Post in evidenza

Card. Arizmendi difende gli “adattamenti liturgici” per i Maya, scagliandosi contro i tradizionalisti: “Né Gesù né gli apostoli hanno celebrato con questo Messale tridentino”.

Ancora sul grottesco rito maya. Questa volta, purtroppo, da parte del card.  Arizmendi. " È qui che coglie l'occasione per attaccar...

mercoledì 21 agosto 2024

Mons. Agostini sul Pellegrinaggio a Covadonga 2024. Peregrinación a Covadonga 2024 (e VIDEO) - #nsc2024 #ndce2024 #tradizionalisti #MTL #vaticano #megliogioventu

Ancora sul Pellegrinaggio di quest'anno 2024 a Covadonga (QUI MiL). QUI la gioventù dell'evento
Pubblichiamo, in italiano e spagnolo, il commento di Mons. Marco Agostini, Cerimoniere del S. Padre, che ha celebrato la Messa principale del Pellegrinaggio, tratto dal Bollettino Laudate.
Con autorizzazione dell'Autore che ringraziamo.
QUI e sotto un bellissimo, breve, video, sul Pellegrinaggio.
Luigi C.

Pellegrinaggio a Covadonga 2024

Al tempo del disconoscimento e dell’oblio delle radici che hanno fatto grande per Fede e civiltà l’Europa, l’annuale pellegrinaggio Nostra Signora della Cristianità di Covadonga rappresenta una controtendenza. Fotografie, video, testimonianze orali o scritte danno l’idea di che cosa sia stato, tuttavia è l’esperienza diretta del pellegrinaggio che conferisce la precisa coscienza d’aver preso parte a qualcosa d’inatteso, sorprendente e grande.

Covadonga è la meta, il punto d’arrivo d’un itinerario fisico e di Fede, immagine “della città posta sul monte” (Mt 5, 14-15) alla quale tutti aneliamo nel nostro peregrinare terreno. Ma prima di divenire un traguardo, Covadonga è stata un inizio, un punto di partenza: una delle radici cristiane dell’Europa! La Santa Grotta custodisce il simulacro della “Regina di questa montagna che tiene per trono la culla di Spagna” (Inno di Covadonga). La Basilica è monumento

solenne a Dio, alla Santissima Vergine e a un simbolo dell’identità iberica e della cristianità europea: offerta grata delle genti di Spagna e d’Europa alla Santissima Vergine che si degnò di visitare questo teatro della storia incoraggiando il Re Pelagio e suoi trecento la notte prima della battaglia che segnò l’inizio della Reconquista cattolica e lo sbarramento all’islamizzazione dell’Europa.

Come innumerevoli cristiani lungo i secoli, con tale comprensione serrata nella mente, quasi duemila giovani e giovani famiglie hanno pellegrinato a questo luogo a piedi, per tre giorni, percorrendo i cento chilometri che separano Oviedo dal Santuario. E’ indelebile il ricordo del lungo cordone colorato di pellegrini che ha solcato sentieri assolati, inabissandosi in boschi ombrosi, riaffiorando alla luce come fonte risorgiva, accarezzando in un dolce saliscendi la morfologia della terra asturiana. Al garrire delle bandiere e degli stendardi, all’ondeggiare delle croci, all’eco di preghiere, giaculatorie, inni e famigliari conversazioni, si mescolava la fatica, lo stento, il sudore, il sangue di piedi in difficoltà, unitamente alle lacrime e al sangue di cuori in pena per la Chiesa, per l’Europa e per il mondo. Nulla di nuovo per un pellegrinaggio cattolico dove Fede e vita si compenetrano, gioia e sacrificio s’accompagnano, redenzione ed espiazione rimuovono peccati e pene, dove la Grazia perfeziona la natura, in special modo, col Sacramento della Confessione amministrato senza interruzione da numerosi Sacerdoti.

