A tre anni dalla pubblicazione del Summorum Pontificum il Prefetto della Congregazione per il Culto Divino traccia un primo bilancio in questa intervista rilasciata al Tagespost.
- Eminenza, quando il Santo Padre scrisse all’episcopato mondiale a proposito del Summorum Pontificum parlò perfino di dure opposizioni. Le cose sono cambiate?
Il clima è sostanzialmente rimasto lo stesso. Credo tuttavia che sia in corso un cambiamento. Viene compreso sempre più quale sia l’oggetto del motu proprio. La comprensione della liturgia nella tradizione della Chiesa è cresciuta e lo stesso vale per l’ermeneutica della continuità. Tutto questo contribuisce non solo all’accettazione del motu proprio, ma a portare avanti un rinnovamento della liturgia, nel senso che lo spirito della liturgia viene nuovamente vissuto in profondità.
- In Francia esistono due seminari diocesani che educano i loro seminaristi alla celebrazione in entrambe le forme del rito romano. Come giudica questo esempio?
Esiste un’unica liturgia. Conseguentemente le due forme del rito vanno entrambe bene appunto perché si tratta di una sola ed unica liturgia. Circa questo punto bisogna osservare come la Chiesa, sulla base dell’ermeneutica della continuità, non abbia mai né congelato né interrotto la continuità con il Messale di Giovanni XXIII. La tradizione della Chiesa viene integrata dallo sviluppo seguente il Concilio Vaticano II, pertanto la formazione liturgica di tutti deve sempre essere orientata dalla Costituzione Sacrosanctum Concilium. Alla luce della ricchezza del rito romano nella sua integrità, alla quale appartengono sia il Messale di Giovanni XXIII che la riforma liturgica postconcliliare, non è possibile contrapporre le due forme: esse sono espressione della medesima ricchezza liturgica.
- Condivide la scelta del Vescovo di Tolone, che ha voluto che i suoi seminaristi fossero educati alla celebrazione in entrambe le forme?
Egli vede la tradizione della Chiesa proprio secondo l’ermeneutica della continuità. E poiché la Sacrosanctum Concilium resta ovviamente valida, egli le dà seguito secondo una formazione liturgica nella quale viene appresa la celebrazione in entrambe le forme. I buoni frutti di questa scelta sono già visibili nella Diocesi di Tolone.
- Quali elementi della forma straordinaria potrebbero essere integrati in quella ordinaria?
Il senso del mistero e del sacro, e soprattutto il senso di ciò che comporta la Sovranità del Signore. Si tratta della grandezza di Dio e del Suo mistero. L’uomo è sempre indegno di avere parte attiva in questa liturgia donata da Dio. Dobbiamo riscoprire il Diritto di Dio, lo “ius divinum”: prima lo si fa, meglio è. Purtroppo oggi si ha spesso l’impressione che la liturgia sia qualcosa di cui l’uomo può disporre e nella quale sia lui stesso ad agire. Questo rispecchia la secolarizzazione del nostro tempo, che mette altri aspetti in secondo piano. Ciò ha fatto sì che la riforma liturgica del Concilio Vaticano II non abbia prodotto i frutti desiderati.
- Cosa consiglia ai Sacerdoti? Come dovrebbero iniziare?
I Sacerdoti devono tornare a prepararsi alla S. Messa così com’è previsto nel rito straordinario. Lo stesso vale per l’atto penitenziale e la consapevolezza che non siamo noi a rendere noi stessi degni di celebrare, ma la nostra fiducia nella misericordia e nel perdono di Dio che ci avvicinano alla presenza di Dio nella celebrazione. Un tesoro da non dimenticare è la dimensione del Sacrificio così com’è descritta nei testi di preghiere. Da tutto questo emerge un atteggiamento molto profondo che dovremmo interiorizzare.
- Eminenza, quando il Santo Padre scrisse all’episcopato mondiale a proposito del Summorum Pontificum parlò perfino di dure opposizioni. Le cose sono cambiate?
Il clima è sostanzialmente rimasto lo stesso. Credo tuttavia che sia in corso un cambiamento. Viene compreso sempre più quale sia l’oggetto del motu proprio. La comprensione della liturgia nella tradizione della Chiesa è cresciuta e lo stesso vale per l’ermeneutica della continuità. Tutto questo contribuisce non solo all’accettazione del motu proprio, ma a portare avanti un rinnovamento della liturgia, nel senso che lo spirito della liturgia viene nuovamente vissuto in profondità.
- In Francia esistono due seminari diocesani che educano i loro seminaristi alla celebrazione in entrambe le forme del rito romano. Come giudica questo esempio?
Esiste un’unica liturgia. Conseguentemente le due forme del rito vanno entrambe bene appunto perché si tratta di una sola ed unica liturgia. Circa questo punto bisogna osservare come la Chiesa, sulla base dell’ermeneutica della continuità, non abbia mai né congelato né interrotto la continuità con il Messale di Giovanni XXIII. La tradizione della Chiesa viene integrata dallo sviluppo seguente il Concilio Vaticano II, pertanto la formazione liturgica di tutti deve sempre essere orientata dalla Costituzione Sacrosanctum Concilium. Alla luce della ricchezza del rito romano nella sua integrità, alla quale appartengono sia il Messale di Giovanni XXIII che la riforma liturgica postconcliliare, non è possibile contrapporre le due forme: esse sono espressione della medesima ricchezza liturgica.
- Condivide la scelta del Vescovo di Tolone, che ha voluto che i suoi seminaristi fossero educati alla celebrazione in entrambe le forme?
Egli vede la tradizione della Chiesa proprio secondo l’ermeneutica della continuità. E poiché la Sacrosanctum Concilium resta ovviamente valida, egli le dà seguito secondo una formazione liturgica nella quale viene appresa la celebrazione in entrambe le forme. I buoni frutti di questa scelta sono già visibili nella Diocesi di Tolone.
- Quali elementi della forma straordinaria potrebbero essere integrati in quella ordinaria?
Il senso del mistero e del sacro, e soprattutto il senso di ciò che comporta la Sovranità del Signore. Si tratta della grandezza di Dio e del Suo mistero. L’uomo è sempre indegno di avere parte attiva in questa liturgia donata da Dio. Dobbiamo riscoprire il Diritto di Dio, lo “ius divinum”: prima lo si fa, meglio è. Purtroppo oggi si ha spesso l’impressione che la liturgia sia qualcosa di cui l’uomo può disporre e nella quale sia lui stesso ad agire. Questo rispecchia la secolarizzazione del nostro tempo, che mette altri aspetti in secondo piano. Ciò ha fatto sì che la riforma liturgica del Concilio Vaticano II non abbia prodotto i frutti desiderati.
- Cosa consiglia ai Sacerdoti? Come dovrebbero iniziare?
I Sacerdoti devono tornare a prepararsi alla S. Messa così com’è previsto nel rito straordinario. Lo stesso vale per l’atto penitenziale e la consapevolezza che non siamo noi a rendere noi stessi degni di celebrare, ma la nostra fiducia nella misericordia e nel perdono di Dio che ci avvicinano alla presenza di Dio nella celebrazione. Un tesoro da non dimenticare è la dimensione del Sacrificio così com’è descritta nei testi di preghiere. Da tutto questo emerge un atteggiamento molto profondo che dovremmo interiorizzare.
- Nella sua lettera ai Vescovi il Santo Padre ha sottolineato che con il motu proprio viene perseguita la riconciliazione interna della Chiesa. Come giudica il dibattito sulle ordinazioni illecite della Fraternità Sacerdotale San Pio X?
Le ordinazioni rappresentano un momento delicato in un tempo ricco di decisioni importanti. Sarebbe stato auspicabile che si aspettasse a procedere, dal momento che se un giorno si desse una concreta opportunità di accordo, questa potrebbe essere ostacolata proprio dal fatto delle ordinazioni.
- Parliamo della Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid nel 2011. Cosa consiglia a tutti quei giovani che mostrano curiosità nei confronti della Messa in rito antico?
I giovani devono essere allevati nello spirito della liturgia. Sarebbe un errore porsi polemicamente a favore di un rito o dell’altro. Essi hanno bisogno di essere condotti al senso della preghiera e del mistero di Dio. Deve essere trasmessa loro la lode ed il ringraziamento che la Chiesa attraverso i secoli ha espresso nella liturgia. Ciò che oggi manca ai giovani è soprattutto una buona formazione liturgica, indipendentemente dalla forma in cui questa avviene. Questa è la grande sfida per il prossimo futuro, anche per la Congregazione per il Culto Divino ed i Sacramenti. Oggi abbiamo bisogno di un nuovo movimento liturgico, come esisteva nel secolo Diciannovesimo e Ventesimo. Non si tratta dunque di una forma o dell’altra, ma della liturgia in quanto tale.
- Come potrà tale nuovo movimento liturgico diventare realtà?
Abbiamo bisogno di una nuova introduzione al Cristianesimo. Anche per bambini e ragazzi. Una introduzione alla liturgia non consiste soltanto in ciò che si deve sapere sulla celebrazione, anche se ovviamente questa resta ineludibile in ambito teologico e dottrinario. Giovani e bambini devono prendere parte a liturgie solenni, permeate dal mistero di Dio. Partecipazione attiva non vuol dire fare qualcosa, ma fare il proprio ingresso nel rito nel ringraziamento, nel silenzio, nell’ascolto, nella preghiera ed in tutto ciò in cui realmente la liturgia consiste. Finché ciò non avrà luogo, non potrà esistere alcun rinnovamento liturgico. Dobbiamo compiere una svolta di centottanta gradi. La pastorale giovanile dovrà essere un luogo in cui possa verificarsi l’incontro con Cristo vivente nella Chiesa. Lì dove Cristo si mostra come qualcuno che appartiene al passato, non è possibile né partecipazione attiva né formazione liturgica. Nessun rinnovamento, per quanto possa essere necessario, potrà mai aver luogo, se la consapevolezza del Cristo vivente non si risveglierà.
