L’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti e storico del Concilio Vaticano II, è intervenuto oggi all’Accademia dei Ponti a Firenze con una relazione sulle letture ermeneutiche dell’assise conciliare. Ce ne parla Sergio Centofanti.
Mons. Marchetto ha affrontato la questione di “una ermeneutica veritiera, cioè di una interpretazione fondata e rispettosa” di ciò che è stato il Concilio. Una “corretta esegesi” che – se vuole essere tale - si deve basare sugli Atti ufficiali raccolti in ben “62 grossi tomi”.
Molti però – ha rilevato – sono ricorsi a scritti privati e diari personali di padri ed esperti conciliari al fine di diminuire l’importanza dei documenti finali per far emergere il cosiddetto “spirito” del Concilio: tutto questo in contrasto con gli esiti ufficiali dell’assise che sarebbero stati egemonizzati dagli uomini di Curia e che quindi non rappresenterebbero l’anima vera del Vaticano II. Si tratta – ha detto – di una tendenza storiografica “ideologica”, che “punta solo sugli aspetti innovativi, sulla discontinuità rispetto alla Tradizione” quasi che col Concilio fosse nata “una nuova Chiesa”, fosse cioè avvenuto il passaggio “ad un altro Cattolicesimo”.
In particolare gli studiosi del Gruppo di Bologna – ha sottolineato mons. Marchetto – “sono riusciti con ricchezza di mezzi, industriosità di operazioni e larghezza di amicizie, a monopolizzare ed imporre” un’immagine del Concilio “distorta e contraddittoria, del tutto mistificatrice”. Secondo questi studiosi da quell’evento sarebbe dovuta nascere una Chiesa “democratizzata” con l’abbandono “del riferimento alle istituzioni ecclesiastiche, alla loro autorità e alla loro efficienza come il centro e il metro della fede”. Il Concilio avrebbe partorito cioè un nuovo tipo di fedele cattolico non più legato “alla dottrina, e soprattutto a una singola formulazione dottrinale”: premessa “per un superamento dell’ecclesiocentrismo, e perciò per una relativizzazione della stessa ecclesiologia”.“Ancora più radicale” del “vortice ideologico” del gruppo di Bologna – nota il presule - è la posizione di Hans Küng. Corretta ermeneutica invece – sottolinea – è vedere nel Concilio una “sintesi di Tradizione e rinnovamento” non “una rottura, una rivoluzione sovvertitrice” ma una “evoluzione fedele” come ha ricordato Benedetto XVI nel celebre discorso alla Curia Romana, il 22 dicembre 2005: “l’ermeneutica della discontinuità e della rottura” - disse – “si è potuta avvalere della simpatia dei mass-media” ma “ha causato confusione”. Invece, “l'ermeneutica della riforma, del rinnovamento nella continuità dell'unico soggetto-Chiesa … che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre lo stesso”, “silenziosamente ma sempre più visibilmente, ha portato frutti”
Fonte, Radio Vaticana via Papa Ratzinger blog
Rammentiamo che l'Arcivescovo Marchetto è l'autore di un'importante opera sul Concilio, che trovate nella colonna laterale di questo blog, tra i consigli editoriali.
Ammirevole il tentativo di ricondurre tutto il Concilio nella prospettiva della continuità fedele. Forse è questo che deve fare un buon Vescovo ma i problemi interpretativi pesano come macigni e davvero molte volte si ha l'impressione, come ad es. nel raffronto fra la "Mortali Animos" di Pio XII e la "Dignitatis Humana", di doversi arrampicare sui vetri per dimostrare una continuità che oggettivamente risulta difficile far emergere.
RispondiEliminaIl rischio è anche quello che, tentando ad ogni costo di dimostrare sempre una continuità, si rischi, pur senza volerlo, di cadere in un'altra forma di relativismo sofista ovvero:
tutto può essere piegato a qualsiasi interpretazione. Il bianco possiamo farlo apparire nero e viceversa solo a forza di discorsi e voli pindarici di retorica teologica. Io non sono onestamente convinto che tutti i documenti del Vaticano II possano essere ricondotti, senza colpo ferire, nell'alveo della Tradizione. Forse alcuni sì, ma non tutti.
