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giovedì 8 agosto 2024

L’espropriazione dell’auto in omaggio al “Green Deal” UE: rischio prossimo o remoto? #300denari

È certamente noto ai più il folle progetto dell’Unione Europea (promosso nell’ambito del c.d. “Green Deal”) che, in pieno spirito di “socialismo verde” e in spregio alle più basilari regole del “libero e sano mercato”, ha previsto che dal 2035 sia inibita l’immatricolazione di automobili a benzina, diesel, gas o metano (e, quindi, anche dei tanto osannati – almeno un decennio fa – veicoli ibridi).

Quali sono i rischi e le problematiche sottese a tale iniziativa?
Una compiuta risposta è offerta da Maurizio Milano nel libro “Il Pifferaio di Davos” (già recensito qui da MiL; cfr. pagg. 183 ss.) ma qui se ne propone una breve sintesi. Siamo di fronte:
(i) a un errore di metodo, ravvisabile nella decisione da parte del «”super-Stato Europa”, a decidere per tutti i Paesi europei, e con le stesse tempistiche, una rivoluzione di tale portata, sulla base di premesse solo ipotetiche» (eliminando per le legge la possibilità per i cittadini di scegliere quale sia la tecnologia migliore e maggiormente funzionale alle proprie esigenze);
(ii) a un problema di risorse in quanto il raggiungimento a marce forzate degli obiettivi prometeici fissati dell’Unione richiederà «finanziamenti faraonici per attuare una trasformazione così repentina del sistema industriale europeo (…), che graveranno ovviamente sulle tasche dei contribuenti privati» (risorse sia pubbliche ma anche private che, attraverso una “repressione finanziaria” verranno forzatamente canalizzate in tali settori attraverso le cc.dd. politiche ESG; sul tema si veda il precedente post). Auto il cui costo di produzione e commercializzazione è oggi sensibilmente maggiore rispetto a quello dei veicoli con motore termico;
(iii) all’omessa dimostrazione che la transizione ai veicoli elettrici garantisca una mitigazione dei cc.dd. “cambiamenti climatici” (la cui matrice o influenza antropica è peraltro oggetto di dibattito). Se anche un veicolo elettrico ha un minore impatto rispetto a uno a motore termico nel momento dell’utilizzo, tuttavia, occorre tenere altresì conto dei rilevanti “costi ecologici” della produzione di una quantità di energia sufficiente per alimentare tali veicoli, della realizzazione delle batterie (le cui materie prime, come litio, cobalto, nichel, manganese, ecc… sono estratte in paesi dell’Africa, dell’Asia o del sud America sui quali sono scaricate le esternalità sociali e ambientali delle scelte occidentali da “anime belle”) ma anche del loro smaltimento.

Quali sono i reali obiettivi di tale iniziativa? È possibile che si tratti di un “madornale errore di valutazione”?
Escludendo tale ultima eventualità (in quanto non seriamente credibile), ci ricorda il dott. Milano che l’obiettivo dell’iniziativa è verosimilmente quello di «portare a un drastica riduzione del parco auto private», arrivando a una socializzazione dell’auto (c.d. “car sharing”) ovvero al forzato uso di mezzi pubblici, a muoversi a piedi o a non muoversi affatto. La strada tracciata dal “socialismo verde” si volge al modello cinese: il World Economic Forum avvisava che la nostra prossima auto potrà essere (solo) una bici (magari in sharing). La libertà di movimento-circolazione sarà, quindi, di fatto (e per i più), notevolmente limitata. A nessuno poi interessa se per larga parte della popolazione la distanza casa-lavoro (o lavoro-asilo dei figli) non potrà essere affrontata in bici o con mezzi pubblici, con conseguente abbandono del posto di lavoro, difficoltà a reimpiegarsi e disoccupazione crescente.