Le ordinazioni rappresentano un momento delicato in un tempo ricco di decisioni importanti. Sarebbe stato auspicabile che si aspettasse a procedere, dal momento che se un giorno si desse una concreta opportunità di accordo, questa potrebbe essere ostacolata proprio dal fatto delle ordinazioni.
- Parliamo della Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid nel 2011. Cosa consiglia a tutti quei giovani che mostrano curiosità nei confronti della Messa in rito antico?
I giovani devono essere allevati nello spirito della liturgia. Sarebbe un errore porsi polemicamente a favore di un rito o dell’altro. Essi hanno bisogno di essere condotti al senso della preghiera e del mistero di Dio. Deve essere trasmessa loro la lode ed il ringraziamento che la Chiesa attraverso i secoli ha espresso nella liturgia. Ciò che oggi manca ai giovani è soprattutto una buona formazione liturgica, indipendentemente dalla forma in cui questa avviene. Questa è la grande sfida per il prossimo futuro, anche per la Congregazione per il Culto Divino ed i Sacramenti. Oggi abbiamo bisogno di un nuovo movimento liturgico, come esisteva nel secolo Diciannovesimo e Ventesimo. Non si tratta dunque di una forma o dell’altra, ma della liturgia in quanto tale.
- Come potrà tale nuovo movimento liturgico diventare realtà?
Abbiamo bisogno di una nuova introduzione al Cristianesimo. Anche per bambini e ragazzi. Una introduzione alla liturgia non consiste soltanto in ciò che si deve sapere sulla celebrazione, anche se ovviamente questa resta ineludibile in ambito teologico e dottrinario. Giovani e bambini devono prendere parte a liturgie solenni, permeate dal mistero di Dio. Partecipazione attiva non vuol dire fare qualcosa, ma fare il proprio ingresso nel rito nel ringraziamento, nel silenzio, nell’ascolto, nella preghiera ed in tutto ciò in cui realmente la liturgia consiste. Finché ciò non avrà luogo, non potrà esistere alcun rinnovamento liturgico. Dobbiamo compiere una svolta di centottanta gradi. La pastorale giovanile dovrà essere un luogo in cui possa verificarsi l’incontro con Cristo vivente nella Chiesa. Lì dove Cristo si mostra come qualcuno che appartiene al passato, non è possibile né partecipazione attiva né formazione liturgica. Nessun rinnovamento, per quanto possa essere necessario, potrà mai aver luogo, se la consapevolezza del Cristo vivente non si risveglierà.
Tante parole per non aver detto sostanzialmente nulla. Fumo e ancora fumo, ma nella pratica concreta cosa si vuol fare?
RispondiEliminaRestando alle parole: la S. Messa (trad.) esprime "il senso del mistero e del sacro, e soprattutto il senso di ciò che comporta la Sovranità del Signore. "
RispondiEliminaBisognerebbe fare poi il passo successivo: cioè dire come mai trasmette questo "senso" che è solo l'epifenomeno della mole teologica che ogni gesto della liturgia di sempre manifesta. Se il NOM questo senso non trasmette... cercare di "rinciuicarlo" non è una grande strategia.
<span>Restando alle parole: la S. Messa (trad.) esprime "il senso del mistero e del sacro, e soprattutto il senso di ciò che comporta la Sovranità del Signore. "
RispondiEliminaBisognerebbe fare poi il passo successivo: cioè dire come mai trasmette questo "senso" che è solo l'epifenomeno della mole teologica che ogni gesto della liturgia di sempre manifesta. Se il NOM questo senso non trasmette... cercare di "rinciuciarlo" non è una grande strategia.</span>
Giovani e bambini devono prendere parte a liturgie solenni, permeate dal mistero di Dio.
RispondiEliminae COME, esattamente ?
Parole, parole, parole...
RispondiEliminaLa mia idea:
RispondiEliminaLORO (i "pretoni") devono rimuovere gli ostacoli e le "resistenze al cambiamento" prepensionando, rottamando, destinando a superiori improduttivi incarichi, richiamando e rimuovendo.
NOI (i cd. "tradizionalisti") ci dobbiamo impegnare, pure noi non tanto a parole (merce di cui abbondiamo ampiamente, basta leggere questo mio intervento...), per ottenere le celebrazioni; inoltre non dovremmo mostrare la parte esasperata di noi (giustamente esasperata, mi s'intenda); quest'aspetto non facilita l'avvicinarsi alla nostra attività d'apostolato. Dovremmo finalmente mostrare che quelli che vanno controsenso in autostrada sono loro, gente martellata da quarant'anni di buonismo, di sorrisi eginetici, di commissioni parrocchiali per l'accoglienza (di chi?) ma non giova spiattellargli sul muso la triste condizione della Chiesa perché noi non sorridiamo e allora siamo scismatici. Dobbiamo fare un'opera maieutica di scoperta, non di marketing; e questo riuscirà con molti ma non con tutti.
La mia idea...
"Il vostro parlare sia "Sì, sì.... No, no" il di più viene dal Maligno".......
RispondiEliminaPerchè la Congregazione del culto non fa un bel documento in cui si prescriva come celebrare degnamente e correttamente la Santa Messa di Paolo VI? Non chiediamo la luna, ma almeno questo......
Ad esempio: norme che proibiscano l'adeguamento liturgico delle chiese antiche
norme che prevedano la ricostruzione delle balaustre
norme che incoraggino a mettere un grande crocifisso quando si celebra coram populo
norme che obblighino all'uso del piattino alla comunione o all'uso del campanello alla consacrazione
norme che prescrivano che i paramenti siano decorosi e belli
norme che rendano obbligatorio l'uso di amitto e cingolo
norme che prescrivano la borsa e il vero per il calice
norme che prescrivano la veste talare sotto il camice quando si celebra la Messa.....
norme che lascino liberi i parroci di utilizzare il canone in latino almeno in qualche messa domenicale
norme che abroghino le disposizioni della CEI del 1996 sull'adeguamento liturgico delle Chiese che contrastano con altre disposizioni della Santa Sede.....
Oppure dare qualche segnale: un Messa nel rito antico celebrata dal Santo Padre.....
Eliminare almeno nelle basiliche romane l'uso della comunione sulla mano ripristinando l'inginocchiatoio.....
LO SO il lavoro da fare è immenso, ma almeno si cominciasse.....
basterebbe magari punire e richiamare chi commette gli abusi che quotidianamente sono documentati....
COMUNQUE possiamo noi piccoli almeno pregare la Madonna che salvi la liturgia dal pietoso stato in cui si trova....
Areki, per la celebrazione "degna e corretta" della Messa di Paolo VI basta il messale.
RispondiEliminaCiò che si discosta dal messale è abuso, e riconosco che ce ne sono troppi. Occorrerebbe piuttosto invitare a cogliere tutte le immense opportunità offerte da quel messale, che invece spesso - e qui vengo dalla tua parte - viene banalizzato, applicato al 10% delle sue stupende possibilità.
Personalmente vedrei con favore alcune delle "prescrizioni" che citi, ma altre per nulla. Condivido molto di più le importanti indicazioni del card. Canizares, che penso vadano sottolineate, in particolare:
- "Essi [i giovani] hanno bisogno di essere condotti al senso della preghiera e del mistero di Dio. Deve essere trasmessa loro la lode ed il ringraziamento che la Chiesa attraverso i secoli ha espresso nella liturgia. Ciò che oggi manca ai giovani è soprattutto una buona formazione liturgica... Questa è la grande sfida per il prossimo futuro, anche per la Congregazione per il Culto Divino ed i Sacramenti... Non si tratta dunque di una forma o dell’altra, ma della liturgia in quanto tale."
E vorrei che tutti non dimenticassimo questa importante raccomandazione:
- "Sarebbe un errore porsi polemicamente a favore di un rito o dell’altro."
Accolgo infine l'invito alla preghiera.
Una nota personale: da quando ti leggevo su Cattolici Romani mi sembri diventato più radicale, mentre là splendevi (lo dico con grande serietà) per equilibrio e moderazione, tanto che ti consideravo esempio di un corretto amore per la liturgia antica. Che cos'è successo da allora? Un saluto.
fino a 18 mesi fa quando pronunciavo la parola messa mi riferivo all'unica messa da me conosciuta: ovvero la messa protestante in salsa bugniniana. Poi grazie ha Dio ho conosciuto la vera messa cattolica: la messa di sempre. Dopo un periodo in cui frequentavo sia l'una che l'altra, le cose sono maturate nel modo in cui ovviamente devono maturare: ho scoperto che da una parte c'è la Messa intesa come momento di elevazione spirituale dove il protagonista è Cristo Re, dall'altro c'è una riunione solo fittizia tra persone nelle quali il protagonista è il prete ed i laici in tonaca che giocano a fare i pretuncoli. Da una parte il Sacro, dall'altra nulla più che una riunione tra persdone come se ne trovano tante nelle sezioni dei partiti, nelle assemblee sindacali, nei concertri rock. E dove soprattutto non si entra in contatto con il Re dei Re. Pensare di unire e di far convivere il sacro ed il profano è solo un pretesto per non ammettere che i frutti malvagi e deleterii del diabolico concilio ecumenico e della eretica riforma liturgica con esso IMPOSTA, sono prodotti da un albero che è malato e che mutuando il vangelo, non può che produrre frutti malati. "li riconoscerete dai frutti che produrranno", un albero buono non può produrre frutti malati.
