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venerdì 15 novembre 2024

Magister. Quel primato del papa che divide le Chiese. Ma che Francesco impedisce di riformare

Grazie a Sandro Magister per questa analisi sul primato di Pietro.
"Ma la contraddizione più clamorosa è quella che riguarda la sinodalità. Il documento fa affidamento al sinodo del 2021–2024 dedicato precisamente a riformare la Chiesa in senso sinodale, ma tace sull’effettivo annientamento di tale proposito da parte di un papa come Francesco che i sinodi, sia l’ultimo che i precedenti, li ha umiliati esercitando di fatto su di essi un dominio solitario e assoluto, come messo in luce dal precedente post di Settimo Cielo. Per non dire della sua inaudita pretesa di far derivare anche i poteri temporali del papa dal suo ruolo di primate della Chiesa. Pretesa codificata nel preambolo della nuova legge fondamentale dello Stato della Città del Vaticano pubblicata il 13 maggio 2023, ammantando di diritto divino non solo il supremo governo spirituale della Chiesa ma anche il governo temporale, sempre da parte del papa, dello Stato della Città del Vaticano. [...] Insomma, alla prova dei fatti, il documento di studio “Il vescovo di Roma”, con le sue proposte di buona volontà ecumenica, è azzerato dal comportamento effettivo del papa regnante".
Luigi C.

11-11-24

Il 2025 non sarà soltanto l’anno del giubileo, per la Chiesa di Roma. Sarà anche il 1700mo anniversario del primo concilio ecumenico della storia, tenuto nel 325 nella città di Nicea, l’odierna Iznik, in Anatolia, non lontano dal Bosforo.
Nell’occasione, papa Francesco ha in programma di incontrare a Iznik il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo e altri capi delle Chiese d’Oriente, con l’intento di concordare una volta per tutte la celebrazione della Pasqua in una data comune, che per una fortunata coincidenza dei diversi calendari l’anno prossimo sarà già tale, il 20 aprile.
Ma soprattutto, l’anniversario di Nicea sarà l’occasione per far progredire il dialogo ecumenico sul primato del papa, su come ripensarlo e metterlo in pratica con il consenso di tutte le Chiese divise da Roma, d’Oriente come d’Occidente. Un’impresa quanto mai ardua, ma che da qualche decennio alcuni passi avanti li ha fatti, come documenta un testo pubblicato quest’anno dal dicastero vaticano per l’unità dei cristiani, presieduto dal cardinale svizzero Kurt Koch.

Il testo, che ha per titolo “Il vescovo di Roma” e si qualifica come “documento di studio”, prende le mosse dal decreto conciliare “Unitatis redintegratio” e dalla concomitante revoca, il 7 dicembre 1965, delle reciproche scomuniche tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, risalenti al grande scisma del 1054.

Il dialogo ecumenico incoraggiato dal Concilio Vaticano II ha avuto nel primato papale una delle questioni più dibattute. Paolo VI lo indicò da subito come “l’ostacolo più grande sul cammino dell’ecumenismo”. E Giovanni Paolo II, nell’enciclica “Ut unum sint” del 1995, auspicò di superare questo ostacolo trovando “una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all’essenziale della sua missione, si apra a una situazione nuova”.

A questo appello sono seguite decine di risposte da varie Chiese e movimenti ecumenici e una cinquantina di documenti con i risultati dei dialoghi intessuti con la Chiesa cattolica. Di tutto ciò il testo del dicastero per l’unità dei cristiani presenta un indice generale e una sintesi ragionata.

Per quanto riguarda, ad esempio, le Chiese d’Oriente, la commissione mista di teologi cattolici e ortodossi che si riunisce periodicamente ha prodotto un documento, nel 2016 a Chieti, proprio su “sinodalità e primato nel primo millennio”, nel solco di quel famoso detto del giovane Joseph Ratzinger secondo cui, sul primato del papa, “Roma non deve pretendere dall’Oriente più di quanto è stato formulato e vissuto nel primo millennio”.

Senza però giungere a condividere le due diverse comprensioni che il primato del vescovo di Roma ebbe già in quei primi mille anni in Occidente e in Oriente, stando a quel che il documento scrive.

E ancor più distanti sono apparse le due posizioni nel successivo documento del 2023, prodotto ad Alessandria d’Egitto e dedicato al secondo millennio, quello del potenziamento della primazia del papa e della sua infallibilità culminato nel Concilio Vaticano I. Oltre tutto, all’incontro era mancata la presenza del patriarcato di Mosca, già in rotta col patriarcato di Costantinopoli proprio sulla questione del primato di quest’ultimo nel campo dell’ortodossia.

