono dei punti essenziali dei quali ogni cristiano, per il fatto stesso di essere cristiano, ha la necessaria conoscenza e la custodia obbligatoria.</span>

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  15. <span>dov'è che possiamo vedere </span><span>la "</span>sclerotizzazione dell'ortodossia in neoscolastica razionalista<span> ad aver dato forza al modernismo e averci precipitato nel disastro esploso col post-concilio" affermata da "Andiamo bene... </span><span>nella "</span>continuità evolutiva<span>" e nelle limpide chiarissime affermazioni di Gherardini?</span>

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  16. <span><span>dov'è che possiamo vedere </span><span>la "</span>sclerotizzazione dell'ortodossia in neoscolastica razionalista ad aver dato forza al modernismo e averci precipitato nel disastro esploso col post-concilio" affermata da "Andiamo bene... <span>nella "</span>continuità evolutiva<span>" e nelle limpide chiarissime affermazioni di Gherardini?</span></span>

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  17. <p><span><span>Per cominciare ringrazio la Redazione di Messainlatino per compartire con noi l'essenza del Convegno ed aspetto con impazienza le prossime "puntate".</span></span>
    </p><p><span><span> </span></span>
    </p><p><span><span>Il discorso qui nel thread sembra essersi immediatamente ed emozionalmente spostato sull'analisi che l'eccellente Introvigne fa della posizione di Mgr Gherardini.</span></span>
    </p><p><span><span> </span></span>
    </p><p><span><span>Penso che convenga distinguere: Mgr Gherardini cerca di portare avanti un discorso mai fatto prima, a mia concoscenza, dove si cerca di dissecare i diversi livelli di autorità di un avvenimento teologico di importanza maggiore, un Concilio Ecumenico. Si tratta di equilibrismo teologico ma non del tutto anodino, anzi alquanto pericoloso, perchè qui l'oggetto è l'idea che la Chiesa ha di se stessa.</span></span>
    </p><p><span><span> </span></span>
    </p><p><span><span>Da un lato Mgr Gherardini è costretto a riconoscere che il Magistero del Concilio è "solenne e supremo" e quando sappiamo, ad esempio dalla NOTA ILLUSTRATIVA DOTTRINALE DELLA FORMULA CONCLUSIVA DELLA PROFESSIO FIDEI data dalla Congregazione per la dottrina della fede il 29 giugno 1998, che "la precedenza va all’insegnamento di nota teologica superiore o “secondo la mente e la volontà manifestata, la quale si palesa specialmente sia dalla natura dei documenti, sia dal frequente riproporre la stessa dottrina, sia dal tenore della espressione verbale" anche se questi non ha una nota teologica di 1° o 2° comma, però Esso acquista un'autorevolezza tale che lo rende "Autentico".</span></span><span><span></span></span>
    </p><p> 
    </p><p>(continua)</p>

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  18. <p>(continua)
    </p><p> 
    </p><p><span><span>Dall'altro lato, egli sente l'obbligo di dover introdurre nuove categorie ermeneutiche come quella della "novità" citata più sopra nel post della Redazione. Che questa categoria sia legittima dal punto di vista del teologo non v'è dubbio alcuno: che essa abbia senso dal punto di vista del Magistero Autentico lo è molto meno. Anzi, penso personalmente che non c'entri affatto.</span></span>
    </p><p><span><span> </span></span>
    </p><p><span><span><span>C'è una differenza da fare tra l'insegnamento della Chiesa e le ragioni razionali per le quali Essa dà questo insegnamento</span>. Tipico  esempio è il magistero sulla contraccezione, mai cambiato e regolarmente riaffermato come nella Humanae Vitae e nella Familiaris Consortio,  che la considera sempre malvagia, ma le ragioni per la quale essa sia un male sono sempre ancora l'oggetto di studio da padre dei moralisti, dei filosofi, dei teologi, ecc.</span></span>
    </p><p><span><span> </span></span>
    </p><p><span><span>In questo senso la critica di Introvigne non può essere spazzata via con semplice un rivolto di mano: non è perchè non se ne vedono ancora perfettamente tutte le ragioni teologiche, storiche o antropologiche che un insegnamento del Magistero Autentico può o non può essere recepito.</span></span>
    </p><p> 
    </p><p><span><span>(continua)</span></span></p>

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  19. (continua)