RispondiEliminaCodesto benedetto uomo forse non ci vede bene, anche un cieco vedrebbe che il NOM differisce dal VO e questa affermazione e' stata fatta da eminenti persone come i Cardinali Ottaviani e Bacci Nel "Breve esame critico sul Novus Ordo Missae dei Cardinali Ottaviani - Bacci", ma daltronde non ci sta' da stupirsi dato che riesce a celebrare contemporaneamente il NOV, il VO e la blasfema celebrazione Neocatecumenale, fossi in lui la smetterei di rilasciare dichiarazioni, farebbe una piu' bella figura dato che il fondatore di tale setta con la sua combriccola cosi' predicano sfacciatamente da oltre quaranta anni:
RispondiEliminaCome dicevo prima la setta CN cosi' predica sul Sacrificio Eucaristico:
RispondiElimina[…]“Carmen vi ha spiegato come le idee sacrificali, che Israele aveva avuto ed aveva sublimato, si introdussero di nuovo nella Eucarestia cristiana. Forse che Dio ha bisogno del Sangue del Suo Figlio, del suo sacrificio per placarsi? Ma che razza di Dio abbiamo fatto? Siamo arrivati a pensare che Dio placava la sua ira nel sacrificio di Suo Figlio alla maniera degli dèi pagani. Per questo gli atei dicevano: Che tipo di Dio sarà quello che riversa la sua ira contro Suo Figlio nella croce?… E chi poteva rispondere?… Le razionalizzazioni sull’Eucarestia ci avevano condotto a queste deformazioni. Ma le cose non stanno così. Dio, in Cristo, dice San Paolo, stava riconciliando il mondo in noi, non perché Cristo placa Dio in qualche modo, ma perché vuole dimostrare agli uomini che ci ama nonostante il nostro peccato; aveva bisogno di dimostrarci che anche se ammazzavano Suo Figlio continuava ad amarci. Dio stava riconciliando il mondo con sé attraverso Gesù Cristo. E’ il mondo che aveva bisogno di scoprire l’amore di Dio. Questa catechesi non si dà in un giorno e neppure in due. Per questo inizieremo un cammino lungo di anni dove scopriremo e approfondiremo questa meraviglia. Vi assicuro che il rinnovamento del Concilio Vaticano II porterà la Chiesa ad una gloria indescrivibile e riempirà di stupore e ammirazione gli orientali e i protestanti. Tutti insieme ci siederemo sulla pietra angolare, sulla roccia dove non esistono divisioni. Il Concilio è ecumenico.
Ma una volta che questo non è più necessario, [il sacrificio] non bisogna insistervi più. Perché quel momento storico è passato. Perché se metti qualcosa come contrappeso sulla bilancia perché non si sbilanci, una volta che il peso opposto è scomparso, non bisogna conservare il contrappeso perché se no si sbilancia dall’altro lato. Se le cose sono come devono essere, non bisogna insistere.
Lo Spirito Santo ha portato la Chiesa, attraverso i secoli, a rispondere a realtà concrete che le si presentavano. Per esempio: qualcuno può dire perché Dio ha permesso che nell’Eucarestia entrassero l’Introito e l’Offertorio, o tutte queste idee sacrificali? Perché in quel momento storico era necessario. La Chiesa ha dovuto accettare un momento storico molto importante, quello in cui masse senza catechizzazione entrarono nella Chiesa, uomini che non erano ebrei, che venivano dai loto templi dove facevano i loro riti e le loro feste: perché tutti i popoli sono sempre stati religiosi. Che cosa ha dovuto fare la Chiesa con tutta questa gente? Accettare questa realtà e cercare a poco a poco di trasformare questa mentalità pagana in cristiana. E come ha fatto? Cristianizzando le loro feste, i loro riti. Per questa ragione fu necessario che le offerte entrassero nell’Eucarestia, perché questa idea di offrire a Dio non si toglie dalla testa della gente in un giorno. Abbiamo la tentazione di assimilare le cose razionalmente. Questa notte celebreremo una meravigliosa Eucarestia. Rallegratevi, perché la celebreremo come dice il Concilio. _____________________
Continua...
RispondiEliminaDunque, secondo Kiko Arguello, «le idee sacrificali e sacerdotali» sarebbero proprie del paganesimo (p.322); «l'idea del sacrificio» sarebbe «retrocedere all'Antico Testamento» (iv.). «Anche Israele, per un certo periodo, ebbe questo tipo di culto sacrificale, dal quale poi - secondo il nostro esegeta - sarebbe passato «ad una liturgia di lode, di glorificazione» (p.320). Per cui i neoconvertiti della Chiesa primitiva avrebbero trovato «nella liturgia cristiana i riti religiosi pagani (....) che già il popolo di Israele aveva superato» (iv.).
Carmen è convinta che «le idee sacrificali, che Israele aveva avuto e aveva sublimato, si introdussero di nuovo nell'Eucaristia cristiana» (p. 333).
- Ma quali «ragioni del tutto contingenti» può aver avuto la Chiesa per «permettere», non solo, ma per imporre come fondamentale dogma di fede il carattere sacrificale della celebrazione eucaristica? A questo riguardo Kiko e Carmen sembra che delirino. Noi li seguiremo tornando sul concetto di «sacrificio» in generale. Essi lo rifiutano perché privo di uno scopo: «Offrire cose a Dio per p l a c a r l o» -secondo loro- era proprio delle «religioni naturali», pagane (p. 320). Ora, ciò suppone che Dio possa «offendersi», adirarsi, esigere una riparazione che in qualche modo restituisca a lui ciò che l'uomo, peccando, gli ha sottratto: «Forse che Dio ha bisogno del sangue del suo Figlio, del suo sacrificio, per placarsi? Ma che razza di Dio abbiamo fatto? Siamo arrivati a pensare che Dio placava la sua ira nel sacrificio del suo Figlio alla maniera degli dei pagani. Per questo gli atei dicevano: "che tipo di Dio sarà quello che riversa la sua ira contro suo Figlio nella Croce?"» (p. 333).
Sono un pò delusa da questa intervista....volevo già commentare su Rinascimento Sacro dove l'ho letta due giorni fa, ma un difetto di collegamento impedisce al momento i commenti...
RispondiEliminaSegnalavo questi punti:
Una "nuova" introduzione al cristianesimo? :'(
ma perchè sempre questa MANIA DEL "NUOVO" quando abbiamo duemila anni di ESPERIENZA, COLLAUDO E SANTITA'?
Io spero almeno che in tal modo si stiano rendendo conto della gravità della situazione riepilogate nelle parole del cardinale del Culto divino che però si ostinano a non condannare ciò che permette l'abusivismo liturgico a cominciare dai Catechismi della CEI in materia.... I libri della Elledici in materia, specialmente quelle ai piccoli, e datati 2010, recano ancora la VECCHIA dottrina errata del dopo Concilio sul significato della Messa insegnata ai bambini esclusivamente come BANCHETTO, disegni di bambini festanti ATTORNO ALLA TAVOLA IMBANDITA (con l'imancabile rosetta o pagnotta) con il prete senza casula e spesso seduti a terra mentre egli fa la consacrazione...
Non esiste forse una supervisione che permette ancora oggi la pubblicazione di queste aberrazioni sulla Liturgia?
Come intendono procedere?
Che senso ha rilasciare queste interviste come a sottolineare che la responsabilità risiederebbe esclusivamente nelle attività liturgiche della Parrocchia, quando abbiamo una Congregazione per il Culto e i Sacramenti che dovrebbe agire CORREGGENDO CON L'AUTORITA' APOSTOLICA?
Caro Ospite, non basta affatto SOLO il Messale di Paolo VI per celebrare in modo "degno e corretto" perchè proprio INTERPRETANDO tale Messale, il Crocefisso è stato tolto dagli altari, gli inginocchiatoi sono spariti, si è passati all'obbligo della comunione alla mano, SI E' INVENTATA LA MESSA DEI FANCIULLI...si è permesso a Kiko di creare Chiese su misura per il suo Cammino e che si vorrebbero imporre alle Parrocchie... il prete celebra senza casula... sposi e bambini ruotano ancora attorno all'altare durante la Messa... i canti gregoriani sono stati banditi, il canone in latino della Consacrazione è letteralemnte SPARITO dalle Parrocchie....perfino l'arte nella costruzione delle NUOVE chiese, interpretando IL MESSALE PAOLO VI ha subito nefandezze, ha sfrattato il Tabernacolo dal posto centrale e perfino dalla Chiesa...ha eliminato i confessionali....
E non sono io a dirlo, ma molti preti che proprio GRAZIE AL MESSALE PAOLO VI le Parrocchie agiscono COME MEGLIO CREDONO DI DOVER FARE... se ti poni in confronto con loro, ti citano questo Messale per giustificare i loro cambiamenti...
e allora, cosa ci sta a fare la Congregazione per il Culto se non è in grado di emanare DIRETTIVE SEVERE CHE IMPONGANO UN UNICA INTERPRETAZIONE NELLA TRADIZIONE di questo Messale?
;)
norme che prevedano l'abolizione del 80% delle preghiere eucaristiche.
RispondiEliminanorme che prevedano l'uso obbligatorio dell'organo e la proibizione di strumenti di origine profana con relativo ciarpame musicale.
norme.........
Sarebbe un errore porsi in conflitto fra i due riti, è vero, ma se il rito nella forma NOM fosse davvero corretto....ma dica con tutta onestà, è corretto come viene celebrato nella maggiorparte delle Parrocchie? Io direi proprio di no!
RispondiEliminaIL CONFLITTO subentra proprio perchè il NOM (e non il VOM) non si applica nella Tradizione, ma ancora nella CREATIVITA' di ognuno...
Ergo, cosa direbbe di così interessante il cardinale Prefetto del Culto? NULLA!
anzi, dice cose gravissime, sottolinea che da 40 anni i GIOVANI HANNO ANCORA BISOGNO DI ESSERE CONDOTTI NEL MISTERO DI DIO....e per questo, dice il prelato, occorrerebbe UNA NUOVA INTRODUZIONE AL CRISTIANESIMO....ancora con questa mania del NUOVO?
E a quando l'applicazione della TRADIZIONE?
Perchè cercare ancora il NUOVO in tal senso quando abbiamo UN PATRIMONIO, UN DEPOSITO FIDEI CHE E' SCONOSCIUTO AI GIOVANI e forse di più agli adulti?
Non entro in merito alla sua Nota personale, ma conosco anch'io Areki don Bernardo nei suoi scritti da molto tempo e il suo equilibrio è inalterato... forse sono altri forum che hanno cambiato rotta adeguandosi alle mode dei tempi! ;)
caro don Bernardo sottoscrivo una per una le tue proposte ma non posso fare a meno di rilevare che il problema è a monte: stante la diffusa crisi dell'obbedienza CHI obbedirebbe a queste ed altre norme, visto che già disobbediscono a quelle esistenti? Ad esempio il piattino è già dichiarato obbligatorio da Redemptionis Sacramentum, ma sappiamo bene che persino certi vescovi non lo usano...
