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domenica 2 ottobre 2011

Un libro che parla di chi ha resistito al Modernismo

Ne avevamo già dato annuncio in un precedente post, (qui) in cui avevamo presentato anche una recensione.



Sentinella, quanto resta della notte (Is 21,11)?
Pensieri sul libro di
Lorenzo Bertocchi e Francesco Agnoli


Ho atteso l’uscita di questo libro per quasi cinquant’anni. Conosco gli autori e so l’amore per la verità che li anima. Eppure non è per loro che ho desiderato avere tra le mani questo agile scritto. “Sentinelle nel post-concilio” (p. 156, ed. Cantagalli) raccoglie, per le mani di diversi autori, il profilo di “dieci testimoni controcorrente” come recita il sottotitolo, dieci protagonisti della vita e del pensiero cattolico negli anni post conciliari.

Il "ritardo della pubblicazione" si deve tra l’altro ad un’ infelice espressione del beato Giovanni XXIII quando nell’indizione del Concilio proclamò che “non senza offesa per le Nostre orecchie, ci vengano riferite le voci di alcuni che, sebbene accesi di zelo per la religione, valutano però i fatti senza sufficiente obiettività né prudente giudizio. (…) A Noi sembra di dover risolutamente dissentire da codesti profeti di sventura, che annunziano sempre il peggio, quasi incombesse la fine del mondo. Nello stato presente degli eventi umani, nel quale l’umanità sembra entrare in un nuovo ordine di cose, sono piuttosto da vedere i misteriosi piani della Divina Provvidenza (…) e con sapienza dispongono tutto, anche le avverse vicende umane, per il bene della Chiesa” (discorso inaugurale al Concilio 11 ottobre 1962).

Di fatto, è cominciata un’opera di espulsione e alcuni uomini di fede sono stati, via via, sostanzialmente silenziati e congedati dal potere dominante, dal pensiero unico del politically correct e appunto, dall’ingenua ideologia dell’ottimismo. Ho aspettato queste pagine e sfogliandone i ritratti mi è come parso di sentire una voce nuova, diversa da quelle ascoltate fino ad ora negli anni degli studi di teologia o nelle tavole rotonde: inedita eppure già udita, sommessamente sussurrata, da chi la fede me l’ha comunicata. Il lavoro di Bertocchi e Agnoli è prezioso perché ci restituisce il grido di quelle sentinelle a cui per troppo tempo non solo non si è voluto prestare credito, ma neppure le si è ammesse a dire la propria.

Ora pare che qualcosa sia cambiato. “Quanti dopo aver imperversato al Concilio e nel post-concilio beandosi della loro originalità, cadono pian piano nell’oblio e le loro novità si rivelano sempre più figlie del loro tempo, effimeri tributi allo spirito di un’epoca, incapaci di resistere alla prova della storia. (…) Chi era considerato un “residuo del passato” da archiviare per sempre, viene oggi pian piano riscoperto” (p. 114).

Lo hanno atteso anche loro, questi dieci testimoni alcuni dei quali ancora viventi e per lo più sconosciuti persino “agli addetti ai lavori” perché “a lungo neppure degni di una recensione, confutazione o di una citazione”, come Eugenio Conti o Padre Thomas Tyn, Romano Amerio o Brunero Gherardini. Gli autori li hanno chiamati “sentinelle”. Questa, infatti, non solo lancia il grido di allarme perché tutti si sveglino e pongano mani alle armi…ma perché guardando le prime luci all’orizzonte sappia dire “quanto manca della notte”.

Paradossalmente, proprio il successore di Giovanni XXIII, Paolo VI ha vestito i panni del “profeta di sventura” quando nel giugno del 1972, a soli pochi anni dal termine dell’assise conciliare, constatò con amarezza che “da qualche fessura è entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio. C’è il dubbio, l’incertezza, la problematica, l’inquietudine, l’insoddisfazione, il confronto. [..] Anche nella Chiesa regna questo stato di incertezza. Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza”. A questa constatazione, seguirà quella di Giovanni Paolo II che denuncerà “un’apostasia silenziosa”. Le sentinelle, in fondo, assomigliano molto ai “profeti di sventura”.

Eppure, per quanto antipatico sia il loro monito quello cioè di avvisare, a partire dal più tenue dei segnali, l’avvicinarsi del pericolo, esse sono figure amiche. Sono collocate là sulla torretta, destinate alla solitudine e, forse, ad essere considerate delle scocciatrici quasi fossero come quegli allarmi che suonano ad ogni piè sospinto… Eppure, sono per prime amanti del fortino e dei tesori in esso custoditi. I testimoni scelti dai curatori, riproposteci nel contesto di una lettura più autentica dell’evento conciliare e al suo dispiegarsi negli anni successivi, sono indubitabilmente amici della carità nella verità, profondamente fedeli alla Chiesa e difensori della fede e, ancor più, della ragione. Come non ritenere tali il Card. Siri, Padre Pio, don Divo Barsotti, Giovannino Guareschi, Padre Cornelio Fabro? Il loro contributo di intelligenza, di realismo e di fede ci ha per molto tempo disturbato.

