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martedì 10 settembre 2024

Barcellona, per il Rettore del Seminario ci sono troppi seminaristi «fondamentalisti, conservatori e reazionari»

In una intervista pubblicata il 13 agosto sul quotidiano progressista catalano El punt avui, mons. Salvador Barcadit, Rettore del Seminario Conciliar di Barcellona, ad una domanda ha risposto che al Seminario ha «rilevato uno spostamento a destra», spiegando poi che «le nuove generazioni, in tempi di crisi come quelli attuali, hanno cercato sicurezza e questi stili, queste tendenze più fondamentaliste, più conservatrici, gliel’hanno data».
Continuando l’intervista su questo argomento, a proprio agio nel parlare ad una platea di lettori progressisti, ha precisato che «papa Francesco e anche i Vescovi sono preoccupati di questa realtà e vogliono cercare di reindirizzarla» anche nei «giovani più reazionari».
Siamo ormai di fronte all’ultima battaglia di retroguardia (per quanto ancora deleteria) dei vecchi preti progressisti prossimi alla sconfitta della loro «idea di Chiesa», ancora incapaci di accettare la realtà; e tutto ciò in una situazione di già grave crisi vocazionale.
Di seguito – oltre all’estratto, in nostra traduzione, dell’intervista – vi proponiamo il commento di Francisco Fabra pubblicato il 19 agosto sul sito Germinans germinabit e l’approfondimento pubblicato il 7 settembre sul sito Infovaticana, il quale chiarisce che «questa affermazione specifica sulle persone che cercano sicurezza nella rigidità delle posizioni più conservatrici è la tipica risorsa del progressismo di fronte allo smarrimento causato dal fatto che le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa non sono come loro. Non solo sono incapaci di fare autocritica, ma, peggio ancora, hanno adottato categorie concettuali della peggior scuola, che ha sostituito la fede e le categorie ecclesiali classiche».
Insomma, «questa prospettiva di non tollerare l’esistenza di “conservatori” nella Chiesa (che i seminaristi vogliano essere sacerdoti come lo sono sempre stati, e non allenatori o responsabili parrocchiali), di voler evitare a tutti i costi che, una volta ordinati, arrivino nelle loro Parrocchie e dicano quello che la Chiesa ha sempre detto, implica […] l’applicazione del concetto di tolleranza negativa o repressiva nella Chiesa».

L.V.


[…] Al Seminario Conciliar di Barcellona, avete rilevato uno spostamento a destra?

Sì, l’abbiamo rilevato. Ma questo si riscontra, secondo diversi studi, anche negli adolescenti e nei giovani di oggi, al di fuori dell’ambito della Chiesa. Le nuove generazioni, in tempi di crisi come quelli attuali, hanno cercato sicurezza e questi stili, queste tendenze più fondamentaliste, più conservatrici, gliel’hanno data.

Papa Francesco è preoccupato?

Sì, e anche i Vescovi sono preoccupati di questa realtà e vogliono cercare di reindirizzarla. Ma noi riceviamo le persone che vengono da noi e non possiamo dire di no nemmeno ai giovani più reazionari. Tuttavia, una volta entrati nel Seminario, ci preoccupiamo che abbiano una visione più ampia, con uno spirito di dialogo e una mentalità più aperta alla diversità delle persone che esistono oggi nella nostra società. Papa Francesco dice sempre che dobbiamo andare alle periferie, alle periferie esistenziali, alle periferie ideologiche, alle periferie sociali, alle periferie della povertà. Per raggiungere tutti coloro che sono più lontani dalla Chiesa, non possiamo rimanere sulla difensiva o in posizioni di sicurezza per noi stessi.

***


Mons. Salvador Bacardit, Rettore del Seminario Conciliar di Barcellona, ha concesso un’intervista al quotidiano nazionale progressista El Punt Avui, fonte inesauribile di informazioni su questa linea ideologica a bassissimo orario ma sovvenzionata e promossa dai media ufficiali e affini. Il responsabile della formazione del Seminario conosce il pubblico che legge questa pubblicazione e ha voluto farsi bello con loro, ma senza rendersi conto che anche noi leggiamo questa pubblicazione e che quanto ha detto è davvero preoccupante e molto indicativo del vero pensiero di chi ha una così grande responsabilità nella nostra Diocesi, e su un tema come quello delle vocazioni in cui il card. Juan José Omella, Arcivescovo metropolita di Barcellona, ha mostrato la sua preoccupazione per il basso numero di nuove reclute in questa istituzione.

