Siamo nel mese di giugno, e, siccome ogni ladrone ha la sua devozione, ed essendo io devoto di tutte le devozioni che i modernisti chiamerebbero con disprezzo preconciliari, non posso certo lasciar passare questo mese senza qualche pio ossequio, coroncina, triduo, novena, etc. al Sacratissimo Cuore di Gesù.
E così qualche giorno fa, mentre cercavo, nel reparto della mia biblioteca dedicato all’adorabile Cuore del Salvatore, una devozione che mi ispirasse - con tanti deh, Voi, orsù dunque, con citazioni bibliche non più di tanto, con qualche esempio di vita di santo sconosciuto ai più e rigorosamente NON passato al vaglio della cosiddetta moderna critica storica -, mi capita tra le mani la Teologia del Cuore di Cristo di Karl Rahner (Roma 1995).
- Cosa ci fa un libro di Rahner nella mia biblioteca? - ho pensato tra me e me - Come mai non l’ho ancora bruciato? -; e mi son ricordato che quel libro era lì perché donatomi da una comunità di suore, alle quali avevo predicato anni addietro un ritiro.
- Almeno era devoto del Sacro Cuore – mi son detto; e pensavo che, forse, almeno da novizio gesuita, Karl Rahner potrebbe aver fatto i primi nove venerdì del mese, e di conseguenza, aver salvato l’anima. E ho cominciato allora a recitare qualche Requiem per lui, sperando nella sua riconoscente intercessione e nel suo desiderio di riparare i danni fatti da teologo, di cui ora stiamo pagando tutti le conseguenze: infatti il suo fiume di scritti è, in theologicis, ciò che la recente fuoriuscita di greggio nel Golfo del Messico è in naturalibus.
Dopo di che, apro a caso il succitato libro e mi imbatto nel capitolo VI, intitolato «Conforto» del Signore (p. 81).
Comincio a leggere con interesse, perché, fin dai tempi delle mie letture proibite di seminarista, mi erano sempre rimaste scolpite nel cuore alcune frasi dell’enciclica Miserentissimus Redemptor (8-5-1928), sulla riparazione.
Nessun buon cristiano può ignorare le parole di Pio XI, quando afferma che:
“... se a causa anche dei nostri peccati futuri, ma previsti, l’anima di Gesù divenne triste sino alla morte, non è a dubitare che qualche conforto non abbia anche fin da allora provato per la previsione della nostra riparazione, quando a «lui apparve l’Angelo dal cielo» per consolare il suo cuore oppresso dalla tristezza e dalle angosce. E così anche ora in modo mirabile ma vero, noi possiamo e dobbiamo consolare quel Cuore Sacratissimo che viene continuamente ferito dai peccati degli uomini ingrati, giacché — come si legge anche nella sacra liturgia — Cristo stesso si duole, per bocca del salmista, di essere abbandonato dai suoi amici: «Smacco e dolore mi spezzano il cuore; mi aspettavo compassione, ma non ce ne fu, qualche consolatore, e non l’ho trovato»”
Purtroppo, una volta cominciata la lettura, non mi ci è voluto molto per capire che, in base ai principi rahneriani, salta per aria tutta la teologia della riparazione.
Riassumo le argomentazioni del gesuita tedesco:
1) “La nostra preghiera a Cristo … nella sua struttura teologica oggettiva, è indirizzata al Signore glorificato. Una «preghiera al Redentore sofferente» è dal punto di vista teologico, una preghiera al Cristo che ha sofferto. La rappresentazione contemplativa della passione di Cristo non può quindi essere il fondamento di una consolazione attiva del Signore sofferente” (pp. 82-83).
Eccoti sistemato Pio XI, ed ecco perché, mentre S. Alfonso dipingeva il crocifisso tutto insanguinato, adesso si vedono i crocifissi moderni dove Gesù non soffre più, e più che come crocifisso, viene presentato come un super-eroe dei fumetti.
Il discorso potrebbe sembrare logico; ormai Cristo ha sofferto ed ora è risorto: chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto: come dunque è possibile una contemporaneità reale dell’uomo con il Christus passus? Notate bene che con questi principi, con questa solo apparentemente ferrea logica, ne va di mezzo anche la rinnovazione del Sacrificio della Croce nella S. Messa
2) E l’angelo che avrebbe consolato Gesù? Poco più di una pieuserie.
