Riportiamo di seguito alcuni brani, tra i più significativi, della esplicita e incisiva prefazione del Cardinal Cañizares all'edizione spagnola del bel libro LA RIFORMA LITURGICA del Rev.do don Nicola Bux, presentato a Toledo lo scorso giovedì 30 aprile 2009. Sicuramente alcune affermazioni del porporato sono forti ed impegnative e se da un lato suoneranno come severe "tirate d'orecchio" ai più, per molti serviranno quali attesi incoraggiamenti e sostegni. Non sfuggirà a nessuno come questo autorevole intervento faccia giustizia della ricorrente tesi (ripetuta in assoluta mala fede, tra l'altro, perché nessun 'addetto ai lavori' ignora il pensiero liturgico di Ratzinger) per cui il motu proprio sarebbe una graziosa concessione riservata a lefebvriani e simili, che non avrebbe nulla a vedere coi fedeli ordinari: giacché il timore maggiore in certi ambienti è proprio 'l'apostolato tridentino'.
Chi volesse gustare il teso per intero, nella versione originale, può andare al lodevole sito spagnolo Secretum meum mihi (sottol. nostre)
"Solo pochi mesi sono trascorsi dalla pubblicazione di questo libro per giungere a questa edizione in spagnolo. Ad ogni modo il significato di alcuni eventi, che sono accaduti durante questo tempo, ha grandemente cambiato il clima attorno al tema della liturgia, specialmente dovuto all’atmosfera di controversia che si era creata a seguito della revoca della scomunica dei 4 vescovi consacrati 20 anni fa da Mons. Lefebvre.
Quel gesto di graziosa misericordia del Santo Padre, al fine di aiutare la loro piena integrazione all’interno della Chiesa, che dimostra, nei fatti, che la Chiesa non rinuncia alla propria tradizione, ha portato che la Messa Tradizionale fosse collegata a problemi disciplinari e, peggio ancora, a problemi politici.
Conseguentemente, c’è il rischio di una distorsione del più profondo significato del Motu Proprio del 7 luglio 2007, un gesto di straordinario senso di comunione ecclesiale, col quale è stata riconosciuta la totale validità di un rito che ha nutrito la Chiesa per secoli.
Indubbiamente, un approfondimento ed un rinnovamento della liturgia era necessario. Ma spesso, questo non è stata un’operazione perfettamente riuscita.
La prima parte della Costituzione “Sacrosantum Concilium” non è entrata nel cuore dei Cristiani. Ci fu un cambio nelle forme, una riforma, ma non un genuino rinnovamento, come fu chiamato dai Padri Conciliari. Qualche cambiamento fu fatto semplicemente per il desiderio di cambiare rispetto ad un passato percepito come totalmente negativo ed obsoleto, concependo la riforma come una rottura, e non come un organico sviluppo della tradizione. Questo creò delle reazioni e delle resistenze sin da subito, con casi di cristallizzazione delle posizioni e delle attitudini che sfociarono a soluzioni estreme, ed anche a fatti concreti che furono puniti secondo le norme canoniche.
E’ urgente, ad ogni modo, distinguere i problemi disciplinari nati dalle attitudini disobbedienti di un gruppo dai problemi dottrinali e liturgici.
Se noi crediamo veramente che l’Eucarestia è realmente “la fonte e il culmine della vita cristiana” – come il Vaticano II ci ricorda –non possiamo ammettere che essa sia celebrata in un modo indegno.
Per molti, accettare la riforma conciliare ha significato celebrare la messa in un modo dissacrante. Quanti preti sono stati chiamati “retrogradi” o “anticonciliari” per il semplice fatto di celebrare in modo solenne o pio, oppure semplicemente con il pieno rispetto delle rubriche!
E’ un imperativo uscire da questa dialettica. La riforma è stata completata ed è stata vissuta principalmente come un assoluto cambiamento, come se si dovesse creare un abisso tra il “prima” e il “dopo” il Concilio, in un contesto in cui il termine “preconciliare” fosse inteso come un insulto.
Anche questo fenomeno è richiamato alla mente dal Papa nella sua recente lettera ai Vescovi del 10 Marzo 2009: “Qualche volta si ha l’impressione che la nostra società necessiti di un gruppo verso il quale non essere tolleranti, e verso il quale ciascuno possa tranquillamente indirizzare il proprio odio”.
