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AGGIORNAMENTO del programma del 13º Pellegrinaggio Populus Summorum Pontificum #sumpont2024

Cari amici, a pochi giorni dall ’inizio de l  13º Pellegrinaggio  Populus Summorum Pontificum   a Roma da venerdì 25 a domenica 27 ottobre  ...

domenica 22 settembre 2024

E ora, per confermare l’unità liturgica che si suppone così essenziale, è nato il rito amazzonico

Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera 1105 pubblicata da Paix Liturgique il 21 settembre, in cui si riprende e si commenta la notizia secondo la quale entro la fine di quest’anno (ed in «fase sperimentale per i prossimi tre anni) il Vaticano introdurrà nella liturgia il cosiddetto «rito amazzonico», ispirato al rito maya e proposto in occasione dell’Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per la regione pan-amazzonica del 2019 (ne abbiamo già parlato QUI su MiL).
Tutto in nome della libertà liturgica, per permettere a chiunque di esprimere la propria fede secondo la propria cultura… a chiunque, tranne ai fedeli di sensibilità tradizionale, ovviamente.

L.V.


E intanto l’usus antiquior è ancora perseguitato e vietato… i nostri pastori vivono in un mondo strano…

Udite, udite, cari amici: il venerabile rito della Chiesa romana è proibito, ma in compenso il rito amazzonico che sta nascendo sarà introdotto entro la fine dell’anno! Sarà in «fase sperimentale» alla fine del 2024 per tre anni, fino al 2028, quando, senza dubbio con alcune modifiche e «arricchimenti», diventerà definitivo. Lo ha annunciato il Consejo Episcopal Latinoamericano y Caribeño (CELAM) attraverso padre Agenor Brighenti S.X., coordinatore dell’équipe teologica del CELAM. Per inciso, questo padre Brighenti è favorevole all’ordinazione delle donne e all’abolizione del celibato sacerdotale.

Va notato che la preparazione di questo rito della foresta ha richiesto una notevole quantità di lavoro dal 2020. Non meno di tredici commissioni hanno lavorato duramente alla sua composizione. Ma non abbiamo dettagli: sarà una sorpresa.

Questo rito amazzonico potrebbe ispirarsi al rito maya in corso di realizzazione in Messico, in particolare per quanto riguarda il rapporto con la «Madre Terra»: molte incensazioni durante tutta l’Eucaristia, sparse da uomini e donne che sono «incensatori»; preghiere recitate da uomini e donne laici detti «presidi», che stanno accanto al sacerdote come quasi-celebranti; danze rituali di ringraziamento; uso di conchiglie maya, che un tempo venivano usate per comunicare con gli antenati; l’accensione di candele maya, che permettono di entrare in contatto con altre persone, vive o morte, e con «nostra sorella Madre Terra»; un altare maya, detto «offerta maya», con i prodotti della terra e del lavoro umano, piante, fiori, frutta, semi, e candele di diversi colori rivolte verso i quattro punti cardinali, più o meno divini per i Maya.

Interessante, non è vero? Il rito amazzonico potrebbe anche essere ispirato al rito zairese, il che ha senso visto l’afflusso di neri in Brasile. Il rito zairese, considerato un adattamento congolese del rito romano, era stato promosso dal card. Joseph-Albert Malula, già Arcivescovo metropolita di Kinshasa e membro del Consilium ad exsequendam Constitutionem de Sacra Liturgia: comprende gesti e movimenti ritmici, danze processionali, l’apertura della celebrazione con una litania che invoca gli antenati insieme ai santi, la preparazione penitenziale prima dell’Offertorio, e anche le palombe e i dialoghi abituali tra sacerdote e popolo. Papa Francesco è molto interessato a questo rito dello Zaire. Ha scritto la prefazione al libro di suor Rita Mbogshu Kongo, Papa Francesco e il «Messale Romano per le Diocesi dello Zaire» (Libreria Editrice Vaticana, 2020) [QUI: N.d.T.], e ritiene che sia «una via promettente anche per l’eventuale elaborazione di un rito amazzonico».

È anche possibile che la strana cerimonia che si è svolta nei giardini vaticani il 4 ottobre 2019, all’inizio dell’Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per la regione pan-amazzonica, sia stata una sintesi della religiosità locale presentata a papa Francesco in modo pedagogico che potrebbe servire da riferimento per l’inculturazione-cristianizzazione attraverso il rito amazzonico. La cerimonia si è svolta attorno ad alcune statuette della Pachamama, con un’evocazione spiritualizzata della «Madre Terra», che partorisce e nutre i popoli della foresta, e che li punisce anche con terremoti se si appropriano di troppe sue risorse. Il rituale di soddisfare la sua fame e la sua sete presentandole offerte tratte da ciò che ha donato su una coperta posta a terra può essere paragonato a una sorta di «presentazione di doni».

Interessante, davvero interessante. La diversità religiosa dell’Amazzonia, una sorta di nuova Pentecoste nella sua bio-freschezza, rivelerebbe altre vie di salvezza (salvezza/salute) per l’umanità. Tutti i popoli amazzonici sono stati evangelizzati dai missionari portoghesi e spagnoli, ma le loro credenze, soprattutto a partire dal XX secolo, sono state costantemente mescolate e amalgamate con una grande varietà di contributi, tra cui quelli della religiosità afroamericana e dello sciamanesimo importato, innestato sull’uso tradizionale di sostanze allucinogene. I nostri serissimi liturgisti sono riusciti a utilizzare questo brodo per creare una «religiosità amazzonica» che può essere recuperata dalla liturgia conciliare.