Avevano intuito che se non si sta “con la Chiesa di sempre, con la Chiesa del Concilio di Trento, con la Chiesa di Francesco, Tommaso, Bernardo e Agostino, la Chiesa è morta. La Chiesa è viva soltanto se, senza soluzione di continuità, si è nella Chiesa uno con gli apostoli per essere uno con Cristo” (pag.86). Pur imbavagliati e resi innocui, han seguitato a “dire la loro” per il dopo diluvio, per quelli che dovranno pur accingersi a ricostruire” (p. 19). “Non piove più” – riprende la metafora Eugenio Corti, uno tra gli scrittori italiani più affermati– “ma le acque ricoprono ancora molta terra”. Dunque, il libro riproponendo all’attualità del pensiero teologico, filosofico, liturgico il contributo di questi autori è come se riconoscesse che l’alba stia sorgendo e le acque si stanno pian piano riassorbendo. E’ un libro che segnala una speranza in atto.

E,’ tuttavia, urtante questa piccola e accessibile raccolta. Costringe tutti a ripensare al grande avvenimento del Concilio Vaticano II non come ad un evento che sancisce un nuovo inizio della Chiesa, ma come un’opera dello Spirito che spinge la “Barca di Pietro” senza dimenticare il tragitto compiuto, i porti a cui ha fatto sosta e soprattutto senza tralasciare la rotta.

Stupisce senz’altro la presenza tra le dieci, di Mons. Lefevbre, protagonista del Concilio e poi successivamente del post fino addirittura a ricevere una scomunica per aver ordinato dei Vescovi senza l’autorizzazione del Papa. La Fraternità di San Pio X da lui fondata risulta, senz’altro, la più agguerrita formazione nella salvaguardia del rito liturgico antico, da qualche anno riammesso da Papa Benedetto XVI. Schedato come integralista di destra, si è finiti per non verificare con sguardo sereno la sua critica e la sua posizione. Si pensi solo che la prima biografia su questo vescovo di contraddizione è uscita l’anno scorso dopo vent’anni dalla sua morte. La scelta di collocarlo in questo contesto è sicuramente provocatrice, ma allo stesso tempo invita a riconsiderarne la realtà e alcune sue valutazioni.

Non è più il tempo, infatti, di letture politiche secondo la stanca contrapposizione destra-sinistra o conservatori-progressisti. Ciò che preme agli autori è restituire, in primo luogo, al giudizio della storia quelle voci silenziate e, per certi versi umiliate, da un’intollerante cultura teologica e mondana che, negli anni del post Concilio, si sono incrociate sulla strada della modernità. In secondo luogo, ma per alcuni versi più importante ancora, riappropriarci di alcune grida perché, ascoltandole, possiamo uscire dalla crisi in cui è entrata il pensiero cattolico e, di conseguenza, la fede.

Alla vigilia dei cinquant’anni della convocazione conciliare occorre superare la stagione ideologica che ne ha caratterizzato la recezione, ricomporre le ferite inferte in questi anni e restituire al popolo cattolico quelle certezze di pensiero e di fede su cui, solo, è possibile camminare lieti di ciò che ci attende, grati per ciò che ci ha preceduto.


Don Massimo Vacchetti

12 commenti:

  1. la prima e unica biografia di Mons. Lefebvre è quella di Mons. Tissier, uscita in italiano almeno 7 o 8 anni fa e prima ancora in francese. Quanto all'opera siccardiana, è una deformazione romanzesco-accordista della figura del grande prelato. Da leggere solo se ci si vuole persuadere che Benedetto e Lefebvre sono la stessa persona (il che è offensivo per entrambi)

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  2. quegli eresiarchi senza dignità dei sedevacantisti stanno organizzando su milano una conferenza contro la memoria di Monsignor Lefebvre.
    dopo aver cercato di infiltrare e quasi mandato a ramengo la Messa tradizionale in Università Cattolica (salvata in extremis) continua l'opera perversa di distruzione dei "giansenisti del latinorum" nella Diocesi Ambrosiana.