Per anni questo fu il caso in buona misura del gruppo dei preti e dei fedeli legati alla forma della Messa ereditata e consegnataci dai gruppo trattato spesso “come lebbrosi”, per usare parole dell’allora Cardinal Ratzinger bruscamente.
Oggi, grazie al Motu Proprio, questa situazione sta sensibilmente cambiando. E ciò sta accadendo in larga parte perché la decisione del Papa è stata presa non solo per soddisfare i seguaci di Mons. Lefebvre, o i fedeli che erano legati, per diverse ragioni, all’eredità liturgica rappresentata dal rito Romano, ma anche, in special modo, per aprire la ricchezza liturgica della Chiesa a tutti i fedeli, rendendo possibile la scoperta dei tesori del patrimonio liturgico della Chiesa a coloro che ancora non li conoscevano.
Quante volte l’atteggiamento di coloro che li disdegnano è dovuta a nient’altro che alla loro ignoranza!
Dunque, considerato da quest’ultimo aspetto, il Motu Proprio ha un senso al di là della presenza o assenza di conflitti: anche se non ci fosse stato un solo “tradizionalista” da soddisfare, questa “scoperta” sarebbe stata motivo sufficiente per giustificare il provvedimento del Papa.
E’ stato anche detto che questa disposizione fosse un “attacco” contro il Concilio, ma questo dimostra un’ignoranza del Concilio stesso, le cui intenzioni di dare a tutti i fedeli l’opportunità di conoscere e apprezzare i molteplici tesori della liturgia della Chiesa fu precisamente l’ardente volontà della grande assemblea: “in fedele obbedienza alla Tradizione, il Sacro Concilio dichiara che la Santa Madre Chiesa conserva tutti i legittimi e riconosciuti riti, tutti di eguali diritto e dignità; che essa auspica la loro preservazione nel futuro e nella loro promozione con ogni sforzo” (S. C., 4).
Inoltre quelle disposizioni non sono una novità: la Chiesa le ha sempre mantenute e quando occasionalmente non è stato così, le conseguenze erano state tragiche.
Non solo i riti dell’Oriente sono stati sempre rispettati e conservati, ma anche nell’Occidente le diocesi come Milano, Lione, Colonia, Praga, e vari ordini religioni hanno sempre conservato i loro riti diversi in maniera pacifica, attraverso i secoli. Ma il più chiaro precedente della situazione attuale è senza dubbio l’Arcidiocesi di Toledo. Il Cardinale Cisneros ha fatto di tutto per preservare come “straordinario” nella sua arcidiocesi il rito Mozarabico che era quasi estinto.
Non solo fece stampare il Messale e il Breviario, ma creò una cappella speciale nella Cattedrale, dove tutt’oggi il rito viene celebrato quotidianamente.
[…] L’attuale compito, come ci dice il libro di Don Nicola Bux, è di dimostrare la coincidenza tra la liturgia dei vari riti che son stati celebrati nel corso dei secoli, e la nuova liturgia, frutto della riforma, o meglio, se questa identità fosse stata attenuata, di riscoprirla.
[…] La nostra generazione si trova di fronte a grande sfide in materia liturgica: aiutare la Chiesa intera al pieno rispetto di quanto indicato nella Costituzione Sacrosanctum Concilium del Vaticano II e nel Catechismo della Chiesa Cattolica (in materia di Liturgia); apprezzare quanto il Santo Padre ha scritto su questi temi, (specialmente nel bellissimo libro “Lo Spirito della Liturgia”) – quando era ancora Cardinale –; arricchire ciascuno di noi grazie al modo con cui il Santo Padre – assistito dall'Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche, che è presieduto da Mons. G. Marini, e di cui è membro l’autore di questo libro, come Consultore – celebra la liturgia. Le Celebrazioni papali siano esempio per tutta la Chiesa Cattolica Universale.
[...]Con la speranza che questo valido libro di don Nicola Bux possa servire a conoscere meglio le intenzioni del Santo Padre e a scoprire la ricchezza dell’eredità ricevuta e, allo stesso tempo, illuminare le nostre azioni, chiediamo al Signore di imparare a interpretare, come disse Paolo VI, i “segni dei tempi”.
