Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera 1127 pubblicata da Paix Liturgique il 15 novembre, in cui si continua ad esaminare il «curriculum» dei visitatori apostolici della Fraternità sacerdotale di San Pietro.
Dopo mons. Bernard-Nicolas Aubertin, Arcivescovile emerito di Tours (QUI; QUI su MiL), è la volta di mons. Diarmuid Martin, Arcivescovo emerito di Dublino, che arrivò a definire «cattiva teologia» le dichiarazioni di San Giovanni Paolo II suo preservativi e, durante l’epidemia del COVID-19, si distinse per l’asservimento al Governo irlandese.
L.V.
«Questo è stato uno dei problemi. Dopo il Concilio Vaticano II si disse che il diritto canonico non doveva essere punitivo, ma riabilitare le persone»
«E loro (i leader della Chiesa) hanno fatto esattamente la cosa sbagliata con gli abusatori sessuali»
Uno dei due prelati nominati per la visita canonica della Fraternità sacerdotale di San Pietro è mons. Diarmuid Martin, Arcivescovo emerito di Dublino ed ex Primate d’Irlanda.
Nato a Dublino nel 1945, ordinato sacerdote nel 1969, è entrato al servizio della Santa Sede nel 1976 (Pontificio Consiglio per la Famiglia, Sottosegretario e poi Segretario – e Vescovo – del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace). Mons. Diarmuid Martin ha rappresentato la Santa Sede alle principali conferenze dell’Organizzazione delle Nazioni Unite sulle questioni sociali negli anni Novanta. Ha inoltre partecipato alle attività della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale. Nel 2001 è stato nominato osservatore permanente della Santa Sede a Ginevra presso l’Ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzioni specializzate e presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio.
È stato un uomo di Curia, nominato Arcivescovo coadiutore di Dublino da San Giovanni Paolo II il 3 maggio 2003, e succeduto al card. Desmond Connell il 26 aprile 2004, dove ha dovuto gestire la nota «crisi degli abusi sessuali», tanto da ricevere le congratulazioni del quotidiano La Croix, In occasione del suo pensionamento nel luglio 2021, il quotidiano La Croix scriveva [QUI: N.d.T.]:
L’anno successivo, mons. Diarmuid Martin ha preso le redini di una delle Diocesi cattoliche più prestigiose del mondo, ma anche una delle più sclerotiche a causa degli scandali di pedofilia. Ex osservatore permanente della Santa Sede presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite a Ginevra, ha subito rotto la legge del silenzio e ha aperto tutti gli archivi dell’Arcidiocesi di Dublino alla giustizia irlandese, senza restrizioni, con il rischio di coinvolgere la gestione dei suoi predecessori.
Critiche alla «cattiva teologia» di San Giovanni Paolo II sui preservativi
Nel settembre 2023, il Primate d’Irlanda in pensione ha rilasciato un’intervista televisiva in cui è tornato sulla crisi degli abusi e su altre questioni ecclesiastiche; pur ritenendo che l’ordinazione delle donne al sacerdozio non avverrà nel corso della sua vita, ha messo in discussione le dichiarazioni di San Giovanni Paolo II sui preservativi e sull’AIDS [QUI: N.d.T.].
Mons. Diarmuid Martin, Arcivescovo emerito di Dublino, ha anche detto di ritenere che San Giovanni Paolo II sia stato colpevole di «cattiva teologia» quando il Sommo Pontefice ha detto, durante la crisi dell’AIDS, che non era permesso ai Cattolici usare i preservativi per fermare la diffusione del virus.Mons. Diarmuid Martin ha fatto questi commenti in un’intervista all’emittente nazionale irlandese Raidió Teilifís Éireann il 3 settembre, nel corso del 100º episodio del programma The Meaning of Life.Quando il conduttore ha chiesto al prelato in pensione se riteneva che quanto detto da San Giovanni Paolo II sull’uso dei preservativi durante la crisi dell’AIDS fosse un «giudizio sbagliato», l’Arcivescovo emerito di Dublino ha risposto: «Penso che sia stata una cattiva teologia».«È l’idea di una comprensione straordinariamente ristretta e dogmatica dei principi da portare», ha proseguito, «senza guardare alle circostanze generali in cui si svolge una situazione e alle lotte che le persone devono affrontare».Mons. Diarmuid Martin ha detto che secondo lui questo approccio «è stato uno dei problemi della Chiesa in Irlanda. Abbiamo imparato le regole prima di imparare chi fosse Gesù Cristo».[…]Parlando nel contesto dei referendum irlandesi sul matrimonio omosessuale [2015, approvato dal 62 per cento: N.d.T.] e sull’aborto [2018, rimozione del divieto dalla Costituzione approvata dal 66 per cento: N.d.T.], che hanno visto ampi margini a favore della liberalizzazione di queste leggi, all’Arcivescovo è stato chiesto del fatto che la Chiesa è stata dalla parte dei perdenti su entrambe le questioni controverse.L’Arcivescovo ha risposto: «La Chiesa è stata così presa dalla dogmatica dei diritti e dei torti, dei diritti e dei torti assoluti, che ha perso il contesto».Ha elogiato papa Francesco perché, a suo avviso, ha riequilibrato la situazione. «Questa è la cosa bella di papa Francesco. Papa Francesco dice che non sta cambiando l’insegnamento della Chiesa, ma è diverso con le persone».Ha avvertito che «se la Chiesa appare solo come un libro di regole, allora hanno perso il Cristianesimo. Il Cristianesimo non è questo».
Lo spirito del Concilio è alla base della cattiva gestione della «crisi degli abusi sessuali»?