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  3. Mi chiedo che cosa abbia indotto Giovanni XXIII ad assumere una posizione di così smaccato ottimismo. Non so se sbaglio, ma mi sembra che il discorso sui "profeti di svantura" sia stato pronunciato prima della crisi di Cuba del 1963, quando il mondo si trovò sull'orlo dell'olocausto termonucleare. Ricordo ancora il gelo che per qualche giorno percorse le ossa di tutti. In più da incaricato d'affari in Turchia Mons. Roncalli aveva partecipato al salvataggio di un gran numero di bambini ebrei. Se non eran queste manifestazioni del Potere delle Tenebre... Forse l'ottimismo di Giovanni XXIII era un auspicio per "smontare" le posizioni di arroccamento, che avrebbero riprodotto reciproca diffidenza con pericoli di guerra, mentre in una società mondialista occorreva aprirsi al dialogo. Da notare che la tendenza conservatrice implicava un "lasciar passare" la resistenza dura al processo di decolonizzazione in atto, con sangue e torture, come in Algeria. Saggio sarebbe stato seguire il detto manzoniano: "Adelante, Pedro, con juicio" E poi, incredibile il non cale rispetto alle prospettive mostrate dall'Apocalisse: non un'ascesa lineare dell'umanità, ma una serie di ascese e di ricadute, in una visione assolutamente drammatica della storia. A suo tempo circolarono alcune battute terribili: "Se il Signore non gli apre gli occhi, almeno che glieli chiuda"; "Per rimettere a posto i danni fatti da questo sant'uomo ci vorranno cinquant'anni." ( Ora sappiamo che cinquanta non sarebbero bastati. ) La seconda battutaccia attribuita al card. Siri, che smentì in un colloquio con Paolo VI, che gliene aveva chiesto conto. O forse umanamente parlando mons. Roncalli, uomo dalla spiritualità controriformistica rivolta prevalentemente all'interiorità non aveva gli strumenti intellettuali poderosi necessari per conoscere l'insieme e i particolari, come era stato per Pio XII e com'era al presente per il card. Siri, non certo un simpatico "battutista" da Fioretti di san Francesco, ma ecezionalmente preparato?
    Pongo una questione collaterale a chi sa. QUANTE VOLTE NEI TESTI CONCILIARI SI PARLA DI SATANA, signore del mondo per san Giovanni e per san Paolo, e del PERICOLO DI DANNAZIONE, molto più grave per ogni uomo del disagio economico? Se non si tiene presente la strapotenza del Potere delle Tenebre non ha più senso l'idea che per strappare l'umanità alle sue grinfie è stato necessario un intervento non inferiore alla SOFFERENZA DI DIO?

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  4. Accusano Monsignore di non aver preso una posizione sedevacantista... quindi per loro anche Monsignore ha sbagliato!

    Mancano completamente di astuzia nel combattere la "buona battaglia", ed il loro lavoro e' controproducente perche' privo di PRUDENZA, che non vuol dire non combattere, ma farlo con FURBIZIA, arma della quale i modernisti sono molto piu' forniti di noi, e ve lo dico in quanto l'ho imparato sulla mia pelle, commettendo in passato errori simili, pero' in buona fede in quanto animato da sano zelo ma irriflessivo.

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  5. <span>Chi fosse interessato può trovare al mio link un resoconto dell'incontro di Roma su Assisi, coordinato da Lorenzo Bertocchi coautore del libro citato.   
    http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2011/10/echi-del-convegno-pellegrini-della.html</span>

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  6. Peccato non avere incluso tra le sentinelle Dietrich von Hildebrand. "Il cavallo di Troia nella Città di Dio" (1967) e "La vigna devastata" (1973) sono opere fondamentali.

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  7. Sì l'ho pubblicato pure io (mi riferisco al solito 'placet' beffardo). Ed è evidente che lo dico, perché ho dato la mia versione e la mia visione dell'evento e ci tengo a condividerla. Tutto qui.

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  8. Caro Francesco è un autore che non consoco. Penso comunque che sia difficile trovare ancora in circolazione le sue opere che, probabilmente, come quelle di Siri, Spadafora ed altri, non sono più in circolazione.
    Sai in questo modo di quanti nomi e di quanti contributi alla verità purtroppo sarà già operante la "damnatio mamoriae"?

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  9. Mi scusi, sig. Ospite, lei che cosa sa di tutte queste faccende sulla Messa in Cattolica? E chi è lei? Si potrebbe saperlo?

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  10. Fu un grande filosofo cattolico. Ho trovato questa intervista fatta alla moglie:

    http://www.introiboadaltaredei.info/2010/01/15/stupefacente-se-non-e-overdose-e-profezia/

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  11. Guardi che i sedevacantisti la pensano esattamente come lei, solo che differenza dei lefebriani, sanno trarre le esatte conseguenze del proprio pensiero e chamare con il giusto nome la propria teologia

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  12. e invece no, si vede che non sei preparato ospite3.

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