Dopo aver pubblicato la prima lezione che Mons. Oliveri allora Primo Segretario presso la Delegazione Apostolica di Gran Bretagna dettò, nell'anno 1981, agli studenti universitari del "King's College" di Londra sulla "Infallibilità della Chiesa e nella Chiesa" (si veda qui), proponiamo ora la prima parte della seconda conferenza di Sua Eccellenza, dal titolo "Il ruolo e la missione del Papa nella Chiesa".
Le parole di Sua Eccellenza ben calzano in questo momento particolare e di sicuro portano luce e chiarezza sulla funzione -indiscussa e granitica- del ruolo del Papa, alla luce dei dubbi e delle speculazioni "progressiste" sparsi da taluni autori e da alcune frange estremiste (interne ed esterne alla Chiesa) sulla rinnovabile funzione del Pontefice per il futuro e del suo ministero petrino a seguito dell'abdicazione di Benedetto XVI.
IL RUOLO E LA MISSIONE DEL PAPA
NELLA CHIESA
di S. Ecc. R.ma mons. Mario Oliveri,
vescovo di Albenga-Imperia
di S. Ecc. R.ma mons. Mario Oliveri,
vescovo di Albenga-Imperia
In
questa mia conversazione, che ha per tema la missione del Successore di Pietro,
vorrei riuscire - se possibile - a darvi non tanto una esposizione scolastica o
accademica delle funzioni che il Papa compie e deve compiere nella vita della
Chiesa, ma a portarvi piuttosto alla consapevolezza di come il supremo ufficio
pastorale del Vescovo di Roma si inserisce nel mistero di Cristo ed è quindi
essenzialmente un ministero sacro e sacramentale di salvezza.
Vi
accorgerete che nel corso della mia conversazione ripeterò più volte dei
concetti identici, o simili; ripeterò delle stesse idee, con parole un tantino
diverse. Lo faccio di proposito, affinché ognuno possa cogliere qualcuna delle
espressioni - e la possa sviluppare con l'aiuto delle nozioni che egli già
possiede - circa I'ufficio apostolico del Papa e lo veda finalmente ben inserito
nell'opera salvifica della Chiesa e dunque nell'opera redentiva e salvifica di
Cristo.
Non
voglio, ripeto, sviluppare una esposizione scolastica, bensì dare alcuni spunti
di meditazione, offrire qualche concetto fondamentale, che stimoli il vostro
desiderio di approfondimento. Ecco, innanzitutto, due riflessioni preliminari:
A)
non è possibile parlare appropriatamente di "ruolo" e di
"funzioni", o di "missione", senza prima o contemporaneamente
parlare di "natura"; non si può capire che cosa fa, o che cosa può
fare, il Papa, senza comprendere primariamente chi è, che cosa è. Questo vale
per qualsiasi realtà e qualsiasi altro discorso. Ci sono stati - e ci sono -
dei movimenti filosofici e teologici che propugnano, almeno implicitamente, il
primato dell'azione sull'essere, del fare sull'essere, del divenire
sull'essere: così tutto rimane sconvolto. Per penetrare i misteri di Dio (nella
misura in cui da Dio stesso ci sono stati resi intellegibili), per comprendere
il mistero di Cristo, il mistero dell’ incarnazione; per capire l'uomo,la
persona umana, occorre sempre conservare intatto il primato assoluto dell'essere.
L'azione,la qualità e il valore dell'azione, dipendono dall'essere, dalla
qualità e dalla natura dell'essere. Un esempio: l'azione sacerdotale nella
Chiesa dipende dall'essere s4cerdotale di chi la compie; l'ordinazione sacra
non significa conferire I'incarico ad uno di compiere certe azioni, ma è dargli
una nuova, interiore capacità che non può provenire se non da un nuovo essere o
modo di essere che egli acquista.