Concordo con Marco Bongi: è difficile se non impossibile leggere la continuità in tutti i documenti conciliari.
RispondiEliminacomunque è già tanto che certe cose non siano più solo i lefebvriani a dirle.
Un domani, quando ci si renderà conto della difficoltà oggettiva di conciliare l'inconciliabile, si parlerà della necessità di correggere i documenti conciliari nei passaggi, diciamo così, ambigui.
Antonello
Il libro di mons. Marchetto e il testo dei padri Lamb e Levering, linkato nel blog, rappresentano deipunti di riferimento per l'interpretazione del Concilio.
RispondiEliminaE' ovvio che, le riforme conciliari possano aver marcato o messo delle differenze e discontinuità: il punto però è quello del livello in cui situare queste discontinuità.
La Tradizione evolve anche attraverso discontinuità "relative", bisogna saperle mettere in relazione.
Marchetto e Lamb/Levering lo fanno; purtroppo altri no.
Mi dispiace per Bongi, ma il suo intervento non dispiacerebbe affatto ai modernisti ecclesiali.
Cui prodest?
Comunicazione di servizio per il prof. Franco Pernice.
RispondiEliminaEsiste anche un archeodadaismo, assolutamente cattolico. Vedere per credere
http://archeodada.altervista.org/totalitarismototale/
Credo che a tutti prodest la Verità.
RispondiEliminaE' evidente la contraddizione tra la Dignitatis Humanae e la Mortalium animos di Pio XI e il magistero precedente nella sua globalità: mi si trovi la continuità ed io non avrò più dubbi. Nessuno per ora ha dato una spiegazione sia pur minimamente accettabile. E così altri testi, tipo la Nostra Aetate e perfino qualche passo della Lumen Gentium e della Dei Verbum. Spesso li ho segnalati.
E' inutile negarlo: sembra di avere due magisteri da "divergenze parallele" come si esprimeva fumosamente qualche DC.
In alcuni settori un nesso, con la buona volontà si può trovare (subsistit in), in altri molto meno.
Mai la Chiesa aveva affermato che le religioni non cristiane sono via d'accesso a Dio e le religioni pagane "venerande". Queste son novità. L'inerranza "parziale" è una novità. La gerarchia delle verità altrettanto (condannata da Pio XI come "punti fondamentali")
L'unico modo per comporre in unità gli opposti è di dare di alcuni punti una intepretazione ufficiale senza equivoci, che sia quella e non altra, visto che ancor oggi fior di teologi non schierati a destra o a sinistra e che han vissuto giorno per giorno il concilio e sempre rimasti fedeli alla Chiesa, vedon queste opposizioni, e poi di non dogmatizzare post factum i documenti conciliari: la pastorale muta nel tempo. In questi quasi 50 anni quei documenti possono non rispondere più alle nuove esigenze. E comunque la pastorale può essere indicativa non dogmaticamente vincolante.
Io molto mi aspetto dalle discussioni tra S.Sede e FSSPX.
Se non si fa chiarezza in tal sede le ambiguità continueranno ad esistere e a produrre effetti rovinosi: e fornendo ulteriore argomenti alle divisioni e favorendo oconciliazioni tra Istituti tradizionalisti e S. Sede sulla base di silenzi e sottintesi e conseguenti riserve mentali.
Giusto invocare chiarezza, prof. Pastorelli, ma più che dall'alto, bisogna trovarla dal basso, cioè da noi stessi. Un primo punto sarebbe quello di distinguere il "noviter" dal "nova" (se e quando il "nuovo" è patentemente o latentemente infedele al Depositum).