Mons. Salvador Bacardit sostiene che «abbiamo rilevato uno spostamento a destra tra i seminaristi», ma si lava le mani da questa responsabilità, giustificandosi dicendo «che non possiamo dire di no ai giovani più reazionari» che vogliono entrare in Seminario. Quando cerca di giustificarsi, butta via le palle adducendo fattori esterni a lui: «Sì, abbiamo rilevato (questa tendenza). Ma questo si riscontra, secondo diversi studi, anche negli adolescenti e nei giovani di oggi, al di fuori dell’ambito della Chiesa. Le nuove generazioni, in tempi di crisi come quelli attuali, hanno cercato sicurezza e questi stili, queste tendenze più fondamentaliste, più conservatrici, gliel’hanno data».

Tenendo presente che il numero di seminaristi provenienti dal nazional-progressismo è pari a zero da molti anni e che tutte le entrate provengono da «quei settori più conservatori», come dice lo stesso mons. Salvador Bacardit, egli chiama i suoi stessi seminaristi con nomi simpatici come «fondamentalisti» e «reazionari». Ebbene, se fossi un seminarista non accetterei di buon grado tali parole.

L’attuale Rettore del Seminario Conciliar di Barcellona ha un passato chiaramente nazional-progressista, anche se negli ultimi anni sembra aver preso una certa piega verso posizioni più neutrali. Il card. Juan José Omella ha scelto lui per porre fine al periodo di mons. Felip-Juli Rodríguez, durato solo due anni, a causa della cattiva atmosfera creatasi tra il Rettore e i seminaristi. Mons. Salvador Bacardit ha la fama di uomo di conciliazione e di dialogo, quindi aveva il profilo giusto per rimettere le cose in carreggiata, e l’Arcivescovo lo ha anche circondato di due eccellenti sacerdoti molto apprezzati negli ambienti «conservatori», gli unici che producono vocazioni, come mons. Bernat Gimeno come formatore e mons. Pere Montagut come direttore spirituale.

Ma la capra è sempre il diavolo e di tanto in tanto mons. Salvador Bacardit «progre» esce dalle sue origini, come in questa intervista, cercando di farsi bello con i suoi ex amici, va detto fuori dall’intervista, che questi ex correligionari del Rettore del Seminario Conciliar di Barcellona lo mettono sotto costante pressione, rendendolo responsabile del fatto che le ultime promozioni di sacerdoti sono così «conservatrici», ora sappiamo cosa dice loro e come cerca di giustificarsi che non ha colpa di nulla.

Da quando il card. Marcelo González Martín ha lasciato l’Arcidiocesi di Barcellona, ci sono molti seminaristi barcellonesi che non studiano nel loro Seminario, gli anni passano e i Rettori del Seminario passano, ma rimane ancora latente l’immagine che la formazione dei seminaristi a Barcellona potrebbe essere migliore e che si dovrebbero esplorare altre strade possibili. Certamente, le parole di mons. Salvador Bacardit nell’intervista non migliorano, tutt’altro, la diffidenza che alcuni ancora nutrono.

***


Il 19 agosto, il sito Germinans Germinabit ha ripreso le parole deliranti di mons. Salvador Bacardit, Rettore del Seminario Conciliar di Barcellona, sui propri seminaristi in interviste rilasciate al sito Religión Digital e al quotidiano generalista El Punt Avui, affermando di aver rilevato uno spostamento a destra dei seminaristi.

Leggendo questa dichiarazione, la mia prima reazione è stata quella di ridere di quanto sia sprovveduto e confuso quest’uomo, nominato alla carica dopo l’esperienza fallimentare del precedente Rettore, e che per tutta la vita è stato il tipico sacerdote barcellonese della sua generazione, favorevole ai verdi e all’indipendenza.

Ma la gravità del problema è emersa chiaramente quando il Rettore ha affermato che «riceviamo le persone che si rivolgono a noi e non possiamo dire di no nemmeno ai giovani più reazionari».

È comprensibile, visto il contesto mediatico in cui il Rettore ha pronunciato queste parole, che egli abbia parlato senza filtri, trovandosi nel suo elemento tra i pamphlet ideologici: uno pro-verdi e l’altro pro-catalani. Oltre a far capire che la generazione di sacerdoti che ha scambiato le tonache e i clergyman con le camicie a quadri non ha imparato, nonostante il crollo delle loro Parrocchie, l’assoluto fallimento dell’esperimento ecclesiastico portato avanti dallo «spirito del Concilio», possiamo anche constatare la totale resa al mondo di questi lupi travestiti da agnelli, che sono mossi solo dalle ideologie, e non dalla fede o dalla fedeltà alla Chiesa.

Se continuiamo a leggere le parole di mons. Salvador Bacardit, vediamo perle come «(la svolta a destra) che abbiamo rilevato si riscontra, secondo diversi studi, anche negli adolescenti e nei giovani di oggi, al di fuori dell’ambito della Chiesa. Le nuove generazioni, in tempi di crisi come quelli attuali, hanno cercato sicurezza e questi stili, queste tendenze più fondamentaliste, più conservatrici, gliel’hanno data».