RispondiEliminaCredo che oltre alle norme (che, ripeto, sono necessarie) sia necessario un profondo lavoro di "rieducazione" allo spirito della liturgia. E' quello che sta cercando di fare il Papa. Richiede tempi lunghissimi, non sempre conformi alla nostra (im)pazienza. Ma è l'unica strada affinché le norme siano non solo osservate ma anche interiorizzate.
<span>… la Chiesa, sulla base dell’ermeneutica della continuità, non abbia mai né congelato né interrotto la continuità con il Messale di Giovanni XXIII…</span>
RispondiEliminaJe me frotte les yeux quand je lis des choses comme ça…
Signori,
RispondiEliminaè comprensibile l'esasperazione per l'immobilismo del Vaticano nel far applicare... i suoi stessi documenti e motu proprio. Ma leggete tra le righe, anzi: leggete le righe di questa intervista. E cominciate a chiedervi, in primo luogo, se mai avreste pensate di sentirle, in bocca ad un Prefetto del Culto Divino. Solo parole, certo, e come tali insufficienti. Ma almeno...
L'intervista dice moltissime cose positive e condivisibili. Condite, certo, con quella che potremmo definire la 'santa ipocrisia' delle due forme rituali in continuità, ecc. Cose scritte nel motu proprio (e che nemmeno Ratzinger pensa: nella sua autobiografia dice che si fece a pezzi l'antico edificio per farne uno nuovo...): ecché volete che dica un Papa, o un Prefetto? Specie qui, in un'intervista ad un giornale 'cattolico', quindi rivolto a quella gran maggioranza clericale che alla lettura di questa intervista avrà avuto un ascesso di bile.
Anche la critica alle ordinazioni della FSSPX lascia il tempo che trova. Ma ci sono punti estremamente importanti e positivi: tra i primi, quell'esplicito incoraggiamento al vescovo di Tolone, che - unico o quasi al mondo - ha un seminario biritualista, e non a caso affollatissimo. Se già solo si riuscisse a diffondere il modello...
<span>Signori,
RispondiEliminaè comprensibile l'esasperazione per l'immobilismo del Vaticano nel far applicare... i suoi stessi documenti e motu proprio. Ma leggete tra le righe, anzi: leggete le righe di questa intervista. E cominciate a chiedervi, in primo luogo, se mai avreste pensate di sentirle, in bocca ad un Prefetto del Culto Divino. Solo parole, certo, e come tali insufficienti. Ma almeno...
L'intervista dice moltissime cose positive e condivisibili. Condite, certo, con quella che potremmo definire la 'santa ipocrisia' delle due forme rituali in continuità, ecc. Cose scritte nel motu proprio (e che nemmeno Ratzinger pensa: nella sua autobiografia dice che si fece a pezzi l'antico edificio per farne uno nuovo): ecché volete che dica un Papa, o un Prefetto? Specie qui, in un'intervista ad un giornale 'cattolico', quindi rivolto a quella gran maggioranza clericale che alla lettura di questa intervista avrà avuto un ascesso di bile.
Anche la critica alle ordinazioni della FSSPX lascia il tempo che trova. Ma ci sono punti estremamente importanti e positivi: tra i primi, quell'esplicito incoraggiamento al vescovo di Tolone, che - unico o quasi al mondo - ha un seminario biritualista, e non a caso affollatissimo. Se già solo si riuscisse a diffondere il modello!</span>
<span>Enrico</span>
Condivido l'inTevento della redazione.
RispondiEliminaCerto qua e là l'intervista è deludente e non sempre è rispettata la verità.
Così, ad es. si dice che il rito di S. Pio V non è stato MAI congelato e la Chiesa non ha MAI interrotto la continuità. Senz'altro da qualche parte (Cina: Chiesa patriottica e chiesa clandestina per anni; la S. Pio X e qualche indultino) la continuità non è stata interrotta, ma pressoché universale è stata l' interdizione di fatto contro il diritto, soltanto di recente e solo in parte ristabilito. Ma l'espressione del cardinale è equivoca: potrebbe anche voler dire che non c'è rottura tra l'antico rito che rivivrebbe in forma nuova nel NO, e qui siamo in un campo minato che rischia di far saltar la razionalità dell'argomentzione.
Non placet per quanto affermato circa le ordinazioni dlla Fraternità: e cosa dovrebbero fare questi diaconi che si son preparati con amore nel corso degli anni per la loro misiona, il sacerdozio? Aspettare. Cosa? Un accordo. E intanto? dovrebbero lasciar i fedeli in balia di troppi sacerdoti malformati. Non si comprende perché delle ordinazioni valide ma illecite possan esser d'ostacolo alla conciliazione mentre non lo sono le ordinazioni invalide degli anglicani.
Ancora si potrebbe rimarcare una grave contraddizione da una parte si sostiene che le due forme dell'unico rito romano (definizione che non m'ha mai convinto) sono espressione della stessa ricchezza liturgica, dall'altrai, e giustamente, si indica cosa debba entrar nel NO per esser effettivamente una degna liturgia: il senso del sacro, il carattere sacrificale della Messa, la sovranità del Signore, la grandezza di Dio e del suo mistero, la preparazione del sacerdote che esprima la sua indegnità. Insomma, per esser ricchezza liturgica il NO manca di molti elementi essenziali, costitutivi.
Notevoli poi sono altre indicazioni del cardinale tra cui la necessità di una formazione biritualistica del clero, della formazione liturgica dei fedeli, di un'educazione alla vera partecipazione al Sacrificio che va interiorizzata ed alle liturgie solenni che esprimono in modo più evidente ed alto la divinità dell'azione sacra, d'una nuova e costruttiva pastorale giovanile, di un'attenta riflessione sul fatto che la liturgia non è nella disponibilità dell'uomo e da lui non può esser stravolta o piegata ad interessi particolari.
Di carne al fuoco, sia pur con certa cautela e tra qualche contraddizione, ce n'è molta, in quest'intervista, ed anche d'ottima qualità.
Interessante poi la rilevazione del motivo per cui la nuova liturgia non ha prodotto i frutti sperati: la seolarizzazione della società. Una vera liturgia non si piega al mondo, ma s'impone e lo trasforma. Nelle parole del cardinale sembra quasi risuonare - inconsapevolmente? - quel che spesso noi pensiamo e scriviamo: la liturgia s'è inchinata alla secolarizzazione, perdendo di conseguenza tanta parte della sacralità che contraddistingue ed eleva in modo irraggiungibile l'antica.
<span>Condivido l'intevento della Redazione.
RispondiEliminaCerto qua e là l'intervista è deludente e non sempre è rispettata la verità.
Così, ad es. si dice che il rito di S. Pio V non è stato MAI congelato e la Chiesa non ha MAI interrotto la continuità. Senz'altro da qualche parte (Cina: Chiesa patriottica e chiesa clandestina per anni; la S. Pio X e qualche indultino) la continuità non è stata interrotta, ma pressoché universale è stata l' interdizione di fatto contro il diritto del Rito RomanoAntico, soltanto di recente e solo in parte ristabilito. Ma l'espressione del cardinale è un po' equivoca: potrebbe anche voler dire che non c'è rottura tra l'antico rito che rivivrebbe in forma nuova nel NO, e qui siamo in un campo minato che rischia di far saltar la razionalità dell'argomentzione.
Non placet per quanto affermato circa le ordinazioni della Fraternità: e cosa dovrebbero fare questi diaconi che si son preparati con amore nel corso degli anni per la loro missione, il sacerdozio? Aspettare. Cosa? Un accordo. E quando verrà? E intanto? dovrebbero lasciar i fedeli in balia di troppi sacerdoti malformati. Non si comprende perché delle ordinazioni valide ma illecite possan esser d'ostacolo alla conciliazione mentre non lo sono le ordinazioni invalide degli anglicani.
Ancora si potrebbe rimarcare una grave contraddizione da una parte si sostiene che le due forme dell'unico rito romano (definizione che non m'ha mai convinto) sono espressione della stessa ricchezza liturgica, dall'altra, e giustamente, si indica cosa debba entrar nel NO perché esso possa considerarsi effettivamente una degna liturgia: il senso del sacro, il carattere sacrificale della Messa, la sovranità del Signore, la grandezza di Dio e del suo mistero, la preparazione del sacerdote che esprima la sua indegnità. Insomma, per esser ricchezza liturgica il NO manca di molti elementi essenziali, costitutivi d'una liturgia divina.
Notevoli poi sono altre indicazioni del cardinale tra cui la necessità di una formazione biritualistica del clero, della formazione liturgica dei fedeli, di un'educazione alla vera partecipazione al Sacrificio che va interiorizzata ed alle liturgie solenni che esprimono in modo più evidente ed alto la divinità dell'azione sacra, d'una nuova e costruttiva pastorale giovanile, di un'attenta riflessione sul fatto che la liturgia, la forma più alta di lode a Dio, non è nella disponibilità dell'uomo e da lui non può esser stravolta o piegata ad interessi particolari.
Di carne al fuoco, sia pur con certa cautela e tra qualche contraddizione, ce n'è molta, in quest'intervista, ed anche d'ottima qualità.
Interessante poi dovrebb'esser per tutti la rilevazione del motivo per cui la nuova liturgia non ha prodotto i frutti sperati: la secolarizzazione della società. Una vera liturgia non si sottomette al mondo, non lo rispecchia, ma ad esso s'impone e lo trasforma. Nelle parole del cardinale sembra quasi risuonare - inconsapevolmente? - quel che spesso noi pensiamo e scriviamo: la nuova liturgia s'è inchinata alla secolarizzazione, s'è mondanizzata e persino salottierizzata, perdendo fatalmente tanta parte della sacralità che contraddistingue ed eleva in modo irraggiungibile l'antica. Non noi, che siamo coscienti di tal disastro, ma Chi di competenza, ne tragga le conclusioni e adotti interventi tanto efficaci quanto indispensabili, anche nell'immediato.
