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lunedì 5 febbraio 2024

Validità del Pontificato di Francesco, alla luce di Lc 22, 31-32. Don Alfredo Morselli

Riceviamo dall'amico e teologo don Alfredo Morselli e volentieri pubblichiamo.
"Si spiega pure come San Paolo si sia opposto a viso aperto a San Pietro (cf. Gal 2,11), senza negare in alcun modo il primato di quest’ultimo, o affermare che non fosse Papa. C’è da rilevare che Onorio è stato condannato da quattro concili, ma mai dichiarato “non Papa”".
QUI Vatican News sull'ennesima intemerata di Francesco sui "rigidi": "Il Papa: la rigidità è una perversione, crisi e calo dei numeri invitano a rinnovarsi". Non capendo, a nostro parere, che è il lassismo che ha svuotato conventi e monasteri e quello che lui chiama "rigidismo\indietrismo" li ha riempiti.
Luigi C.

Don Alfredo Morselli, Dogma TV, 2-2-24

1. Lo status quaestionis: come è possibile?

Amoris laetitia, con la S. Comunione concessa agli adulteri, la dichiarazione di Abu Dhabi, in cui anche le false religioni sono state presentate sullo stesso piano come esito della sapiente volontà divina, e ora le benedizioni alle coppie vivono in stato di fornicazione (secondo natura e/o contro natura) etc. etc. etc.… mettono a dura prova la fede dei buoni cristiani: come è possibile che questi errori, oggettivamente contraddittori con quanto ha insegnato globalmente tutto il Magistero precedente (quindi contraddittori rispetto alla divina Rivelazione) possano provenire da atti ufficiali di un vero, reale, effettivo-a-tutti-gli-effetti Romano Pontefice?

La tentazione di dire: “Questo non è Papa” è forte, e si fonda un su certo ragionamento (vedremo come esso sia fallace): il Romano pontefice (= tutti i romani pontefici) è un soggetto sempre infallibile, Tizio non è infallibile (in quanto autore di evidentissimi errori), Tizio non è un romano pontefice. Se lo fosse – si aggiunge al ragionamento – verrebbero meno le promesse di Gesù, e l’indefettibilità della Chiesa stessa.

Possiamo dire che Gesù ha promesso che Pietro e i suoi successori sarebbero stati sempre infallibili in tutte le loro affermazioni, almeno in quelle magisteriali?

Questa domanda è correlata con la vexata quaestio del Papa eretico: è possibile che si dia questo caso? E se si verificasse, il Papa eretico sarebbe ipso fatto ex Papa, o Papa meramente materiale (come un Papa che diventasse folle), oppure sarebbe ancora un vero Papa a tutti gli effetti, pessimo Papa ma Papa?

Al momento è tale la varietà di opinioni – nessuna delle quali presenta un’autorevolezza decisiva e tale da non lasciare dubbi – che non è possibile offrire, in un breve scritto (e forse anche in un ampio trattato), una risposta del tutto convincente ed esaustiva.

Sono persuaso he solo dopo il trionfo del Cuore Immacolato di Maria ci potrà essere quella serenità – insieme a luci soprannaturali infuse da Dio ai santi dottori che vivranno in quel tempo – necessaria per risolvere i problemi teologici sorti dalla storia della Chiesa di questi ultimi anni.

Non di meno, è possibile portare qualche mattone, utile alla costruzione di un edificio che al momento, insieme alla solida certezza che le porte dell’inferno mai potranno prevalere sulla Chiesa, presenta gravi inevidenze. E il mattone che vorrei portare è l’analisi di Lc 22,31-32.

2. “…non venga meno la tua fede”

Lc 22,31: “Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; 32 ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto (meglio: una volta che tu avrai guardato verso di loro), conferma i tuoi fratelli”.

Vorrei approfondire il significato dell’espressione “non venga meno la tua fede”; infatti, se queste parole significano che Pietro e i suoi successori, a motivo della preghiera certamente infallibile di Gesù, custodiranno sempre una fede perfetta, a prova della tempesta diabolica che vaglierà la Chiesa come il grano fino alla fine del mondo, allora la questione è chiusa: dovremmo rassegnarci alla cosiddetta “nuova chiesa [volutamente minuscolo] di Papa Francesco” e accettare di comunicare e benedire oves et boves et universa pecora campi.

Altra cosa è se la locuzione “venir meno” significa “venir meno del tutto”, per cui Gesù ha dichiarato che la sua preghiera[1] ha come fine che a fede di Pietro non si eclissi del tutto, non scompaia.

