Post in evidenza

La Messa proteiforme: a modest proposal. Risposta e proposta al Prof. Grillo

Il Prof. Grillo ha voluto gentilmente confrontarsi (v. qui ) con il nostro commento critico alla sua intervista (in cui, lo ricordiamo, el...

giovedì 4 luglio 2024

Mons. Eleganti sul Primato di Pietro e il Nuovo Documento Vaticano: l’Unità è solo nella Verità

Grazie a Marco Tosatti per queste utili riflessioni del Vescovo Emerito di Coira sull'ultimo documento vaticano sul papato.
Catholic World Report – Larry Chapp: "Sinodalità, sussidiarietà, e la natura dell’autorità papale: “…ma è proprio vero che le Chiese orientali sono più sinodali, nel senso che sono un'unità nella diversità e una diversità nell'unità? È vero che rappresentano un dialogo integrato di comunioni che s’intersecano piuttosto che un insieme d’identità nazionali in competizione tra loro? È questo il tipo di sinodalità di cui abbiamo bisogno in Occidente? …l'Oriente, ma anche le esperienze protestanti in Occidente, rappresentano la frammentazione, non delle strutture sinodali degne di essere emulate, anche se sembrano attraenti per certi tipi di cattolici disposti ad adottare qualsiasi modello ecclesiale che li liberi da Roma….”".
Luigi C.


1° Luglio 2024 

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, mons. Marian Eleganti, che ringraziamo di cuore, offre alla vostra attenzione queste riflessioni finali nello scambio con il card. Kurt Koch, a proposito del nuovo documento sul primato di Pietro. Buona lettura e condivisione.
§§§

Personalmente faccio una distinzione tra Vaticano I, che presentava una dogmatizzazione infallibile, e Vaticano II, che voleva essere (solo) dichiaratamente un concilio pastorale. È comprensibile che si sia voluto incorporare le affermazioni chiave del Vaticano I nella collegialità dei vescovi per raggiungere un certo equilibrio nel rapporto tra Papa e vescovi. Questo non significa che il contenuto del Concilio Vaticano I potesse o possa essere ridotto.
Tuttavia, da giovane ho notato che molti passaggi del testo di Vaticano II sono aperti all’interpretazione e hanno in gran parte il carattere di un compromesso o di una certa mancanza di chiarezza, cosa che già allora mi dava fastidio. Ero un novizio di vent’anni. Come chierichetto ho sperimentato in che modo brutale ed esagerato sia stata attuata una riforma liturgica che non era né voluta dai padri conciliari né deducibile dai testi. Come chierichetto, sono stato riqualificato dal vecchio al nuovo rito. A lavorare erano le commissioni (Bugnini) e non i padri conciliari. Certamente alcuni sono tornati a casa dal Concilio per interpretare nel modo più ampio possibile la portata offerta dai testi conciliari. Col passare del tempo anche Ratzinger e Wojtyla ne hanno probabilmente assunto una visione più critica. Oggi, purtroppo, molti si allontanano dai testi stessi, anche quando dovrebbero attenersi al Concilio. Penso che all’epoca (anni ’60), come in ambito laico (credenza nel progresso), ci fosse un eccessivo entusiasmo e una fiducia nell’ecumenismo. Non possiamo più andare avanti con questa generazione. I giovani fedeli di oggi, come ho potuto vedere molto chiaramente come vescovo dei giovani, sono completamente all’oscuro del Concilio e non sono interessati ad esso. Non hanno letto quasi nessuno dei testi, ma si sentono attratti dalla vecchia liturgia senza essere ideologici. C’è anche una chiara svolta conservatrice nel clero giovane, come reazione agli ultimi 50 anni di “riforma della Chiesa”.

Credo che i Papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI fossero ancora troppo legati biograficamente al Vaticano II per poter affrontare la generazione di domani con una maggiore libertà interiore. Ho una visione critica di alcuni aspetti del pontificato e del carattere di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Tuttavia, con il suo appello a un’ermeneutica della continuità in contrapposizione a quella della rottura, quest’ultimo ha chiaramente colto il problema dal Vaticano II . Il cardinale Suenens ha parlato di una rivoluzione simile a quella francese, che ha distrutto l’ordine sociale cattolico dell'”Ancien régime”.

Per quanto riguarda l’ecumenismo, non condivido più l’ottimismo del Concilio. Gli sforzi hanno solo migliorato l’atmosfera, ma non hanno portato all’unità. Abbiamo anche smantellato gran parte della nostra sostanza cattolica ovunque e l’abbiamo messa in discussione, senza che emergesse una vera unità ecclesiale. Le divisioni continuano addirittura (cfr. la Chiesa anglicana; il ritiro della Chiesa copta dopo Fiducia supplicans; la spaccatura tra la Chiesa greco-ortodossa (Bartolomeo) e quella russo-ortodossa (Cirillo); l’Ucraina/Kiev e Mosca/Cirillo; le divisioni all’interno della Chiesa cattolica sotto questo pontificato (cfr. ad esempio le reazioni di intere conferenze episcopali a Fiducia supplicans). Tutto questo potrebbe peggiorare ulteriormente.

