Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera 1284 pubblicata da Paix Liturgique il 9 ottobre, in cui si racconta l’esperienza del Pèlerinage de Saint Michel, il quale, pur svolgendosi in Normandia, ha potuto celebrare la Santa Messa tradizionale conclusiva solo trasferendosi e grazie all’ospitalità di un Vescovo in Bretagna.
L.V.
Qualsiasi Vescovo dovrebbe rallegrarsi di un pellegrinaggio che, alla sua prima edizione, riunisce seicento pellegrini con un’età media di ventidue anni, con bandiere, inni e preghiere [QUI: N.d.T.]. Ma non mons. Grégoire Cador, eccentrico Vescovo di Coutances (Dipartimento della Manica), che ha inaugurato il suo mandato episcopale spostando nella Cathédrale Notre-Dame di Coutances un concerto – inizialmente previsto in una chiesa dismessa dal culto – che comprendeva tra i brani interpretati un invito alla preghiera islamica [QUI e QUI; QUI e QUI su MiL: N.d.T.].
Dopo aver trascinato a lungo le trattative con gli organizzatori, colui che sta chiaramente facendo di tutto per essere l’ultimo Vescovo di Avranches e Coutances ha inviato una lettera incendiaria agli organizzatori in cui si oppone alla Santa Messa tradizionale e proibisce ai sacerdoti classici presenti nella Diocesi di parteciparvi, pena l’esclusione. Si tratta dello stesso Vescovo che, basandosi sulla sua esperienza in Africa, elogia continuamente l’accoglienza dei migranti provenienti da altri Paesi, senza essere in grado di accogliere i suoi fedeli qui.
Ma nulla che possa scoraggiare i pellegrini: mons. Grégoire Cador, con un colpo di bacchetta magica, ha trasformato i Normanni in Bretoni.
Provenienti dai cinque angoli della Normandia, da Fécamp, Coutances, Avranches, Le Havre, Rouen, Caen e molti dal Dipartimento dell’Orne – tra cui una buona parte dei volontari, i pellegrini sono partiti da Saint-James, hanno dormito ad Ardevon (Pontorson) – dove una raffica di grandine ha tentato, senza successo, di disturbare la loro veglia davanti al fuoco – e hanno proseguito la mattina del 5 ottobre verso Le Mont-Saint-Michel, nonostante i terribili vortici di vento gelido e le grandinate, dove hanno risalito la strada a passo di carica per essere accolti da don Pierre Doat, Rettore del Santuario di Mont-Saint-Michel per una presentazione e poi passare alla Église Saint-Pierre per un momento di preghiera – c’era così tanta gente che è stato necessario dividere la colonna in due.
Perché camminavano? «Per Dio e la cultura normanna», «per ritrovarsi insieme e pregare» e per questo padre di famiglia «andare in pellegrinaggio a Mont Saint-Michel è più facile che andare a Chartres per i nostri tre figli ed è per questo che torneremo l’anno prossimo» o ancora, per questi Francoconteesi venuti dall’altra parte del paese, «perché andare a Mont Saint-Michel è simbolico». C’erano anche alcuni abitanti del Dipartimento della Charente: «Da noi non esiste (ancora?) un pellegrinaggio locale tradizionale. Quindi veniamo qui e chiediamo la protezione di San Michele, visto quello che sta succedendo nel Paese e nei dintorni, è il momento giusto». Un altro abitante di Rouen è venuto «a chiedere la protezione di San Michele, ora che mio figlio è entrato nell’esercito». Uno dei pellegrini era al Festival-pèlerinage de l’Espérance di Domrémy-la-Pucelle la settimana scorsa [QUI; QUI su MiL: N.d.T], «era il 600º anniversario delle apparizioni di San Michele a Santa Giovanna d’Arco. Venire qui dopo è logico».
Accompagnati da diversi sacerdoti che confessavano i pellegrini mentre camminavano, e dai padri e fratelli del Couvent Saint Thomas d’Aquin di Chémeré-le-Roi [Fraternità di San Vincenzo Ferrer: N.d.T.] nel Dipartimento della Mayenne, il pellegrinaggio con le sue numerose sezioni locali, quella dell’associazione SOS Chrétiens d’Orient costellata di bandiere dell’Armenia, del Libano e di altri Paesi della Cristianità orientale, e quello dell’associazione S.O.S. Calvaires con la sua croce pellegrina è quindi arrivato a Mont-Saint-Michel, dove don Pierre Doat ha ricordato loro il messaggio del Santuario: «Il primo motivo dell’esistenza del Santuario è pregare per i defunti, il secondo è pregare per San Michele, arcangelo della lotta contro il male». Gioia ai defunti, che non devono più sopportare l’Episcopato di Coutances!
Il pellegrinaggio non è passato inosservato nelle località vicine. Vicino a Pontorson, un sacerdote diocesano trova «l’atteggiamento del Vescovo inqualificabile. C’è un evento giovanile nella nostra Diocesi e lui ha cercato di impedirlo». Ciò ha suscitato anche la reazione di un autista di autobus: «C’è comunque un problema di coerenza nella Chiesa quando dicono di voler accogliere i migranti e i loro stessi fedeli devono cambiare Dipartimento per poter partecipare alla Santa Messa. È davvero assurdo».
E infatti, una volta arrivati a Mont-Saint-Michel, i pellegrini hanno fatto inversione per percorrere altri dieci chilometri nelle paludi fino a una terra accogliente: la Église Saint-Martin-de-Tours di Roz-sur-Couesnon, arroccata sulla sua roccia a otto chilometri da Mont-Saint-Michel, in terra bretone, da dove si guardano dall’alto le meschinità di mons. Grégoire Cador e si gode di una bella vista sul Monte. La Santa Messa tradizionale si è svolta in una chiesa gremita, grazie alla generosità di mons. Pierre d’Ornellas, Arcivescovo metropolita di Rennes: la Bretagna ti conquista, è una terra di accoglienza incondizionata. «Todos, todos, todos», come diceva papa Francesco a Lisbona.
E questo anche se è un po’ strano vedere centinaia di bandiere normanne in una chiesa bretone, graziosa con il suo monumento ai caduti della guerra del 1914 ricamato e le sue vetrate della Cathédrale Saint-Samson di Dol-de-Bretagne e della Cathédrale Saint-Vincent di Saint-Malo – Dol-de-Bretagne e Saint-Malo non sono molto lontane. Ma sulla vetrata principale dell’altare, la vetrata è quella di Christus Regnat. Nonostante le miserie di questo mondo e alcuni Vescovi scontrosi, i pellegrini affluiscono, Cristo regna e la Croce rimane.






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