Un'articolo relativo all'arte sacra del saggista Marco Respinti, uno degli estensori dell'appello al S. Padre riportato nel nostro post.
È stato reso pubblico mercoledì in tutto il mondo, ed è una filiale supplica rivolta al Vicario di Cristo. Redatto in più lingue, sottoscrivibile da chiunque al sito http://www.appelloalpapa.blogspot.com/, s’intitola papale papale «Appello a Sua Santità Papa Benedetto XVI per il ritorno a un’Arte sacra autenticamente cattolica» (come anticipato domenica da Libero). Chiaro come il sole, ma al contempo inquietante. Vi si chiede infatti che l’arte sacra cattolica torni a essere semplicemente tre cose: arte, sacra e cattolica. Insomma, se stessa. Già, perché a quanto pare la maggior parte di ciò che oggi viene spacciato per tale non lo è affatto. Paradosso? Mica poi tanto. Basta guardarsi attorno. Hangar al posto di chiese, caos di materia che Platone avrebbe sprezzantemente detto chora invece di statue dalle figure riconoscibili, crocifissi che sembrano tralicci, e via discorrendo. Non bisogna essere un sottile critico d’arte né un raffinato intenditore per rendersi conto del brutto che ci circonda. Che ciò riguardi poi anzitutto e soprattutto l’arte sacra, in specie quella cattolica, è davvero troppo. L’arte, infatti, è da sempre l’espressione massima della spiritualità, quale che essa sia, e della cultura umana. Parla del rapporto con il Trascendente, raffigura l’intersezione cruciale, come direbbe T.S. Eliot, fra l’infinito e il finito. Quella cattolica, poi, è stata nel corso della storia la rappresentazione visibile, fin tangibile, dell’Incarnazione del credo in una civiltà fatta d’istituti, d’istituzioni, persino di politiche. Catechismo dei poveri e lectio per i dotti, l’arte sacra è la meditazione costante dell’uomo sulla imprescindibile carnalità della fede, la reificazione liturgica del bello, la lettura sacrale del tempo, il ringraziamento permanente al Creatore. Che oggi essa scelga dunque di farsi incomprensibile, sciatta e caricaturale è allora un triste ma anche allarmante segno dei tempi. Il sacro cattolico di oggi, con il permesso di certuni responsabili, ritiene che la buona novella di salvezza di Cristo equivalga alla (è una citazione, nessuno scandalo) «merda d’artista».
Nomi prestigiosi
Da qui l’appello al pontefice. Al quale, rispetto a quanto scritto su queste pagine nei giorni scorsi, hanno aderito numerose altre personalità, dal sociologo Leonardo Allodi al giornalista tedesco Paul Badde, dal filologo Francesco Colafemmina al sociologo Pietro De Marco, dall’editore Manuel Maria Grillo all’architetto Steen Heidemann, e poi la francesista Anna Maria Kummer, il teologo Michele Loconsole, l’architetto Ciro Lomonte, il vaticanista Sandro Magister, il grande scrittore tedesco Martin Mosebach, il celebre urbanista Nikos A. Salingaros, l’architetto Stephen J. Schloeder; e tra le centinaia di firmatari (il cui numero cresce di ora in ora, tanto che ogni calcolo mettessi qui in pagina sarebbe già subito vecchio), tra docenti, sindacalisti, architetti, storici, studenti e gente comune, compaiono i nomi del saggista Francesco Agnoli, del parlamentare Luca Volontè, del sociologo Massimo Introvigne, del direttore del periodico Cristianità Giovanni Cantoni.
