Il Concilio in gioco
Sono trascorsi tre anni dall’introduzione del motu proprio Summorum Pontificum, con cui Benedetto XVI ha liberalizzato la possibilità di celebrare l’Eucaristia secondo il messale preconciliare, in vista di una riconciliazione con la Fraternità San Pio X. Ma qual è la vera portata di una tale decisione? E quali i suoi risultati? In questo articolo un autorevole storico della Chiesa, docente dell’Università di Trieste, ci spiega che cosa hanno di mira i seguaci di monsignor Lefebvre. E perché il rischio sia quello di minare l’autorità apostolica del Vaticano II.
Il 14 settembre ricorrono i tre anni dall’entrata in vigore del motu proprio di Benedetto XVI Summorum Pontificum, che era stato pubblicato il 7 luglio 2007 insieme a una Lettera ai vescovi di tutto il mondo che ne spiegava le ragioni e le finalità. La scadenza è importante. Nella Lettera infatti Benedetto XVI aveva invitato i vescovi a inviare alla Santa Sede, tre anni dopo l’entrata in vigore del motu proprio, un resoconto delle «esperienze» seguite alla sua decisione: una decisione che, fin dal suo annuncio, aveva suscitato critiche, perplessità, timori e attese di diverso segno.
Non era la prima volta che un resoconto del genere veniva chiesto ai vescovi. Nel 1980 infatti essi erano stati invitati a riferire sull’accoglienza riservata dai fedeli al messale promulgato nel 1970 da Paolo VI in sostituzione di quello del 1962, che comprendeva la Messa detta di San Pio V. Dalle risposte era emerso che solo gruppi molto limitati di sacerdoti e laici erano rimasti «ancorati» al rito antico. Ciononostante Giovanni Paolo II, con la lettera Quattuor abhinc annos dell’ottobre 1984, «nel desiderio di venire incontro a tali gruppi», aveva ritenuto di offrire ai vescovi la possibilità di usufruire di un indulto in base al quale concedere ai sacerdoti e ai fedeli che lo richiedessero la facoltà di celebrare la Messa usando il messale del 1962. Tra le condizioni previste si stabiliva che in ogni caso doveva risultare «in tutta chiarezza» che tali gruppi non condividevano la posizione di quanti «mettono in dubbio la legittimità e l’esattezza dottrinale» del messale di Paolo VI.
Il motu proprio di Benedetto XVI stabilisce che a tale messale (che restava l’espressione ordinaria della lex orandi della Chiesa cattolica di rito latino) si affiancasse, come espressione straordinaria della stessa lex orandi, il messale promulgato da Pio V all’indomani del concilio di Trento, nell’edizione del 1962 promossa da Giovanni XXIII. Diveniva perciò pienamente lecita la celebrazione della Messa secondo tale messale, in abrogazione di tutti i limiti fino allora operanti. Benedetto XVI aveva cura di precisare: non si tratta di «due riti», ma «di un uso duplice dell’unico e medesimo rito». Non era una decisione da poco. Come notava la Rivista liturgica, mai era successo che «uno stesso rito fosse celebrato in due forme diverse».
Le disposizioni operative cercavano di facilitare in ogni modo l’applicazione di tale decisione. Si lasciava, tra l’altro, ai singoli sacerdoti piena libertà nell’uso dell’uno o dell’altro messale nelle celebrazioni della Messa sine populo, e si invitavano i parroci ad accogliere «volentieri» le richieste presentate da gruppi di fedeli per la celebrazione della Messa usando il messale del 1962. Il vescovo era chiamato a intervenire esaudendo le richieste di questi fedeli nel caso che il parroco non le avesse accolte. Veniva anche prevista l’erezione di una «parrocchia personale» per tali celebrazioni. Il parroco inoltre era autorizzato a usare il rituale antico anche nell’amministrazione dei sacramenti «se questo consiglia il bene delle anime». E a questa condizione anche gli Ordinari potevano celebrare il sacramento della Confermazione secondo l’antico Pontificale Romano. La commissione pontificia Ecclesia Dei, creata da Giovanni Paolo II nel 1988 per facilitare il rientro nell’obbedienza romana dei dissidenti dallo scisma di Lefebvre, era incaricata di vigilare «sull’osservanza e l’applicazione di queste disposizioni».
Nella Summorum Pontificum, papa Benedetto XVI, quasi a spiegare la genesi della sua decisione, aveva ricordato che «in talune regioni non pochi fedeli» avevano continuato ad aderire con «amore e affetto» alle antiche forme liturgiche, anche dopo la pubblicazione da parte di Paolo VI dei libri liturgici riformati secondo le indicazioni del Vaticano II; ciò che aveva sollecitato l’indulto emanato da Giovanni Paolo II nel 1984 e rinnovato nel 1988.
Tali richiami, ancora generici nel motu proprio, diventano più puntuali nella Lettera ai vescovi. Il problema di monsignor Lefebvre e della Fraternità San Pio X viene esplicitamente ricordato. La questione della «riconciliazione interna nel seno della Chiesa» si profila così come la ragione centrale della decisione assunta. Non a caso, osserva Benedetto, guardando alle lacerazioni del passato si ha l’impressione che da parte dei responsabili della Chiesa non sia stato fatto tutto il possibile «per conservare o conquistare la riconciliazione e l’unità». Da ciò l’«obbligo» di fare ogni sforzo per rendere «possibile» a chi ha «veramente il desiderio dell’unità» di «restare in quest’unità o di ritrovarla».
La liberalizzazione della Messa di San Pio V si situa chiaramente in questa prospettiva. Da tempo in effetti i responsabili della Fraternità avevano posto come condizione preliminare per l’avvio di un percorso di riconciliazione con Roma il pieno ristabilimento nella Chiesa dei diritti della Messa di San Pio V, liberalizzandone l’uso. Monsignor Bernard Fellay, successore di Lefebvre alla testa della Fraternità, l’aveva ripetuto a Benedetto XVI nell’udienza che questi gli aveva concesso a Castel Gandolfo a pochi mesi dalla sua elezione.
Nell’assumere una tale decisione Benedetto XVI aveva avuto cura di precisare due punti che intendevano evidentemente rispondere a timori e critiche che si stavano diffondendo. Stabilire «due espressioni della lex orandi della Chiesa» non porterà «in alcun modo a una divisione nella lex credendi», in quanto si tratta di «due usi dell’unico rito romano». Il timore che con tale decisione «venga intaccata l’autorità» del Vaticano II e sia «messa in dubbio» la riforma liturgica «è infondato».