“Si deve per lo meno provare ... che il Signore fu di fatto consolato nella sua passione da questa conoscenza... il riferimento all’angelo consolatore non lo prova da un punto di vista esegetico” (pp. 83-84).
* *
Ci facciamo dare la risposta a questa domanda da S. Gemma Galgani e da Padre Pio.
1) Santa Gemma Galgani: leggiamo solo alcune tra una infinità di espressioni simili [1]:
«In questo stesso anno 1896 cominciò anche in me un altro desiderio: in me sentivo crescere una brama di amare tanto Gesù Crocifisso, e insieme a questo una brama di patire e aiutare Gesù nei suoi dolori»
«non gli ho domandato nulla, ma continua sempre a piangere»
«Figlia mia – mi disse – vedi queste piaghe le avevi aperte per i tuoi peccati, ma ora consolati, che le hai tutte chiuse con il tuo dolore: Non mi offendere più. Amami, come io ti ho sempre amato.»«Guarda tutte le piaghe che avevi aperto a Gesù coi tuoi peccati, le hai tutte risanate con il tuo dolore»
Queste poche citazioni – ma se ne potrebbero trovare molte altre – esprimono “il senso del nostro problema: Gesù soffre sempre, soffre ancora, soffre ora per i peccati degli uomini; quindi soffre e soffrirà ogni volta che gli uomini peccano, che ciascuno di noi pecca, fino alla fine del mondo”[2].
“Quando i mistici e S. Gemma affermano di vedere Gesù sofferente, che porta la croce, che ha le piaghe aperte, che è grondante di sangue ecc. intendono riferirsi a un presente reale e non a una semplice immagine o a un ricordo del passato: sarà un presente mistico, ma deve pur essere sempre reale com’è reale su di un altro piano, quello sacramentale – la rinnovazione del sacrificio della croce nella consacrazione del pane e del vino nella S. Messa: rinnovazione mistica”[3].
"Mio carissimo Padre, venerdì mattina ero ancora a letto, quando mi apparve Gesù. Era tutto malconcio e sfigurato. Egli mi mostrò una grande moltitudine di sacerdoti regolari e secolari, fra i quali diversi dignitari ecclesiastici, di questi chi stava celebrando, chi si stava parando e chi si stava svestendo dalle sacre vesti. La vista di Gesù in angustie mi dava molta pena, perciò volli domandargli perché soffrisse tanto. Nessuna risposta n'ebbi. Però il suo sguardo mi portò verso quei sacerdoti; ma poco dopo, quasi inorridito e come se fosse stanco di guardare, ritirò lo sguardo ed allorché lo rialzò verso di me, con grande mio orrore, osservai due lagrime che gli solcavano le gote. Si allontanò da quella turba di sacerdoti con una grande espressione di disgusto sul volto, gridando: "Macellai! E rivolto a me disse": "Figlio mio, non credere che la mia agonia sia stata di tre ore, no; io sarò per cagione delle anime da me più beneficiate, in agonia sino alla fine del mondo. Durante il tempo dell'agonia, figlio mio, non bisogna dormire. L'anima mia va in cerca di qualche goccia di pietà umana, ma ahimè mi lasciano solo sotto il peso della indifferenza. L'ingratitudine ed il sonno dei miei ministri mi rendono più gravosa l'agonia. Ahimè come corrispondono male al mio amore! Ciò che più mi affligge e che costoro al loro indifferentismo, aggiungono il loro disprezzo, l'incredulità. Quante volte ero lì per lì per fulminarli, se non fossi stato trattenuto dagli angioli e dalle anime di me innamorate... "[4].
Sintetizzando l’esperienza di due tra i tanti mistici cha hanno partecipato in modo speciale alla Passione del Signore, Cornelio Fabro afferma:
“Per Cristo l’evolversi della storia umana, ed in particolar della storia della Chiesa, non è uno spettacolo indifferente quasi come il proiettarsi di una pellicola già bell’e montata, ma rimane e si presenta ad ogni momento come il conto della libertà dell’uomo che la grazia divina continua stimolare e a rispettare”[5].