B)
Il successore di Pietro si colloca al centro, al cuore del mistero della
Chiesa, di quello che essa è e compie. Pertanto, quasi sempre quello che si
riferisce alla Chiesa può essere riferito a lui e viceversa. Così, quantunque
concettualmente si possa parlare di missione del Papa nella Chiesa e di missione al
di fuori di essa (non tutto e tutti sono Chiesa; questa situazione
continuerà fino alla fine dei tempi), nondimeno le due missioni sono
strettamente connesse e talvolta si confondono, come quello che essa è e compie
per coloro che ancora non sono suoi figli. Un esempio chiarificatore. In
seguito dirò che il Papa è il supremo garante visibile della rivelazione: sarà
ovvio che tale funzione vale sia per quelli che sono già Chiesa, così come per
quelli che non lo sono ancora, o magari non lo diventeranno mai; egli è tale
all'interno della Chiesa e per il mondo. Queste due considerazioni preliminari
offrono il quadro dentro cui ci muoveremo. Infine, un chiarimento
terminologico: il termine "papato" sta per "ufficio apostolico
del successore di Pietro". Non si intende qui parlare della funzione
politica e sociale che il Papa, per ragioni storiche e contingenti, ha svolto
nel corso della storia, in modo particolare al tempo degli Stati Pontifici e
all'epoca della "societas populorum christianorum", intesa -
quest'ultima -come il particolare assetto della comunità internazionale europea,
in un certo periodo storico. Veniamo ora specificamente al tema.
Il Papa sintesi
visibile della Chiesa
Per
comprendere chi è il Papa e qual è la sua missione, per la Chiesa e per il
mondo, è opportuno tenere presenti questi concetti:
1.
la Chiesa è la continuazione nel tempo
del mistero dell'incarnazione del Verbo di Dio; è I'attualizzazione nella
storia, nello spazio e nel tempo, della redenzione operata da Cristo.
2.
Pietro è, nella continuità dei suoi
successori, il perpetuo visibile principio e "fondamento" della
Chiesa (cfr. Mt 16,18). L'idea di fondamento, di roccia, non indica soltanto
solidità della costruzione, ma sta a indicare pure una "parte
costitutiva", senza della quale l'edificio non esiste. Pietro e i suoi
successori sono realtà costitutiva della Chiesa; non c'è Chiesa senza il suo
fondamento visibile.
Ne
consegue che in Pietro si concentra già tutta la realtà della Chiesa. Dai Padri
della Chiesa deriva l'idea che Pietro personifica o impersona la Chiesa, la
rappresenta tutta, porta in se (gerit)
I'intera sua realtà. Basti ricordare qui il famoso detto di Sant'Ambrogio:
"ubi Petrus, ibi Ecclesia".
Badate
bene: ciò non significa in nessun modo negare che anche altri siano Chiesa! Ma
essi non lo sono - e non lo possono essere, almeno in modo pieno - se non sul
fondamento posto da Cristo, se non su quella realtà che Cristo ha voluto, ha
stabilito e costituito, per continuare nello spazio e nel tempo il mistero, o
realtà divina, della sua incarnazione e della sua opera redentiva, salvifica.
Si
può dunque dire, nel solco sicuro della Tradizione, che non è stabilito per la
Chiesa nessun visibile fondamento e principio che non sia Pietro, o che non sia
in vitale relazione e comunione con lui. Anche gli altri Apostoli hanno
ricevuto da Cristo un essere e una missione che si identificano in molti
aspetti, ma non affatto in tutti, con quelli di Pietro, ma ciò è perché
formano, con lui a capo, un unico corpo, una sola realtà sacramentale, una
esclusiva realtà costitutiva della Chiesa di Cristo. Non tutti nella Chiesa
hanno la stessa funzione di Pietro, ma non esiste missione nella Chiesa che non
sia collegata con quella di Pietro, secondo I'antico adagio: "nihil sine
Petro, omnia cum Petro".