Non erano in realtà due punti che si potevano considerare scontati. Infatti non erano pochi, su entrambi i versanti degli schieramenti, a pensare l’opposto. La stessa lunga vicenda che aveva contrapposto Lefebvre a Roma attesta che le cose erano e sono più complicate di quanto Benedetto XVI si sforzasse di mostrare.
Radicale era stato il rifiuto da parte di Lefebvre della riforma liturgica di Paolo VI. Per lui, essa era l’espressione di quella «Roma di tendenza neomodernista e neoprotestante che si è manifestata chiaramente nel concilio Vaticano II», come scrisse nella «professione di fede» letta il 2 dicembre 1974 a Ecône ai professori e agli studenti riuniti. Il suo giudizio sulla «nuova Messa» era stato senza remissione, assumendo una portata che investiva in un’unica condanna i modi di essere e le prospettive della Chiesa intera: «Non si può modificare profondamente la lex orandi senza modificare la lex credendi. A Messa nuova corrisponde catechismo nuovo, sacerdozio nuovo, seminari nuovi, università nuove (...), tutte cose opposte all’ortodossia e al magistero di sempre». Erano concetti che Lefebvre non si stancherà di ripetere. Nel sermone pronunciato il 29 giugno 1976, in occasione dell’ordinazione presbiterale compiuta malgrado il divieto romano, egli ribadirà che il «nuovo rito della Messa» che si è voluto imporre «esprime una nuova fede, una fede che non è la nostra, una fede che non è la fede cattolica». La Messa infatti era stata protestantizzata: scomparsa la nozione di sacrificio, sostituita dall’idea di agape, di memoriale fraterno; stravolto il ruolo del sacerdote, divenuto il presidente di un’assemblea; scomparso il senso del sacro, del mistero.
Per Lefebvre era il punto d’arrivo di un discorso che in realtà era un discorso globale. Il rifiuto della «nuova Messa» riassumeva in sé il rifiuto che da subito egli aveva espresso degli aspetti innovativi del Concilio: la collegialità, la libertà religiosa, l’ecumenismo e il dialogo con le altre religioni, l’apertura al mondo moderno. La fedeltà alla Messa preconciliare diventava il simbolo più eloquente di quel rifiuto.
Il suo successore, scrivendone ai fedeli il 2 aprile 1999, a trent’anni dall’emanazione del Novus Ordo Missae, non si esprimerà diversamente: «Sono trent’anni di vuoto. Un vuoto che ha fatto il vuoto (...). Non vi è dubbio che la causa principale della crisi spaventosa che attraversa la Chiesa dipende dalla perdita dello spirito di fede e dello spirito di sacrificio, provocati entrambi dalla nuova Messa». E in un’intervista a Le Figaro (23 marzo 2001), aveva parlato della «Messa tridentina» e della «Messa di Paolo VI» come di «due mondi differenti». Anche per lui come per Lefebvre, il Vaticano II aveva provocato conseguenze «disastrose», riducendo la Chiesa a un ammasso di rovine.
Formulando quei giudizi, Lefebvre era in buona compagnia. Non la pensavano diversamente cardinali di Curia come Ottaviani e Bacci, né importanti cardinali residenziali come Siri, pur non intendendo seguirlo nei suoi aperti atti di rottura. Senza arrivare a giudizi così radicali, non erano mancate altre voci che avevano espresso critiche e manifestato perplessità nei confronti delle riforme liturgiche quali erano venute configurandosi nel post-concilio. Il cardinale Ratzinger, sia nel Rapporto sulla fede, sia nella sua Autobiografia, era stato esplicito al riguardo. Non a caso, nella Lettera ai vescovi di tutto il mondo, il desiderio di molti di mantenere le forme antiche della liturgia è collegato alle deformazioni «fino al limite del sopportabile» che vi erano state introdotte.
Alle forzature con cui Lefebvre e i suoi seguaci avevano contrapposto e contrapponevano la Messa di Paolo VI a quella di San Pio V, il motu proprio di Benedetto XVI risponde rimuovendo il problema: la loro compresenza nel rito romano non porterà alcuna divisione nella lex credendi. È un’affermazione coerente a una lettura del Vaticano II che «porta in sé l’intera storia dottrinale della Chiesa». Nelle preghiere proposte nei due messali non mancano peraltro vistose differenze, in particolare per i rapporti con le altre Chiese cristiane e le altre religioni, con evidenti ricadute negli atteggiamenti e nei rapporti ecumenici. È quanto è stato rilevato subito per la preghiera del Venerdì santo riguardante gli ebrei, ma lo stesso discorso vale per gli «eretici e scismatici», per i quali, nel messale di San Pio V, si chiede a Dio di strapparli dai loro errori, guardando con misericordia «alle loro anime ingannate da diabolica frode» («diabolica fraude deceptas»), ricorrendo cioè a termini e giudizi ben lontani dalla lettera e dallo spirito del Vaticano II.
D’altra parte, era proprio quell’insieme di giudizi e persuasioni che dava profondità e spessore alla ribellione di Lefebvre, così come dà consistenza e identità alla Fraternità San Pio X, nella volontà di continuare quella «Chiesa di sempre» alla quale anche Roma, rinunciando alla «Chiesa conciliare», dovrà prima o poi ritornare. Questa attesa e questa prospettiva spiegano perché Lefebvre, nonostante la durezza dei suoi giudizi, abbia continuato a cercare una qualche forma di composizione con le autorità romane, nel tentativo, si direbbe, di poter operare dall’interno, di guadagnarsi uno spazio per un’azione più incisiva nella Chiesa. Esprime efficacemente questo tentativo la formula con cui Lefebvre si rivolgerà a Paolo VI nel corso dell’udienza concessagli l’11 settembre 1976 a Castel Gandolfo: «Ci lasci fare, Santità, l’esperienza della Tradizione. Che ci sia, in mezzo a tutte le esperienze attuali, l’esperienza di ciò che è stato fatto per venti secoli».
Paolo VI aveva risposto un mese dopo con una lettera di 18 pagine in latino che confutava punto per punto i giudizi e le tesi di Lefebvre, metteva in luce la sua errata idea di tradizione, gli rinfacciava la pretesa di volersi erigere lui, singolo vescovo, a giudice del Concilio, dell’intero collegio episcopale e del Papa, e soprattutto gli spiegava perché la sua richiesta, in apparenza così minimale, di «poter fare l’esperienza della tradizione», con l’autorizzazione perciò a non adottare il nuovo Ordo missae conservando invece la Messa di San Pio V, non poteva essere accettata: il farlo avrebbe significato in realtà avallare implicitamente i suoi giudizi sul Concilio e sulle riforme del post-concilio.