</span>
Accogliendo i consigli degli amici credo d'aver risolto il problema dei doppioni. Grazie.
RispondiElimina<p><span>Ciò che oggi manca ai giovani è soprattutto una buona formazione liturgica, indipendentemente dalla forma in cui questa avviene.</span>
RispondiElimina</p><p><span>…</span>
</p><p><span>Partecipazione attiva non vuol dire fare qualcosa, ma fare il proprio ingresso nel rito nel ringraziamento, nel silenzio, nell’ascolto, nella preghiera ed in tutto ciò in cui realmente la liturgia consiste. Finché ciò non avrà luogo, non potrà esistere alcun rinnovamento liturgico. Dobbiamo compiere una svolta di centottanta gradi. La pastorale giovanile dovrà essere un luogo in cui possa verificarsi l’incontro con Cristo vivente nella Chiesa. Lì dove Cristo si mostra come qualcuno che appartiene al passato, non è possibile né partecipazione attiva né formazione liturgica.</span>
</p><p><span> </span>
</p><p><span>Grazie Signor Cardinale, lei mi ha ricordato le stesse parole che sentivo dire dal mio vecchio parroco: non è possibile contrapporre le due forme di celebrazione perché <span> </span>esse sono espressione della medesima ed unica ricchezza liturgica. <span> </span>Per questo nella mia parrocchia si è sempre celebrato tranquillamente nei due modi sin dagli anni del Concilio.</span></p>
<p><span>Ciò che oggi manca ai giovani è soprattutto una buona formazione liturgica, indipendentemente dalla forma in cui questa avviene.</span>
RispondiElimina</p><p><span>…</span>
</p><p><span>Partecipazione attiva non vuol dire fare qualcosa, ma fare il proprio ingresso nel rito nel ringraziamento, nel silenzio, nell’ascolto, nella preghiera ed in tutto ciò in cui realmente la liturgia consiste. Finché ciò non avrà luogo, non potrà esistere alcun rinnovamento liturgico. Dobbiamo compiere una svolta di centottanta gradi. La pastorale giovanile dovrà essere un luogo in cui possa verificarsi l’incontro con Cristo vivente nella Chiesa. Lì dove Cristo si mostra come qualcuno che appartiene al passato, non è possibile né partecipazione attiva né formazione liturgica.</span>
</p><p><span> </span>
</p><p><span>Grazie Signor Cardinale, lei mi ha ricordato le stesse parole che sentivo dire dal mio vecchio parroco: non è possibile contrapporre le due forme di celebrazione perché <span> </span>esse sono espressione della medesima ed unica ricchezza liturgica. <span> </span>Per questo nella mia parrocchia si è sempre celebrato tranquillamente nei due modi sin dagli anni del Concilio.</span></p>
<span>Sì, secondo me nella maggior parte delle parrocchie è celebrato correttamente, anche se si potrebbe fare MOLTO, ma MOLTO di meglio.</span>
RispondiElimina<span>Gli abusi sono tanti, ma non sono la regola.</span>
Mah. L'intervento della Redazione ha una sua saggezza. Ma resto dell'idea che partire dal fatto che il Papa (e il Prefetto) dicono quel che non pensano e non dicono quel che pensano non gli renda molta giustizia né un buon servizio.
RispondiElimina..............parole...e solo paroleeeeeeeeeeeeeeeeee...........................................................................................................................
RispondiEliminaChi dice due dice ordinazione d'uno all'altro, dice gerarchia, dice prima e dopo, migliore e peggiore. E qui mi fermo....
RispondiEliminaI due riti non possono essere uguali e intercambiabili, si tratta di logica
la sparizione degli inginocchiatoi SONO DIVENTATI LA REGOLA o sbaglio? ;)
RispondiEliminala comunione alla mano è diventata la regola o sbaglio?
l'eliminazione del latino e del gregoriano sono diventati la regola o sbaglio?
l'eliminazione del Crocefisso da SOPRA l'Altare è diventata la regola o sbaglio?
dobbiamo continuare? ;)
Cara Redazione, per quanto mi riguarda parlo infatti di delusione.... e non ho voluto aggravare il commento con la risposta sulle ordinazioni della FSSPX ;)
RispondiEliminaE' questa mania del "NUOVO" che mi delude e non mi fa sperare in meglio.... parlare di una "nuova introduzione al cristianesimo", nelle condizioni in cui verte oggi la Chiesa con taluni vescovi, mi fa tremare....se si prodigano tanto per la concezione di questa "nuova" introduzione al cristianesimo, a quando il ripristino della sana Tradizione bimillenaria?
In definitiva, la parte positiva delle parole del Prefetto del Culto Divino sta nella presa di coscienza (gravissima) che dopo 40 anni di Concilio, SIAMO PUNTO E A CAPO!
TUTTO DA RIFARE!
C'è del positivo in tutto questo perchè finalmente si denuncia la realtà della situazione, ma scoraggia non leggere delle prese di posizione confortanti indirizzate verso delle Dirittive atte ad IMPORRE UNA DISCIPLINA LEGITTIMA che è assente da molti anni...
;)
BRAVA CATERINA !
RispondiEliminapare proprio che si voglia continuare sull'onda -lunghissima- del principio sessantottino
RispondiElimina"il sempre nuovo è sempre migliore !", altro che ripristinare la Tradizione !
(con appena appena una spolverata di<span> "concessioni ideali".</span>...)
:(
Cara Redazione, qui purtroppo si svela l'atteggiamento ipocrita di quelli che battono le mani al Pontefice quando dice ciò che a loro piace.
RispondiEliminaBollare l'affermazione che le due forme del rito sono in continuità come una santa ipocrisia è grave, soprattutto da parte di una redazione e non di un commentatore privato.
Nel Magistero è importante quanto il Papa scrive, non quello che si pensa (o si vorrebbe) egli pensi.
In sostanza la vostra nota, per quanto gentile, significa non situarsi nell'ermeneutica della continuità, ma in una rottura uguale e contraria a quella dei modernisti che devastano la liturgia cattolica.
Del resto mi direte siamo in buona compagnia (Pastorelli, Radaelli, ...), mi dispiace perchè questo è un sito molto buono, però questa non è la linea del Santo Padre.
<span>"..... si potrebbe rimarcare una grave contraddizione da una parte si sostiene che le due forme dell'unico rito romano (definizione che non m'ha mai convinto) sono espressione della stessa ricchezza liturgica, dall'altra, e giustamente, si indica cosa debba entrar nel NO perché esso possa considerarsi effettivamente una degna liturgia: il senso del sacro, il carattere sacrificale della Messa, la sovranità del Signore, la grandezza di Dio e del suo mistero, la preparazione del sacerdote che esprima la sua indegnità. </span>
RispondiElimina<span><span>Insomma, per esser ricchezza liturgica il NO manca di molti elementi essenziali, costitutivi d'una liturgia divina.</span><span> "</span></span>
--------------------------
(tratto dall'eccellente commento di Pastorelli:
e mi dispiace molto tralasciare tutto l'ottimo resto, per incorniciare QUESTA ULTRAQUARANTENNALE CONSTATAZIONE, ribadita qui per la n-millesima volta !....)
<span><span>"..... si potrebbe rimarcare una grave contraddizione : da una parte si sostiene che le due forme dell'unico rito romano (definizione che non m'ha mai convinto) sono espressione della stessa ricchezza liturgica, dall'altra, e giustamente, si indica cosa debba entrar nel NO perché esso possa considerarsi effettivamente una degna liturgia: il senso del sacro, il carattere sacrificale della Messa, la sovranità del Signore, la grandezza di Dio e del suo mistero, la preparazione del sacerdote che esprima la sua indegnità. </span>
RispondiElimina<span><span>Insomma, per esser ricchezza liturgica il NO manca di molti elementi essenziali, costitutivi d'una liturgia divina.</span><span> "</span></span>
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(tratto dall'eccellente commento di Pastorelli:
e mi dispiace molto tralasciare tutto l'ottimo resto, per incorniciare QUESTA ULTRAQUARANTENNALE CONSTATAZIONE, ribadita qui per la n-millesima volta !....)</span>
SCUSI, Sacerdote, ma lei ha letto il commento di don Bernardo, ore 10.00 ?
RispondiEliminaa noi tutti, penso, dopo tanti anni di derive desacralizzanti, interessa che si ponga mano a quelle indicazioni concrete, fattibilissime di miglioramento, se si vuol ri-consacrare la S. Messa: non ci pare di chiedere l'impossibile, e non è forse la linea del Papa, quella che in quasi tutte le Diocesi viene disattesa e puntualmente contrastata ?
lei non s'è accorto della tenace opposizione che viene condotta dall'alto e non dal basso verso il Papa e i suoi tentativi di raddrizzamento ?
non vede o non sente come tutto il Gregge a gran voce chiede al Papa chiarezza, certezza e fermezza, o come dice Caterina, direttive severe, che siano docilmente e costantemente seguite, dai Pasrtori, che devono ben guidare il Gregge e NON sviarlo continuamente da ciò che il Papa ha disposto ?
o allora, CI DICA lei, qual è la linea del Papa, che noi non abbiamo ancora capito !
Grazie.
<span>SCUSI, Sacerdote, ma lei ha letto il commento di don Bernardo, ore 10.00 ?
RispondiEliminaa noi tutti, penso, dopo tanti anni di derive desacralizzanti, interessa che si ponga mano a quelle indicazioni concrete, fattibilissime di miglioramento, se si vuol ri-consacrare la S. Messa: non ci pare di chiedere l'impossibile, e non è forse la linea del Papa, quella che in quasi tutte le Diocesi viene disattesa e puntualmente contrastata ?
lei non s'è accorto della tenace opposizione che viene condotta dall'alto e non dal basso verso il Papa e i suoi tentativi di raddrizzamento ?
non vede o non sente come tutto il Gregge a gran voce chiede al Papa<span> chiarezza, certezza e fermezza, </span>o come dice Caterina, direttive severe, che siano docilmente e costantemente seguite, <span>in primis dai Pastori,</span> che devono ben guidare il Gregge,<span> al seguito del Papa</span> e NON sviarlo continuamente da ciò che il Papa ha disposto ?
o allora, CI DICA lei, qual è la linea del Papa, che noi non abbiamo ancora capito !