L’analisi filologica del testo ci porta a questa seconda possibilità. Infatti “non venga meno” corrisponde al greco eklipē, da ekleipō, che significa cessare, morire, sparire del tutto[2].

Sulla base di questa interpretazione, le parole di Gesù significano: “Pietro ho pregato perché [nonostante il tuo prossimo tradimento] la tua fede non si estingua del tutto e tu, una volta rivolto [loro] lo sguardo, conferma i tuoi fratelli”.

Perché ho tradotto “una volta rivolto [loro] lo sguardo”, e non come solitamente si legge, “una volta ravveduto”? Questa interpretazione viene da Cornelio Giansenio[3], e considera la parola greca epistrepsas (lat.: conversus) non nel senso di “conversione [dopo il rinnegamento]”, ma di “volgere lo sguardo”, come in Sal 84,6: “O Dio, tu volgendoti a noi ci renderai la vita”[4].

3. Conclusione.

Lc 22,31-32 non significa che la preghiera di Gesù garantisce l’infallibilità assoluta in ogni parola di Pietro e dei suoi successori, e neppure la garanzia che la loro fede sarà sempre completamente pura e non adulterata da alcun dubbio (prerogativa di Maria SS.; cf. Lumen Gentium, 63).

Piuttosto, viene promesso che, per quanto riguarda la fede, Pietro non giungerà mai a un punto di non ritorno: tanto quanto risponderà alla grazia ottenutagli della preghiera di Gesù, potrà ritornare ad una fede integrale, tale da metterlo in condizione di guardare nuovamente in faccia i fratelli, per confermarli nella fede.

E così si spiega la fede informe dei Papi che sono caduti in peccato mortale (es. Alessandro VI), e la fede deficitaria di chi ha favorito l’eresia (Onorio I nella controversia monotelita) e di chi ha ritenuto un’opinione erronea (Giovanni XXII sulla dilazione della retribuzione delle anime): in tutti questi casi si tratta di una fede assolutamente non perfetta, ma non radicalmente perduta: una fede che rimane vera solo in potenza.

Si spiega pure come San Paolo si sia opposto a viso aperto a San Pietro (cf. Gal 2,11), senza negare in alcun modo il primato di quest’ultimo, o affermare che non fosse Papa.

C’è da rilevare che Onorio è stato condannato da quattro concili, ma mai dichiarato “non Papa”.

Mi si potrebbe obiettare che, al confronto della situazione odierna, i difetti di alcuni Papi del passato erano cose di poco conto: da un punto di vista logico, la validità del mio ragionamento non muta.

Personalmente, lungi da considerami nemico del Papa, prego per Lui e attendo che possa rivolgersi nuovamente (conversus) al gregge che Gesù gli ha affidato per confermarlo nella fede.

Detto questo, rimane vera e indiscussa la verità di fede dell’infallibilità del Papa, a certe condizioni stabilite dal Vaticano I, e il dovere di assentire al Magistero ordinario, secondo Lumen Gentium 26 e le indicazioni della Nota dottrinale illustrativa della formula conclusiva della Professio fidei emanata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, il 18 maggio 1998.

[1] Gr.: aoristo edeēthēn, = “ho pregato, sto pregando, pregherò”, non necessariamente al passato, quindi nel senso “c’è la mia preghiera affinché…”.

[2] Cf. J. H. Thayer, Thayer’s Greek-English Lexicon of the New Testament, «ἐκλείπω»; in particolare J. P. Louw – E. A. Nida edd., Greek-English Lexicon of the New Testament Based on Semantic Domains, New York 1989/2, «ἐκλείπωd» “cessare, di uno stato, con l’implicazione che nulla dello stato continua ad esistere” [“to cease, of a state, with the implication of nothing of the state continuing to exist”].

[3] Cornelio Giansenio, in latino Cornelius Iansenius, in olandese Cornelius Jansen (1510 -1576), teologo e vescovo cattolico, da non confondere con il tristemente più noto omonimo Cornelio Giansenio (Cornelius Iansenius, Cornelis Jansen,1585-1638), padre del giansenismo. Cf. J-P- Migne, Scripturae Sacrae Cursus Completus, t. XXII, Montrouge 1842, col 1335.

[4] Vulgata: “Deus, tu conversus vivificabis nos, et plebs tua lætabitur in te”: CEI 1987 e 2008 tutto diverso: 85,7: “Non tornerai tu forse a darci vita, perché in te gioisca il tuo popolo?”