Paolo VI in effetti coglie l’intenzione profonda di Lefebvre di far entrare a pieno diritto nella Chiesa le sue idee sul Concilio attraverso il ripristino della liturgia antica: rifiutando tale richiesta ne smaschera nello stesso tempo la portata. Egli l’aveva già detto al suo amico Jean Guitton che, sensibile agli argomenti di Lefebvre, gli aveva suggerito di autorizzare l’uso del messale di San Pio V in Francia: «Questo mai (...). Questa Messa detta di San Pio V, come la si vede a Ecône, diventa il simbolo della condanna del Concilio. E io non accetterò mai che si condanni il Concilio con un simbolo. Se venisse ammessa questa eccezione, il Concilio ne sarebbe intaccato. E di conseguenza l’autorità apostolica del Concilio» [sottol. ns.].
Il modo di vedere di Paolo VI non è stato quello di Giovanni Paolo II, né è quello di Benedetto XVI. Non pare tuttavia che la Fraternità abbia abbandonato le idee del suo fondatore sul Concilio e sul significato che la fedeltà alla Messa di San Pio V assume in tale contesto. Sta qui mi pare un nodo di fondo che il motu proprio e la Lettera che l’ha accompagnato hanno reso evidente.
***
Lefebvriani, il dossier che tiene sveglio il Papa
«La storia con i lefebvriani – lo so da colloqui personali – gli toglie il sonno». Wolfang Beinert, ex studente di teologia di Joseph Ratzinger, ha sorpreso tutti, alcuni mesi fa, con questa rivelazione. La Chiesa cattolica era nel pieno dello scandalo pedofilia, che pure non ha risparmiato cattive notizie a Benedetto XVI, ma il lento rientro dello scisma tradizionalista è rimasto, secondo il suo confidente, un rovello da togliere il sonno a Joseph Ratzinger. «Il Papa forse non ha valutato correttamente il rapporto tra costi e benefici», secondo Beinert. Laddove il beneficio è l’unità dei cattolici e per costi bisogna intendere gli strappi, le polemiche, le resistenze che Benedetto XVI ha incontrato sulla strada intrapresa, tre anni fa, con la promulgazione di Summorum Pontificum, il motu proprio che ha liberalizzato il messale pre-conciliare e che doveva, nelle intenzioni della Santa Sede, spianare la strada a un pieno reintegro dei seguaci di monsignor Lefebvre nell’alveo della Chiesa cattolica.
Da allora molta acqua è passata sotto i ponti, ma il nodo della vicenda è rimasto irrisolto. Anzi, si è intrecciato ancora di più. Ma, dopo un periodo di polemiche aperte all’interno e all’esterno della Chiesa per la revoca della scomunica ai quattro vescovi della Fraternità sacerdotale San Pio X, nel gennaio 2009, la vicenda lefebvriana – e le frizioni connesse – sono entrate in una fase carsica.
I colloqui dottrinali iniziati a ottobre 2009 tra la Pontificia commissione Ecclesia Dei, guidata da monsignor Guido Pozzo (nella foto), e una delegazione dei lefebvriani, dovevano portare a un chiarimento sul Concilio Vaticano II. La quadratura del cerchio è ardua. «Non ci sono grandi passi avanti, né grandi prospettive», commentano ora in Vaticano. I quattro vescovi lefebvriani, del resto, non hanno usato parole tenere nel corso del tempo: il Concilio, ha detto Tissier de Mallerais, va «cancellato». Per Williamson, si tratta di una «torta avvelenata» da buttare nella «pattumiera».
Espressioni che Benedetto XVI non sottoscriverebbe mai. Certo, Ratzinger ha tenuto a distinguere tra una «ermeneutica della discontinuità e della rottura» e una «ermeneutica della riforma», sottolineando come il Vaticano II vada interpretato in linea con la secolare storia della Chiesa. Al tema ha deciso di dedicare anche il prossimo incontro dei suoi ex allievi, quel Ratzinger Schuelerkreis che, con riunioni a porte chiuse a Castel Gandolfo sul finire dell’estate, rappresenta una sorta di pensatoio del Papa. Le idee di Ratzinger, del resto, sono ormai un leit motiv della Santa Sede. Monsignor Pozzo, per esempio, ha denunciato di recente il fatto che «dall’ideologia para-conciliare, diffusa soprattutto dai gruppi intellettualistici cattolici neomodernisti e dai centri massmediatici del potere mondano secolaristico, il termine "aggiornamento" venne inteso e proposto come il rovesciamento della Chiesa di fronte al mondo moderno: dall’antagonismo alla recettività». La divergenza con i lefebvriani è tuttavia sensibile, se non inconciliabile. Tanto che proprio dal quartier generale degli scismatici [!] è partita la bocciatura dell’incontro degli allievi di Ratzinger, definito uno sforzo «superfluo» perché il Concilio non può essere la «bussola» per il cristianesimo del nostro tempo.
La battaglia è aperta e non esclude i colpi bassi. A giugno scorso, per il secondo anno consecutivo, i lefebvriani hanno ordinato nuovi sacerdoti nonostante il divieto Vaticano. Monsignor Fellay, da parte sua, ha approfittato di alcune immagini che ritraevano il Papa che diceva messa "spalle al popolo" per affermare che Benedetto XVI adotta il messale antico. Netta la smentita vaticana: «Il Papa celebra secondo il rito ordinario in italiano o, a volte, in latino», ha ribattuto il portavoce Federico Lombardi. «Non mi consta che abbia mai celebrato col rito straordinario». L’orientamento verso l’altare? «Dipende dalla disposizione della cappella in cui celebra». [NO, qui l'articolista si sbaglia di grosso, si è perso evidentemente questo nostro post - vedete che cosa succede se non si legge assiduamente Messainlatino.it? - con cui davamo la notizia che l'apparente smentita di Lombardi a Fellay era in realtà anteriore di 3 anni alle dichiarazioni di quest'ultimo, ad oggi rimaste non smentite].
