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martedì 5 marzo 2024

I processi accelerano, serve una nuova saggezza. Intervista al Vescovo Giampaolo Crepaldi su alcune dinamiche odierne

Una bella intervista all'arcivescovo emerito di Trieste sulla Chiesa e sul mondo.
Luigi C.

Mons. Giampaolo Crepaldi 2 Stefano Fontana FEB 29, 2024, Osservatorio Van Thuan

La sensazione è che alcuni processi stiano oggi avendo una accelerazione particolare. Si sente che molti nodi potrebbero arrivare a breve al pettine e questo suscita timore ma nello stesso tempo speranza di qualche svolta positiva. Il nostro Osservatorio è impegnato ad approfondire queste problematiche emergenti, soprattutto tramite i suoi Rapporti annuali, ma anche con interventi nel proprio sito, come quello recente del Prof. Gianfranco Battisti sul cosiddetto Trattato pandemico dell’OMS. In questa intervista lo facciamo con monsignor Giampaolo Crepaldi, vescovo emerito di Trieste e attento osservatore dei processi in atto sia nella società sia nella Chiesa, processi che egli valuta alla luce della Dottrina sociale della Chiesa, principale oggetto del suo interesse e impegno. A lui rivolgiamo alcune domande sulla velocizzazione delle tensioni, ringraziandolo per la disponibilità. Questa intervista è la prima di una serie periodica che proseguirà regolarmente in futuro.

Eccellenza, innanzitutto, è d’accordo con questa nostra osservazione sull’accelerazione di molti processi sociali, soprattutto internazionali, e sulla possibilità di significative svolte, che speriamo possano essere positive ma che potrebbero invece rivelarsi disastrose?

Ci sono due guerre in atto, in Ucraina e a Gaza. Abbiamo davanti a noi le elezioni europee che potrebbero segnare uno spartiacque molto determinante per tutta una serie di questioni. Poi le elezioni americane… La questione sanitaria globalmente intesa preoccupa non poco, come opportunamente segnalato dall’articolo del prof Battisti da lei richiamato. Le cosiddette “transizioni” ecologica e digitale sembrano arrivare al punto delle scelte decisive, in un senso o nell’altro. Per non parlare dall’intelligenza artificiale. Direi quindi proprio di sì, prossimamente andranno fatte scelte di grande rilevanza che richiederanno una profonda saggezza.

Partiamo dell’Europa, che ci è più vicina. Il nostro Osservatorio ha dedicato all’Unione Europea il Rapporto numero 9 dal titolo “Europa: la fine delle illusioni”, contenente osservazioni molto critiche sullo stato dell’Unione. Lei come vede l’appuntamento elettorale del prossimo giugno?

Credo che sarà un appuntamento politicamente molto importante. Sappiamo che il parlamento dell’Unione Europea è l’unico parlamento al mondo che non legifera e quindi le elezioni potrebbero sembrare di scarsa ricaduta pratica. Questa volta però credo che andrà diversamente. I cittadini europei hanno maturato una consapevolezza critica rispetto alle tendenze da super Stato e ideologiche del governo dell’Unione soprattutto in questi ultimi anni. Non temo di dire che questa Unione è molto lontana dai principi fondamentali della Dottrina sociale della Chiesa, soprattutto da quello del bene comune e da quello di sussidiarietà. In particolare, è troppo servile nei confronti dell’ambientalismo ideologico e incarna un’etica pubblica in contrasto con le necessità della vita e della famiglia.

Come valuta le posizioni della Chiesa cattolica rispetto all’Unione Europea? Pochi giorni fa i vescovi tedeschi hanno emesso un comunicato per chiedere di non votare un partito di estrema destra.

Quando si parla di Chiesa si può intendere molte diverse realtà: una cosa è la Santa Sede, un’altra le Commissioni episcopali in Europa, altra ancora le conferenze episcopali come nel caso da lei ricordato. Non posso qui entrare in tutti questi ambiti, però posso affermare in via generale che constato una certa debolezza nel proporre in tutte le sedi opportune le istanze della Dottrina sociale della Chiesa in modo chiaro, propositivo, mentre vedo prevalere la volontà di inseguire l’agenda fissata dai vertici politici dell’Unione. Ho l’impressione che la Chiesa cattolica rispetti troppo le “buone maniere” ed eviti di toccare qualche nervo scoperto nella prassi politica dell’Unione, per esempio criticando una evidente omogeneizzazione etica che l’Unione sta imponendo alle nazioni, oppure la discriminazione verso nazioni che non figurano completamente allineate con Bruxelles.