Questa affermazione specifica sulle persone che cercano sicurezza nella rigidità delle posizioni più conservatrici è la tipica risorsa del progressismo di fronte allo smarrimento causato dal fatto che le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa non sono come loro. Non solo sono incapaci di fare autocritica, ma, peggio ancora, hanno adottato categorie concettuali della peggior scuola, che ha sostituito la fede e le categorie ecclesiali classiche. Mi spiego: giorni dopo aver letto queste interviste, stavo ascoltando sul canale Youtube Tekton - Centro televisivo una conversazione tra don Gabriel Calvo Zarraute e il cristiano Rodrigo Iturralde sulle ideologie anticristiane della nuova sinistra, in cui si discuteva della cosiddetta Scuola di Francoforte: i suoi componenti e le idee perverse che hanno lanciato negli anni Trenta e che oggi hanno contaminato il pensiero non solo del mondo, ma anche della Chiesa. A questo proposito, a un certo punto della conversazione, don Gabriel Calvo Zarraute ha affermato che questa tesi della ricerca di sicurezza in strutture rigide e conservatrici si trova nientemeno che in un’opera di Sigmund Freud, Totem und Tabu [Totem e tabù: N.d.T], del 1927. In altre parole, si tratta di una penetrazione della Chiesa e della sua ammissione della spiegazione psicoanalitica di un degenerato Ebreo anticristiano. E dico che questa ideologia è stata ammessa come propria perché non è la prima volta che sento questa stessa argomentazione; l’ho già sentita in una conversazione con alcune suore carmelitane della carità di Vedruna – sapete, quelle suore anziane, senza abito, che si possono trovare in qualsiasi manifestazione a favore dell’indipendenza della Catalogna –; quando ho chiesto loro come fosse possibile che congregazioni dedite all’insegnamento come la Purezza di Maria avessero vocazioni e loro no, la risposta è stata esattamente la stessa, la ricerca di sicurezza, condita con qualche tocco di femminismo rancido degli anni Settanta.

Continuando l’intervista con il Rettore del Seminario Conciliar di Barcellona, le cose non fanno che peggiorare. Dice: «Noi riceviamo le persone che vengono da noi e non possiamo dire di no nemmeno ai giovani più reazionari». Avverte che sia papa Francesco che i Vescovi «sono preoccupati per questa realtà» e stanno cercando di «reindirizzarla»: «una volta entrati nel Seminario, ci preoccupiamo che abbiano una visione più ampia, con uno spirito di dialogo e una mentalità più aperta alla diversità delle persone che esistono oggi nella nostra società».

Vediamo se ho capito: nella Chiesa c’è posto per «tutti, tutti, tutti»; ma ai reazionari, ai conservatori e ai fondamentalisti bisogna fare il lavaggio del cervello affinché «abbiano una visione più ampia, con uno spirito di dialogo e una mentalità più aperta alla diversità». In altre parole, non devono commettere più crimini. In altre parole, che non commettano il peccato di fare proselitismo o di respingere l’invasione di immigrati clandestini musulmani maschi in età militare; che incoraggino i battezzati a seguire strade peccaminose come le relazioni omosessuali e le unioni di divorziati che formano coppie con persone che non sono le loro mogli/mariti; di perdonare tutto nei confessionali (proprio così); e di gioire della ricchezza della coesistenza di religioni diverse, tutte di pari valore, e di costumi culturali come l’uso di machete di mezzo metro, le rapine con violenza e le violenze sessuali sulle donne.

Ironia a parte, questa prospettiva di non tollerare l’esistenza di «conservatori» nella Chiesa (che i seminaristi vogliano essere sacerdoti come lo sono sempre stati, e non allenatori o responsabili parrocchiali), di voler evitare a tutti i costi che, una volta ordinati, arrivino nelle loro Parrocchie e dicano quello che la Chiesa ha sempre detto, implica, come ha indicato molto accuratamente don Gabriel Calvo Zarraute nel video citato, l’applicazione del concetto di tolleranza negativa o repressiva nella Chiesa. Un concetto ideato anche da un pensatore associato alla Scuola di Francoforte (anche se più tardi), Herbert Marcuse. Nelle parole del cristiano Rodrigo Iturralde, Marcuse afferma che «dobbiamo consentire la tolleranza o favorire tutto ciò che è di sinistra; e dobbiamo reprimere, e abbiamo tutto il diritto di farlo, tutto il pensiero che può essere associato al consevatorismo, al Cristianesimo, alla destra ecc. La sua giustificazione è che la società è alienata, manipolata da un sistema capitalista e dalla Chiesa cattolica; e poiché sono manipolati, non si può permettere loro di avere un’opinione, perché la loro opinione non sarebbe propria o critica, ma il prodotto di un processo di lavaggio del cervello della società capitalista cristiana occidentale». In questo modo, egli sostiene la censura completa di tutto ciò che non è di sinistra. Questa è la tolleranza dei marxisti: l’intolleranza verso ciò che è diverso. E ciò che Herbert Marcuse promulga in quel libro, che è del 1965, è ciò che viene applicato oggi nella nostra società ed è applicato anche nella Chiesa, come spiega don Gabriel Calvo Zarraute (vi consiglio di guardare l’intero video).