C'è,
ovviamente, chi vorrebbe scoprire in simili affermazioni e concetti un tono
trionfalistico, una esagerata retorica, I'influsso storico contingente di Roma
capitale dell'impero; c'è addirittura chi vi vede un detrimento alla centralità
assoluta di Cristo. Ma non è così, perché l'esaltazione del mistero della Chiesa
e del ministero apostolico unico e costituzionale di Pietro e dei suoi
successori, non è se non il riconoscimento del piano divino di salvezza, come è
attestato dalle Sacre Scritture e dalla Tradizione; non è se non l'accettazione
della realtà del mistero dell'incarnazione del Verbo, che da noi non è e non
può essere percepita se non attraverso la realtà visibile della Chiesa, ed in particolare
attraverso la continuità del ministero apostolico visibile di Pietro, che si
attua nella successione ininterrotta di persone che nella Chiesa occupano il
posto di Pietro. È evidente che tutto ciò che la Chiesa è, tutto ciò che la Chiesa,
in quanto tale, ha o compie; tutto ciò che Pietro è per la Chiesa, tutto quello
che egli ha o fa per la Chiesa, deriva da Cristo, promana dal Verbo di Dio Incarnato
ed a lui conduce, perché in Lui si abbia - già ora, ma in maniera perfetta solo
nell'eternità - la comunione con il Padre, con il Figlio e con lo Spirito
Santo.
Desidero
qui citare un'affermazione pronunciata dal Papa Giovanni Paolo II e rivolta ad
alcuni Vescovi presenti a Roma in visita "ad limina apostolorum":
«Con lui [il successore di Pietro]
i Vescovi desiderano confermare anche in questo modo una comunione di mente, di
cuore e di disciplina. Essi sono consapevoli che il mandato giurisdizionale, di
cui sono insigniti, proviene loro subordinatamente alla comunione gerarchica
con Pietro, dalla cui scelta o approvazione è determinata in concreto la loro
missione canonica. Tale atto di fede da parte dei Vescovi si radica nel più
intimo nucleo della dottrina cattolica, per cui la sana e fedele tradizione
afferma, con i Padri della Chiesa, "Nihil sine Petro"».
È
ovvio - e la Chiesa Cattolica lo ha sempre insegnato, anche se taluni sembrano
ignorarlo o contestarlo - che la funzione di Pietro e dei suoi successori -
così come quella degli altri Apostoli e dei loro successori, i Vescovi e, del
resto, anche quella di tutti i ministri della Chiesa - non è sostitutiva della
realtà e della missione di Cristo, ma è una funzione rappresentativa,
instrumentale-ministeriale. Né essi, né la comunità dei credenti e dei
battezzati, sono all'origine della loro funzione sacra. Cristo è colui che
opera attraverso i suoi ministri, siano essi il successore di Pietro, i
successori degli Apostoli o qualsiasi altro dotato, appunto da Cristo, di
funzione ministeriale sacra. Lo ripeto: non è la Chiesa, non è la comunità che
crea o produce i ministeri. Solo Cristo, Figlio di Dio Incarnato, può creare
ministeri sacri, nella sua continua e piena signoria su tutta la Chiesa e su
tutto il creato. È Cristo che attraverso i ministeri costruisce, mantiene e
sviluppa la sua Chiesa; è Lui che agisce nella Sacra Liturgia, attraverso
I'opera strumentale-ministeriale di coloro che mediante la Sacra Ordinazione
acquistano una nuova conformazione ontologica a Cristo sacerdote-mediatore e
quindi diventano capaci di agire "in persona Christi". Questa è la
fede della Chiesa Cattolica.
Se
la missione dei ministri della Chiesa viene privata della sua origine
sacramentale, divina, immediatamente cristologica, essa viene ridotta ad una
pura funzione a condizione umana, a livello sociale, viene privata della sua
vera e unica ragion d'essere, che è essenzialmente d'ordine soprannaturale. Se
si perdono di vista queste verità, allora nascono le crisi di identità dei
ministri della Chiesa; allora si cercano funzioni sostitutive; si diviene dei
"sindacalisti", degli assistenti sociali, degli operatori a livello
filantropico, si diventa fors'anche dei "cimbali squillanti", come
afferma San Paolo. Nascono pure le crisi d'ordine morale e disciplinare, ed
allora la missione della Chiesa perde la sua propria e reale efficacia, che è
essenzialmente di ordine soprannaturale, che si colloca sui piani della
rivelazione e della grazia, addirittura sul piano della vita trinitaria, che
viene per partecipazione offerta alla creatura umana, attraverso i sacri
ministeri, attraverso le realtà sacre della rivelazione. Val la pena di
ricordare che tutto ciò è possibile affermarlo solo alla luce della fede, in
una visione di fede.