    <p><span><span>Quel che ci dice Introvigne è che l'obbligo del cattolico è di recepire e non di giudicare il Magistero Autentico, il quale anche per natura profetico non può essere ristretto da una categoria altra che Esso stesso, ad esempio su una soggettivamente percepita nozione di "novità".</span></span>
    </p><p><span><span> </span></span>
    </p><p><span><span>Il rischio, e qui sottoscrivo Introvigne due volte, <span>è proprio quello di vedere l'Autorità Magisteriale spostarsi dal Papa</span> e dai Vescovi in unione con lui <span>ai teologi, agli storici e perchè no, ai mass-media</span>: "ma [questo, ndr] ci porta fuori dal modo di funzionamento tipico della Chiesa Cattolica".</span></span>
    </p><p><span><span> </span></span>
    </p><p><span><span>Quale dovrebe essere la posizione del cattolico fedele alfine di risolvere i problemi di (apparente) conflitto tra insegnamenti passati e quelli presenti? E' la chiave nella dissecazione storica dell'evento Concilio che ci propone De Mattei ? E' la dicostruzione teologica del Magistero Autentico con l'introduzione di nuove categorie ermeneutiche, come quella di novità proposta da Mgr Gherardini?</span></span>
    </p><p><span><span> </span></span>
    </p><p><span><span>Oppure è l'approccio di sempre, quello davvero tradizionale, e cioè quello di cercare e di esplicitare le ragioni di questo insegnamento del Magistero alfine, non di negarlo, ma di definirne meglio il contorno ma anche svilupparne nuove potenzialità sempre in coerenza col Depositum Fidei confidatoci dal Cristo sotto la guida dello Spirito Santo? I.P.</span></span>
    </p><p><span> </span>
    </p>

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  20. <span>P.S. Vorrei sottolineare un ultimo punto. Il valore di un Magistero Autentico non può essere analizzato solo sincronicamente rispetto all’evento che lo ha prodotto ma anche diacronicamente.</span>

    <span>In altre parole non si può evincerne tutto il significato restringendolo solamente nella ricerca delle cause storiche che lo hanno prodotto o dell’insegnamento precedente all’evento che lo ha generato, ma anche a tutti gli insegnamenti consequenti che il Magistero Autentico ne ha tratto successivamente.</span>

    <span>Cioè il fatto che molti documenti del CVII siano stat utlizzati da tutti i Pontefici da mezzo secolo in qua ne mostra indirettamente la ricezione da parte della Chiesa stessa, il che è anche un elemento di valutazione della cattolicità e della probabilità dell’accresciuta definitività di quell’insegnamento, anche se, de facto, non ne cambia la nota teologica datagli dall’Autorità Magisteriale, sia essa ponteficale o conciliare.</span>

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  21. <span>P.S. Vorrei sottolineare un ultimo punto. Il valore di un Magistero Autentico non può essere analizzato solo sincronicamente rispetto all’evento che lo ha prodotto ma anche diacronicamente.</span>

    <span>In altre parole non si può evincerne tutto il significato restringendolo solamente nella ricerca delle cause storiche che lo hanno prodotto o dell’insegnamento precedente all’evento che lo ha generato, ma anche a tutti gli insegnamenti consequenti che il Magistero Autentico ne ha tratto successivamente.</span>

    <span>Cioè il fatto che molti documenti del CVII siano stat utlizzati da tutti i Pontefici da mezzo secolo in qua ne mostra indirettamente la ricezione da parte della Chiesa stessa, il che è anche un elemento di valutazione della cattolicità e della probabilità dell’accresciuta definitività di quell’insegnamento, anche se, de facto, non ne cambia la nota teologica datagli dall’Autorità Magisteriale, sia essa ponteficale o conciliare.</span>

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  22. <span>"è stata proprio la sclerotizzazione dell'ortodossia..."</span>
    E io che pensavo che la radice del modernismo fosse la superbia.

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  23. estraggo solo questa affermazione dalla lunga disquisizione che mette in campo diversi punti difficilmente tutti approfondibili con uno strumento come questo
    <span>Dall'altro lato, egli sente l'obbligo di dover introdurre nuove categorie ermeneutiche come quella della "novità" citata più sopra nel post della Redazione. Che questa categoria sia legittima dal punto di vista del teologo non v'è dubbio alcuno: che essa abbia senso dal punto di vista del Magistero Autentico lo è molto meno. Anzi, penso personalmente che non c'entri affatto. </span>
    Il mio sarà un discorso terra terra, ma basato sul comune buon senso, che non credo vada mai abbandonato, soprattutto quando si ha a  che fare con disquizizioni che rischiano di diventare 'sofismi'.

    Intanto bisognerebbe stabilire cos'è e cosa non è Magistero Autentico... tenendo poi conto che l'unica assertività capace di intaccare la Dottrina è il Magistero solenne esplicitamente dichiarativo...
    Tuttavia non si può negare che abbiamo vissuto e viviamo gli effetti dell'anomalia che una certa 'pastorale' che genera prassi ha introdotto delle 'novità' fondate sul 'superdogma concilio', ma delle quali non c'è traccia esplicita nei suoi documenti.
    Non possiamo ignorare che anche la prassi presuppone una dottrina, anche se questa non è esplicita, e nemmeno possiamo ignorare che la prassi applicata sconsideratamente qualche cambiamento nella dottrina possa averlo apportato.