Ecco perché questo modo repressivo di agire nella Chiesa a favore delle ideologie mondane e a scapito della fede, della morale e del pensiero cattolico non è nuovo (del Rettore mons. Salvador Bacardit, degli attuali Vescovi e di papa Francesco). Da anni ormai i sacerdoti fedeli non vengono più scelti per la «carriera ecclesiastica» e vengono emarginati, inviati in villaggi remoti, senza accesso agli incarichi diocesani. Inoltre, da anni circolano storie su come, ai tempi di mons. Joseph Antón Arenas, nel Seminario Minore di Barcellona, i seminaristi recitassero il Santo Rosario in segreto; e su come, alla partenza di mons. Joan Enric Vives come Rettore del Seminario Conciliar di Barcellona, dovessero andare in soffitta, dove era stato dimenticato, per trovare l’ostensorio per esporre il Santissimo Sacramento.

E, in tutto questo, non ci sono sempre meno seminaristi diocesani? E non è solo che sono pochi, ma anche che sono conservatori, fondamentalisti, rigidi e così via. Il numero di seminaristi provenienti da ambienti nazional-progressisti è ormai da molti anni pari a zero. In questo contesto, sempre più persone chiamate alla vocazione sacerdotale fanno l’immenso sacrificio di lasciare la propria Diocesi e persino il proprio Paese per andare in un seminario internazionale di un istituto o di una fraternità sacerdotale tradizionale. Perché chi entrerà nel seminario di Barcellona leggendo queste parole del Rettore? Inoltre, la sua storia si smonta da sola. Mi è stato detto da un seminarista che sta pensando di lasciare il Seminario diocesano – anche se è già al terzo anno – che una persona che cerca sicurezza cerca naturalmente l’accettazione da parte del suo ambiente, sia nella Chiesa che nella società. E vivere la propria fede in un modo che i progressisti considerano «conservatore» (ma che in molti casi è direttamente tradizionale) significa andare controcorrente, essere individuati, essere rifiutati NELLA CHIESA. La persona che entra in Seminario o in alcune comunità religiose in questo modo, anche se inizialmente può non saperlo, sperimenterà nel suo percorso formativo una continua emarginazione, tentativi di lavaggio del cervello come quello riconosciuto dal Rettore mons. Salvador Bacardit, e persino l’espulsione dal Seminario o dalla vita religiosa.

Pertanto, essere coerenti con la fede, la morale e l’insegnamento della Chiesa è, nel XXI secolo, il contrario della ricerca di sicurezza.

7 commenti:

  1. Meno male che qualcuno dice le cose come stanno.
    In effetti, c’è da preoccuparsi.

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  2. L'affermazione che essere "progressisti" significhi essere a favore di libertà/sovranità/indipendenza della propria patria (piccola o grande) mentre essere "conservatorio" o "tradizionalisti" significhi essere contrari é intrinsecamente illogica.

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  3. È una triste verità. Basta stare un po' attenti, osservare certi particolari e riflettere. Io prego per questi sacerdoti.

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  4. "Tuttavia, una volta entrati nel Seminario, ci preoccupiamo che abbiano una visione più ampia, con uno spirito di dialogo e una mentalità più aperta alla diversità delle persone che esistono oggi nella nostra società."

    Campi di rieducazione... si entra cattolici e se ne esce modernisti?

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  5. Questa diatriba tra progressisti e conservatori ci sarà sempre in seminario... l'importante è avere dei rettori santi, che siano uomini di Dio e che aiutino i seminaristi ad essere lo stesso.

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  6. E allora usiamo una buona volta le argomentazioni idiote del progressismo contro di esso. Si parli di "rigidità progressista", di "ricerca di sicurezza nel progressismo", di apertura mentale da introdurre nei progressisti facendo in modo che abbiano una "visione più ampia" comprendente la Tradizione della Chiesa e un sano conservatorismo... Rinfacciamo ai progressisti ciò che essi rinfacciano a noi. Alla fine saranno costretti a smetterla.

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  7. riscrivo lo stesso messaggio, visto che non me lo postate e non capisco la ragione': CARO RETTORE, SE LA COSA TI PUO' DARE FASTIDIO, SEI LIBERO DI FARE LE VALIGE E CERCARTI UN NUOVO MESTIERE.

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