“Pane vero” dei pellegrini è stato il “Pane degli Angeli” ricevuto nelle solenni e antiche Messe che hanno ritmato i giorni del pellegrinaggio di questa nuova generazione di figli della Chiesa. Questi figli hanno ritemprato le loro forze abbeverandosi, alla stessa maniera dei trecento di Gedeone (Gd 7,1-8), nel vasto fiume delle Tradizione. Imponente spettacolo vedere ed essere parte di una moltitudine che impara e vuole unire il proprio sacrificio a quello incomparabile di Cristo sulla Croce che si perpetua nel Santo Sacrificio dell’Altare. Uno spettacolo che non lascerebbe indifferenti, se fossero stati lì, anche i più sofisticati detrattori. Ho visto lacrime solcare i volti freschi, benché affaticati, di questi ragazzi mentre in ginocchio e a mani giunte ricevevano la Santissima Eucaristia.

        E finalmente la meta, desiderio sognato alla partenza, agognato con sofferenza lungo il cammino: “Ora i nostri piedi si fermano alle tue porte Gerusalemme” (Sal 122,2). L’arrivo è sempre qualcosa di epico, momento di emozioni sconfinate che traboccano dal cuore di chi ha particolarmente faticato. Le campane che suonano a distesa, la musica del grand’organo, la possanza del canto. Qui, spesso, si radica il nobile sentimento che, nell’esuberanza della giovinezza, cancella la fatica e consolida la decisione di voler tornare di nuovo, l’anno prossimo, alla Grotta della Santina, nella casa della Madre, tra queste imponenti montagne, nel rigoglio delle foreste, tra lo scrosciare delle cascate. Te Deum laudamus, Te Dominum confitemur è l’inno risuonato, in un luogo così speciale, innanzi al Santissimo Sacramento. Grazie alla Trinità Santissima, principio e fine della creazione per aver iniziato e concluso questo cammino, parabola dell’esistenza reale. Grazie per la Niña – così, con devota passione, gli asturiani chiamano Nostra Signora – patrona e propiziatrice di ogni vittoria ieri, oggi e sempre. Grazie per la Chiesa particolare di Oviedo e per quella universale, madre e bella sempre, nonostante i peccati dei propri figli. Da questa radice cristiana dell’Europa è scesa, dentro e fuori la basilica, la Benedizione del Santissimo Sacramento sull’impegno dei pellegrini a costruire il Regno dei Cieli già su questa terra, nelle chiese, negli spazi civici e nelle case, nonostante l’avversità dei tempi e il mugghiare oscuro del mondo.

Agli infaticabili organizzatori Sacerdoti e laici, a coloro che ci hanno ospitato con cordialità e a quanti hanno reso possibile a vario titolo una così straordinaria esperienza, il grazie più sentito.

Peregrinación a Covadonga 2024

En una época de negación y olvido de las raíces que hicieron grande a Europa en términos de Fe y civilización, la peregrinación anual de Nuestra Señora de la Cristiandad en Covadonga representa una contratendencia. Fotografías, vídeos, testimonios orales o escritos dan una idea de lo que fue, pero es la experiencia directa de la peregrinación la que confiere la conciencia precisa de haber participado en algo inesperado, sorprendente y grandioso.

Covadonga es la meta, el punto de llegada de un itinerario físico y de Fe, la imagen "de la ciudad asentada sobre la montaña" (Mt 5,14-15) que todos anhelamos en nuestro deambular terrenal. Pero antes de convertirse en meta, Covadonga fue un comienzo, un punto de partida: ¡una de las raíces cristianas de Europa! La Santa Gruta alberga el simulacro de la "Reina de esta montaña, que tiene por trono la cuna de España" (Himno de Covadonga). La Basílica es un monumento solemne a Dios, a la Santísima Virgen y a un símbolo de la identidad ibérica y de la cristiandad europea: una ofrenda agradecida de los pueblos de España y de Europa a la Santísima Virgen que se dignó visitar este teatro de la historia animando al rey Pelagio y a sus trescientos la noche anterior a la batalla que marcó el inicio de la Reconquista católica y la barrera a la islamización de Europa.