La
realtà vera della Chiesa e quindi, necessariamente pure del suo fondamento e di
tutti i sacri ministeri che in essa esistono, non può essere scoperta e
valutata alla luce di criteri umani e sociologici, o servendosi di concetti che
valgono soltanto per le realtà terrene, per la società profana; può essere
invece scoperta e stimata correttamente solo con criteri di fede, ossia con
principi che accettano la realtà della rivelazione, che accolgono, senza
alterarlo, il mistero dell'incarnazione del Verbo di Dio, il quale supera ogni
nostra possibilità di conoscenza intellettuale e scientifica.
La continuità della
fede apostolica nella Chiesa
Procediamo
nel discorso. L'uomo non può raggiungere la sua salvezza, o il fine per cui è
creato, se non in Cristo, se non diventa partecipe del mistero del Verbo
incarnato. Non c'è salvezza per I'uomo se non in Dio, che dalla rivelazione
conosciamo essere Padre, Figlio e Spirito Santo. Ma Dio non può essere
raggiunto se non in Cristo, nel quale la natura invisibile di Dio si è unita a
quella umana e, quella umana, è diventata sacramento universale di salvezza.
Cristo è la rivelazione di Dio, è la salvezza di Dio, è l'amore di Dio fattosi
visibile.
Ma
Cristo non si raggiunge e non lo si trova se non nella sua Chiesa, se non nella
testimonianza dei suoi Apostoli, se non nelle realtà sacre che Egli ha
stabilito perché in qualche modo ripropongano nello spazio e nel tempo la sua
presenza visibile. L'umanità del Verbo di Dio,la quale è il sacramento
universale di salvezza, non è ora visibile, ma essa è presente e opera nella
Chiesa, nelle sue realtà sacre, nei suoi sacramenti e ministeri.
Ma
è proprio qui che nasce la grande questione. Dove posso trovare con sicurezza
la Chiesa di Cristo, affinché in essa trovi il Cristo stesso, la sua
rivelazione, i suoi sacramenti, il suo insegnamento, la sua grazia,la vita
divina? Dove posso trovare in tutta la loro pienezza la totalità degli elementi
che costituiscono la Chiesa di Cristo?
Prima
di rispondere, accennando a tali elementi essenziali, costitutivi della Chiesa,
è necessario ricordare che non sarebbe possibile riconoscere nella Chiesa di
oggi la Chiesa di Cristo se non fosse possibile trovare in essa la sostanziale
identità con la Chiesa degli Apostoli; se non esistesse una fondamentale
continuità nel tempo tra la Chiesa fondata da Cristo su Pietro: "Tu sei
Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa" (Mt 16,18) e la Chiesa
di oggi, una continuità tra gli elementi essenziali delle Chiese formate e
fondate dagli Apostoli e quella attuale.
Possiamo
dunque dire senza esitazione che gli elementi essenziali e costitutivi della
Chiesa sono:
-
la sua fede, basata sulla predicazione
degli Apostoli, gli unici autentici garanti della rivelazione;
-
i suoi mezzi soprannaturali di salvezza,
i sacramenti, stabiliti da Cristo e promulgati dagli Apostoli;
-
i suoi sacri e sacramentali ministeri,
attraverso i quali Cristo stesso realizza la salvezza degli uomini, dando loro
la sua grazia,la sua vita e la possibilità di diventare partecipi della sua
eterna gloria.
Pertanto,
non vi può essere identità senza continuità e non può esservi continuità senza
"Traditio", senza vera e legittima "successione
apostolica". Abbiamo quindi fede, sacramenti e ministeri per la
realizzazione della vita di comunione con Dio,la quale diventa definitiva non
nel tempo, ma solo nell'eternità. A questo punto, ecco la questione che ci
siamo posti prima: quale garanzia ho che la fede, i sacramenti e i ministeri della
Chiesa di oggi sono in continuità con quelli della Chiesa degli Apostoli? Come
posso essere sicuro che il pastore della Chiesa particolare, il Vescovo, che la
personifica e la rappresenta, può dirsi con verità "successore degli
Apostoli"?