2) Dalla parte dei credenti c’è una contemporaneità di pentimento e di espiazione, che arriva fino ad interagire con le sofferenze del Salvatore (accrescendole o diminuendole).
[2] Ibidem, p. 53.
[3] Ibidem, p. 61.
[4] Lettera a Padre Agostino del 7 aprile 1913.
Grazie amici, grazie Don Alfredo. Finalmente un parlare cattolico!
RispondiEliminaUna domanda per don Alfredo: possiamo pensare, senza negare il 'presente' configurato anche dai mistici, che oggi e sempre il Cristo sofferente è suo Corpo mistico che è la Chiesa, che siamo anche noi in Lui? Conseguentemente ancor più significativo il discorso della "riparazione" che, a livello personale può assumere anche il senso di "espiazione" insieme a quello di "Offerta" in Cristo, con Cristo e per Cristo?
grazie Don Alfredo,in questo momento le sue parole sono un grande conforto per la mia anima.
RispondiEliminaNella mia disgraziatra città,e nella mia povera parrocchia,chi mostra la più lieve sensibilità verso la Tradizione è,nella migliore delle ipotesi,un povero imbecille.
Se poi parliamo di devozioni,apriti cielo(non nel senso auspicabile).
è un segno del cielo, allora. Proprio stamattina ho dato uno sguardo all'"Idea riparatrice " di Rodolphe Plus S.J.
RispondiEliminaOrsù , Consoliamo tutti Nostro Signore!!!
Grazie Don Alfredo,
RispondiEliminada quando ho cominciato a frequentare la Messa Tridentina ho riscoperto anche S. Alfonso de Liguori e ho letto la vita di S. Gemma Galgani (che a quanto pare il Signore prevenne dal prendere i voti).
FdS
<span>Ma la chiesa ancor oggi vuole (perché crede) la riparazione! Nel Manuale delle indulgenze si dice che è annessa l'indulgenza plenaria se, nella solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, si recita pubblicamente la preghiera lì stampata, composta da Pio XI. E in quella preghiera si parla anche del "dovere di una giusta riparazione"! Lex orandi.... E i miei parrocchiani l'hanno recitato, insieme a me, invece della preghiera dei fedeli.</span>
RispondiEliminaGesù Cristo soffre "ora" (e quindi soffrirà fino alla fine del mondo?) solo in quanto uomo o anche in quanto Dio?
RispondiEliminaSacratissimo Cuore di Gesù, confido in Te!
RispondiEliminaTutto ciò che accade al Capo, accade anche alle membra e viceversa: il problema è trovare le parole giuste che spieghino il modo, dove anche una virgola fuori posto può far cadere in errore. Personalmente mi pare più sicuro seguire la Miserentissimus Redemptor pari pari. Ave Maria!
RispondiEliminaSolo in quanto uomo, ci mancherebbe!
RispondiEliminaPerò, effettivamente, Cristo non continua a vivere proprio perché risorto, vincitore sulla sofferenza e triumphans? Perché dovrebbe sffrire ancora?
RispondiEliminaIl nostro carissimo Fabro spiegò magistralmente la "svolta antropologica" di Rahner. Svuotato immanentisticamente l'Essere di ogni consistenza metafisica, perfino Dio viene espulso dall' eternità e tuffato nel gorgo degli accadimenti temporali. A quel punto, il sacrificio di Gesù (che essendo atto divino non può non essere eterno e infinito, e dunque eternamente presente e giammai concluso e passato), diventa per Rahner una qualunque favoletta, un giochetto senza conseguenze. Sì, quel giorno di aprile di tanti fa se la vide davvero brutta, ma adesso è tutto passato, una pacca sulla spalla e via, manco Gesù fosse un campione di calcio che ha passato una mezza partita in panchina !
RispondiEliminaA proposito di K. Rahner e del neomodernismo in generale, segnalo il libro "1962 - Rivoluzione nella Chiesa", liberamente scaricabile in PDF da http://www.chiesaviva.com/ oppure su http://www.scribd.com/doc/32577642/1962-Rivoluzione-nella-Chiesa . Ha una marcata vis polemica, fa nomi e cognomi senza sconti per nessuno, ma può aiutare a capire meglio le cause dell'attuale tremenda crisi nella Chiesa.
