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venerdì 21 marzo 2025

Libero Milone, ex Revisore Generale del Vaticano, promette di continuare a lottare dopo l’ultima mossa del Tribunale

Vi proponiamo – in nostra traduzione – l’articolo del vaticanista Edward Pentin, pubblicato il 19 marzo sul sito National Catholic Register, in cui si ripercorre, nella ricostruzione del diretto interessato, la vicenda giudiziaria che contrappone Libero Milone, già Revisore Generale, e lo Stato della Città del Vaticano.
In particolare si analizza l’ordine del Tribunale di rimuovere delle prove di corruzione dalla richiesta di Libero Milone, che egli definisce ingiusta.
La ricostruzione proposta è dello stesso ex Revisore Generale e sarà il Tribunale vaticano a decidere sul caso, ma questa vicenda è interessante perché emerge, ancora una volta, come gran parte degli uomini scelti all’epoca di papa Francesco (e di sua fiducia) cadano rovinosamente e siano rimossi: l’effetto di questo pontificato (al desolante tramonto) è sempre più caratterizzato da liti, insuccessi e opacità.

L.V.


Libero Milone, il primo Revisore Generale del Vaticano, ha promesso di continuare a lottare per la giustizia dopo che un Tribunale vaticano ha ordinato la rimozione di elementi chiave della sua causa contro il Vaticano per licenziamento illegale.

Libero Milone afferma che gli elementi sono relativi alle prove documentate di cattiva gestione finanziaria, corruzione e ostruzionismo che Milone e il suo team di revisori hanno riscontrato tra il 2015 e il 2017.

Insieme al suo ex vice, Ferruccio Panicco, morto nel 2023, Libero Milone ha citato in giudizio il Vaticano per 9,3 milioni di euro nel 2022 per licenziamento ingiusto, perdita di reddito e danni alla reputazione, dopo che il Vaticano ha ignorato i loro tentativi di raggiungere un accordo extragiudiziale.

L’ex Revisore Generale, ex Presidente e Amministratore delegato della filiale italiana della multinazionale di revisione contabile Deloitte, ha sempre sostenuto strenuamente che lui e Ferruccio Panicco sono stati spietatamente allontanati dopo aver scoperto irregolarità finanziarie e corruzione ai massimi livelli all’interno del Vaticano.

Ma il Tribunale ha respinto il loro caso nel gennaio 2024 e ha imposto multe di circa 100.000 euro al patrimonio di Libero Milone e Ferruccio Panicco, portando Milone a presentare ricorso.

Nove mesi dopo, Libero Milone e i suoi avvocati hanno ricevuto un’ordinanza del Tribunale vaticano che li invitava a «rimuovere una parte sostanziale degli elementi inclusi nella nostra documentazione di ricorso a sostegno delle ragioni della nostra richiesta», ha dichiarato Milone in una dichiarazione del 18 marzo. «Circa metà della nostra richiesta, circa 25 pagine, doveva essere rimossa per poter continuare il procedimento».

Il Tribunale ha ordinato loro per iscritto di «rigenerare la nostra richiesta originale», ha spiegato, «dicendoci esattamente cosa rimuovere» e dando loro due motivi per farlo: «linguaggio inappropriato utilizzato», che secondo Libero Milone si riferiva a «alcuni aggettivi percepiti come offensivi», e la «rimozione di alcuni pezzi che hanno specificamente identificato come inappropriati».

La decisione del Tribunale ha portato il capo consulente legale di Libero Milone, Romano Vaccarella, un noto avvocato costituzionalista veterano in Italia che una volta ha difeso l’ex premier Silvio Berlusconi, a ritirare la sua assistenza nel caso. Milone ha detto al National Catholic Register che, nella sua lunga carriera, Vaccarella «non gli aveva mai detto cosa o cosa non mettere in una richiesta, quindi si è dimesso perché pensa che sia stata commessa un’ingiustizia; il Tribunale non è imparziale».

Il National Catholic Register ha ottenuto una copia della denuncia di Libero Milone e Ferruccio Panicco. Tra i passaggi che è stato ordinato di rimuovere c’è quello che spiega che «emergerà un’immagine dei vertici della Santa Sede altamente incompatibile con la missione affidatale dalla Provvidenza», aggiungendo che «ogni iniziativa concreta viene sabotata».

Altri passaggi etichettati come «cancellato» includono vari casi di presunte malversazioni finanziarie. Tra questi, il «coinvolgimento illegale» dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, gestito dal Vaticano, nell’acquisizione di due ospedali italiani; «l’occultamento di fondi» da parte della Congregazione per la dottrina della fede; lo «sviamento di fondi» da parte del Pontificio Consiglio per la famiglia; «gravi conflitti di interesse che coinvolgono importanti membri della Prefettura degli affari economici della Santa Sede»; e «l’ostruzionismo» dell’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica che gestiva gli immobili e altri beni della Santa Sede, anche da parte del suo allora Presidente, il card. Domenico Calcagno.

