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lunedì 10 luglio 2017

Il Card. Sarah nel X anniv. del Summorum Pontificum ripropone la "riforma della riforma".

Dal blog "Munus: liturgia e ditorni" 08.07.2017 (del liturgista padre Matia Augé c.m.f., professore e già consultore della Congregazione per il Culto Divino),  apprendiamo che il Card. Sarah, in occasione del decennale del Summorum Pontificum, intervistato da La Nef (luglio-agosto 2017, n. 294) ha riconfermato e ribadito la sua posizione in merito alla necessità della Riforma della riforma, come ideata e iniziata da Benedetto XVI. 
Riportiamo qui il testo, in cui padre Augé propone un'analisi attenta e a volte critica tanto della Riforma liturgica quanto della posizione di Sarah che presenterebbe degli aspetti a tratti ambigui, pur espressi nell'indubbio amore del porporato per la liturgia. . 
Qui il testo in inglese.
 
Roberto
 
  In occasione del decimo anniversario della pubblicazione del Motu proprio Summorum Pontificum, La Nef  (juillet-août 2017 – n. 294) ospita un lungo intervento del Card. Sarah, Prefetto della Congregazione per il culto divino, in cui il cardinale ripropone e concretizza le sue note posizioni sulla “riforma della riforma” della liturgia della Messa paolina. Il testo ha una prima parte di carattere storico e dottrinale, che introduce ad una seconda parte propositiva.
Sarah afferma che “la liturgia è diventata un campo di battaglia, il luogo in cui si affrontano i campioni del messale preconciliare e quelli del messale riformato del 1969”. In questa situazione, scopo del suo intervento è la “riconciliazione liturgica”. Pur apprezzando l’amore per la liturgia e le ottime intenzioni del porporato, credo che il suo ragionamento non sia esente di alcune ambiguità.

Sulla scia di papa Benedetto XVI, il card. Sarah rivendica la piena coerenza dell’uso della forma straordinaria della liturgia romana con le prescrizioni del Vaticano II, e si domanda: “Come si può pensare che il Concilio abbia voluto contraddire ciò che era in uso prima?” Certamente, Eminenza, “contraddire” no, ma “riformare” si; Sacrosanctum Conciliumdesidera fare un’accurata riforma generale della liturgia” (n. 21). E naturalmente si tratta di riformare la liturgia che era celebrata in quel momento nella Chiesa. In seguito, Sarah, a sostegno della sua tesi, sostiene che è “erroneo considerare che le due forme liturgiche esprimano due teologie opposte. La Chiesa ha una sola verità che insegna e celebra”. Anche qui, devo dire che due teologie “opposte” no, ma “diverse” certamente. Come lo stesso cardinale afferma, citando Benedetto XVI, “la storia della liturgia è fatta di crescita e di progresso”. Se si applica quindi questo principio alla riforma di Paolo VI, possiamo affermare che c’è nel Messale del 1969 una crescita e un progresso. Si noti poi che il cardinale mette sullo stesso piano “teologia” e “verità” e afferma che c’è una “sola verità”. Ma non si può dire lo stesso della teologia: una cosa è la teologia postridentina dei sacramenti e altra la teologia sacramentaria che si ispira al Vaticano II. Non si tratta di “ermeneutica della rottura”, ma della crescita e del progresso.

Qualcuno giudicherà forse irrilevanti queste mie riflessioni critiche alla prima parte del testo del card. Sarah. Credo invece che questo tipo di lettura “minimalista” fatta dal cardinale, comune negli ambienti tradizionalisti, è ambigua e strumentale, serve cioè a giustificare ed esaltare quanto Summorum pontificum ha deciso. Come è stato detto da altri, i padri del Vaticano II che hanno votato Sacrosanctum Concilium non intendevano creare due forme rituali della liturgia romana. So la risposta che alcuni daranno a questa mia osservazione: il Vaticano II non intendeva neppure fare una riforma come quella del Messale del 1970. Ma, ammesso e non concesso, che la Messa paolina sia andata oltre la lettera della Costituzione sulla liturgia, la soluzione decisa con Summorum Pontificum non solo non ha risolto il problema ma lo ha radicalizzato. Mia opinione è che dopo alcuni anni di esperienza della Messa riformata, si poteva intervenire e correggere, arricchire o cambiare alcuni elementi della Messa paolina e puntare sulla celebrazione dignitosa di essa. Ora invece tutto diventa più complesso, come prova la proposta che Sarah fa nel resto del suo scritto.

Infatti, il cardinale ha il merito di esprimere una sua proposta concreta per arrivare “ad un rito comune riformato con lo scopo di facilitare la riconciliazione all’interno della Chiesa”. In primo luogo, il cardinale si augura che si possa arrivare ad un calendario liturgico comune per le due forme del rito romano, e anche ad una “convergenza” dei lezionari. Sua Eminenza sa, meglio di me, che una commissione ad hoc ha lavorato negli anni del pontificato di papa Ratzinger senza riuscire a produrre una proposta concreta, date le difficoltà dell’operazione.