Paradossalmente, nello stesso programma, l’Arcivescovo ha fatto un’osservazione molto interessante. Egli sottolinea che l’indulgenza adottata dalle autorità religiose dopo il Concilio Vaticano II potrebbe aver giocato un ruolo nella cattiva gestione della «crisi degli abusi sessuali» [QUI: N.d.T.]:
Nell’intervista all’emittente Raidió Teilifís Éireann, il prelato ha rivelato che, studiando le azioni intraprese dai suoi predecessori in materia di abusi, ritiene che intorno al periodo del Concilio Vaticano II (1962-65) la Chiesa abbia adottato un atteggiamento più indulgente nei confronti del clero violento.«Questo è stato uno dei problemi. Dopo il Concilio Vaticano II si disse che il diritto canonico non doveva essere punitivo, ma riabilitare le persone», ha detto.«E loro (i leader della Chiesa) hanno fatto esattamente la cosa sbagliata con gli abusatori sessuali», ha detto.
In Irlanda come altrove, un Episcopato asservito al Governo durante la pandemia di COVID-19
Ahimè per gli Irlandesi, dopo la prima serrata, tra il 29 marzo e il 29 giugno 2020 (quotidiano The Irish Times, 20 giugno 2020) [QUI: N.d.T.],
Mons. Diarmuid Martin, Arcivescovo metropolita di Dublino, ha definito «strano» e «deludente» un limite di cinquanta persone per le chiese.[…]«Ho già espresso la mia opinione che in questo periodo iniziale dovremmo essere pazienti e permettere che la nuova situazione si stabilizzi», ha dichiarato in un comunicato.[…]Mons. Diarmuid Martin ha detto di sperare che sia possibile arrivare a «una situazione più ragionevole e responsabile in cui il numero di persone ammesse a partecipare alla Messa possa essere proporzionato alle dimensioni di ciascuna chiesa».
È stato riferito che le persone hanno partecipato alla Messa nella Church of the Guardian Angels a Blackrock, Dublino.[…]In una dichiarazione pubblicata sul sito web dell’Arcidiocesi di Dublino, mons. Diarmuid Martin ha affermato che «non c’è spazio per l’autodispensazione o l’autointerpretazione delle norme».Ha aggiunto che «saltare la fila da parte di individui o comunità mette tutti a rischio».«Questa settimana ho ricordato a tutte le parrocchie che il mancato rispetto delle norme di salute pubblica è inaccettabile».
Quello che doveva succedere è successo: con così poca opposizione, il Governo irlandese ha vietato tutte le Messe dal 9 ottobre 2020 fino alla fine di aprile 2021, a parte una breve parentesi a Natale, multando i fedeli che vi partecipavano (127 euro) e criminalizzando i sacerdoti che facevano il loro dovere nonostante tutto.
Tutto ciò non sembra sconvolgere più di tanto mons. Diarmuid Martin – il 19 ottobre 2020 il portale Vatican News ha riportato la sua dichiarazione intitolata Reflections on lockdown times in cui [QUI: N.d.T.]
ha detto che le manifestazioni contro le maschere sono una tendenza negativa nella società irlandese.«Quando si osservano alcune delle proteste contro l’uso delle maschere e altre misure restrittive, dietro i discorsi esteriori sul rispetto delle libertà individuali c’è anche una tendenza alla negazione del virus».[…]«Ci sono voci là fuori che non capiscono, o non vogliono capire, cosa significhi tolleranza religiosa nell’Irlanda di oggi e questo dovrebbe preoccupare tutti noi», ha detto l’Arcivescovo.
Nel dicembre 2020, la Holy Family Parish in Irlanda ha pubblicato uno dei suoi comunicati stampa:
«Ovviamente sarà impossibile per le nostre abituali e numerose congregazioni riunirsi per la Messa la vigilia o il giorno di Natale. Vorremmo ricordare ai Cattolici che l’obbligo di partecipare alla Messa la domenica e nei giorni di festa rimane sospeso durante la pandemia […] Le Messe di Natale saranno trasmesse anche via webcam e incoraggiamo vivamente le famiglie a collegarsi dalle chiese domestiche nei loro salotti».
A metà aprile, a seguito di ulteriori provvedimenti, è stato mons. Eamon Columba Martin, Arcivescovo di metropolita Armagh e Presidente della Irish Catholic Bishops’ Conference, a esprimere pubblicamente il suo sconcerto per questo anticlericalismo di Stato con il pretesto della pandemia [QUI: N.d.T.]:
«Il ministero pastorale e il sostegno spirituale, che sono così importanti per le persone durante il periodo della pandemia, non dovrebbero essere confinati a un piccolo numero di attività legalmente accettabili e “regolamentate”».
È morbido, ma è un timido messaggio di protesta che mons. Diarmuid Martin si è dimostrato incapace di portare avanti per tutta la durata della pandemia.
Alla fine, la salvezza del popolo irlandese è arrivata da una serie di iniziative esterne, in particolare la Fraternità sacerdotale San Pio X, la cui Santa Messa è stata interrotta manu militari dalla polizia ad Athlone, nel cuore dell’Irlanda, il 25 aprile 2021 in seguito a una denuncia, la ripresa delle Messe all’inizio di aprile 2021 nel vicino Ulster e l’iniziativa della fondazione Aid To The Church - Ireland, che ha incoraggiato i sacerdoti a celebrare la Messa all’aperto, sulle «mass rocks», gli altari di pietra che venivano usati per le Messe clandestine durante le persecuzioni anticattoliche del XVI e XVIII secolo da parte degli Inglesi, per chiedere il «rinnovamento della Fede» nel Paese per intercessione dei martiri irlandesi [QUI: N.d.T.].
Alla fine di maggio, gli Irlandesi sono tornati a celebrare la Messa – ancora con meno di cinquanta persone nelle chiese, e mons. Diarmuid Martin non ha avuto nulla a che fare con questo.
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