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giovedì 11 gennaio 2024

Sodomia: dalla remissione con sinodo diocesano (1906) alle benedizioni (2023) #fiduciasupplicans #fernández #francesco

Riportiamo un bel post dello storico e giornalista Giovanni Fantozzi (già intervistato da MiL), pubblicato sul suo canale Telegram (il link).
L'autore presenta e riflette su un decreto della Diocesi di Modena del 1906 sui “più gravi e atroci delitti” dove si elencavano i peccati che solo il sinodo diocesano modenese poteva rimettere, dopo consultazione. Tra questi, "il rapporto sodomitico tra maschi".
La domanda che ci si pone con rammarico è: la new wave ecclesiale ha ancora qualche filo di connessione con la Chiesa vista fino al '900?

Gabriele



Peccati di ieri, peccati di oggi…

In passato i vescovi erano soliti conferire espressamente per iscritto, con apposito decreto, la patente di confessore ai presbiteri della propria diocesi appena consacrati o che in diocesi non avevano incarichi di cura d’anime, come precettori, insegnanti, predicatori, ecc…
Il testo riprodotto è quello di un decreto, datato 1906, con cui l’arcivescovo di Modena Natale Bruni designava confessore, per il periodo determinato di un anno, un sacerdote modenese da poco ordinato. Il testo è particolarmente interessante perché rivela come, nell’arco di un secolo, sia cambiato nella Chiesa cattolica il metro di giudizio sui “più gravi e atroci delitti”.
Secondo quanto prescritto nel decreto, nell’esercizio del sacramento della penitenza il confessore doveva attenersi a limiti rigorosi, sotto pena di sospensione dall’ufficio: non poteva innanzitutto confessare suore o religiose se non dietro espressa autorizzazione scritta o verbale dell’arcivescovo, poiché per le comunità femminili era prevista la nomina di un confessore ad hoc.
Il sacerdote aveva la facoltà di confessare sia maschi che femmine, ma in caso di donne doveva rispettare limiti rigorosi: la confessione delle malate doveva avvenire sempre con la porta aperta; non doveva mai confessare donne in case private ma solo in chiesa, con indosso la stola, non prima del sorgere del sole e non dopo il tramonto.
Inoltre, lo si ammoniva a non rivelare neppure in minima parte ciò che aveva udito in confessione. La violazione del segreto confessionale era passibile di scomunica, a norma del diritto canonico.
Il confessore poteva assolvere il penitente dai suoi peccati, fatte salve le fattispecie più gravi tassativamente indicate, che erano espressamente riservate al vescovo e al sinodo diocesano (Casus in postrema synodo reservati).
I peccati che solo il sinodo diocesano modenese poteva rimettere, dopo consultazione, erano dieci; un numero piuttosto elevato, più ampio di quello indicato dal codice di diritto canonico del 1917: “897-899. I casi riservati saranno pochi, tre o quattro fra i più gravi e atroci delitti esterni, determinati; e ciò finché sarà necessario per estirpare il vizio e restaurare la disciplina”.
I “più gravi e atroci delitti” elencati nel decreto di mons. Bruni erano:
  1. La bestemmia grave davanti a qualcuno, pronunciata con intento sacrilego;
  2. La partecipazione a dispute religiose e a riti condotti da eretici; così come la partecipazione a sedute spiritiche o d’ipnotismo, qualora sia manifesto l’intervento diabolico;
  3. L’omicidio volontario e complicità nel consumarlo, così come il tentativo di suicidio:
  4. Il rapporto sodomitico tra maschi e il rapporto sessuale consumato con animali:
  5. L’incesto con parenti consanguinei di primo e secondo grado, e affini di primo grado;
  6. Il lenocinio perpetrato dai genitori nei confronti della figlia e dal marito nei confronti della moglie;
  7. Le percosse gravi nei confronti del padre e della madre;
  8. Il falso giuramento in giudizio, sia laico che ecclesiastico, con grave danno altrui;
  9. La calunnia che infama gravemente un chierico;
  10. La devastazione della proprietà altrui, o notevole complicità nel consumarla.
E’ passato oltre un secolo da quel decreto dell’arcivescovo Bruni e da molto tempo i presuli non compilano più elenchi dettagliati delle colpe più gravi, da rimettere previa consultazione con il proprio sinodo. Ma anche senza decaloghi scritti, possiamo senz’altro affermare che alcuni degli “atroci delitti” di allora, per la Chiesa cattolica di oggi non siano più così gravi, forse nemmeno veri peccati, senz’altro non mortali.
Se si dovesse stabilire la nuova gerarchia sulla base dei prevalenti orientamenti pastorali odierni, le calunnie nei confronti di un prete, la devastazione della proprietà altrui e anche i falsi giuramenti verrebbero probabilmente soppiantati dai più importanti delitti d’inquinamento, di contributo al cambiamento climatico e alla deforestazione; le percosse nei confronti del padre e della madre verrebbero sostituite da quelle più attuali dell’uomo verso la moglie o la convivente more uxorio.
Il delitto di “femminicidio” assumerebbe poi una fattispecie a sé stante, aggravante dell’omicidio volontario, tanto da potere essere rimesso non dal confessore ordinario e nemmeno dal vescovo, ma solo dalla Sede apostolica.
Che dire poi del Concubitus sodomiticus inter mares, che mons. Bruni aveva non casualmente associato alla copula consummata cum bestia per sottolineare quanto fosse degradante il “più turpe dei peccati”, secondo la definizione dei padri della Chiesa?
Il peccato è stato da poco semplicemente “sanato” con la benedizione pastorale alle “coppie” omosessuali prevista dalla dichiarazione Fiducia Supplicans, del card. Victor Manuel Fernandez, prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede. E di questo passo, non è da escludere che presto anche l’“omofobia” verrà inserita nell’elenco delle mancanze più gravi di cui pentirsi in confessionale.


G.F.









Ad oggi molti vescovi hanno già dichiarato che non applicheranno il documento vaticano, lo vietano ai loro sacerdoti e rifiutano di impartire le benedizioni indicate dalla Fiducia Supplicans:

QUI l'elenco e QUI.





1 commento:

  1. Il sinodo era ed è una modalità del magistero del vescovo, unito al suo clero, in cui un tempo si determinavano anche i casi riservati al vescovo, cioè i peccati per cui si richiedeva l'intervento del vescovo per ottenere l'assoluzione. Quindi non è corretto affermare che i peccati su indicati potevano essere assolti dal sinodo, previa consultazione, anche perché il sinodo durava in pratica pochi giorni, essendo un'assise straordinaria che veniva convocata raramente. Normalmente è il Penitenziere della cattedrale che ha la delega del Vescovo per assolvere dai peccati riservati

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