RispondiEliminaCaro don Alfredo....sono rimasta letteralmente senza parole, ma con un cuore colmo di gratitudine per le sue riflessioni...
RispondiEliminaLeggendo il libro di padre Cavalcoli o.p. sugli errori di K. Rahner, questa sua meditazione che entra nel cuore della fede cattolica, ci voleva proprio...
Grazie ancora!
'' O DIVIN COER de JESUS , je VOUS adore , je VOUS invoque avec toutes mes associees pour tuos les jour de ma vie et perticulierement a l' heure de ma mort . AMEN ,,
RispondiEliminaO VERE ADORATOR ET UNICE AMATOR DEI , miserere nobis ............
Perchè dovrebbe soffrire ancora?
RispondiEliminaperchè la sua offerta NON è del passato, non appartiene ad un passato e ad un "mai più"... ma è un continuare a donarsi (santa Messa Sacrificio incruento) per l'uomo di ogni tempo fino al suo ritorno glorioso....
Gesù è VIVO e presente in mezzo a noi ma certamente, seppur nella gloria, Egli patisce ancora per quanti si dannano, soffre proprio perchè queste anime che si dannano gli sono costate TUTTO.... e sa che non c'è piùà altro rimedio se non la loro volontà a convertirsi...
Soffre per ogni aborto che si compie perchè quell'anima innocente non appartiene ad un passato remoto, ma accade oggi, qui tra di noi... e Gesù è partecipe....
Soffre quando lo offendiamo nella santa Eucarestia.... soffre per l'indifferenza degli uomini del nostro tempo diventati INSENSIBILI alla sua di Croce...
E' un soffrire che vuole anche INTENERIRCI e vuole trovare anime pronte a consolarlo... perchè nel consolarci Egli ci da tutto, ci arricchisce e Lui soffre quando non trova anime da arricchire...
Grazie :)
RispondiEliminaGrazie Don Alfredo per le tue profonde considerazioni e anche per la gustosa ironia...... mi ha fatto un gran bene leggere il tuo articolo..... Cor Jesu Sacratissimum miserere nobis.
RispondiEliminadon Bernardo
"Alla fine apparve agli Undici, mentre stavano a mensa, e li rimprovero' per la loro incredulita' e durezza di cuore, perche' non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto". E questo come noto e' il Vangelo di S. Marco (XVI, 14) , in genere il piu' gradito ai modernisti.
RispondiEliminaMi sembra appropriato alla circostanza riportare qui un brano dall'Atto di Riparazione
<span>E mentre intendiamo espiare il cumulo di si deplorevoli delitti, ci proponiamo di ripararli ciascuno in particolare:</span>
<span>l'immodestia e le brutture della vita e dell'abbigliamento;</span>
<span>le insidie tese alle anime innocenti dalla corruzione dei costumi; la profanazione dei giorni festivi; le ingiurie scagliate contro di Te e i tuoi Santi;</span>
<span>gli insulti rivolti al tuo Vicario e l'ordine sacerdotale; le negligenze e gli orribili sacrilegi con i quali e' profanato lo stesso Sacramento dell'amore divino;</span>
<span>e in fine le colpe pubbliche delle nazioni che osteggiano i diritti e il magistero della Chiesa da Te fondata.</span>
<span></span>
<span></span>
<span>FdS</span>
Bella riflessione col riferimento a due grandi Santi che ci sono vicini.
RispondiElimina<span>...ma il vero problema è: CHI tra il clero si impegna oggi per restaurare quell'idea di RIPARAZIONE che fu distrutta dalla svolta antropologica ?
RispondiEliminaCHI è effettivamente impegnato ad insegnare ai piccoli fedeli COME era sentita e normalmente vissuta la riparazione degli oltraggi e le ferite inferte dai PECCATORI di ogni tempo al Signore, e COME E PERCHE' tale concetto -in seguito a quella SVOLTA- è stato cancellato dalle omelie e catechesi ai fedeli piccoli e grandi ?