RispondiEliminaConcordo con Dante Pastorelli. Gli chiedo però di valutare questo "piccolissimo" problema:
RispondiEliminaChe forma dovrebbe avere un documento che avesse la forza di imporre una "interpretazione autentica" dei documenti conciliari ambigui. Non penso che basti un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede: in questi anni ne sono usciti parecchi, anche buoni, ma che hanno sostanzialmente lasciato il tempo che hanno trovato.
Una Enciclica? Penso che farebbe lo stesso effetto. Ormai le Encicliche sono diventate tutte "pastorali" ovvero piene di bei discorsi (come le omelie dei Vescovi) ma assolutamente prive di autorità effettiva.
Ci vorrebbe allora un altro Concilio? Dio ce ne scampi e liberi, almeno per il prossimo secolo!
Il problema dunque che sta alla base di tutto, ancora prima dei documenti conciliari, è la crisi spaventosa dell'Autorità nella Chiesa Cattolica. Conoscete del resto qualche prete che rispetti la pronuncia ufficiale della Congregazione dei Riti che impone il ripristino della traduzione "per molti" anzichè "per tutti" nella formulazione della Consacrazione? I documenti ci sono ma nessuno li rispetta. Succederà lo stesso anche quando, tutti comunque lo speriamo, dai colloqui con la FSSPX dovessero uscire interpretazioni condivisibili ai documenti conciliari. Tutti si sentiranno liberi di non accogliere tali interpretazioni e saremo da capo.
Caro Lycopodium, invitiamo dunque l'Inopportuno a fare vela verso le terre dell'archeodadaismo? A ben pensarci sarà meglio di no. Rinnoviamogli invece l'invito a seguire con animo sereno qualche buona celebrazione secondo il rito antico.
RispondiEliminaCondivido molto, per inciso, il suo invito a trovare chiarezza da - e aggiungerei in - noi stessi.
Quand'anche un papa desse un'interpretazione autorevole del concilio o di alcuni suoi punti, potrebbe pur sempre venire un altro papa che sarebbe libero di darne una diversa, e così saremmo daccapo. I processi d'appello e di cassazione nei concilii non esistono, ed è bene così.
RispondiEliminaI punti da sempre segnalati son di sostanza non solo di linguaggio o altro. Il linguaggio può tradire l'intenzione? Allora si spieghi bene e si usi il linguaggio idoneo.
RispondiEliminaLa chiarezza, caro Franco, in materia così grave di dottrina e verità, non possiamo farla da noi, ma la deve fare la legittima autorità
RispondiEliminaSinceramente non so quale tipo di documento si possa meglio prestare ad una chiarificazione che si attende da 40 anni. Una dichiarazione della Congregazione per la dottrina della fede sottoscritta dal Papa con formula definitoria, andrebbe benissimo.
Cinque o sei punti fondamentali che determinano dei dubia: 1) espressioni del Concilio; 2) interpretazioni erronee; 3) vero significato e condanna per coloro che da esso si allontanano.
Ma sta' tranquillo, difficilmente si impegnerà l'infallibilità pontificia nel sottoporre all'ermeneutica della continuità certi documenti conciliari.
E così questa santa ermeneutica finisce per diventare uno slogan, con conseguenze incalcolabili per la fede.
Delle due l'una: o si chiarisce o si lascia tutto nel vago.
La Fraternità S. Pio X vuole chiarezza su alcuni punti. Vedremo che ne verrà fuori. Non ho la sfera di cristallo.
Resta un fatto: se il concilio, come dice il Papa, non ha modificato in nessun punto la dottrina tradizionale, attenendosi a questa si è perfettamente cattolici.
Finalmente qualcuno (Marchetto) che ha avuto il coraggio di dire che il re (la scuola di Bologna) è nudo. Io direi che l'interpretazione del Concilio data da quella scuola (e che scuola!) è eversiva. Alessandro
RispondiEliminaMa sei anche qui?
RispondiEliminaNon hai proprio niente da fare solo annoiarci con le tue frazie obsolete!!!
REQUIEM