Così, le comunità ecclesiali interessate potranno finalmente «esprimere la loro fede secondo la loro cultura e i loro costumi in questo immenso territorio dell’Amazzonia», ha detto padre Agenor Brighenti S.X. Tutto ciò va bene. E noi non abbiamo il diritto di esprimere la nostra fede secondo la nostra cultura? E papa Francesco ha insistito: «Il Cristianesimo non ha un unico modello culturale e deve portare il volto delle tante culture e dei tanti popoli in cui è accolto e radicato». Perché no? E il Cristianesimo non può portarci il volto della cultura in cui è così profondamente radicato?

Noi «amazzoni» di Parigi continuiamo, secondo i nostri riti e le nostre usanze, a recitare il Santo Rosario davanti all’Arcivescovado, 10 rue du Cloître-Notre-Dame, dal lunedì al venerdì, dalle ore 13:00 alle ore 13:30, nella Église Saint-Georges di La Villette, 114 av. Simon Bolivar, XIXe, il mercoledì alle ore 17:00, e davanti alla Église Notre-Dame-du-Travail, 59 rue Vercingétorix, XIVe, la domenica alle ore 18:15.

Un coreano si è avvicinato e ci ha chiesto: siete fedeli sostenitori della liturgia tradizionale? Assolutamente sì, e stiamo pregando affinché le celebrazioni abolite a Parigi vengano ripristinate. No, sono Protestante, ma conosco un gruppo di miei studenti a Seoul che la pensano come voi: mi permettete di fare una foto e di inviargliela?

8 commenti:

  1. Povera Chiesa di Cristo. Perché non il rito Apache o il rito Laotiano o il rito Giamaicano (con tanto di canne?..) Come dicevano quegli indietristi dei latini: "Sulla potuit cur non ego?"

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    1. Probabilmente arriveranno, così come ci fu il rito greco, armeno, copto, maronita, siriano, ambrosiano…

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    2. C'è una bella differenza, quelli sono nati nei secoli spesso con l'apporto di santi come Sant'Ambrogio. Qui si sta facendo come con la Messa nuova: commissioni, esperti, riunioni, equipes teologiche, come fosse un laboratorio di ingegneria liturgica con alla base discutibili motivazioni. Vogliono disintegrare la Cattolicità in migliaia di riti? E allora perché la Messa che risale ai tempi di Gregorio Magno è l'unica che deve sparire? Eh, questa non è inclusività.

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    3. Premetto che ritengo che TC sia stata un grave errore.

      Detto questo anche in passato le liturgie venivano composte o assemblate da 'studiosi creativi' che spesso avevano intenzioni complesse. Personalmente a me ha stupito molto trovare una preghiera eucaristica in un antico Messale gallicano che si rifaceva esplicitamente a un'anafora del testo para-gnostico ed encratita Atti di Tommaso. Il Monaco che probabilmente ha scritto il testo voleva fare uno sfoggio di erudizione, ed altri suoi confratelli fecero lo stesso.

      Anche Gregorio Magno diceva che il Canone Romano era stato composto da un dotto

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    4. Ma pensi che la cattolicità sta unità dai riti? Niente di più falso! Sta unità dall’appartenenza alla stessa Chiesa sotto gli stessi pastori. Concetti che ai tradizionalisti stanno molto, ma molto stretti…e allora cercano di buttare tutto in caciara nascondendosi dietro la pretesa frammentazione data dai riti (solo quelli nuovi però…quelli antichi andavano benissimo).
      Cose che non stanno né in cielo né in terra.

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    5. Eh no, fu proprio Paolo VI campione del cambiamento liturgico, a imporre il nuovo rito, facendo mettere in cantina tutti i vari riti (domenicano etc.) motivando che così avrebbe ridato unità nella cattolica. Si salvarono in ben pochi (Colombo riuscì a salvare il rito ambrosiano seppure con molti cambiamenti in linea al NO). Come la mettiamo? Ora non vale più il suo discorso perché si è (quasi) riusciti a raggiungere lo scopo di eliminare il VO? Adesso invece si accorgono che i poveri indios non hanno il loro rito? Poverini! È fin troppo chiaro dove vogliono arrivare: se tu crei tanti riti secondo le varie culture della terra è inevitabile che la "babele" liturgica possa portare anche ad altre differenze. È questione solo di tempo. Basta dare alle conferenze episcopali "poteri dottrinali" con qualche scusa di adattamento al "soffio dello Spirito" e il gioco è fatto. Diciamocelo chiaro: creare questi riti fa comodo, è il mezzo giusto per infilare nella cattolica diaconesse e viri probati e altre amenità che in altro modo non si è ancora riusciti a far passare. A Napoli si dice: qui nessuno è fesso!

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  2. Ma perchè devono imporre all'intera Chiesa universale questi cambiamenti che sono controproducenti per i fedeli e che già stanno portando all'abbandono di molti credenti della Chiesa cattolica. Dov'è il collegio cardinalizio? Dove sono i Vescovi? Dove sono i sacerdoti?

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  3. Non si rendono conto di essere RIDICOLI prima ancora che SINODALI.

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