Il documento di studio “Il vescovo di Roma” non si limita però a mettere a fuoco i risultati raggiunti negli scorsi decenni. Va oltre. In una ventina di pagine finali presenta una serie di “proposte” per “un esercizio del primato nel XXI secolo”, ossia “per un rinnovato esercizio del ministero dell’unità del vescovo di Roma che possa essere riconosciuto dagli uni e dagli altri”.

Ed eccole tali proposte nei loro passaggi essenziali, nell’ordine in cui il documento le pone.

RILEGGERE IL VATICANO I

“Tra le proposte espresse dai dialoghi, sembra particolarmente importante l’invito a una ‘ri-ricezione’ cattolica o un commento ufficiale del Concilio Vaticano I. […] È essenziale rileggere il Vaticano I alla luce dell’intera Tradizione, secondo l’antica e costante credenza della Chiesa universale, e nell’orizzonte di una crescente convergenza ecumenica sul fondamento biblico, sugli sviluppi storici e sul significato teologico del primato e della sinodalità”.

PATRIARCA D’OCCIDENTE MA PAPA DI TUTTI

“Un’altra proposta importante è quella di fare una distinzione più chiara tra le diverse responsabilità del Papa, in particolare tra il suo ministero di capo della Chiesa cattolica e il suo ministero di unità tra tutti i cristiani, o più specificamente tra il suo ministero patriarcale nella Chiesa latina e il suo ministero primaziale nella comunione delle Chiese. L’eliminazione del titolo ‘Patriarca d’Occidente’ dall’Annuario Pontificio nel 2006 ha sollevato alcune preoccupazioni negli ambienti ecumenici e ha dato l’opportunità di avviare una riflessione sulla distinzione tra queste diverse responsabilità, che deve essere proseguita”.

VESCOVO DI ROMA CON LA SUA CATTEDRALE

“Poiché le diverse responsabilità del Papa si fondano sul suo ministero di Vescovo di Roma, la Chiesa che presiede nella carità tutte le Chiese, è anche essenziale evidenziare il suo ministero episcopale a livello locale, come vescovo tra i vescovi. […] L’elencazione degli altri suoi titoli pontificali come ‘storici’ (cfr. Annuario Pontificio 2020) può contribuire a una nuova immagine del papato. Allo stesso modo, alla cattedrale della diocesi di Roma è stato dato un maggiore risalto da quando i recenti documenti e la corrispondenza papale sono stati firmati da San Giovanni in Laterano, una chiesa che potrebbe giocare un ruolo più significativo anche all’inaugurazione di un nuovo pontificato. Tuttavia, la terminologia utilizzata nei documenti ufficiali cattolici e nelle dichiarazioni riguardanti il ministero del Papa spesso non riflette questi sviluppi e manca di sensibilità ecumenica”.

PRIMATO E SINODALITÁ INSIEME

“La dimensione sinodale della Chiesa cattolica è cruciale per il suo impegno ecumenico. […] Molte istituzioni e pratiche sinodali delle Chiese orientali cattoliche potrebbero ispirare la Chiesa latina. […] È anche importante realizzare l’invito del Concilio Vaticano II riguardo alle conferenze episcopali. […] In particolare, si può osservare che il parallelo tra le conferenze episcopali e gli antichi patriarcati tracciato da ‘Lumen gentium’ 23 non è stato sviluppato, né teologicamente né canonicamente. […] Il processo sinodale 2021–2024 per la XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi dal titolo ‘Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione’, basato su un’ampia consultazione di tutto il Popolo di Dio a livello locale, regionale, nazionale, continentale e universale, è un’occasione propizia per approfondire la riflessione sulla dinamica sinodale che articola le dimensioni personale, collegiale e comunitaria della Chiesa”.

UN GOVERNO SINODALE PERMANENTE PER TUTTA LA CHIESA

“Papa Francesco ha stabilito un’ulteriore espressione della comunione episcopale e dell’ausilio al ‘munus petrinum’ che l’episcopato sparso per il mondo può offrire, quando, nel primo anno del suo pontificato, ha creato un Consiglio dei Cardinali. Questo Consiglio, accanto ai Concistori ordinari e straordinari, potrebbe essere il primo passo verso una struttura di governo sinodale permanente a livello di tutta la Chiesa, con la partecipazione attiva dei vescovi locali. Ciò era già stato suggerito durante il Concilio Vaticano II dal patriarca melchita Massimo IV”.