Quanto alla presa di posizione dei vescovi tedeschi, ritengo che un episcopato nazionale dovrebbe intervenire sulle questioni politiche esponendo i principi, i criteri di giudizio e le direttive di azione, senza prendere posizione a favore o contro un partito. Questo però bisognerebbe farlo con continuità e non solo estemporaneamente o, peggio, strumentalmente, e, soprattutto, bisognerebbe farlo con coerenza.

Vorrei tornare ai temi dell’OMS, del Trattato pandemico che si vorrebbe far approvare nel prossimo mese di maggio e, in generale, del pericolo rappresentato oggi da una gestione politica della sanità. È preoccupato o ritiene che la questione non dia pensiero?

La cosa mi preoccupa non poco. E spero che nel prossimo futuro si affronti la questione in modo diverso. Gli aspetti più inquietanti sono due. Il primo riguarda la “prevenzione” che viene oggi estesa in modo pervasivo e che viene fondata sul presupposto che tutti i cittadini sono malati in modo permanente. Ciò conduce al diretto controllo politico della popolazione. Il secondo è che l’esasperazione di questa “prevenzione” assuma aspetti di transizione verso il transumanesimo. Perché invece di vaccinare tutti non riprogrammiamo il DNA dei nuovi nati? Ma porsi su questa strada sarebbe molto ma molto pericoloso. Credo che il Trattato pandemico dell’OMS vada rifiutato e contestato. Ci sono troppi segnali che esso rappresenterebbe un punto di non ritorno in vista di un totalitarismo sanitario che non sarà poi solo sanitario.

Rimaniamo in qualche modo sempre nella sanità. Vorrei portare la sua attenzione su due fatti recentissimi. Il primo è che la Corte Suprema dello Stato dell’Alabama ha riconosciuto che gli embrioni congelati sono bambini. La seconda è che è arrivata al parlamento italiano la proposta di legge “Un cuore che batte”, secondo la quale alla donna che chiede l’aborto bisognerebbe far sentire il battito del cuore del bambino che porta in grembo. Vuole fare qualche considerazione?

La prima considerazione è di contentezza per queste due iniziative. La battaglia contro il “diritto di abortire” non può assolutamente essere abbandonata e nemmeno ridotta di intensità. Rimane un “principio non negoziabile” indisponibile. Dopo la sentenza famosa della Corte suprema degli Stati Uniti che ha rimesso agli Stati la decisione legislativa sull’aborto, abbiamo avuto purtroppo il referendum dell’Ohio che ha confermato l’aborto e ora questa sentenza contraria dell’Alabama. La strada contro l’aborto di Stato è lunga e difficoltosa ma, come si vede, non impossibile. Quanto al parlamento italiano penso che l’arrivo della proposta di legge di iniziativa popolare obbligherà i partiti a scoprirsi sul tema della vita. I partiti di sinistra sono decisamente a favore dell’aborto. Io temo che anche nei partiti della maggioranza di centro-destra ci siano molti sostenitori dell’aborto. Di recente ciò è venuto alla luce nel partito della Lega, i cui vertici hanno detto che l’aborto non si tocca. Anche nelle regioni governate da questo partito la vita non è stata adeguatamente salvaguardata. Il percorso in parlamento della proposta di legge sarà accidentato, ma vedremo veramente chi sta con la vita e chi no.

Vorrei terminare questa conversazione ricordando che nel prossimo luglio a Trieste si terrà la Settimana sociale dei cattolici italiani dedicata alla democrazia. Avremo modo di tornare in futuro sull’argomento, ma intanto le chiedo: cosa vorrebbe lei da questa Settimana sociale?

Effettivamente la domanda è un po’ prematura … tuttavia accenno ad una risposta provvisoria. Augusto Del Noce scriveva sul settimanale “Il Sabato” dell’11 febbraio 1989 che l’impegno dei cattolici in politica non deve risolversi nel “portare i cattolici alla democrazia, come avente in sé un valore autonomo rispetto al fondamento religioso”. Ecco, io vorrei che la Settimana non facesse questo, ma ponesse le condizioni cattoliche perché la democrazia non venga intesa come fondamento del governo ma solo come forma di governo. Non vorrei una esaltazione dell’attuale democrazia, ma una sua forte critica secondo i criteri della Dottrina sociale della Chiesa, da Leone XIII a Giovanni Paolo II.

Grazie Eccellenza.

(a cura di Stefano Fontana)