Grazie.</span>
La solita tiritera...le ordinazioni ostacolano il dialogo.Ripetono questo dal 1978!nel frattempo han demolito la chiesa.Se non fosse stato per la FSSPX oggi non si parlerebbe ne di rito antico ne di ordinazioni,ne di tradizione...saremmo scivolati giù verso l'abisso da un pezzo.
RispondiEliminaForse che in Cina i vescovi non ordinano sacerdoti...e la Compagnia di Gesù,anche dopo il breve di Clemente XIV del 1773 non continuò ad ordinare i sacerdoti.?Caro Card. CANIZARES ESISTE UNA CAUSA DI FORZA MAGGIORE ...ED UNA LEGGE SUPREMA NELLA CHIESA :LA SALVEZZA DELLE ANIME!
Quando ve ne renderete conto?
parole, parole e parole. con l'aggravante di portare imprudentemente acqua al mulino degli intransigenti della FSSPX con la critica circa le ordinazioni: in questo modo i romani persero mons. Lefebvre 22 anni fa. Una Fraternità sacerdotale senza ordinazioni sacerdotali, ma suvvia....; a Roma si cominci a usare la zucca e a fare qualcosa ché qui va tutto in rovina, carissima Eminenza.
RispondiEliminaMa se il seminario della diocesi di Tolone dà così buoni frutti, perché non imporre come norma per tutti i seminari l'insegnamento dei due riti?
RispondiEliminaOT Scusate la mia ignoranza, dove si trovano le norme da rispettare per le celebrazioni NO. Il Confiteor è pure lui a discrezione del celebrante o è (sarebbe) pure lui obbligatorio?
Mi pare che le constatazioni che seguono ciò che SE Canizares intende per nuova introduzione al Cristianesimo siano tutti spunti di ritorno alla Tradizione, a ciò che era l'introduzione al Cristianesimo prima del Concilio. I miei genitori mi ricordano spesso di quando "andavano a Dottrina", quando il catechismo era davvero un introduzione ai contenuti ultimi e veri della Fede.
RispondiEliminaLa situaione è ben diversa, oggi. Si noti anche la cautela del condizionale: sarebbe stato auspicabile... potrebbe ostacolare.
RispondiEliminaSemmai sotolineare quel "se un giorno si desse la possibilità concreta di un accordo" che sembra l'eco delle difficoltà che si stanno incontrando nei colloqui". Ma spero vivamente di sbagliare.
<span>La situazione è ben diversa, oggi. Si noti anche la cautela del condizionale: sarebbe stato auspicabile... potrebbe ostacolare.
RispondiEliminaSemmai è da sottolineare quel "se un giorno si desse la possibilità concreta di un accordo" che sembra l'eco delle difficoltà che si stanno incontrando nei colloqui". Ma spero vivamente di sbagliare.</span>
Exactement. Nécessité fait loi.
RispondiEliminaPer sua eminenza noi saremmo sempre i cattivi....mai che dicano una parola su bugnini e sulla devastazione prodotta dal novus ordo.
RispondiEliminaHanno fatto della chiesa un deserto spirituale, morale e intellettuale e vogliono chiamarla... pace!
San Tommaso dice che si ha il diritto e il dovere di disobbedire a un ordine ingiusto che va contro la fede creduta da sempre e da tutti.I vescovi e lo stesso romano pontefice hanno il potere per edificare la chiesa ,non per distruggerla!
Letta l'intervista ci sarebbe da dire:pover'uomo, tanta è la sua pochezza. E poi ci si lamenta che la chiesa cattolica è in liquidazione. Con certi individui a capo delle congregazioni c'è da pensare che ancora non sia fallita.
RispondiEliminaSpero per sua eminenza che le parole dette non siano voci dal sen fuggite ...perché per roma questo credo sia l'ultimo treno per riprendere in mano la situazione e reintegrare la fraternità sspx con beneficiop di tutti.In caso contrario la chiesa cattolica avulsa dalla sua tradizione che diventerà ?una delle tante chiesa e cosi si avvererà la profezia di lutero!
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RispondiEliminaMa per favore, come si può dire che c`è continuità fra le due forme del Rito?
RispondiEliminaDove posso vedere la continuità in tutte le creazioni e applicazioni diverse del NO, opera dei vari bricoleurs liturgici?
Forse che il rituale neocat è in continuità con la Messa con il Rito antico o è piuttosto l`esempio tipico dell`ermeneutica della rottura o discontinuità?
Il sedicente prete cattolico accusa di ipocrisia chi esprime una sua motivata opinione. Forse non ha letto bene: il NO, nell'intervista, viene descritto in continuità con il rito antico, ma nello stesso tempo necessitante di profonde ed essenziali modifiche. C'è, evidentemente, a detta del card. Canizares, parecchio da lavorarci sopra.
RispondiEliminaDove sia la continuità, a questo punto, andrebb, alfine. adeguatamente chiarito.
E' forse nella permanenza di un Canone Romano quasi mai utilizzato (e questa presenza è per me indiscutibilmente importante) e poi del Kyrie mozzato, del Gloria, del Credo, del Sanctus, dell'Agnus Dei. E' sufficiente per parlar di effettiva continuità?
La "santa ipocrisia", conoscendo la moderazione della redazione, credo sia la "diplomazia": un colpo al cerchio ed uno alla botte per non crear reazioni a catena, aprir la porta ma senza spalancarla per paura che venga da altri scardinata o murata. Si tratta di ballons d'essai.
Inoltre qui si sta commentando un'intervista di un cardinale influente, non un documento pointificio magisteriale. Forse a cotesto prete sfugge la differenza.
Quanto all'ermeneutica della continuità la si dimostri e la si attui: basta col fumoso slogan. Il Papa in un documento vincolante ce la spieghi, argomentandola, e magari ce la imponga come verità da creder fermamente.
Forse anche il sedicente prete non ha neppur compreso che noi siamo felicissimi dei propositi di arricchir il NO sì che diventi una liturgia veramente degna e non liberamente stravolginbile, nella direzione indicata dal card. Canizares.
Insomma accusar di ipocrisia, di promozione di rottura dei figli fedeli (ma non ciechi) della Chiesa è davvero un giudizio temerario che cotesto prete poteva risparmiarsi per evitar di far una figuraccia.
PS. Troppo buono il prete ad accostarmi a Radaelli: tra lui e me c'è un abisso.
Areki Areki tu vuoi rivoluzionare tutto. Sei nun restauratore. Dovresti convocare un Concilio,
RispondiEliminami pare che più che norme servano sacerdoti con buoni cervelli
<span>Areki Areki tu vuoi rivoluzionare tutto. Sei un restauratore. Dovresti convocare un Concilio,
RispondiEliminaMi pare che più che norme servano sacerdoti con buoni cervelli che applichino quelle norme già esistenti</span>
ed ora come farai a riparare a tutte quelle false messe cui hai partecipato o assistito?
RispondiEliminache gliè aò?
RispondiEliminaer ritrovo dei "duri e puri"?
nnateve a ffà n'bagno che gliè meglio
(mmagari ddè umiltà)
Senz'altro: occorrono vescovi che formino i sacerdoti in seminairi seri e occorrono Congregazioni che sappiano scegliere i vescovi e controllarne l'ortodossia e l'ortoprassi.
RispondiEliminaNon mi sembra che le richieste di Areki siano rivoluzionarie: chiedere il ristabilimento dei minimi requisiti di dignità liturgica non è rivoluzione.
E non ci vuol un Concilio: basta un documento normativo con relative sanzioni che però van comminate e non restar lettera morta. Non son medicinali le pene della Chiesa?
I cervelli, a meno che i preti non siano incapaci di intendere e volere, si educano.
Dal Motu Proprio in avanti ho la grazia di celebrare entrambe le forme del rito e vivo la continuità della Tradizione liturgica.
RispondiEliminaIl NOM può essere celebrato in modo dignitoso basta applicare i praenotanda in linea con la Tradizione e nello spirito del VOM. Molti sacerdoti in tutto il mondo lo fanno, purtroppo è vero che sono lungi dall'essere la maggioranza. Concordo che quanto esitato dalla riforma liturgica è per molti versi un impoverimento e che si necessita grandemente una riforma della riforma, visto che il VOM non è per ora alla portata realistica di come sono i cattolici odierni. Per inciso anche il VOM - rito meraviglioso e sublime - è suscettibile di cambiamenti non sostanziali come erano convinti (Lefebvre compreso) i votanti della Sacrosanctum Concilium.
A Luisa dico con Benedetto XVI nel Motu Proprio che la continuità c'è - e non è diplomazia ecclesialese - tutti gli abusi sono un tradimento del Messale in cui il sacerdote sottrae ai fedeli i tesori della liturgia di Cristo. Quanto alla Messa dei Neocatecumenali è per me un mistero come possa essere tollerata, la abolirei all'istante.
A Dante Pastorelli, cui perdono la vis toscana dell'intervento, preciso che quando si parla della continuità liturgica il riferimento è proprio all'insegnamento del Pontefice nel Motu Proprio e, qui sotto, nella Lettera d'accompagnamento ai Vescovi.
<p>Non c’è nessuna contraddizione tra l’una e l’altra edizione del Missale Romanum. Nella storia della Liturgia c’è crescita e progresso, ma nessuna rottura. Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso. Ci fa bene a tutti conservare le ricchezze che sono cresciute nella fede e nella preghiera della Chiesa, e di dar loro il giusto posto. "
</p><p>Avercene di cardinali insignificanti come Canizares.
</p><p>Se poi, caro Pastorelli, l'ho messa con Radaelli, è perchè, benchè la levatura culturale sia diversa, ritengo di riconoscerle molti meriti in materia. Anche il suo intervento sotto è abbastanza condivisibile, però non dove è negata la continuità degli Ordo (non delle prassi, li ha certamente ragione).