Ma la cosa più significativa è l’elenco di cambiamenti o “arricchimenti” della forma ordinaria che in seguito propone il cardinale: l’orientamento verso il Signore; la genuflessione prima della elevazione e dopo il Per ipsum; la comunione in ginocchio e sulla bocca; l’uso del latino in alcune parti della Messa “per ritrovare l’essenza profonda della liturgia”; la “preghiera silenziosa del Canone”, la cui esperienza viene esaltata; l’inserimento nella prossima edizione del Messale riformato delle preghiere al piede dell’altare della forma straordinaria in un modo semplificato e adattato, nonché le preghiere dell’offertorio della stessa forma straordinaria… Dimenticavo: viene anche proposto che, dopo la consacrazione, le dita che hanno toccato l’ostia santa, rimangano unite. Quest’ultima proposta riflette una teologia eucaristica non più proponibile.

Queste proposte vengono giustificate dal card. Sarah perché, secondo lui, la forma ordinaria ha bisogno di essere “arricchita con gli atteggiamenti sacri che caratterizzano la forma straordinaria”. Più volte abbiamo parlato in questo blog del senso del mistero o del sacro nella liturgia. Basta ricordare qui quanto ho postato qualche giorno fa di Loris della Pietra: “Di fronte agli accenti polemici di chi lamenta la sparizione di un presunto 'senso del mistero', occorre ribadire che esso non può essere confinato in una fase evolutiva del rito romano e tanto meno in quegli aspetti che tendono piuttosto a occultare che a mostrare, ma è dato e mediato dalla partecipazione alle modalità 'linguistiche' proprie del rito”.

Concludendo, cito ancora una affermazione del card. Sarah verso la fine del suo intervento: “Per alcuni, l’espressione ‘riforma della riforma’ è diventata sinonimo del dominio di un clan sull’altro”. Probabilmente questa sensazione è possibile dal momento che l’espressione in questione riguarda la riforma della forma ordinaria, dimenticando che il Vaticano II ha decretato la riforma di quello che oggi si chiama forma straordinaria del rito romano. Quindi l’espressione "riforma della riforma" diventa “buffa”. Ripeto che capisco le buone intenzioni del card. Sarah, ma credo che le sue proposte sono guidate da una visione minimalista della Sacrosanctum Concilium e difficilmente troverebbero un consenso ampio nella Chiesa. Anzi, potrebbero addirittura provocare una nuova divisione e allora ci ritroveremmo con tre forme del rito romano: l’ordinaria, la straordinaria e la “ibrida”.



Matias Augé


Il testo in inglese di questo post lo si trova in:

http://www.praytellblog.com/index.php/2017/07/08/cardinal-sarah-again-advocates-reform-of-the-reform/

14 commenti:

  1. RIFORMA NELLA RIFORMA....

    Metodo modernista per assorbire il Novus Ordo col Vetus Ordo e renderlo un rito ibrido e invalido e accontentare tutti gli ecumenici.....le invenzioni del modernismo, come hanno inventato il "Papa emerito" (che non esiste visto il Primato di Pietro), cosi vogliono inventare una liturgia che NON ESISTE!

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  2. Mathias Augè è un uomo notoriamente di parte, un vecchio liturgista ultraottuagenario che, come tutti quelli della sua generazione, ha vissuto la sua giovinezza negli anni sognanti del concilio attendendosi quella "nuova pentecoste" che purtroppo non c'è mai stata. Lui, come bergoglio e altri esaltati sacerdoti ottantenni incattiviti dai loro fallimenti, credono ancora nel mito di una rinascita cristiana che non vogliono ammettere non esserci mai stata e sperano di poter ancora mettere in atto, dittatorialmente, quelle politiche ultraprogressiste che hanno già svuotato chiese, conventi e seminari. Non vedono che i giovani credenti e le giovani vocazioni guardano sempre più alla devozione e alla liturgia d'oro del pre-concilio come punto di riferimento e non al nichilismo fallimentare del progressismo post-conciliare e della riforma liturgica bugniniana che, lungi dal vivere di luce propria, sopravvive grazie all'erosione parassitaria di ciò che rimane del cattolicesimo. Persone come Grillo e Augè fanno tristezza solo a leggerli e ad ascoltarli.