Raggiungo al telefono Martin Mosebach, a Berlino. Memore del suo sublime e contundente L’eresia dell’informe. La liturgia romana e il suo nemico (edito pochi mesi fa da Cantagalli) lo provoco sull’Appello al Papa di cui si è fatto promotore. «Sa», mi risponde, «la bellezza non è un mero concetto filosofico. È la caratteristica stessa di Dio, e il segno della Sua presenza del mondo. Per questo liturgie e chiese debbono essere belle». Sì, incalzo, ma cosa è, appunto, la bellezza? «Il secolo XX ha ucciso il consenso su cosa essa sia e quindi quel concetto non può essere semplicisticamente restaurato. Vi è allora bisogno di una terminologia più precisa». Ne ha una da proporre? «Certo. Ordine. Nella situazione attuale, il significato racchiuso dalla parola “ordine” è più importante e utile di quello veicolato dal termine “bellezza”. Il nostro primo atteggiamento di uomini dev’essere infatti quello di rispondere a un ordine che è dato, che ci precede, che non ci appartiene, di cui insomma partecipiamo, se lo vogliamo. La bellezza poi, che è un dono, e che come tutti i doni è gratuito, seguirà da sé».
Chiedo allora il parere di uno specialista che le chiese, ordinate e belle, “le fa”, là nella sua assolta e remota Arizona, dove vive e lavora. L’architetto statunitense Steven J. Schloeder, anche lui fra i promotori dell’Appello al Papa, concentra il proprio pensiero nel libro L’architettura del corpo mistico. Progettare chiese secondo il Concilio Vaticano II (L’Epos, 2005). «Nei secoli», mi dice, «l’architettura sacra è stata resa “inintelligibile” e sia i suoi artefici sia i fedeli comuni sono stati ridotti a “ignoranti”, incapaci di esprimere il senso stesso del concetto di ecclesia. Nel Novecento, poi, il rifiuto sistematico degli stili architettonici ha frustrato i tentativi di ricupero profusi sin dal magistero di Papa san Pio X, il vero padre del “Movimento liturgico”. Il pontefice stilava una esplicita connessione fra la santità e la dignità del tempio adibito al culto». Inascoltato... «Già. La questione vera è che si è smesso di domandare agli architetti degli edifici sacri di progettare spazi in grado di esprimere le verità centrali della fede cattolica. Un disastro annunciato, che puntualmente si è realizzato...».
Arte e verità
Storico, professore nell’Università Europea di Roma, Roberto De Mattei concorda. «Bisogna sempre tener presente l’intima connessione tra arte, filosofia e morale», commenta. «Il bello, il vero e il bene, sono proprietà diverse dell’unico essere della realtà. Non esiste una bellezza oggettiva fuori della verità. L’arte è l’espressione sensibile della verità e l’arte sacra deve esprimere le grandi verità del cristianesimo. Lo storico dell’arte tedesco Erwin Panofski (1892-1968), nel celebre Architettura gotica e filosofia scolastica (Liguori, 1986), mostra il parallelo esistente tra la struttura di pensiero medioevale e la sua espressione artistica. Esiste, allo stesso modo, un chiaro parallelo tra il nichilismo culturale e morale della nostra epoca, e la nullità dell’arte contemporanea. Le autorità ecclesiastiche affidano troppo spesso la costruzione di chiese ad architetti imbevuti di spirito agnostico e relativista. Come meravigliarsi dei risultati?».
© Copyright Libero, 7 novembre 2009 tramite Raffaella di Papa Ratzinger Blog
Lollarda ha detto...
RispondiEliminaNon capisco perché si debba parlare ancora di arte sacra.
Dio ha proibito le immagini e il culto delle immagini, sancito da Nicea II°, è diventato aldilà delle belle parole di quel concilio, la proiezione del culto imperiale. Bisogna fare tabula rasa, ripartire da zero, andare utopicamente oltre alla raffigurazione tradizionale, sperimentare l’astratto iconoclastico, con la povertà dei materiali e l’assenza di ogni fine devozionale. Il Vaticano II°, contro Nicea II°, ha prescritto una definitiva rottura con la tradizione, non si possono mettere vini nuovi in un otre vecchi, non si può resuscitare l’antico, tantomeno l’anticaglia! È idolatria inchinarsi allo splendore del passato, posto che fosse splendido e non una colossale truffa.