</p><p>
</p><p>A tutti ricordo, a costo di risultare noioso:
</p><p>"Ovviamente per vivere la piena comunione anche i sacerdoti [e i laici] delle Comunità aderenti all’uso antico non possono, in linea di principio, escludere la celebrazione secondo i libri nuovi. Non sarebbe infatti coerente con il riconoscimento del valore e della santità del nuovo rito l’esclusione totale dello stesso". Benedetto XVI, Lettera ai Vescovi in accompagnamento al Motu Proprio.
</p><p>
</p><p>Capisco l'amarezza di molti dei commentatori sopra, anzi è la mia, però i toni non penso possano dirsi improntati alla carità di Cristo.
</p><p>
</p><p>Valete.
</p>
Con questi chiari di luna, come sarebbe bello aver vescovi e preti duri contro il male, puri nell'animo e nei comportamenti, umili servitori della Chiesa e del prossimo e non arrognanti sabotatori della dottrina cattolica e della volontà pontificia.
RispondiEliminaA' tripparò, la fontana de Trevi t'aspetta coll'Anitona!
La continuità va spiegata in modo articolato e convincente, non affermata apoditticamente. Affermare senza dimostrare è segno di indimostrabilità. Questa richiesta è stata avanzata anche dal mio vecchio e buon amico e maestro Gherardini.
RispondiEliminaIl card. Canizares è stato assai chiaro nel delinear le gravi carenze non accessorie del NO: e se di sacro ne manca tanto, la continuità resta uno slogan, ribadisco..
Il sacerdote cattolico magnanimemente perdona la mia vis polemica, ma avrebbe fatto meglio a chieder perdono per le parole gravemente offensive riservate alla Redazione e a tutti noi.
Come penitenza dovrà sforzarsi d'esser meno virulento, cioè tener a freno l'indole, in modo da non mettersi dalla parte del torto anche quando ha ragione.
RispondiEliminaLa penitenza più grave - e a questo devon pensarci vescovi e papi - tocca, però, ai preti che distruggon tutto il valore spirituale della Messa causando reazioni e defezioni e, comunque, diseducano i fedeli che non comprendon più l'essenza dell' "assemblea" a cui partecipano.
<p>
RispondiElimina</p><p>Si giudica, in grassetto, di tutto e di tutti, in modo anche colorito e non sempre rispettoso (cardinale insignificante, sedicente prete, …), si arriva a tacciare il Santo Padre di ipocrisia per quanto santa, difendendo un'oggettiva "stecca" della Redazione nel post qui sopra (Redazione cmq benemerita per questo blog che è un valido strumento), e poi quando qualcuno lo fa notare in modo netto, si esigono le scuse.
</p><p>
</p><p>Aldilà degli stili personali, diciamo così, quel che importa è l'atteggiamento, mi si perdoni il voler trarne un insegnamento morale: al diavolo non importa tanto il tipo di peccato in cui trascina l'uomo (i peccati della carne sono quelli che più portano all'inferno, ma ci sono tanti altri peccati, …) al diavolo basta far peccare e portare alla divisione, e l'orgoglio e la superbia sono le due leve preferite a questo scopo.
</p><p>
</p><p>Circa la continuità della Liturgia, che era poi quello che interessava, dire che il Papa la sostenga per diplomazia significa non leggere quanto egli - da Papa - ha sempre scritto e dichiarato, l'ermeneutica della continuità non è una bella trovata strategica per la presente contingenza, ma precisamente il principio guida di questo pontificato e la cosa sembra così evidente che non abbisogna dimostrazioni. Non dunque un'ipocrisia, nemmeno santa. Il soggetto che commette ipocrisie può essere detto un ipocrita, non mi pare che il Santo Padre meriti questo epiteto dai suoi figli.
</p><p>
</p><p>Rispetto ancora a questa continuità giustamente il censore ricorda il maestro Gherardini che chiede di essere aiutato a dimostrarla, questo è veramente impegnativo - mi pare - su vari punti (ecclesiologia, rapporti tra primato pettino e collegialità, libertà religiosa) non tanto su quello della liturgia. Non è questo il luogo di mettersi a dimostrarlo, le ripeto che io questa continuità la vivo celebrando con devozione entrambe le forme del rito.
</p><p>Dal punto di vista dottrinale il ripasso di autori come il teologo liturgico Ratzinger e più recentemente don Bux e don Gagliardi offrono molti elementi per questa dimostrazione.
</p><p>D'altra parte è vero che se si guarda agli abusi diffusi, di fatto questa continuità è negata, ma qui è anche un problema di mentalità post-sessantottina, non è solo la liturgia che non funziona, è l'obbedienza e il senso dell'autorità che languono in modo spaventoso.
</p><p>Che poi il NOM, in qualche modo, "consenta" cose che liturgicamente non vanno, deve aiutare tutti a capire che va corretto e migliorato, ma senza mai cedere all'ermeneutica della rottura cui purtroppo sono vicini molti sinceri amanti di Gesù Cristo, che provano santo sdegno per ciò che hanno visto e udito, ma che devono ancora imparare ad amare e a capire la sua unica Chiesa, la quale non è mai venuta meno nel suo Magistero infallibile, anche se è troppo poco ascoltata.
</p><p>Che il Santo Padre e la Sacra Congragazione del Culto intensifichino la loro azione di riforma della riforma "est in votis"!
</p><p>Cordialmente.
</p>
Non so chi abbia definito insignificante il card. Canizares, certo non io che ho parlato di cardinale influente.
RispondiEliminaSedicente prete: e chi mi assicura che sei un prete? Un prete, convinto della verità delle sue asserzioni, ha il coraggio di scrivere con nome e cognome, come fa don Gianluigi. La verità si predica dai tetti e a viso aperto. Nell'anonimato si nascondono anche trappole e trappoloni. Questo penso e questo dico, anche se la redazione mi riserverà un rabbuffo.
L'ermeneutica della continuità è un metodo non una verità a cui inchinarsi; ma il metodo dev'esser applicato. Non mi risulta che nella liturgia lo sia: il fatto che esista una forma ordinaria (il NO) ed una forma straordinairia (Messale tradizionale) che resta di serie B nonostante gli osanna alla sua eccezionale profondità e santità, e condizionata da mille lacci e lacciuoli, la dice lunga. Se il rito antico mai è stato abrogato con buona pace di Paolo VI, e se il rito antico è sempre stato in vigore, non si comprende perché debba esser considerato "straordinario" o graziosamente concesso, come scrive anche Benedetto XVI, per riportare unità nella Chiesa. Da una parte si afferma che ciò che nel passato era sacro dev'esser sacro anche per noi, dall'altra che è necessario riportare in vita il rito antico per evitar fratture nella Chiesa, e ciò per non eccitar oltre i vescovi riottosi. Se non è diplonazia questa, peraltro fors'anche comprensibile - non so. Può darsi che in futuro questa continuità venga realizzata, oggi non mi sembra proprio. E le carenze fondamentali segnalate da Canizares son più che eloquenti. 5 anni son più che sussificenti, ove si rienga ilproblema liturgico un problema centrale della Chioesa -lexorandi-lex credendi - almeno per imporre con forza e con relative sanzioni norme che eliminino la maggior parte degli abusi e per rimediare ai principali limiti del NO.
Quanto all'ermeneutica della continuità del Concilio, vorrei sapere proprio dove siano stati spiegati i parecchi punti controversi che da quasi 50 anni angosciano tanti fedeli. Un teologo dello spessore culturale e morale di mons. Gherardini, che ha speso una vita non solo nel servizio sacerdotale e nell'insegnamento, ma anche nell'indagine teologico-ecclesiologica, a mio avviso la più importante della seconda metà del 900 e di questi ultimi 10 anni, e nella ricerca di trovar la quadra, chiede al Papa quel che chiediamo noi: dimostrazione della continuità tra Magistero preconciliare e Magistero conciliare e post-conciliare.
Le scuse sarebbero state doverose: ci hai qualificati come ipocriti e promotori - su sponde diverse ma con le stesse intenzioni e con gli stessi esiti dei modernisti - di rotture nella Chiesa. E qui c'è gente - e mi ci metto anch'io che da una parte vengo accusato d'esser modernista-indultista, dall'altra "lefebvriano" - che ha cercato di mediar tra le varie posizioni a partir dal Concilio. Accusa infondata e ingiusta, quanto grave, tanto più grave perché formulata dietro lo schermo dell'anonimato. Il perseverarvi è proprio il segno di quell'orgoglio e di quella superbia che ascrivi negli altri: la pagliuzza
e il trave.
Per quel che riguarda il grassetto da me usato, ne sono stato autorizzato dalla Redazione per i miei problemi di vista, ed anche questo l'ho scritto più volte.
<span>Non ricordo chi abbia definito insignificante il card. Canizares, e i miei occhi non permettono di riscorrer tutti gl'interventi: certo non io che ho parlato di cardinale influente.
RispondiEliminaSedicente prete: e chi mi assicura che sei un prete? Un prete, convinto della verità delle sue asserzioni, ha il coraggio di scrivere con nome e cognome, come fa don Gianluigi. La verità si predica dai tetti e a viso aperto. Nell'anonimato si nascondono anche trappole e trappoloni. Questo penso e questo dico, anche se la redazione mi riserverà un rabbuffo.