Quanta parte del clero si occupa davvero di ricordare frequentemente e spiegare la REALTA' del Corpo Mistico, attraverso anche quelle parole di S. Paolo che dice:
<span>“Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo Corpo che è la Chiesa” (Col 1,24). ?</span>
(....e che sono riecheggiate da Pascal quando dice:
<span>"Cristo è in agonia fino alla fine del mondo"... )</span></span>
Dio è anche infinita Misericordia, ma anche Perfetta Giustizia. La Misericordia viene prima... si può dire, correggetemi se sbaglio, insiema a S. Faustina che è il Suo più grande attributo.
RispondiEliminaCome conciliare ancora, la Misericordia verso l'uomo con la punizione che gli sarebbe dovuta dopo la prima disobbedienza? Sant'Agostino - e anche qui correggetemi se erro - affermava che l'umanità dopo la prima disobbedienza è diventata "massa damnata", ovvero a rigor di Giustizia, condannata alla perdita eterna di Dio.
Come conciliare questa Giustizia di Dio con la Misericoridia? Dio ha trovato il mirabile modo mandandoci il Figlio incarnato a pagare al posto nostro, non contraddicendo così ciò che è Giusto, ma riaprendoci misericordiosamente la porte del Paradiso tramite Cristo Gesù e la sua Passione, che ripaga sovrabbondantemente i peccati degli uomini di tutti i tempi.
E allora, davanti a sacerdoti che meriterebbero una punizione severa per le loro gravi mancanze, come aiutarli? Come far prevalere la Misericordia? Pregando e sacrificandoci per loro, cercando di compensare noi l'amore che loro rifiutano. Questa si chiama Giustizia salvifica, ed è una delle cose più meravigliose del piano divino.
Ecco la mia breve e forse inesatta spiegazione, che spero venga integrata da qualcuno più addentro.
Mentre se si ripara il concetto di distruzione si può tornare a distruggere, se si distrugge il concetto di riparazione non si può più riparare.
RispondiEliminaCaro confratello, nulla vieta anche col Novus Ordo di prepararsi alla Santa Messa con le preghiere che si usano anche nel Vetus, così pure di fare il ringraziamento..... così è possibile usare le preghiere tradizioneli quando si indossano i paramenti. Adesso non so le particolari condizioni dei religiosi,.... io che sono diocesano e parroco riesco anche a celebrare qualche volta nel Vetus Ordo ed è molto bello, ma penso che nulla vieta usare le preghiere tradizionali per prepararsi e per fare il ringraziamento alla Messa.
RispondiEliminaPosso dire che Gesù è contento se noi celebriamo con amore e fede e facciamo la preparazione e il ringraziamento, quando riesco a fare così oltre a sentirmi felice si verificano anche dei fatti belli nel campo dell'apostolato....è come se la Messa mi aprisse la strada per portare Gesù alle anime.....
don bernardo
scusi, Eugen....
RispondiEliminala seconda parte della sua affermazione l'ho capita: ed è in sostanza quello che cercavo di spiegare col mio post (cioè che mi pare impossibile o sovrumano restaurare il concetto di RIPARAZIONE, che è stato distrutto nele coscienze cattoliche di 2 generazioni e mezza...);
ma la prima, (che spero non sia solo un gioco di parole e concetti -a specchio-) mi è più oscura...:
dove vediamo concretamente che si "ripara il concetto di distruzione", in quale fatto reale della Chiesa ?
Evidentemente concentrare solo sulla storicità dell'evento la sofferenza di NSGC è ancora una volta una deletria "umanizzazione" nel senso che il modernista si riferisce all'uomo come misura del Divino. L'uomo è ingabbiato nelle coordinate spaziotemporali e se non eleva lo sguardo alla Divina Trinità non può riferirsi ad un'idea di eternità, di continua viva ricapitolazione del Mistero della Redenzione.
RispondiEliminaLa prima parte era soltanto un espediente dialettico (in senso platonico) per porre in evidenza tutta la gravità dell'atto commentato nella seconda. Il succo della considerazione è proprio quello che dice lei. L'impresa è sovrumana. Non per nulla nella vecchia sequenza gregoriana la supplica
RispondiEliminalava quod est sórdidum,
riga quod est áridum,
sana quod est sáucium,
flecte quod est rígidum,
fove quod est frígidum,
rege quod est dévium
era rivolta non a un comune mortale, ma allo Spirito Santo.