Quel gesto di graziosa misericordia del Santo Padre, al fine di aiutare la loro piena integrazione all’interno della Chiesa, che dimostra, nei fatti, che la Chiesa non rinuncia alla propria tradizione, ha portato che la Messa Tradizionale fosse collegata a problemi disciplinari e, peggio ancora, a problemi politici.
Conseguentemente, c’è il rischio di una distorsione del più profondo significato del Motu Proprio del 7 luglio 2007, un gesto di straordinario senso di comunione ecclesiale, col quale è stata riconosciuta la totale validità di un rito che ha nutrito la Chiesa per secoli.
Indubbiamente, un approfondimento ed un rinnovamento della liturgia era necessario. Ma spesso, questo non è stata un’operazione perfettamente riuscita.
La prima parte della Costituzione “Sacrosantum Concilium” non è entrata nel cuore dei Cristiani. Ci fu un cambio nelle forme, una riforma, ma non un genuino rinnovamento, come fu chiamato dai Padri Conciliari. Qualche cambiamento fu fatto semplicemente per il desiderio di cambiare rispetto ad un passato percepito come totalmente negativo ed obsoleto, concependo la riforma come una rottura, e non come un organico sviluppo della tradizione. Questo creò delle reazioni e delle resistenze sin da subito, con casi di cristallizzazione delle posizioni e delle attitudini che sfociarono a soluzioni estreme, ed anche a fatti concreti che furono puniti secondo le norme canoniche.
E’ urgente, ad ogni modo, distinguere i problemi disciplinari nati dalle attitudini disobbedienti di un gruppo dai problemi dottrinali e liturgici.
Se noi crediamo veramente che l’Eucarestia è realmente “la fonte e il culmine della vita cristiana” – come il Vaticano II ci ricorda –non possiamo ammettere che essa sia celebrata in un modo indegno.
Per molti, accettare la riforma conciliare ha significato celebrare la messa in un modo dissacrante. Quanti preti sono stati chiamati “retrogradi” o “anticonciliari” per il semplice fatto di celebrare in modo solenne o pio, oppure semplicemente con il pieno rispetto delle rubriche!
E’ un imperativo uscire da questa dialettica. La riforma è stata completata ed è stata vissuta principalmente come un assoluto cambiamento, come se si dovesse creare un abisso tra il “prima” e il “dopo” il Concilio, in un contesto in cui il termine “preconciliare” fosse inteso come un insulto.
Anche questo fenomeno è richiamato alla mente dal Papa nella sua recente lettera ai Vescovi del 10 Marzo 2009: “Qualche volta si ha l’impressione che la nostra società necessiti di un gruppo verso il quale non essere tolleranti, e verso il quale ciascuno possa tranquillamente indirizzare il proprio odio”.
Per anni questo fu il caso in buona misura del gruppo dei preti e dei fedeli legati alla forma della Messa ereditata e consegnataci dai gruppo trattato spesso “come lebbrosi”, per usare parole dell’allora Cardinal Ratzinger bruscamente.
Oggi, grazie al Motu Proprio, questa situazione sta sensibilmente cambiando. E ciò sta accadendo in larga parte perché la decisione del Papa è stata presa non solo per soddisfare i seguaci di Mons. Lefebvre, o i fedeli che erano legati, per diverse ragioni, all’eredità liturgica rappresentata dal rito Romano, ma anche, in special modo, per aprire la ricchezza liturgica della Chiesa a tutti i fedeli, rendendo possibile la scoperta dei tesori del patrimonio liturgico della Chiesa a coloro che ancora non li conoscevano.
Quante volte l’atteggiamento di coloro che li disdegnano è dovuta a nient’altro che alla loro ignoranza!
Dunque, considerato da quest’ultimo aspetto, il Motu Proprio ha un senso al di là della presenza o assenza di conflitti: anche se non ci fosse stato un solo “tradizionalista” da soddisfare, questa “scoperta” sarebbe stata motivo sufficiente per giustificare il provvedimento del Papa.