L'ermeneutica della continuità è un metodo non una verità a cui inchinarsi; ma il metodo dev'esser applicato. Non mi risulta che nella liturgia lo sia: il fatto che esista una forma ordinaria (il NO) ed una forma straordinairia (Messale tradizionale) che resta di serie B nonostante gli osanna alla sua eccezionale profondità e santità, e condizionata da mille lacci e lacciuoli, la dice lunga. Se il rito antico mai è stato abrogato con buona pace di Paolo VI ( e noi che lo dicevamo sin dai primi anni '60 abbiam dovuto aspettar 45 anni per averne conferma ufficiale!) e se il rito antico è sempre stato in vigore, non si comprende perché debba esser considerato "straordinario" o graziosamente concesso, come scrive anche Benedetto XVI, per riportare unità nella Chiesa. Da una parte si afferma che ciò che nel passato era sacro dev'esser sacro anche per noi, dall'altra che è necessario riportare in vita il rito antico per evitar fratture nella Chiesa, e ciò per non eccitar oltre i vescovi riottosi. Se non è diplomazia questa, peraltro fors'anche comprensibile vista la gerarchia che ci si ritrova e non per nostra responsabilità, francamente non so qual altro comportamento possa esser giudicato diplomatico. Può darsi che in futuro questa continuità venga realizzata, come da me sempe auspicato, oggi non mi sembra proprio. E le carenze fondamentali segnalate da Canizares son più che eloquenti. 5 anni son più che sufficienti, ove si ritenga il problema liturgico assolutamente centrale della Chiesa - lex orandi-lex credendi - almeno per imporre con forza e con relative sanzioni norme che eliminino la maggior parte degli abusi e per rimediare ai principali limiti del NO.
Quanto all'ermeneutica della continuità da appicarsi al Concilio, vorrei sapere proprio dove siano stati spiegati i parecchi punti controversi che da quasi 50 anni angosciano tanti fedeli. Un teologo dello spessore culturale e morale di mons. Gherardini, che ha speso una lunghissima vita non solo nel servizio sacerdotale e nell'insegnamento, ma anche nell'indagine teologico-ecclesiologica, a mio avviso la più importante della seconda metà del 900 e di questi ultimi 10 anni, e nella ricerca di trovar la quadra, chiede al Papa quel che chiediamo noi: la convincente dimostrazione della continuità tra Magistero preconciliare e Magistero conciliare e post-conciliare.
Le scuse sarebbero state doverose: ci hai qualificati indiscriminatamente come ipocriti e promotori - su sponde diverse ma con le stesse intenzioni e con gli stessi esiti dei modernisti - di rotture nella Chiesa. E qui c'è gente - e mi ci metto anch'io che da una parte vengo accusato d'esser modernista-indultista, dall'altra "lefebvriano" - che ha cercato di mediar tra le varie posizioni a partir dal Concilio. Accusa infondata e ingiusta, quanto grave, tanto più grave perché formulata dietro lo schermo dell'anonimato. Il perseverarvi è proprio il segno di quell'orgoglio e di quella superbia che addebiti agli altri: la pagliuzza e il trave.
Per quel che riguarda il grassetto da me usato, ne sono stato autorizzato dalla [...]
a sor Pastorelli
RispondiEliminaa Firenze dè fontanoni nun c'è stanno......
c'è sta l'Arno però........
<span><span>Non ricordo chi abbia definito insignificante il card. Canizares, e i miei occhi non permettono di riscorrer tutti gl'interventi: certo non io che ho parlato di cardinale influente.
RispondiEliminaSedicente prete: e chi mi assicura che sei un prete? Un prete, convinto della verità delle sue asserzioni, ha il coraggio di scrivere con nome e cognome, come fa don Gianluigi. La verità si predica dai tetti e a viso aperto. Nell'anonimato si nascondono anche trappole e trappoloni. Questo penso e questo dico, anche se la redazione mi riserverà un rabbuffo.
L'ermeneutica della continuità è un metodo non una verità a cui inchinarsi; ma il metodo dev'esser applicato. Non mi risulta che nella liturgia lo sia: il fatto che esista una forma ordinaria (il NO) ed una forma straordinairia (Messale tradizionale) che resta di serie B nonostante gli osanna alla sua eccezionale profondità e santità, e condizionata da mille lacci e lacciuoli, la dice lunga. Se il rito antico mai è stato abrogato con buona pace di Paolo VI ( e noi che lo dicevamo sin dai primi anni '60 abbiam dovuto aspettar 45 anni per averne conferma ufficiale!) e se il rito antico è sempre stato in vigore, non si comprende perché debba esser considerato "straordinario" o graziosamente concesso, come scrive anche Benedetto XVI, per riportare unità nella Chiesa. Da una parte si afferma che ciò che nel passato era sacro dev'esser sacro anche per noi, dall'altra che è necessario riportare in vita il rito antico per evitar fratture nella Chiesa, e ciò per non eccitar oltre i vescovi riottosi. Se non è diplomazia questa, peraltro fors'anche comprensibile vista la gerarchia che ci si ritrova e non per nostra responsabilità, francamente non so qual altro comportamento possa esser giudicato diplomatico. Può darsi che in futuro questa continuità venga realizzata, come da me sempe auspicato, oggi non mi sembra proprio. E le carenze fondamentali segnalate da Canizares son più che eloquenti. 5 anni son più che sufficienti, ove si ritenga il problema liturgico assolutamente centrale pe la vita della Chiesa - lex orandi-lex credendi - almeno per imporre con forza e con relative sanzioni norme che eliminino la maggior parte degli abusi e per rimediare ai principali limiti del NO.
Quanto all'ermeneutica della continuità da appicarsi al Concilio, vorrei sapere proprio dove siano stati spiegati i parecchi punti controversi che da quasi 50 anni angosciano tanti fedeli. Un teologo dello spessore culturale e morale di mons. Gherardini, che ha speso una lunghissima vita non solo nel servizio sacerdotale e nell'insegnamento, ma anche nell'indagine teologico-ecclesiologica, a mio avviso la più importante della seconda metà del 900 e di questi ultimi 10 anni, e nella ricerca di trovar la quadra, chiede al Papa quel che chiediamo noi: la convincente dimostrazione della continuità tra Magistero preconciliare e Magistero conciliare e post-conciliare.
Le scuse sarebbero state doverose: ci hai qualificati indiscriminatamente come ipocriti e promotori - su sponde diverse ma con le stesse intenzioni e con gli stessi esiti dei modernisti - di rotture nella Chiesa. E qui c'è gente - e mi ci metto anch'io che da una parte vengo accusato d'esser modernista-indultista, dall'altra "lefebvriano" - che ha cercato di mediar tra le varie posizioni a partir dal Concilio. Accusa infondata e ingiusta, quanto grave, tanto più grave perché formulata dietro lo schermo dell'anonimato. Il perseverarvi è proprio il segno di quell'orgoglio e di quella superbia che addebiti agli altri: la pagliuzza e il trave.
[...]
<span><span><span>Non ricordo chi abbia definito insignificante il card. Canizares, e i miei occhi non permettono di riscorrer tutti gl'interventi: certo non io che ho parlato di cardinale influente.
RispondiEliminaSedicente prete: e chi mi assicura che sei un prete? Un prete, convinto della verità delle sue asserzioni, ha il coraggio di scrivere con nome e cognome, come fa don Gianluigi. La verità si predica dai tetti e a viso aperto. Nell'anonimato si nascondono anche trappole e trappoloni. Questo penso e questo dico, anche se la redazione mi riserverà un rabbuffo.
L'ermeneutica della continuità è un metodo non una verità a cui inchinarsi; ma il metodo dev'esser applicato. Non mi risulta che nella liturgia lo sia: il fatto che esista una forma ordinaria (il NO) ed una forma straordinairia (Messale tradizionale) che resta di serie B nonostante gli osanna alla sua eccezionale profondità e santità, e condizionata da mille lacci e lacciuoli, la dice lunga. Se il rito antico mai è stato abrogato con buona pace di Paolo VI ( e noi che lo dicevamo sin dai primi anni '60 abbiam dovuto aspettar 45 anni per averne conferma ufficiale!) e se il rito antico è sempre stato in vigore, non si comprende perché debba esser considerato "straordinario" o graziosamente concesso, come scrive anche Benedetto XVI, per riportare unità nella Chiesa. Da una parte si afferma che ciò che nel passato era sacro dev'esser sacro anche per noi, dall'altra che è necessario riportare in vita il rito antico per evitar fratture nella Chiesa, e ciò per non eccitar oltre i vescovi riottosi. Se non è diplomazia questa, peraltro fors'anche comprensibile vista la gerarchia che ci si ritrova e non per nostra responsabilità, francamente non so qual altro comportamento possa esser giudicato diplomatico. Può darsi che in futuro questa continuità venga realizzata, come da me sempe auspicato, oggi non mi sembra proprio. E le carenze fondamentali segnalate da Canizares son più che eloquenti. 5 anni son più che sufficienti, ove si ritenga il problema liturgico assolutamente centrale pe la vita della Chiesa - lex orandi-lex credendi - almeno per imporre con forza e con relative sanzioni norme che eliminino la maggior parte degli abusi e per rimediare ai principali limiti del NO.
Quanto all'ermeneutica della continuità da applicarsi al Concilio, vorrei sapere proprio dove siano stati spiegati i parecchi punti controversi che da quasi 50 anni angosciano tanti fedeli. Un teologo dello spessore culturale e morale di mons. Gherardini, che ha speso una lunghissima vita non solo nel servizio sacerdotale e nell'insegnamento, ma anche nell'indagine teologico-ecclesiologica, a mio avviso la più importante della seconda metà del 900 e di questi ultimi 10 anni, e nella ricerca di trovar la quadra, chiede al Papa quel che chiediamo noi: la convincente dimostrazione della continuità tra Magistero preconciliare e Magistero conciliare e post-conciliare.
Le scuse sarebbero state doverose: ci hai qualificati indiscriminatamente come ipocriti e promotori - su sponde diverse ma con le stesse intenzioni e con gli stessi esiti dei modernisti - di rotture nella Chiesa. E qui c'è gente - e mi ci metto anch'io che da una parte vengo accusato d'esser modernista-indultista, dall'altra "lefebvriano" - che ha cercato di mediar tra le varie posizioni a partir dal Concilio. Accusa infondata e ingiusta, quanto grave, tanto più grave perché formulata dietro lo schermo dell'anonimato. Il perseverarvi è proprio il segno di quell'orgoglio e di quella superbia [...]
l'Arno ha un regime estremamente torrentizio
RispondiEliminaMa er tripparolo, che certamente sarà fornito d'adeguata trippa, potrà galleggiare.
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