Dopo tre anni dall’entrata in vigore del motu proprio, intanto, alcune conferenze episcopali stanno compilando le osservazioni che il Papa aveva chiesto loro per verificare le eventuali «difficoltà» della sua applicazione. Anche nei Sacri palazzi, poi, non tutto fila liscio. La Libreria editrice vaticana ha mandato alle stampe a febbraio una nuova edizione del messale antico che – contrariamente a quanto disposto dal Papa – contiene una preghiera intitolata Per la conversione degli ebrei (Oratio pro conversione iudaeorum) [Altra grave inesattezza dell'articolista. Leggete in quest'altro nostro post la ricostruzione storica dell'oratio pro iudaeis: il titolo 'pro conversione iudaeorum' non è stato in alcun modo toccato dall'intervento del 2008 di Benedetto XVI, il quale ha modificato il testo liturgico ma non la titolazione, che resta quindi quella del Messale del 1962, edizione da applicarsi a' termini del motu proprio. Per inciso: quel titolo non è un relitto di bui secoli antisemiti, bensì fu inserito ex novo (in precedenza la preghiera non ne aveva alcuno) da Giovanni XXIII nel 1959; sopravvisse poi alcuni anni, fino al 1965, allorché Paolo VI pensò bene di toglier dal titolo ogni riferimento alla conversione]. «Come e perché la riedizione della preghiera del venerdì santo appare senza una correzione del problematico titolo?», si è domandato il Jerusalem Post [la risposta, come detto, è in questo post].
Iacopo Scaramuzzi
Ma, insomma, cosa vogliono Jesus e tutti quelli che aderiscono al progressismo? Si ha paura del rientro dei lefebvriani perché "pericolosi", del rientro degli anglicani "anti fai da te". Ma si vuole o non si vuole l'unità della Chiesa? Lo dicano chiaro e tondo! Altrimenti i dialoghi, l'ecumenismo non hanno alcun senso a mio parere. >:o
RispondiEliminaUffa!!! Ancora con questa preghiera per la conversione degli ebrei! insomma parliamoci chiaro: su qualcuno professa una religione, presume, confessandola, che sia quella vera (e non solo la migliore). E se una cosa è vera, spero che anche gli altri la comprendano e ne facciano parte. Non capisco allora quale sia la meraviglia degli ebrei riguardo alla preghiera... è normale che noi preghiamo per la loro conversione, come credo sia ovvio che loro ritengano la nostra "una setta un po' cresciuta"!
RispondiEliminaAhimè, anche qui la forma e il "non detto" prevale sulla logica e sulla verità! Amerio in questo è un maestro per tutti noi, capace e coraggioso di portare fino all'estremo i gesti e le parole.
Spero di essermi fatto capire...
Andrea
il Papa, a proposito degli Anglicani, ha trovato una soluzione egregia che non li mette sotto le grinfie dei vescovi modernisti con il rischio, serio, che quel po' di Tradizione che essi hanno custodito più degli attuali sedicenti cattolici progressisti (è un autentico paradossso!), rimanesse seriamente iqnuinata...
RispondiEliminaNon si capisce perché non si possa fare lo stesso con i lefebvriani... invece di buttarla sui 'colloqui', sull'onda del concilio avrebbero dovuto essere 'pastorali' fino in fondo.
Tanto nella Chiesa -guardiamo in faccia la realtà- sussistono già due anime diverse... come cerchiamo di non lasciarci inquinare noi, così potrebbero i lefebvriani muniti di una loro giurisdizione non assoggettata a vescovi ormai alla deriva modernista più spinta.
Forse è un discorso troppo semplicistico, rispetto alle contorsioni a cui siamo abituati. Ma la gravità della situazione e una maggiore fiducia nello Spirito Santo forse dovrebbero aiutare sia il Papa che la FSSPX a rompere ogni indugio
<span>il Papa, a proposito degli Anglicani, ha trovato una soluzione egregia che non li mette sotto le grinfie dei vescovi modernisti con il rischio, serio, che quel po' di Tradizione che essi hanno custodito più degli attuali sedicenti cattolici progressisti (è un autentico paradosso!), rimanesse seriamente inquinata...
RispondiEliminaNon si capisce perché non si possa fare lo stesso con i lefebvriani... invece di buttarla sui 'colloqui', sull'onda del concilio, avrebbero dovuto essere 'pastorali' fino in fondo.
Tanto nella Chiesa -guardiamo in faccia la realtà- sussistono già due anime diverse... come cerchiamo di non lasciarci inquinare noi, così potrebbero i lefebvriani muniti di una loro giurisdizione non assoggettata a vescovi ormai alla deriva modernista più spinta.
Forse è un discorso troppo semplicistico, rispetto alle contorsioni a cui siamo abituati. Ma la gravità della situazione e una maggiore fiducia nello Spirito Santo forse dovrebbero aiutare sia il Papa che la FSSPX a rompere ogni indugio</span>
O.T. utile, Benedetto XVI sta arrivando a Carpineto Romano PER RICORDARE LEONE XIII a 200 anni dalla sua nascita, il Papa che ci donò Pompei, la Rerum Novarum, la Preghiera a san Michele Arcangelo....
RispondiEliminapreghiamo per questo viaggio!
<span>O.T. utile, Benedetto XVI sta arrivando a Carpineto Romano PER RICORDARE LEONE XIII a 200 anni dalla sua nascita, il Papa che ci donò Pompei, la Rerum Novarum, la Preghiera a san Michele Arcangelo....
RispondiEliminafece cardinale Newman....</span>
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<span>preghiamo per questa visita pastorale...</span>
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sentiremo ora gli ecumenici.....
RispondiEliminail Papa all'omelia che sta facendo ha detto: siamo uniti nella Parola, nell'Eucarestia che è la fede la speranza e la carità UNITI IN QUESTA UNICA CHIESA DI CRISTO!
:-D
Antonello, sono d'accordo con te. Quel che dici tu è ciò che succederà, ma non sappiamo in quanto tempo né a che prezzo. Comunque, continuiamo a custodire e pregare!
RispondiEliminaAnche nella odierna celebrazine a Carpineto il papa non ha usato, come ormai di consuetudine, il Canone Romano. Forse è questa la riforma della riforma o è su suggerimento del mons Marini che si comporta come il suo omonimo di infausta memoria? La Redazione potrebbe dare un giudizio in merito?
RispondiEliminaI lefreviani, purtroppo, sono fuori di testa, la tradizione giustamente ha preso altre strade per fortuna. I giovani che , nelle parrocchie, realizzano le messe nella forma straordinaria del rito romano, sono il volto sereno e cristiano della tradizione cattolica più genuina.Per fortuna i lefreviani, con i loro fissismi estremisti, uno fra tutti la mal digerita unità d'Italia, non hanno più il monopolio sulla tradizione e sulla messa antica.