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    1. Molto più il signor Francesco

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    2. Ringrazio il Prof. Augè di cui ammiro l'onestà , la competenza e la partigianeria.
      Si : la partigianeria perchè non essendo dei robot possiamo e dobbiamo tifare per una parte, un'impostazione, un segmento che più ci aggrada.
      Non si tratta di "esaltazione" ma di tifoseria per un ideale, che il tempo e la storia stanno già vagliando con il metodo, vecchio di 2000 anni, dell'albero che da frutti.
      Fidiamoci nella provvidenza che si realizza del tempo e nella storia.
      Mi discosto quindi dalla volgarità del post dell'anonimo delle 17:53 che non tiene conto delle qualità intellettuali e delle competenze del professore citato.
      "Persone come l'anonimo delle 17:53 fanno tristezza solo a leggerli e ad ascoltarli" anche perchè non c'è nulla di umanamente condivisibile delle loro parole che pure ci famno pure paura perchè vi notiamo un astio, un livore che indice di inaccettabile intolleranza dal punto di vista civile e religioso.
      All'erta!

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  3. I concetti della riforma della riforma' e del' reciproco arricchimento', comprensibili con il tentativo di conciliare le capre del Concilio e i cavoli del SP, non sembrano avere possibilità di realizzazione sia sul piano teologico che pratico. Da una parte la Messa millenaria dall'altra quella volutamente "rapida e radicale", concepita per travolgere ideologicamente la tradizione liturgica e devozionale della Chiesa che avrebbe sbagliato rimanendo indietro di secoli. Trasportare alcune parti del VO nel NO, fondandosi sulla equivoca SC, rischia di creare un ibrido che sarebbe, dopo tutto, rifiutato dai novatori per i quali quanto già distrutto della Messa è solo l'inizio.

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  4. Il Professore Matias Augé parla di Teologie diverse. Parole sbagliate. Qui è il "quid" de tutto il problema come diceva Papa Benedetto XVI: Quanto male ha fatto alla Chiesa avere due Missali. La Teologia ha diverse scuole certo, ma sempre cerca la Verità Cattolica. E non si dimentichi che il Vaticano II ha riaffermato il Primato del Aquinate. E certamente il Messale Paolino ha andato oltre la Sacrosanctum Concilium. Il Concilio si muoveva sopra i radici della Riforma di San Pio X e de Pio XII. Paolo VI ha andato "plus ultra". Per me il suo Messale non è il Messale del Concilio benchè riconosco la sua validità essenziale.

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  5. Quanto ad Augé, il concetto di crescita e progresso, applicato al NO, è falso e ingannevole essendo stato concepito e strutturato come del tutto diverso e sostitutivo al VO, come hanno sempre affermato gli autori della riforma che volevano e hanno ottenuto la rottura. Il pensiero del card. Sarah rivela la nostalgia per il VO: il silenzio del canone, il mirabile salmo 42 iniziale con il quale sacerdote e fedeli pregavano insieme proprio per il sacerdote che, tremante, stava per ripetere quanto fece Cristo stesso, la comunione in ginocchio etc. etc. Ma, come la mettiamo con l'equivoca e subdolamente aperturista SC, madre del NO, e con la sostituzione del sacerdote con l'assemblea santa (!?!)che, per essere tale ha diritto ad autogestirsi? La difficoltà è nella dottrina e non nella forma. Con il CVII la Chiesa cattolica ha introdotto il falso concetto modernista che la dottrina possa essere adattabile alle pretestuose necessità pastorali. Il VO non può essere profanato con gli errori del NO.

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  6. Il cardinale propone "un rito comune riformato con lo scopo di facilitare la riconciliazione all’interno della Chiesa”? Non vorrei essere troppo impertinente ma a me sembra che questa proposta sia in completa sintonia con il bergogliano "camminare insieme" per poi, sempre bergoglianamente, "far sparire le differenze". Non oso immaginare le dispute e i compromessi che darebbero luogo a questo "rito comune riformato" che non sarebbe né carne né pesce, rappresentando quindi il peggio del peggio.

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  7. Ringrazio il prof. Matias Auge per il suo chiaro intervento. L'ignoranza del post precedente non tiene conto dell'età di Benedetto XVI e si permette di insultare chi ha raggiunto gli 80 anni. La Provvidenza ha disposto che diversi liturgisti raggiungessero quell'età per contrastare chi non avendo né esperienza ne competenza avesse a disposizione solo l'insulto.

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  8. Non esiste una riforma liturgica. La liturgia c'è già ed è quella di San Pio V. Tutto il resto è manomissione.

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    1. E' un dogma, è scritto chiaramente "chi osa abrogare o manomette questo messale sia anatema!"

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  9. Se il culto pubblico e' stato de - formato deve essere ri - formato .

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AVVISO AI LETTORI: Visto il continuo infiltrarsi di lettori "ostili" che si divertono solo a scrivere "insulti" e a fare polemiche inutili, AVVISIAMO CHE ORA NON SARANNO PIU' PUBBLICATI COMMENTI INFANTILI o PEDANTI. Continueremo certamente a pubblicare le critiche ma solo quelle serie, costruttive e rispettose.
La Redazione