Siffatta
garanzia può derivare soltanto dalla concordanza della Chiesa particolare con
quel modello di Chiesa nella quale la fede degli Apostoli e tutto ciò che
appartiene all'essenziale natura della Chiesa di Cristo non può venire meno.
Tale Chiesa può essere solamente quella costituita da Cristo come visibile e
ultimo punto di riferimento, dal momento che essa fu fondata dall'Apostolo
Pietro, il quale ricevette dal Signore questa promessa: "io ho pregato per
te, che non venga meno la tua fede " e che, di seguito, ha ricevuto la
missione: "e tu... conferma i tuoi fratelli" (Lc 22,32). Soltanto
Pietro ricevette tale unica promessa e tale singolare missione. Solo la Chiesa
di Roma costituisce tale visibile e supremo modello, poiché essa è fondata sulla
predicazione di Pietro e sulla sua suprema testimonianza di fede e di amore per
il divino maestro e divino pastore di tutto il gregge.
Nella
Chiesa, in ogni chiesa locale, che voglia essere e rimanere la Chiesa di
Cristo, una ed unica, non vi può essere autentica e vera fede che non sia la
fede di Pietro e degli Apostoli, gli unici autentici testimoni della
rivelazione, voluti da Dio; non vi possono essere altri sacri-soprannaturali e
gerarchici ministeri, eccetto quelli voluti da Dio per l'eterna salvezza
dell'uomo.
Credo
che dovrebbe ormai risultare evidente che il fatto di essere il successore di
Pietro conferisce al Vescovo di Roma una posizione singolare all’ interno del
rapporto di comunione tra le chiese particolari; ciò gli conferisce anche una
missione esclusivamente sua in riferimento all'universalità e alla totalità
della Chiesa di Cristo, una ed unica. Ecco perché il Concilio Vaticano II,
nella costituzione Lumen Gentium (n.
20), afferma: "rimane [nella Chiesa] I'ufficio affidato dal Signore al
solo Pietro e trasmesso da lui ai suoi successori" . Le particolari
prerogative di Pietro continuano a risiedere nel Vescovo della Chiesa di Roma
fondata sulla sua suprema testimonianza di fede, di modo che tutta la Chiesa
custodisce la fede dell'Apostolo al quale il Signore ha conferito il mandato,
già riferito, di "confermare la fede dei fratelli". Ne consegue che:
1.
la custodia della fede della Chiesa è
senza dubbio il primo compito inerente al primato del Vescovo di Roma e che ne
fa, innanzitutto, una " primazia nella fede". L' insegnamento della
fede, messo in atto dai Vescovi, trova il suo più alto punto di riferimento e
di garanzia nel magistero del Vescovo di Roma. Egli è il garante della fede dei
suoi fratelli e di tutta la Chiesa: egli salvaguarda la comunione di fede.
2.
L’unità della Chiesa, però, non consiste
soltanto nell'unità di fede, ma include anche l'unità di sacramenti e di
disciplina (di governo-servizio, di struttura organica fondamentale). Il
successore di Pietro è il principio e il fondamento visibile dell'unità della
Chiesa di Cristo (cfr. Mt 16,18). Egli salvaguarda la comunione di sacramenti e
di disciplina, oltre che quella di fede, con la quale è inscindibilmente
connessa.
3.
Strettamente collegata con la
prerogativa appena menzionata, vi è la potestà, affidata in modo speciale a
Pietro, di "legare" e di "sciogliere". Pietro fu proclamato
da Cristo il detentore delle chiavi del regno dei cieli (cfr. Mt 16,19), o
amministratore delle realtà sacre che conducono alla salvezza.
4.
Infine, il Vescovo di Roma è il pastore
di tutto il gregge di Cristo, poiché tutti i componenti del gregge sono stati
affidati alla cura di Pietro (cfr. Gv 2I,15-19).
Ora
- prima di considerare alcune conseguenze di queste prerogative del Vescovo di
Roma, che nel loro insieme costituiscono il cosiddetto "primato
petrino" - è utile richiamare brevemente I'insegnamento del Concilio
Vaticano II in materia.
(continua)
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