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  24. Cari amici non ho tanto tempo perchè in questi giorni noi sacerdoti siamo molto indaffarati (nel senso più santo del termine) ma dico a chiare lettere un grande grazie a mons. Gherardini per il suo magistrale intervento che ho potuto seguire totalmente nel sito  TV dell'Immacolata dei Francescani dell'Immacolata. Invito tutti a seguire la bellissima relazione di Mons. Gherardini.
    Pregateci su, riflettetici nell'intimo della vostra coscenza e vi troverete daccordo con il discorso chiaro che non fa una grinza di Mons. Gherardini.
    Ho paura che in questo nostro blog si inseriscano interventi fumosi e contorti di chi cerca di confondere le carte in tavola, perchè la posta in gioco sul Vaticano II è alta, e sinceramente capisco la sofferenza di Mons. Gherardini difronte a detrattori che lo accusano senza nemmeno leggere i suoi interventi e per partito preso....... alla fine però la verità viene a galla e solo i ciechi continuano a fingere.

    don bernardo

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  25. Quod semper, quod ubique, quod ab omnibus creditum est. Se questo è il segno della Tradizione qualcuno sarebbe così cortese da indicarmi qualche contenuto che vi corrisponda effettivamente? Vi prego di credere che si tratta di una domanda seria.

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  26. Scusate, ma alla fine, dopo tutto il parlare che se ne è fatto, c'erano i preti della FSPPX al Convegno??

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  27. Per "andiamo bene"

    Confusa la teologia di Gherardini? ma cosa dice?!?

    Penso che lei non abbia letto neppure una riga dei libri di Mons. Gherardini, perché ciò che aggiunge è un delirio per nulla corrsipondente al vero.
    Se invece li ha letti ...andiamo bene!

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  28. Adesso mi aspetto che qualche purista del dialogo e dell'educazione dia un aut -aut a Don Luca ( a proposito Buon Natale) che mi sembra stia creandi quello che qualcuno ha definito "Wcasino".
    Buon Natale
    Matteo Dellanoce

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  29. Questo convegno meriterebbe una trattazione minuziosa in ogni singola parte.

    Riguardo Introvigne, si mostra come un perfetto teocon. Si mostra relativista. Ma alcuni suoi spunti sono condivisibili. La crisi non è certo scaturita dalla "sclerotizzazione dell'ortodossia", ma certamente ha potuto fare leva su questa. Là dove c'è stata. La panacea di tutti i mali non è la situazione "ante" concilio. Prima le forze disgregratici lavoravano in ogni caso alacremente e non è il Concilio ma il materialismo edonistico e utilitarista che ha mangiato il mondo, di cui un'espressione (e nemmeno la peggiore!) è il 68, che ha determinato la crisi perchè gli uomini di Chiesa lo hanno sposato al posto di Gesù Cristo!

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  30. L'esempio più chiaro di Tradizione è riguardo al giudaismo, la Chiesa ha professato ciò che Gesù ha detto riguardo ai giudei (Sacra Scrittura) fino a Pio XI (Magistero strasmesso in modo omogeneo). Per avere un insegnamento "in rottura" con il Vaticano II. (leggi QUI)

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  31. <span><span><span><span>Dal 22 DICEMBRE 2010 si possono seguire le registrazioni video del Convegno sul Concilio Vaticano II, sulla web TV dell'Immacolata dei Frati Francescani dell'</span></span>Immacolata  
    <span>http://curiaffi.immaculatum.net/tvimmacolata/</span></span></span>
    <span><span></span></span>

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  32. Stimo assai Introvigne, ma dire che Mons. Gherardini non sia ecumenico non corrisponde al vero. Avrà letto "Ecumene tradita" raccolta di articoli - adamantinamente cattolici -del Monsignore sul tema del ritorno dei cristiani separati nell'unico ovile di salvezza?

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  33. La domanda è: c'è qualcosa che non ha letto il Prof. introvigne? Comunque c'è un testo di mons. Gherardini sul protestantesimo ( che ho letto anni fa e di cui adesso non ricordo il titolo) in cui il suo ecumenismo non appare poi così ecumenico. Tra l'altro ( opinione che condivide) preferisce i valdesi ai luterani.
    MD

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  34. Introvigne relativista mi sembra affermazione priva di fondamento.
    MD

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  35. Per don Camillo: l'esempio più chiaro di tradizione riguarda il giudaismo". Risposta non molto soddisfacente: quale sarebbe la continuità da Gesù Cristo fino alla rottura del Vaticano II? Che cosa avrebbe realmente detto Gesù? E lo avrebbe detto su tutto il popolo ebraico da allora fino alla fine dei tempi, o sugli ebrei, o meglio, su una parte degli ebrei che gli erano contemporanei? E' facile costruirsi così una tradizione, molto simile a quelle degli scribi e dei farisei contro le quali si scagliava Cristo

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