RispondiEliminaIl mondo tradizionalista è un coacervo di lunatici, c'è chi ce l'ha (giustamente ma ossessivamente) a morte con l'unità d'Italia, c'è chi ce l'ha (ossessivamente) con Luigi XVI... Solo quei giovani che citi tu sono la vera speranza per la Tradzione.
RispondiEliminaI tempi non saran brevi.
RispondiEliminaI costi non saran lievi.
Anche la preghiera a San Giuseppe, "A Te o Beato Giuseppe..."
RispondiEliminaIl problema però resterebbe. La Chiesa, malgrado con milioni di parole la gerarchia abbia cercato (inutilmente) di conciliare l'inconciliabile e di presentare come continuità quanto è invece insanabile rottura con la tradizione, non non è più quella di prima del Cocilio Vat. II, ma è diventata altro.
RispondiEliminaMi viene da pensare al costume di Arlecchino, la FSSPX a quel punto non sarebbe altro che uno dei rombi che la formano, assieme al CNC, al RnS, Anglicani, ecc.
Io intanto sto facendo una nuova esperienza. Quella della incoerenza assoluta. Mi comporto davvero male, pecco come un matto, e mi diletto a frequentare i blog discettando di religione.
RispondiEliminaDieltto addirittura è poco. Direi che assorbe quasi tutto il mio tempo libero. Quasi, perchè mi deve avanzare il tempo per dedicarmi ai miei errori e peccati.
RispondiEliminaNun ce ne pò fregà de meno
RispondiEliminasalve sono un vostro lettore vi riporto una notizia sconfortante ,mi scuso so che non c entra con il post ma è preoccupante ,http://milano.repubblica.it/cronaca/2010/09/04/news/tettamanzi_subito_la_moschea_milano_garantisca_il_diritto_di_culto-6765855/?ref=HREC1-4
RispondiEliminaCome notato dalla Redazione l'articolo della rivista Jesus e' piuttosto fattuale ed evita accortamente la nota retorica neoterica. Segno evidente che ritiene la situazione assai seria.
RispondiEliminaSi conferma la centralita' della Liturgia. Lex orandi lex credendi.
Il senso del messaggio e' in qell'"autorita' apostolica" del Concilio, non a caso buttata li' all'inizio. Sarebbe utile che persone piu' ferrate di me approfondissero il concetto.
Per quanto ne so, Il Vaticano II si e' definito come pastorale, e a leggere Jesus con l'"autorita' apostolica" il Concilio assurgerebbe al rango di nuova Rivelazione (nuova Pentecoste), cosa gia' negata nel decreto Lamentabili di S. Pio X. La dialettica modernista (che non crede a nessuna verita') consiste precipuamente del creare e far credere nuove verita' utili al lor argomentare....Superior stabat lupus...
Infine, mi sembra ingenuo pensare che la situazione attuale sia del tutto svincolata da quella della perdita del potere temporale.
FdS
Concordo.
RispondiEliminaApprofitto per fare i complimenti alla Redazioni sia per gli argomenti proposti sia per i commenti puntuali.
Giovanni Miccoli: noto esponente della francescanistica neo-sabatieriana. Paul Sabatier presentò (san) Francesco a propria immagine e somiglianza: un "moderno" pensatore, antidogma e sentimentale...
RispondiElimina<p><sup></sup><span><span>13</span></span><span><span> Quale uomo può conoscere il volere di Dio?
RispondiEliminaChi può immaginare che cosa vuole il Signore?
<sup></sup><span>14</span><sup> </sup>I ragionamenti dei mortali sono timidi
e incerte le nostre riflessioni,
<sup></sup><span>15</span> perché un corpo corruttibile appesantisce l'anima
e la tenda d'argilla grava la mente dai molti pensieri.
<sup></sup><span>16</span> A stento ci raffiguriamo le cose terrestri,
scopriamo con fatica quelle a portata di mano;
ma chi può rintracciare le cose del cielo?
<sup></sup><span>17</span> Chi ha conosciuto il tuo pensiero,
se tu non gli hai concesso la sapienza
e non gli hai inviato il tuo santo spirito dall'alto?
<sup></sup><span>18</span> Così furono raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra;
gli uomini furono ammaestrati in ciò che ti è gradito;
essi furono salvati per mezzo della sapienza».</span></span>
</p><p><span><span>(Sap 9,13-18)</span></span></p>
Nel molto tempo libero di cui puoi usufruire, vai a zappare.
RispondiEliminaAlla sera tornerai stanco ma sereno, e quasi senza accorgertene abbandonerai le cattive, inveterate abitudini.
In questo commento mostri tutto la tua ignoranza arrogante: sei un analfabeta
RispondiEliminaSì ne sono consapevole; ma alla fine potrebbe diventare quel "rombo" capace di cancellare e risassoribire tutti gli altri incuneatisi a rendere irriconoscibile la Chiesa, che davvero è diventata "altra" nonostante tutti i proclami di 'continuità'. Perché le prassi 'discontinue' tali sono e tali restano... questo è il vero problema
RispondiEliminapreferisco chi parla dal cuore e argomentando e diffido di questi proclami a suon di S. Scrittura. La Parola di Dio corriamo il rischio di strumentalizzarla e di farle dire quel che vogliamo noi e quindi va usata, se del caso, cum granu salis e a piccole dosi, se proprio è pertinente e può confermare il nostro pensiero dimostrandolo in perfetta sintonia con essa...
RispondiEliminaBenedetto XVI per l'occasione ha indossato la croce pettorale di Leone XIII custodita a Roma
RispondiElimina;)
Trovo spassoso questo sistema di "mi piace"...permette ad un blogger di scrivere un commento con un nick e di autocompiacersi con un altro nick... ;)
RispondiEliminaNon voglio mettere il dito nella piaga, ma è necessario sottolineare la completa ASSENZA DEI FRANCESCANI all'appuntamento a Carpineto Romano con Benedetto XVI per commemorare Leone XIII che era un TERZIARIO FRANCESCANO come ha ricordato il Papa all'Omelia....
RispondiEliminauna mia amica, francescana, mi ha testè detto: "ma dai! davvero? era un francescano? sono stata tutto agosto a due campi francescani ma non ci hanno detto su questo anniversario e della visita del Papa"....le ho risposto: amica mia...eravate troppo impegnati con Waka-Waka....
sig. "estremamente", farò una preghiera per lei.
RispondiEliminaSi impegni a vivere la sua fede senza inutili chiacchiere.