<p>Dal Blog di Augé
RispondiElimina</p><p>
</p><p><span><span>Sabato 27 marzo 2010</span></span><span> <span>6</span> <span>27</span> <span>/</span><span>03</span> <span>/</span><span>2010</span> <span>05:10</span> </span>
<span>SIA LA MORTE CHE LA RISURREZIONE DI CRISTO SONO “CAUSA EFFICIENTE” DELLA NOSTRA SALVEZZA </span>
</p><p><span>Domanda</span><span> fatta da Giorgio M. il 26.03.10: Ho letto oggi nel blog Messainlatino un’affermazione di Dante Pastorelli in cui si dice: “… <span>è il sacrificio che è redentivo, perché la resurrezione è conseguenza della morte redentrice e certezza della nostra resurrezione”.</span> <span>E’ corretta l’affermazione?</span> </span>
</p><p><span> Risposta:</span><span> Da sant’Anselmo d’Aosta (+ 1109) in poi la teologia scolastica suole vedere l’essenza dell’azione salvifica compiuta da Cristo nella satisfactio. Nel suo Cur Deus Homo, Anselmo insiste sul concetto di soddisfazione come riparazione oggettiva dell’ordine naturale turbato dal peccato di Adamo. Cristo opera la nostra salvezza perché in quanto uomo-Dio, col sacrificio della croce ha soddisfatto pienamente per tutti i nostri peccati. Ecco quindi che la prospettiva giuridica è posta al centro dell’interesse della soteriologia e della pietà dei fedeli. Dal momento, poi, che la satisfactio si compie e si conclude con la morte in croce di Gesù Cristo, la sua risurrezione può essere inserita nella riflessione teologica tutt’al più come un complemento in sé e per sé non essenziale all’acquisto della salvezza vera e propria. In questo modo, si corre il rischio di dimenticare il valore soteriologico che il Nuovo Testamento dà alla risurrezione del Signore. Noto che lo stesso san Tommaso d’Aquino commentando Rm 4,25 (“il quale è stato consegnato alla morte a causa delle nostre colpe ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione”), considera sia la morte che la risurrezione di Cristo cause efficienti della nostra salvezza (Cf Somma Teologica III, q. 56, a.2, ad 4). Conseguentemente, l’affermazione di D.P. non mi sembra corretta. </span>
</p><p><span><span> </span>Matias Augé</span></p>
Risposta
RispondiEliminaIl p. Augé ancora una volta si degna d’occuparsi di un povero fedele come me che non può competere con la sua autorevolezza certamente meritata per la sua alta dottrina.
Quanto alla inesattezza della definizione della Messa come memoriale della Morte e Resurrezione di Nostro Signore (di questo parlavo e la mia affermazione che dà spunto alla contestazione in tal contesto andava ricondotta) si può leggere il Breve Esame Critico del NO approvato e presentato al Papa, con qualche risultato, dai cardinali Ottaviani e Bacci certo non dell’Augè men dotti. Vi si può leggere anche una interessante nota sulla probabile ripresa di quella definizione dall’Unde et memores del rito di S. Pio V, privata tuttavia del ricordo dell’Ascensione, chissà perché, come se l’Ascensione non fosse la conclusione gloriosa della Morte e della Resurrezione. Solo che nell’Unde et memores, dicono gli estensori, uno scelto gruppo di teologi e pastori d’anime e liturgisti, qualcuno è ancora vivo, non si fa un tutt’uno di passione-morte, resurrezione e ascensione, perché si legge: tam beatae Passionis, nec non et …Resurrectionis… sed et… Ascensionis, aggiungendo e distinguendo. E la distinzione è importante. Nella Messa la Chiesa non rinnova in modo sacramentale, ovviamente, come ho più volte scritto (e un telegrafico commento va sempre posto nel quadro di precedenti interventi che non posson esser ripetuti in continuazione) un Sacrificio senza prospettiva di Resurrezione e Ascensione, così come la Resurrezione non può celebrarsi scissa dalla Passione e Morte perché essa di queste “è esclusivamente il frutto” come scrive il p. Zoffoli, la cui conoscenza di S. Tommaso è notoria. Per questo grande teologo “[è la] morte [di Cristo] cui spetta il primato in quanto ‘causa meritoria’ della risurrezione, perché supremo atto di amore di Gesù al Padre e ai fratelli. Per questa ragione nella Chiesa cattolica il massimo atto di culto consiste nella ripetizione sacramentale del Sacrificio della Croce l’unico e infinitamente perfetto, fecondo di tutta la gloria della resurrezione” (Dizionario del Cristianesimo, s.v. Mistero Pasquale). Dunque la Resurrezione è il frutto, la conseguenza fruttuosa della morte-causa meritoria.