E’ stato anche detto che questa disposizione fosse un “attacco” contro il Concilio, ma questo dimostra un’ignoranza del Concilio stesso, le cui intenzioni di dare a tutti i fedeli l’opportunità di conoscere e apprezzare i molteplici tesori della liturgia della Chiesa fu precisamente l’ardente volontà della grande assemblea: “in fedele obbedienza alla Tradizione, il Sacro Concilio dichiara che la Santa Madre Chiesa conserva tutti i legittimi e riconosciuti riti, tutti di eguali diritto e dignità; che essa auspica la loro preservazione nel futuro e nella loro promozione con ogni sforzo” (S. C., 4).
Inoltre quelle disposizioni non sono una novità: la Chiesa le ha sempre mantenute e quando occasionalmente non è stato così, le conseguenze erano state tragiche.
Non solo i riti dell’Oriente sono stati sempre rispettati e conservati, ma anche nell’Occidente le diocesi come Milano, Lione, Colonia, Praga, e vari ordini religioni hanno sempre conservato i loro riti diversi in maniera pacifica, attraverso i secoli. Ma il più chiaro precedente della situazione attuale è senza dubbio l’Arcidiocesi di Toledo. Il Cardinale Cisneros ha fatto di tutto per preservare come “straordinario” nella sua arcidiocesi il rito Mozarabico che era quasi estinto.
Non solo fece stampare il Messale e il Breviario, ma creò una cappella speciale nella Cattedrale, dove tutt’oggi il rito viene celebrato quotidianamente.
[…] L’attuale compito, come ci dice il libro di Don Nicola Bux, è di dimostrare la coincidenza tra la liturgia dei vari riti che son stati celebrati nel corso dei secoli, e la nuova liturgia, frutto della riforma, o meglio, se questa identità fosse stata attenuata, di riscoprirla.
[…] La nostra generazione si trova di fronte a grande sfide in materia liturgica: aiutare la Chiesa intera al pieno rispetto di quanto indicato nella Costituzione Sacrosanctum Concilium del Vaticano II e nel Catechismo della Chiesa Cattolica (in materia di Liturgia); apprezzare quanto il Santo Padre ha scritto su questi temi, (specialmente nel bellissimo libro “Lo Spirito della Liturgia”) – quando era ancora Cardinale –; arricchire ciascuno di noi grazie al modo con cui il Santo Padre – assistito dall'Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche, che è presieduto da Mons. G. Marini, e di cui è membro l’autore di questo libro, come Consultore – celebra la liturgia. Le Celebrazioni papali siano esempio per tutta la Chiesa Cattolica Universale.
[...]Con la speranza che questo valido libro di don Nicola Bux possa servire a conoscere meglio le intenzioni del Santo Padre e a scoprire la ricchezza dell’eredità ricevuta e, allo stesso tempo, illuminare le nostre azioni, chiediamo al Signore di imparare a interpretare, come disse Paolo VI, i “segni dei tempi”.
+ Antonio Cardinal Cañizares
Prefetto della Sacra Congregazione del Culto
Prefetto della Sacra Congregazione del Culto
Divino e della Disciplina dei Sacramenti
Arcivescovo Amministratore Apostolico di Toledo
8 aprile 2009
Arcivescovo Amministratore Apostolico di Toledo
8 aprile 2009
Parole, parole, parole, soltanto parole; belle, bellissime, rincuoranti parole, ma sempre parole!
RispondiEliminaA quando fatti concreti, tangibili, seri e determinati, e risolutamente fatti rispettare?
Con tutto il rispetto che merita il porporato, nelle sue parole ci trovo i soliti luoghi comuni... Le decisioni del MP non hanno nulla in comune con la storia dei riti orientali ed occidentali. Perciò tirare in ballo SC 4 per difendere il MP è fuori posto.
RispondiEliminaCoraggio... un pò di pazienza. Intanto, ben vengano le parole. L'impazienza fa fare errori ed è proprio quello che vogliono gli avversari del Motu Proprio e del rito "tridentino".
RispondiEliminaPazienza, pazienza, pazienza! ANCORA PAZIENZA?????????
RispondiEliminaI fedeli legati al rito antico di pazienza ne han dovuto sopportare in quantità industriali. Sarebbe il caso che ora ne sopportassero un pochetto i novatores.