Dio è l’Irrappresentabile, l’Incomunicabile, l’unica rappresentazione e comunicazione è il Regno di Dio in noi: la visione individuale che ciascuno ha con sé, “l’Assoluto nell’intimo”, senza più rapporto con il mondo empirico-chiesastico, senza alcuna incarnazione nel mondo degli uomini: ogni espressione è possibile, per dare adito al Dio individuale e nascosto.
Tutte meno le stanche riproposizioni di un passato che non vuol passare, di cui l’arte sacra è l’epitaffio.
Per Lollarda.
RispondiEliminaVedi, quando vado a pregare mi sento l'ultimo dei pubblicani peccatori e mi sento vicino a tanti altri peccatori che prima di me hanno espresso le loro preghiere, i loro dubbi, le loro speranze perché Gesù Cristo li aiutasse a diventare migliori. Io non mi inchino allo splendore del passato, ma alla grandezza di Dio, ma lo faccio con tanta più devozione in una chiesa del passato piuttosto che in una simile ad una pizzeria o peggio. Quanto ad antichità ricordiamoci che Gesù si é immolato duemila anni fa ed il suo sacrificio, sempre lo stesso si rinnova ogni volta. O vogliamo rendere moderno anche quello?
"Dio è l’Irrappresentabile..."
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Affermazione degna del giudaismo!
Ma qui siamo cattolici, e sia Gesù Cristo che la Madonna hanno spesso chiesto personalmente a mistici e santi di essere ritratti, (v. S. CATERINA LABOURE' e la medaglia miracolosa, v. il Gesù Misericordioso di Santa Faustina Kowalska e cento altri), di costruire Chiese e Santuari, al fine di esortare al degno culto i cristiani cattolici ANCHE attraverso le immagini sacre!
(chissà quando Lollarda e i suoi compagni di pensiero neo-protestanti capiranno che il "passato" che muore è proprio l'iconoclastia dei novatori conciliaristi e di tutti quelli che corrono appresso al "nuovo sempre migliore"!
....ma figurarsi, che valore può avere per Lollarda della storia della Chiesa e dei Santi?)
sperimentare l’astratto...
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questo "sperimentalismo" mi ricorda due momenti storici:
- la distruzione della Liturgia insieme con altari, balaustre e spazi sacri, con furiose picconate iconoclastiche vibrate dallo sperimentalismo dei gioiosi teologi e liturgisti sessantottini;
- l'astrattistmo in arte del 20. sec., espresso nella vignetta satirica del pittore che pesta il piede sul tubetto di colore ad olio, ben diretto verso la tela, dove "l'opera d'arte" si creerà da sola, miracolo prodotto dalla casualità innescata dall'artista "sperimentatore"!
.........
"fare tabula rasa" ?
come dire:
All'inizio fu il caos, torniamo dunque al CASUALE CAOS, mediante sperimentazioni!
ovvero:
ARTE - - - -
LIBERTA' - - - -
nel vostro nome tutto deve essere permesso, senza limite nè REGOLA alcuna!
(e ne osserviamo e assaporiamo i frutti da più di 40 anni, fatti e misfatti commessi in omaggio a quelle due parole -insieme con l'altra mitica, AMORE- assolutizzate, idolatrate, "consacrate", messe cioè al posto di Dio stesso!)
O redazione, non si era d'accordo che l'impugnazione delle verità di fede portava all'eliminazione dei post? Che ci fa allora il primo post lì da stamattina? Oltre che all'impugnazione, qui siamo anche alla fantastoria della Chiesa, delirio insomma.
RispondiEliminaE' vero.
RispondiEliminaMa son sproloqui talmente enormi, talmente inoffensivi, talmente caricaturali...
E poi, diciamocelo, Lollarda ci è simpatica. Meglio una che le spara così grosse, che quel tepidume chiesastico dall'apparenza untuosamente ortodossa ma dalla sostanza progressista.
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