Il sacrificio di Cristo è redentivo nel senso che ci riscatta dal peccato e ci rende degni della Resurrezione che del Sacrificio è il frutto: per la Resurrezione abbiamo la certezza (altre volte ho scritto anche “il pegno”) della nostra resurrezione e la restituzione dei beni perduti con la colpa.
Quindi la Resurrezione per me non è un optional, come uno scodinzolante commentatore assiduo di p. Augè, in modo allucinante mi fa dire: scrivere che è una conseguenza del sacrificio redentivo e certezza della nostra resurrezione significa, pur nell’estrema sintesi di mezzo rigo, che è, come frutto di quel sacrificio, il pegno, appunto, della nostra resurrezione, dell’accesso al Paradiso col corpo glorioso o, com’ebbe a dire tempo fa il card. Caffarra, non ricordo più dove l’ho letto, con espressione molto forte, accesso alla divinizzazione dell’uomo: è redentiva in quanto coronamento necessario, compimento del precedente riscatto acquisito nel sangue dell’Agnello versato per passionem et crucem. E’ questo il suo valore che intendevo mettere in luce nel quadro del mistero redentivo. Distinguere senza sminuire. Ma anche attirare l’attenzione sull’errore che si commette a spostare, come spesso oggi si tende, l’opera redentiva dal Sacrificio alla Resurrezione con svalutazione del primo. E soprattutto col rifiuto dell’aspetto satisfattorio del Sacrificio, delle necessità della riparazione con un atto d’infinita giustizia una colpa [...]
PS. Ripeto ancora una volta, io non seguo il blog di Augé. Vi sono andato solo due o tre volte su segnalazione di un amico sardo e, come in questo caso, del nostro redattore, in quanto direttamente chiamato in causa. Un tal Pasquale Troisi (l’attore era almeno gradevole) dice d’avermi più volte ripreso: credo d’averlo letto sul nostro blog solo una volta, se poi usa camuffarsi sotto altri nick non so.
RispondiEliminaQuanto al P. Augè avrebbe dimostrato maggior serietà, una serietà da maestro, se m’avesse chiesto spiegazioni sul significato di “conseguenza” intervenendo in queste pagine.
Del resto, cosa aspettarsi da chi rivela, sia pure col punto interrogativo, il nome reale o presunto di MIC? Eccelsa deontologia questo far il nome di una persona che usa un nick per motivi suoi! E lo dico io che dei nick sono aspro nemico, come tutti ben sanno.
Le note esegetiche a Pastorelli su un altro blog sono un vero spasso... :-) :-) :-) Addirittura lo citano! :-) Complimenti! :-)
RispondiEliminaInvece, passando a cose serie, grazie per questa bellissima riflessione di don Alfredo. Mi ha chiarito perché un salesiano dell'UPS, seguace di Rahner, si è inventato una cosa chiamata Via Lucis che parte dalla Resurrezione, perché secondo lui la Via Crucis è troppo antiquata e non trasmette la novità di Cristo...
RispondiEliminaRedazione: perché non vi occupate dell'UPS? Scoprireste delle cosucce interessanti... Una volta dissi a un salesiano dell'UPS (discepolo del precedente) che magari era il caso di fare una riparazione per il gay pride, e lui mi rispose: "Perché?". Io gli replicai: "Se non lo sapete voi che siete preti..."