Luigi C.
122ª SETTIMANA: LE SENTINELLE CONTINUANO LA LORO PREGHIERA PER LA DIFESA DELLA MESSA TRADIZIONALE DAVANTI ALL'ARCIDIOCESI DI PARIGI
Da giovedì scorso, 18 gennaio, e fino a giovedì prossimo, 25 gennaio, ci troviamo nella Settimana per l'Unità dei Cristiani. Questa pia manifestazione risale a 116 anni orsono. Si tenne per la prima volta nel 1908, su iniziativa di un pastore episcopaliano, Paul Wattson, convertitosi al cattolicesimo. E negli anni '30 fu rivitalizzata da padre Couturier, lionese, grande apostolo di questa preghiera per l'unità.
Prima della riforma del Codice delle Rubriche del 1962, la data del 18 gennaio era la festa della Cattedra di San Pietro a Roma (nel 1962 fu posticipata al 22 febbraio, che fino ad allora era stata festa della Cattedra di San Pietro in Antiochia). E il 25 gennaio è la festa della Conversione di San Paolo. Paul Wattson aveva scelto di collocare questa settimana di preghiera tra queste due festività, perché la vedeva come un appello all'unità attorno alla Sede romana. Naturalmente, dopo il Concilio Vaticano II e il suo decreto sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, l'obiettivo è molto più vago: una non chiaramente definita unità delle confessioni cristiane (l'ecumenismo riguarda le comunità, non i singoli individui) all'interno della Chiesa di Cristo, che sussiste nella Chiesa cattolica (Lumen Gentium, 8), senza che sia chiaro cosa tutto ciò significhi.
Inoltre, mentre in passato molte comunità separate in Oriente avevano aderito all'unità romana – queste Chiese che hanno fatto il suo ritorno vengono chiamate Chiese uniate –, dall'ultimo concilio non si è verificata alcuna unione. Quello che si è verificato invece fu una nuova separazione infatti, quella di coloro che si rifiutano di accettare le novità, una separazione spesso definita come “scisma”, a mio avviso erroneamente, e che riguarda la Fraternità San Pio X.
Su quanto ho appena detto occorre fare una precisazione importante. In realtà, sin dal Concilio Vaticano II, si è avuto una sorta di ritorno di tipo uniata piuttosto che ecumenico, dovuto all'azione pastorale di Benedetto XVI. Con la costituzione apostolica Anglicanorum coetibus, del 4 novembre 2009, egli ha organizzato la creazione di ordinariati personali, una sorta di diocesi non territoriali, per gli anglicani che desiderano porre fine alla loro separazione dalla Chiesa romana. E dal 2009 sono stati creati tre ordinariati.
La cosa più interessante in questa pastorale dell’unità è che, per facilitare il ritorno degli anglicani, ai quali la liturgia di Paolo VI dava l’orticaria, fu approvato da Roma un nuovo rito della messa abbastanza tradizionale, integrando alcune preghiere inglesi nel rito romano, le tradizionali preghiere preparatorie ai piedi dell'altare, traduzione del canone romano, l'Ultimo Vangelo. Alcuni anglicani convertiti hanno coltivato anche il ritorno al rito di Sarum, rito latino in uso nelle diocesi inglesi fino allo scisma del XVI secolo, e le cui particolarità ricordano quelle delle liturgie latine francesi prima dell'unificazione di san Pio V.
Avete già capito dove voglio arrivare... Bene, ed eccomi che sto arrivando. Non per niente il Papa dell'Anglicanorum coetibus era anche il Papa del Summorum Pontificum. Perché non puntare analogicamente, non dico all’unità, ma più modestamente alla pace, alla pace liturgica, concedendo anche ai fedeli della liturgia romana tradizionale queste agevolazioni “psicologiche” – in realtà dottrinali?
So bene, come anche lo sapeva Benedetto XVI, che questo non risolve alla radice il problema della riforma di Paolo VI. Si tenga presente, inoltre, che egli non aveva concesso l'indipendenza rituale, con uno o più ordinariati per la liturgia romana tradizionale, con cui alcuni tradizionalisti sognano ancora, anche se a mio avviso a torto. Egli aveva invece ideato una soluzione più fragile ma ricca di possibilità, consistente nel restituire diritti e legittimità al rito tradizionale – detto “straordinario” – all'interno delle parrocchie e delle diocesi. È stato un successo, un successo tale che la Roma di Papa Francesco ha tentato di chiudere le chiuse.
Adesso, nel 2024, lo stato della Chiesa è quello che conosciamo. I suoi numeri si stanno sciogliendo a grande velocità ed è attraversata da linee di frattura ravvivate dall'attuale crisi aperta dal documento Fiducia supplicans. Parliamo appunto della soluzione che Francesco ha tentato come in stato di emergenza contro questa rivolta crescente: la Congregazione per la Fede lascia la libertà agli episcopati del mondo di applicare o meno il suddetto documento. Non è evidente che, almeno inizialmente, è questa soluzione della libertà la soluzione del problema liturgico?
Non mi faccio illusioni e so che la mia voce ha poche possibilità di essere ascoltata. Ma lancio questo appello in questa settimana per l’unità 2024: per la pace della Chiesa, e in definitiva per il ritorno alla sua unità, date libertà a coloro che vogliono celebrare e partecipare alla tradizionale liturgia romana!
In questa settimana per l’unità, suggerirei che sia anche questa l'intenzione delle nostre “veglie” di preghiera a Parigi, per quanti recitano i loro rosari davanti agli uffici dell'arcidiocesi, 10 rue du Cloître-Notre-Dame, dal lunedì al venerdì, dalle 13 alle 13,30, a Saint-Georges de La Villette, mercoledì alle 17, e davanti a Notre-Dame du Travail, domenica alle 18. E più in generale, invito anche tutti i cattolici consapevoli dello stato della nostra Santa Madre Chiesa a pregare intensamente per questa intenzione questa settimana.