Il Vaticano II, con il suo approccio pastorale e piuttosto antidogmatico, va inteso nel suo tempo e deve essere letto oggi in modo un po’ più differenziato, mentre d’altra parte (questo è il punto) la dogmatizzazione del ministero petrino conserva una certa normatività atemporale alla quale non possiamo fare alcuna concessione per sviluppare un esercizio del ministero petrino al di sotto del contenuto e della formulazione del dogma. Una rilettura storica di questo Concilio, che pure è possibile, non deve quindi buttare via il bambino con l’acqua sporca attraverso una cosiddetta riformulazione. Non sarebbe un progresso. Sono convinto che l’unità esista solo nella (piena) verità. Finché quest’ultima non viene raggiunta, rimane inesistente. L’amore non può cambiare questo fatto.

In tutti i dialoghi, dobbiamo partire dalla verità e rimanere al suo interno. Tuttavia, proprio come nella società, spesso prevalgono i sentimenti e gli interessi (il potere), non la verità oggettiva.

Personalmente, preferirei sforzarmi di lavorare insieme e propagare questo accordo in questioni come la pace, dove è possibile raggiungere un accordo. Ma pensare di poter riportare le denominazioni (comunità) della Riforma all’unità di fede con noi attraverso colloqui di consenso senza che si convertano alla fede cattolica rimane per me un’illusione. Dopo tutto, essi vogliono dichiaratamente rimanere protestanti e non tornare all’Ecumene. “Quindi non hanno fatto nulla di male nel XVI secolo”. Anche per gli ortodossi la situazione è altrettanto disperata. Se non riescono a raggiungere l’unità tra di loro, come possono raggiungere l’unità con noi, tra tutti, con un patriarcato in più? Credo che anche “Vicario di Cristo” sia elencato tra i titoli storici nell’Annuario Pontificio. Perché? E perché vi compare di nuovo “Patriarca d’Occidente”? I pentecostali si espandono con sicurezza e probabilmente sono convinti che noi cattolici secolarizzati non crediamo più veramente. Gli ortodossi, che spesso ci trattano come una setta di base, almeno quando siamo in viaggio, la pensano allo stesso modo. Sono sicuro che voi ne sapete più di me.

Mi aspetto l’unità da Cristo, che tornerà nella gloria. Argomentando, come nella precedente forma di ecumenismo, che presuppone sempre che gli altri possano rimanere con se stessi, proprio come noi, questa unità semplicemente non si può avere o raggiungere (argomentando; discussioni di consenso). Non sono mai stato in grado di convincere qualcuno con un’argomentazione, se la grazia non gli avesse dato una visione interiore prima ancora che io gli aprissi la bocca. Saulo fu convertito dalla luce interiore, non dagli argomenti di Anania.

Non dobbiamo decostruire la verità a qualche aspetto (parziale) di essa, ad esempio scomporre la risurrezione a “la causa di Gesù continua” per conquistare gli Ateniesi (fino a questo punto probabilmente sarebbero stati d’accordo), per i quali la verità intera e cruda della risurrezione corporea di Gesù era la ragione per lasciare il dialogo (di questo parleremo un’altra volta). Se dovessimo fare lo stesso con il ministero petrino, per me sarebbe sicuramente un errore. In altre parole: primato d’onore; ministero d’amore; presiedere sinodi e concili; moderazione; mediatore; portavoce; primus inter pares, ecc. ecc: Tutto questo sì (cioè accettato), ma senza potere chiave nel senso del Vaticano I, cioè senza giurisdizione e potere di definizione su tutta la Chiesa (in questo caso intesa piuttosto come communio ecclesiarum).

Per me, si tratterebbe di una verità decostruita e declassata nel modo descritto sopra, che è stata anche definita infallibilmente al Vaticano I, ma che non è accettata dai cristiani separati (richiesta massima).

I sostenitori potrebbero rispondere: “Ma almeno abbiamo ottenuto qualcosa, un primato d’onore”. La mia risposta: ma non l’unità nella verità. E anche in molti altri ambiti visibili rimaniamo divisi e contraddittori come prima. Se questo è ciò che Giovanni Paolo II aveva in mente con la sua offerta (Ut unum sint 95), allora secondo me ha sbagliato come quando ha baciato il Corano. A meno che non si faccia tipicamente astrazione dalla verità anche in questo gesto (cioè dalla propria pretesa di verità) e si veda in questo gesto solo una dichiarazione d’onore verso ciò che è sacro per l’altro (ma non per me). Tuttavia, come si può baciare l’Evangeliario nella liturgia e il Corano in una riunione, soprattutto quando si sa come i musulmani lo vedono o lo interpretano?

2 commenti:

  1. Nobile, chiaro, cattolico.

    RispondiElimina
  2. Non si fa unità degradando la verità... questo lo volevano fare l'arianesimo e l'islam... per esempio...

    RispondiElimina