Pazienza, pazienza. Facile dire: ancora pazienza, a chi può frequentar la messa antica; ma chi vive nell'amarezza più profonda e nel dolore più intimo, a chi, ancora oggi stanno rubando la liturgia di sempre e viene obbligato a sorbirsi messe yè-yè non si può dire di aver ancora pazienza! Non pretendiamo molto, solo un pò di rispetto.
Belle parole che, se non supportate dalla stampa ordinaria cattolica, resteranno nei nostri bei siti, le gabbie dorate che noi abbiamo creato, con ottimi intenti, alla lode di Dio.
RispondiEliminaI miei amici preti, quelli che dicono di NO al Motu Proprio, non navigano su internet e non leggono Messainlatino o Rinascimento Sacro...
Loro leggono Vita pastorale o roba simile.
Per questo affermano che il MP è stato concepito per i Lefebvriani ecc ecc ecc
La cosa è più grave quando un Vescovo non sa cosa sia l'Istituo di Cristo Re di Gricigliano o la FSSP ... oppure che qualche sparuto giovane serva la messa antica...
Parole belle quelle del Cardinale che, per ora, rimangono " fra di noi".
Andrea Carradori
Caro Andrea,
RispondiEliminaMetternich osservava che è inutile mettere cancelli alle idee (come pur gli sarebbe piaciuto), perché tanto li scavalcano.
Guardiamoci intorno, anche su siti non tradizionali (tipo i blog dei vari vaticanisti, quello di Augé, la rivista liturgica, ecc.), poche cose appassionano e suscitano discussioni anche polemiche come la liturgia antica. L'era del'indifferenza, anche da parte dei novatori, è fortunatamente terminata. Ora si tratta di agire tutti per far conoscere il tesoro negletto nei campi alla gran massa, ai fedeli che, loro sì, sono in grn parte ignari di quel che fu loro iniquamente sottratto.
C'è ancora chi è rimasto alle messe yè yè?
RispondiEliminaQueste erano le prime messe post Sacrosanctum Concilium. La musica si è evoluta insieme alla liturgia, cioè alla teologia ed alla dottrina.
Rita Pavone ormai ha 70 anni almeno ed è diventata un'intellettuale.
E, a proposito di merletti e pizzi, la Pizzi Nilla canta ancora, a 90 anni e dopo un ictus.
Le mode cambiano, il classico resta.
E' vero che queste sono solo parole ma fino a qualche anno fa non c'erano neppure quelle! E poi... E' indubbio che i nostri siti sono ancora poca cosa nei confronti delle paludate riviste dei paolini o dei gesuiti. Anche il WEB però, contrariamente a quanto potevano pensare alcuni tradizionalisti, si sta rivelando una vera e propria "manna" per gli estimatori dell'Antico Rito. Fino a qualche anno fa le nostre idee potevano circolare solo fra pochi intimi e su fogli semi-clandestini. Oggi possiamo comunicare con il mondo intero e questo da estremamente fastidio ai cosiddetti novatori. Sul WEB, come osserva giustamente il responsabile di questo BLOG, siamo in maggioranza ed il livello di dibattito che emerge da queste pagine appare inimmaginabile rispetto ai settimanali diocesani o a "Famiglia Cristiana".
RispondiEliminaNon autocommiseriamoci sempre dunque... Abbiamo buone frecce al nostro arco. Usiamole!
Caro Marco Bongi, nessuna autocommiserazione, semplice costatazione. Finora, in generale, si son dette e scritte solo belle parole. Un vescovo italiano, il mio vescovo, dopo il motu propio, ci ha scritto una lettera bellissima. Ancora a quelle parole non è seguito alcun fatto concreto e siamo sempre senza messa antica. E siamo quasi a due anni dopo il motu propio. Se mi dici a chi devo tirare le frecce lo fo volentieri. Ma tieni presente che ci son frecce e frecce: le nostre per i novatores son solo piume che fanno il solletico.
RispondiEliminadue anni fa era inimmaginabile che la Curia romana avesse due capi dicastero così dichiaratamente pro V.O.: c'era solo Castrillon che non è capo dicastero. Ora ci sono Canizares e Burke. E altri dicasteri attendono nuovi capi: vescovi, clero, unità dei cristiani. Alessandro
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