Se i teologi della San Pio X fossero realmente così fuori di teta come affermano i gentili Ospiti qui sopra non credo che la Dottrina della Fede avrebbe messo in campo alcuni tra i migliori specialisti che essa possiede per avviare i "colloqui dottrinali"!
RispondiEliminaNoto invece come all'interno della FSSPX si manifestino in modo sempre più evidente diverse tendenze teologiche...basta farsi un giro per i diversi Blog della Fraternità (ufficiali) o di alcuni suoi membri (ufficiosi...ma non per questo meno autorevoli: si veda ad es. i commenti di Mons. Williamson).
Valga un esempio per tutti. in queto periodo sto compiendo alcune ricerche reltive al modo in cui la FSSPX valuta la validità dei Sacramenti amministrati con i nuovi Rituali...che mare magnum! C'è chi li considera pericolosi ma validi; c'è chi li considera capaci di corrompere l'intenzione del celebrante e perciò prossimi all'invalidità; c'è chi più o meno esplicitamente ne nega la validità. Possibile una tale cofusione su un argomento così delicato e per giunta così importante per la vita dei fedeli? penso anche ai fedeli della FSSPX: come fanno a stabilire se possono tranquillamente partecipare alla Messa tradizionale celebrata da un Sacerdote in comunione con Roma, magari ordinato con il Rito nuovo? Perché la Fraternità non prende una posizione chiara su tale argomento, come fa quando tratta ad esempio della libertà religiosa?
Non per consolarti, Fabio ma in Francia vescovi e cardinali non solo applaudono alla costruzione di moschee ma partecipano in prima fila all` inaugurazione, quando come a Strasburgo, non rifiutano li arrovo di una comunità tradizionalista perchè c`è piuttosto bisogno di una moschea che è una priorità!
RispondiEliminaCosì va la nostra bella Chiesa e come possono interpretare i cattolici certi gesti?
Poi c`è anche chi mette a disposizione dei musulmani i locali, che prima servivano al catechismo.
http://www.perepiscopus.org/ext/http://www.perepiscopus.org/article-des-locaux-de-paroisse-transformes-en-mosquee-56005515.html
<span>sig. "estremamente", l'ozio è il padre di tutti i vizi. Si impegni nella preghiera nel tempo libero invece che in inutili e vacui passatempi, e quando le prende la "compulsione" reciti le Litanie del Preziosissimo Sangue.</span>
RispondiElimina<span>Le trova a questo link http://www.floscarmeli.org/modules.php?name=News&file=article&sid=584</span>
Cara Caterina,
RispondiEliminami fa piacere che il Santo Padre abbia indossato la croce pettorale di Leone XIII, ma non sarebbe meglio che, oltre a questo gesto, riproponesse 'tali e quali' gli insegnamenti di quel Pontefice?
Benedetto XVI mi sembra limiti il suo richiamo e attaccamento alla Tradizione solo riguardo a paramenti, vestimenti, posizionamenti... alla forma insomma più che alla SOSTANZA e cioè alla dottrina perenne dela Chiesa Cattolica quale è stata tramandata.
Va benissimo argomentare con brani della S.Scrittura: puoi dire tutto quello che vuoi e allegare una ( o mezza ) frase e tutti ci credono, non devi temere che qualcuno sprechi preziosi minuti su un commentario.
RispondiEliminaAdesso poi fanno anche le Bibbie senza i commenti, così la fantasia si sbizzarisce e la creatività raggiunge il culmine. :'(
Un bravo apologeta oggi deve solo sapere a memoria quanta più Bibbia può, per fare le citazioni: come i protestanti non ha bisogno di difficili ragionamenti ( il Suo cervel Dio lo riposi, ad altre faccende affaccendato... 8-) ).
Era terziario francescano anche il predecessore di Leone XIII, il Beato Pio IX, tanto che fu proprio quello che oggi si chiama Ordine Francescano Secolare a chiedere per primo l'apertura del processo di beatificazione di Papa Mastai Ferretti. Chissà se lo sanno i francescani di oggi! Riguardo il mensile "Jesus", averne disdetto anni or sono l'abbonamento è una delle poche decisioni della mia vita di cui vado fiero.
RispondiEliminaCaterina non meravigliarti. I francescani di oggi (fatta eccezione di chi veramente segue il Serafico Padre ... vedi gli ordini dei francescani dell'Immacolata) sono tutto tranne francescana ... e te lo scrive chi è appena uscita scandalizzata dall'OFS, dove appunte i terziari sono tutto tranne che laici "consacrati". Da me c'e' una piccola chiesa con ancora l'altare di sempre, dedicata a S. Rocco, terziario francescano ... ed ogni anno mai che di faccia vivo non solo un terziario, ma neppure un frate. E quando ho fatto notare, ho scoperto che ero l'unica a sapere che S. Rocco era terziario.
RispondiEliminaCome hai detto tu ... a loro basta il Waka-Waka ... alla faccia di San Francesco e Santa Chiara
...oops ... tutto tranne che francescani. Ho scritto di corsa, scusate.
RispondiEliminaergo, come dice qualcuno, non siete andati a Messa oggi oppure non AVETE ASCOLTTO la Parola di Dio.
RispondiEliminami è sebrato un brano appropriato alla discussione, se non altro aiuta a ragionare meglio. La SS non è mai inutile!
<span>Caterina non meravigliarti. I francescani di oggi (fatta eccezione di chi veramente segue il Serafico Padre ... vedi gli ordini dei francescani dell'Immacolata) sono tutto tranne che francescani ... e te lo scrive chi è appena uscita scandalizzata dall'OFS, per tutto quello che ho visto, i comportamenti senza un minimo di spirito di penitenza, di amore per la liturgia ...</span>
RispondiElimina<span>Tanto per fare un esempio, da me c'e' una piccola chiesa con ancora l'altare preconciliare, dedicata a S. Rocco, terziario francescano ... ed ogni anno il 16 Agosto, quando c'e' la processione (con sempre meno persone), mai che di faccia vivo un terziario o un frate ... in compenso tutte le energie (fisiche ed economiche) vengono spese per il "concorso di poesia francescana", nato perchè l'assistente ama la poesia e ha voluto creare un suo concorso, con una giuria di persone per lo più senza fede, con partecipanti che sono sì poeti, ma che della spiritualità francescana importa poco o niente. E nel convento di frati cappuccini intanto non c'e' una nuova vocazione dagli anni 50.