PROSSIMO APPUNTAMENTO A NICEA

“Una sinodalità ‘ad extra’, che promuove incontri regolari tra i rappresentanti delle Chiese a livello mondiale, talvolta chiamata ‘comunione conciliare’, è indicata come un modo promettente per rendere visibile e approfondire la comunione già condivisa. […] L’invito alle altre comunioni cristiane a partecipare ai processi sinodali cattolici a tutti i livelli è particolarmente importante e potrebbe essere esteso alle visite ‘ad limina’, come suggerito da diversi dialoghi. A un altro livello, l’incontro del 2018 a Bari dei leader delle Chiese riuniti su invito di Papa Francesco per pregare, riflettere e confrontarsi in modo informale sulla situazione dei cristiani in Medio Oriente, indica un nuovo modo di esercitare la sinodalità e il primato. La preparazione e la commemorazione congiunta del 1700mo anniversario del Primo Concilio Ecumenico (Nicea, 325) potrebbe fornire l’occasione per praticare questa sinodalità tra i cristiani di tutte le tradizioni”.

PRIMI PASSI COMUNI CON LE CHIESE D’ORIENTE…

“Evitando un’opposizione superficiale e irrealistica tra diritto e comunione, una proposta di comunione basata su ‘un servizio d’amore riconosciuto dagli uni e dagli altri’ (‘Ut unum sint’, 95) non dovrebbe essere espressa solo in termini giuridici, ma sulla base di un’ecclesiologia di ‘koinonia’ radicata nella comprensione sacramentale della Chiesa promossa dal Concilio Vaticano II. […] Per quanto riguarda le Chiese ortodosse, con le quali la Chiesa cattolica riconosce un comune ordinamento ecclesiale basato sulla tradizione apostolica e sui sacramenti, questo modello di comunione potrebbe allinearsi strettamente al principio spesso citato secondo cui ‘Roma non deve pretendere dall’Oriente più di quanto è stato formulato e vissuto nel primo millennio’. […] Questo modello potrebbe includere due responsabilità identificate dai dialoghi relativi al ministero dell’unità del Vescovo di Roma: un ruolo specifico nei concili ecumenici (come convocare e presiedere) e un ruolo di mediazione in caso di conflitti di natura disciplinare o dottrinale, attraverso l’esercizio sinodale della procedura di appello (come descritto ad esempio dal Concilio di Sardica del 343)”.

… E CON LE CHIESE PROTESTANTI D’OCCIDENTE

“Anche alcune comunioni cristiane occidentali riconoscono il primo millennio come punto di riferimento. Anche se restano da risolvere alcune questioni ecclesiologiche fondamentali, come l’apostolicità e il ministero ordinato, la natura sacramentale e l’ordinamento della Chiesa, molti dialoghi riconoscono la necessità di un primato per tutta la Chiesa per promuovere l’unità dei cristiani e la missione. Allo stesso tempo, sottolineano il primato del Vangelo e la necessità di un esercizio comunitario e collegiale del primato. […] Questi dialoghi offrono importanti spunti e prospettive per un esercizio accettabile del ministero dell’unità da parte del Vescovo di Roma, un primato di annuncio e testimonianza (‘kerigma’, ‘martyria’), che potrebbe essere accolto dagli altri cristiani occidentali anche prima del ripristino della piena comunione”.

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Queste le proposte del documento di studio “Il vescovo di Roma”. Contraddette però in larga misura dall’effettiva modalità di governo messa in atto da papa Francesco.

Qualche sommessa critica affiora nello stesso documento. Ad esempio là dove ravvisa una “mancanza di sensibilità ecumenica” nelle modalità con cui Francesco agisce da vescovo di Roma.

Ma la contraddizione più clamorosa è quella che riguarda la sinodalità. Il documento fa affidamento al sinodo del 2021–2024 dedicato precisamente a riformare la Chiesa in senso sinodale, ma tace sull’effettivo annientamento di tale proposito da parte di un papa come Francesco che i sinodi, sia l’ultimo che i precedenti, li ha umiliati esercitando di fatto su di essi un dominio solitario e assoluto, come messo in luce dal precedente post di Settimo Cielo.

Per non dire della sua inaudita pretesa di far derivare anche i poteri temporali del papa dal suo ruolo di primate della Chiesa. Pretesa codificata nel preambolo della nuova legge fondamentale dello Stato della Città del Vaticano pubblicata il 13 maggio 2023, ammantando di diritto divino non solo il supremo governo spirituale della Chiesa ma anche il governo temporale, sempre da parte del papa, dello Stato della Città del Vaticano.

In due millenni di storia, mai un papa aveva osato tanto. Ed è ovvio che ciò ingigantisce a dismisura l’ostacolo che il primato papale frappone a una riconciliazione tra le Chiese.

E ancora. Come non registrare la sistematica violazione dei principi fondamentali di uno stato di diritto nel processo intentato in Vaticano contro il cardinale Angelo Becciu e altri imputati, con papa Francesco a comandare il gioco a suo piacimento?

Insomma, alla prova dei fatti, il documento di studio “Il vescovo di Roma”, con le sue proposte di buona volontà ecumenica, è azzerato dal comportamento effettivo del papa regnante.