Altri passaggi di cui è stato ordinato la rimozione includevano le seguenti accuse:
  • «insufficiente collaborazione, o meglio ostentato disinteresse», soprattutto da parte del Promotore di giustizia del Vaticano e dell’Autorità di informazione finanziaria del Vaticano «che puzza chiaramente di riciclaggio di denaro»;
  • una nota riservata scritta nel 2016 dal defunto card. George Pell, allora Prefetto della Segreteria per l’economia, che segnalava «ostilità insormontabile» all’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica verso l’adozione di pratiche che avrebbero posto rimedio a pratiche che erano «completamente irregolari e fortemente dannose per la Santa Sede»;
  • la scomparsa di 2,5 milioni di euro donati dalla Fondazione Bajola Parisani per la costruzione di un nuovo reparto all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù e che la costruzione è stata «sostituita» semplicemente «apponendo una targa di ringraziamento all’ingresso di un vecchio reparto»;
  • un trasferimento di 500.000 euro dall’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, apparentemente per una «campagna di marketing», che «in realtà era destinato al finanziamento illecito dei partiti politici italiani durante le elezioni del 2013»;
  • «l’uso illegale di fondi del Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano per coprire la quota dei costi di ristrutturazione (170.000 euro) a carico del comandante Domenico Giani»;
  • «la gestione opaca del Giubileo del 2015 da parte di mons. Salvatore Fisichella» – mons. Fisichella sta attualmente gestendo il Giubileo «Pellegrini di Speranza» di quest’anno;
  • l’esistenza di «criteri non razionali nella remunerazione del personale, soprattutto per quanto riguarda gli straordinari»;
  • come le «ripetute richieste» alla Segreteria di Stato riguardanti un famigerato investimento immobiliare a Londra che ha portato a perdite per centinaia di milioni di euro per il Vaticano siano state accolte da un «muro di mattoni» e mai risposte;
  • che la richiesta del Revisore generale di ispezionare l’inventario dei lingotti e delle monete d’oro del Vaticano è stata accolta con la risposta che «le chiavi non sono state trovate», anche se mons. Alberto Perlasca aveva detto ai media che «tutti sapevano dove fossero le chiavi»;
  • i rapporti dell’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica con una banca svizzera (BSI S.A.) che era «coinvolta in un’importante indagine per riciclaggio di denaro ed evasione fiscale»; e
  • il ruolo del card. Giovanni Angelo Becciu nella cancellazione nel 2016 della prima revisione esterna del Vaticano da parte della società di revisione PricewaterhouseCoopers, nonostante avesse accettato le loro procedure di revisione.

La denuncia affermava, in ulteriori passaggi che è stato ordinato di cancellare, che questo elenco forniva solo una «breve» panoramica di una «miriade di (per usare un eufemismo) “irregolarità” rilevate dal revisore generale», aggiungendo che questi vari casi rappresentano «il groviglio di interessi e strutture di potere» che il suo ufficio è stato «chiamato» a indagare.

Libero Milone ha descritto le aree che hanno esaminato come «un vero e proprio nido di vipere» i cui soggetti «si sono sentiti minacciati dalle indagini e dalle semplici richieste di chiarimenti e/o documenti».

In altri passaggi cancellati, hanno anche affermato che coloro che erano sottoposti a controlli «tendevano a unirsi, mettendo persino da parte i loro conflitti, per sbarazzarsi dell’invadente Libero Milone e del suo vice Ferruccio Panicco [e] tornare… ai vecchi metodi». E hanno espresso sospetti sul motivo per cui l’altro Vice Revisore generale dell’epoca, Alessandro Cassinis Righini, non solo era stato lasciato al suo posto, ma successivamente era stato promosso a revisore generale.

Il Tribunale vaticano ha anche ordinato la rimozione della spiegazione fornita dallo stesso Libero Milone sul perché il suo lavoro abbia suscitato una tale reazione: nella sua richiesta, egli ha affermato di non essere sorpreso di non «godere di particolare favore nelle alte sfere dell’amministrazione vaticana», dato che stava utilizzando i «soliti metodi internazionali di controllo e verifica».

Libero Milone ha sempre insistito sul fatto che stava lavorando secondo lo statuto promulgato da papa Francesco nel 2014 che istituiva l’Ufficio del Revisore Generale, il quale specificava che il Revisore generale doveva aderire agli standard internazionali di revisione e che doveva riferire al Papa.

Libero Milone ha anche spiegato che quando stava cercando di ottenere informazioni dalla Segreteria di Stato sull’investimento immobiliare a Londra, «per una strana coincidenza» i suoi regolari incontri faccia a faccia con papa Francesco si sono interrotti e non sono mai ripresi, nonostante le ripetute richieste al Prefetto della Casa pontificia. Anche queste informazioni sono state ordinate di cancellare dalla richiesta.

Nella sua dichiarazione del 18 marzo, Libero Milone ha affermato che «in base alla formulazione» di un’ordinanza del Tribunale che aveva ricevuto a gennaio, ritiene che sia «evidente che la richiesta sarà nuovamente respinta senza che possiamo in alcun modo dimostrare i motivi per essere stati rimossi con la forza dalla carica e, inoltre, si ribadisce che la nostra richiesta non avrebbe mai dovuto essere indirizzata alla Segreteria di Stato».

Si riferiva a un disaccordo sul fatto che la Segreteria di Stato sia l’entità corretta a cui rivolgersi nella causa. Libero Milone ha sostenuto che, secondo una legge del 1933, le richieste legali devono essere presentate al Segretario di Stato o al Governatore dello Stato della Città del Vaticano.

«Non riusciamo a capire come sia possibile che siamo stati noi a presentare il ricorso, e quindi a presentare il caso, e non dovrebbe essere il Tribunale a decidere cosa vorrebbero sentire!» ha dichiarato Libero Milone. «È ovvio che continueremo questo contenzioso per ottenere la giustizia che ci meritiamo per tutte le ragioni presentate, e mai discusse o respinte, ma solo confutate».

«Andremo fino in fondo e troveremo una soluzione», ha detto Libero Milone al National Catholic Register il 19 marzo. «Non ci arrenderemo».

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