Come hai detto tu ... a loro basta il Waka-Waka ... alla faccia di San Francesco e Santa Chiara e delle Chiese della zona chiuse per mancanza di Sacerdoti ... altro che restaurare le Chiese abbandonate.
</span>
<span>ergo, come dice qualcuno, non siete andati a Messa oggi oppure non AVETE ASCOLTTO attentamente la Parola di Dio.
RispondiEliminami è sebrato un brano provvidenziale e appropriato alla discussione, se non altro aiuta a ragionare meglio. La S.S. non è mai inutile!</span>
é come una spada che arriva fino alle midolla... quindi a volte fa male.
sarebbe stato bello se si facesse un articolo sulla Rerum Novarum la prima grande enciclica sociale. Purtroppo non ho passato l'esame su Leone XIII, e dovrò ripeterlo, per cui non sarei in grado di fare una sintesi degna. Qualcuno è in grado di proporla?
RispondiElimina<p><span><span>Sarebbe interessante se si facesse un articolo sulla Rerum Novarum, la prima grande enciclica sociale, per ricordare questo grande Pontefice. Purtroppo io non ho passato l'esame su Leone XIII, e dovrò ripeterlo, per cui non sarei in grado di fare una sintesi degna. Qualcuno è in grado di proporcela?</span></span></p>
RispondiElimina...da qualche parte doveva pur cominciare.....giusto o sbagliato che sia, qualcosa di buono vien fatto, delle volte partire dalla forma non è sbagliato, nella forma c'è la SOSTANZA....non dimentichiamo che laddove la dottrina è stata data senza la FORMA, essa è venuta meno... ;)
RispondiEliminaVorrei che qualcuno mi sèpiegasse che senso ha vedere il papa distribuire la Comunione in ginocchio e sulla lingua mentre a pochi metri da lui suore e diaconesse in camicioni bianchi si sbracciano a mettere l'Ostia Consacrata nelle mani di chi vuol comunicarsi? Sinceramente non lo capiso e stamani seguendo la diretta da Carpineto sono rimasto basito. E poi dal papa ci si aspetterebbe l'uso del venerando Canone Romano tanto odiato da Lutero.
RispondiEliminaSono terziario francescano sino a quando i nostri frati hanno chiuso il nostro gruppo per assistere sino alle ore 2 e più oltre la mezzanotte i neocatecumenali con grande dedizione, dimenticandosi della ricchissima Spiritualità Francescana. Cosa stà succedendo a questi frati cappuccini che oltretutto deridono quei santi frati missionari che si sono consumati la salute in terre insalubri chi per 35 e chi per 40 anni. Potrei fare i nomi di questi santi padri cappuccini e del convento qui in Liguria. Per loro il voto di povertà non ha più nessun valore..........purtroppo. A Milano con la scusa di fare mensa per più di 2000 poveri incamerano somme incalcolabili che non sanno come investirle: informatevi bene. Lasciamo poi perdere il buonismo della Caritas che è tuttodire.
RispondiEliminaQuel qualcuno ignora evidentemente che la maggior parte di noi, per gentile concessione, deve, per assistere alla S.Messa, attendere di solito le 18. Se poi aggiungi dai 35 ai 50 Km in media per arrivare e altrettanti per tornare e l'uso di almeno due mezzi pubblici oltre l'autovettura, prima delle 20.45 è difficile essre a casa.
RispondiEliminaOggi, Dominica decima quinta post Pentecosten: Epistola: Galati, 5, 25-26; 6, 1-10 - Vangelo: Luca 7, 11-16.
il Papa non conosce il Motu Proprio. faglielo notare tu come si deve celebrare!
RispondiEliminaNon capisco perché ci si ostina a dire che il Papa ha liberalizzato la Messa di Pio V. Egli ha liberalizzato tutta la liturgia. Già Giovanni Paolo II diede la facoltà agli esorcisti di adoperare il rituale romanum al posto del nuovo rito degli esorcismi! Come si vede le correzioni si sono iniziate - come giustamente dice Caterina - lentamente già alcuni anni fa :)
RispondiEliminaQuella delineata in questi commenti è la caricatura del mondo cattolico tradizionalista. Ci sono fior di tradizionalizti, tra cui, mi par di ricordare, la Redazione di Messainlatino, che non hanno molto contro l'unità di Italia, almeno non nella prospettiva evocata dall'anonimo ospite.
RispondiElimina<span>"L’evento che ha per protagonista il cardinal Ottaviano è accaduto <span><span>il 30 ottobre 1962</span></span>, dopo l’avvenuto golpe neomodernista del 13 ottobre 1962."</span>
RispondiEliminaMultinik non capisco che cosa c'entri il motu proprio per la messa celebrata con il nuovo rito a Carpineto dal papa. Credo che tu non sia nemmeno un "tradizionalista" perchè altrimenti apprezzeresti il Canone Romano, quello vero, e non quello deturpato nella nuova liturgia.
RispondiElimina<span><span>"L’evento che ha per protagonista il cardinal Ottaviani è accaduto <span><span>il 30 ottobre 1962</span></span>, dopo l’avvenuto golpe neomodernista del 13 ottobre 1962."</span></span>
RispondiEliminaTripparò, non farti prender pei fondelli dal primo bischero che passa. Strano, mi sembravi abbastanza navigato per non capir le provocazioni peraltro cretine.
RispondiEliminaMeglio che siano restati nei loro vuoti conventi. E' stata risparmiato un oltraggio a Leone XIII
RispondiEliminaStudia meglio, supera l'esame e poi ci fai la sintesi.
RispondiEliminaLo conosce, lo conosce e bene anche. Solo che vuol dare l'esempio del più idoneo modo di comunicarsi, ma nello stesso tempo accetta l'esempio opposto.
RispondiEliminaE poi dice che gli altri son fuor di testa. Lui dove l'ha messa, la sua?
RispondiElimina<span>Meglio che siano restati nei loro vuoti conventi. E' stato risparmiato un oltraggio a Leone XIII</span>
RispondiEliminaCaro Cesare mi spiace per te che devi sacrificarti tanto. Io invece povero cristiano mi accontento della Messa che trovo in parrocchia che bella o no, vera o non vera è la stessa che ha celebrato il Santo Padre Bendetto. Per cui mal comune mezzo gaudio.
RispondiEliminaMolto interessante poi l'aver due Anni liturgici, così ci aumrentiamo la confusione. Divit et imperat altro che unità dell'Unica Chiesa di Cristo! Pare che andiamo orgogliosi e ne godiamo di questa divisione...