Non è fantascienza. I rischi qui lumeggiati sono più prossimi che remoti. È notizia infatti di questi giorni (rilanciata da diverse testate giornalistiche nazionali e internazionali) che il Ministro dei Trasporti tedesco Volker Wissing avrebbe messo in guardia la Commissione UE circa il rischio che, per effetto di distinte decisioni della Corte di Giustizia UE nell’ambito di due procedimenti di rinvio pregiudiziale (cause C-251/23 e C-308/23 che coinvolgono Mercedes) promosse dal tribunale regionale di Duisburg in merito all’interpretazione della normativa europea in materia di limiti all’emissione, potrebbero essere messi fuori circolazione nella sola Germani circa 4,3 milioni di veicoli diesel Euro 5 e potenzialmente 3,9 milioni di Euro 6 (rischio che la Commissione UE ha però ritenuto non fondato).

Mentre i “comuni cristiani” si vedono costretti a cambiare o rinunciare all’auto in omaggio al “Green Deal”, è interessante scoprire che il superyacht di Mark Zuckerberg (ideatore di Facebook) in 12 ore di navigazione consuma una quantità di carburante pari a quella che un normale veicolo a motore termico utilizzerebbe per percorrere 100 km al giorno per circa 3 anni e mezzo e che in 100 giorno di navigazione produce la stessa quantità di CO2 equivalente a quella che una macchina genera percorrendo 100 km al giorno per 120.000 giorni (quindi in circa 329 anni).

In questo contesto, sempre attuali sono gli insegnamenti di Nicolás Gómez Dávila (in “In Margine ad un testo implicito”) il quale ci ricorda che «il politico ha bisogno di convincere il popolo che tutti i problemi sono “sociali” [n.d.r. non per risolverli ma] per poterlo asservire» e che «il tempo è temibile non tanto perché uccide, quanto perché smaschera».


Filippo
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6 commenti:

  1. E io che pensavo che la nostra società fosse diventata patologicamente dipendente dall’automobile. Finalmente si sta pensando di ridimensionare la cosa. Oltretutto, per esperienza personale, da quando ho smesso di prendere l’auto se non in casi di emergenza, sono molto meno stressato e la mia salute mentale è migliorata esponenzialmente.

    Il collegamento tra andare in auto e la messa tradizionale, però, mi sfugge.

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  2. non tutti posso "smettere di utilizzare l' auto" e non tutti possono permettersi quella elettrica.

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  3. PS inoltre mi chiedo: se senza auto si sta così bene, come mai la gente non vi rinuncia autonomamente senza che siano necessarie politiche pubbliche?

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  4. PPS https://www.ilpost.it/2024/08/12/vicenza-treni/?utm_medium=social&utm_source=twitter&utm_campaign=lancio

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  5. Gentile lettore, se Lei abita in un confortevole appartamento in centro a Firenze (o simili) e fa il commercialista 4 vie più in là, non avverte il problema. Idem se è in pensione. Tuttavia in Italia non esiste solo chi abita in zone ztl: ci sono milioni di persone che abitano in paese o in campagna o in montagna e necessitano dell’auto per andare al lavoro o, banalmente, se hanno un infarto non hanno voglia di attendere l’autobus per andare in ospedale.
    Il collegamento ai temi di dottrina é banale visto che l’eco-fanatismo é appoggiato dalle gerarchie ecclesiastiche.
    A disposizione per ulteriori chiarimenti.

    Gabriele di 300denari

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    1. Con una persona che dice, celiando, che, dismettere le auto a favore del trasporto pubblico (ovviamente bisognerebbe votare per i politici che si prefiggono quello invece di quelli che fanno le campagne elettorali a difesa "dell'automobile degli italiani") significhi che una persona con infarto debba "attendere l'autobus" per andare in ospedale penso non si possa intavolare alcuna discussione seria.
      Resti pure nella sua ideologia così felicemente contraria alle "gerarchie ecclesiastiche".
      Saluti cordialissimi.

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