Como innumerables cristianos a lo largo de los siglos, con esa comprensión encerrada en sus mentes, casi dos mil jóvenes y familias jóvenes peregrinaron a pie hasta este lugar durante tres días, recorriendo los cien kilómetros que separan Oviedo del santuario. El recuerdo es imborrable del largo y variopinto cordón de peregrinos que surcaba senderos bañados por el sol, hundiéndose en bosques umbríos, emergiendo a la luz como un agua de manantial, acariciando la morfología de la tierra asturiana en un suave sube y baja. Al ondear de banderas y estandartes, al balanceo de cruces, al eco de oraciones, jaculatorias, himnos y conversaciones familiares, se mezclaban el cansancio, la fatiga, el sudor, la sangre de pies atribulados, junto a las lágrimas y la sangre de corazones dolidos por la Iglesia, por Europa y por el mundo. Nada nuevo para una peregrinación católica donde fe y vida se compenetran, alegría y sacrificio van de la mano, redención y expiación alejan pecados y penas, donde la Gracia perfecciona la naturaleza, especialmente con el Sacramento de la Confesión administrado sin interrupción por numerosos sacerdotes.

El "verdadero pan" de los peregrinos era el "Pan de los Ángeles" recibido en las solemnes y antiguas misas que jalonaban los días de peregrinación de esta nueva generación de hijos de la Iglesia. Estos hijos reponían sus fuerzas bebiendo, del mismo modo que los trescientos de Gedeón (Jd 7,1-8), en el vasto río de la Tradición. Es un espectáculo impresionante ver y formar parte de una multitud que aprende y quiere unir su sacrificio al incomparable sacrificio de Cristo en la Cruz que se perpetúa en el Santo Sacrificio del Altar. Un espectáculo que no dejaría indiferente ni a los más sofisticados detractores si hubieran estado allí. Vi correr las lágrimas por los rostros frescos, aunque cansados, de estos jóvenes mientras recibían la Sagrada Eucaristía de rodillas y con las manos juntas.

Y finalmente el destino, un deseo soñado al principio, anhelado con sufrimiento a lo largo del camino: "Ahora nuestros pies se detienen a tus puertas Jerusalén" (Sal 122,2). La llegada es siempre algo épico, un momento de emoción sin límites que desborda del corazón de los que han trabajado especialmente. El repique de las campanas, la música del gran órgano, la fuerza de los cantos. Aquí, a menudo, arraiga el noble sentimiento que, en la exuberancia de la juventud, borra la fatiga y consolida la decisión de querer volver de nuevo, el próximo año, a la Gruta de la Santina, a la casa de la Madre, entre estas imponentes montañas, en la frondosidad de los bosques, entre el rugido de las cascadas. Te Deum laudamus, Te Dominum confitemur es el himno que resuena, en un lugar tan especial, ante el Santísimo Sacramento. Gracias a la Santísima Trinidad, principio y fin de la creación por haber iniciado y concluido este viaje, parábola de la existencia real. Gracias por la Niña -así llaman, con devota pasión, los asturianos a la Virgen- patrona y propiciadora de toda victoria ayer, hoy y siempre. Gracias por la Iglesia particular de Oviedo y por la Iglesia universal, madre y hermosa siempre, a pesar de los pecados de sus hijos. De esta raíz cristiana de Europa descendió, dentro y fuera de la basílica, la Bendición del Santísimo Sacramento sobre el compromiso de los peregrinos de construir el Reino de los Cielos ya en esta tierra, en las iglesias, en los espacios cívicos y en los hogares, a pesar de la adversidad de los tiempos y de los oscuros quejidos del mundo.

A los incansables organizadores, Sacerdotes y laicos, a quienes nos acogieron calurosamente y a quienes hicieron posible de diversas maneras una experiencia tan extraordinaria, nuestro más sincero agradecimiento.





Nessun commento:

Posta un commento