<p><span><span><span><span>Caro Cesare, </span></span></span></span>
RispondiElimina</p><p><span><span><span><span>mi spiace per te che devi sacrificarti tanto. Io invece povero cristiano mi accontento della Messa che trovo in parrocchia che bella o no, vera o non vera è la stessa che celebra ed ha celebrato domenica il Santo Padre Benedetto. Per cui posso dire per me stesso mal comune mezzo gaudio. </span>
Trovo m<span>olto interessante <span> </span>l'aver due Anni liturgici, così da aumentare la confusione nostra. Divide et imperat si diceva? Altro che unità dell'Unica Chiesa di Cristo! Il peggio è che sembra che ne andiamo orgogliosi e ne godiamo di questa divisione...</span></span></span></span>
<span><span><span>Accontentati umilmente anche tu della Messa che hai nella tua parrocchia, risparmi tempo e benzina e ti assicuro che troverai il Signore ugualmente. </span></span><span>Cerca il Signore, mentre si fa trovare (cfr Isaia 55,6).</span><span></span></span>
</p><p><span><span><span>A me fa solo tristezza vedere la situazione in cui ci troviamo e si trova la nostra madre Chiesa, lacerata e divisa dai sui stessi figli.</span></span></span></p>
Guarda, non entro nel merito, sarebbe un ripetere concetti già mille volte espressi anche in questo blog e ognuno rimarrebbe in definitiva sulle sue posizioni, Sarebbe l'ennesimo discorso tra sordi.
RispondiEliminaA te va bene 'la Messa che trovi'? Amen.
A me no. Desidero assistere, quando e finché posso, alla S.Messa di sempre.
Non accetto però che tu scriva: "A me fa solo tristezza vedere la situazione in cui ci troviamo e si trova la nostra madre Chiesa, lacerata e divisa dai sui stessi figli".
NO.
La tua tristezza è anche la mia, ma chi l'ha lacerata, con premeditazione e pertinacia d... ehm... degna di miglior causa, non sono stati certo i fedeli cattolici che MAI avevano chiesto che qualcosa venisse cambiato. I cambiamenti, dal 1955 in avanti sono stati IMPOSTI da chi è stato ai vertici della Chiesa e in alcuni casi - vedi istituzione del N.O.M. - anche abrogando illegalmente, di fatto, quanto non avrebbe MAI potuto essere abrogato, come lo stesso Benedetto XVI ha chiaramente, più volte, dichiarato.
I fedeli cattolici, riguardo alla S.Messa, sono stati per cinquant'anni PRIVATI di un loro DIRITTO.
Per non parlare di tutto il resto. Che è tanto.
Mi permetto di aggiungere che forse faresti bene a rattristarti e preoccuparti più che per la mia e di altri fedeltà alla S.Messa di sempre, delle celebrazioni che vengono ammannite ai poveri aderenti al CNC o al RnS.
<span><span><span><span><span>Divide et imperat si diceva? </span></span></span></span></span>
RispondiEliminaNo, MULTINICK, ma divide et impera senza la t. Ma si diceva e si dice Christus imperat. Chissà mai perché.
Mi torna alla mente un episodio del marzo scorso: nella Basilica della SS.ma Annunziata, vengono esposte due tele raffiguranti l'Annunciazione di due autori secenteschi restaurate da un amico. Gran folla (s'era alle soglie della festa della Madonna), Arcivescovo e monsignori, dotti esperti d'arte, ricostruzioni ed elogi.
Il giovane parroco della chiesa proprietaia di una delle due tele, prende anche lui, ahimé, la parola: disquisizione biblica strampalata sulla creazione (quando Dio disse: creiamo il sole ecc., intendeva chieder la collaborazione agli angeli) e poi con foga ripete l'Angelus, in latino: Ecce ancilla Domini, fiat voluntas tua.
ribadisco, mi rattrista vedere queste lacerazioni interne alla nosytra Madre Chiesa. Siamo chiamati all'unità non alla separazione. e ciscuno di noi deve fare la sua parte. Nella mia parrocchia le due Messe convivono felici senza problemi e non dal Motu proprio ma da prima ancora. Non ho nulla di cui lamentarmi, ma per non sbagliare seguo quello che fa il Pontefice.
RispondiEliminasaluti
<span><span><span><span><span><span>Divide et imperat si diceva? </span></span></span></span></span>
RispondiEliminaNo, MULTINICK, ma divide et impera senza la t. Ma si diceva e si dice Christus imperat. Chissà mai perché.
Mi torna alla mente un episodio del marzo scorso: nella Basilica della SS.ma Annunziata, vengono esposte due tele raffiguranti l'Annunciazione di due autori secenteschi restaurate da un amico. Gran folla (s'era alle soglie della festa della Madonna), Arcivescovo e monsignori, dotti esperti d'arte, ricostruzioni ed elogi.
Il giovane parroco della chiesa proprietaria di una delle due tele, prende anche lui, ahimé, la parola: disquisizione biblica strampalata sulla creazione (quando Dio disse: creiamo il sole ecc., intendeva chieder la collaborazione agli angeli) e poi con foga ripete l'Angelus, in latino: Ecce ancilla Domini, fiat voluntas tua.</span>
si è vero non l'ho scitta alla latina ma nella mia lingua vernacola... cmq è sempre meglio di quanto ho sentito una domenica a Messa, in una chiesetta di una zona turistica, da un giovane poco latinista sacerdote: Dominu bobiscum... Alla faccia del latino , anzi della Messa in latino! a chi sghignazzava ho dovuto dire: sarà raffreddato oppure è il microfono mezzo guasto...
RispondiEliminaBravo multinick. Le celebra lei?
RispondiEliminaQuesta non mi risulta nuova. Ma l'infreddatura può esser la migliore spiegazione. Avesse sbagliato accenti, come spesso accade, non mi sarei meravigliato : purtroppo i decenni di devastazione han ridotto la capacità di leggere il latino, e di strada da fare ce n'è ancora tanta.
RispondiEliminaRicordo il pur grande maestro Alessandro Ronconi che all'università (anni 50-60) nei suoi corsi leggeva alla fiorentina: lupumme, vobiscumme ecc.
eja
RispondiEliminaBravissimo!
RispondiElimina"Divide et impera" Sì... ma chiediamoci chi ha diviso. Chi ha trovato un punto di rottura.
RispondiEliminaE chi imperat?
RispondiEliminaha diviso Mommotti
RispondiEliminaHai capito proprio tutto. Vieni nella mia parrocchia e capirai
RispondiElimina