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Un anno di Fiducia Supplicans. Confusione, divisione nella Chiesa, rottura con Copti e Ortodossi

Grazie a Marco Tosatti per questa traduzione. QUI i post di MiL sulle benedizioni alle coppie omosessuali. " ACI Prensa – Matthew McD...

mercoledì 27 dicembre 2023

Come iniziò il secolo buio del Papato #fiduciasupplicans

Continuiamo, grazie alla Bussola, all'analisi storica delle vicende del papato.
Soprattutto in questi tempi bui di benedizione dei sodomiti e degli adulteri conviventi (QUI MiL): Catholic World Report – Larry Chapp (professore di teologia): "La Dichiarazione del DDF sulle benedizioni è un disastro: L'insegnamento morale della Chiesa, soprattutto in materia sessuale, è messo direttamente in discussione nella Fiducia Supplicans, e non è un caso.(…) Come al solito, gli "spiegatori" papali si affannano a cercare giustificazioni e spiegazioni che sono sempre più difficili da vendere a chiunque abbia prestato attenzione. (...) Purtroppo, il documento è solo l'ultimo di una serie di testi e documenti confusi in un papato confuso. Perché è necessario questo documento? L'innovazione di porre una distinzione tra i tipi di benedizioni sacerdotali, che rende alcune di esse "non liturgiche" e "non sacramentali", è problematica. (...) In altre parole, come ho detto a proposito del recente Motu proprio (ad theologiam provendam), il testo si legge come una conclusione in cerca di un argomento. L'unica ragione per queste distinzioni tra diversi tipi di benedizioni - e l'unica ragione per inventare un nuovo tipo di benedizione "non liturgica, non sacramentale" - è quella di giustificare la benedizione di persone in unioni sessuali peccaminose, pur potendo affermare che non c'è nulla di "formale”. (...) Questo piccolo passo (a più tappe) è diventato comune e noioso durante i dieci anni di questo papato. In primo luogo, si inizia affermando che "nessuna dottrina viene cambiata"; in secondo luogo, si passa rapidamente a parlare delle dottrine come "ideali di perfezione" a cui nessuno è completamente all'altezza - questo legittima il fatto di non applicare le dottrine in modo significativo alla vita delle persone reali che sono considerate "non ancora pronte" per il latte pieno del Vangelo. In terzo luogo, le dottrine in questione vengono tranquillamente e rapidamente accantonate "per ragioni pastorali”. (...) Pensare che ci sarà una distinzione netta e pulita a livello pastorale tra queste benedizioni e le benedizioni coniugali è sciocco, o peggio. Il contesto culturale è determinante nell'analisi e nel riconoscimento di ciò che questo documento vuole veramente fare. In parole povere, se il cardinale Fernandez e il Papa pensano che questa distinzione tra benedizioni liturgiche formali e benedizioni non liturgiche più informali reggerà nelle trincee della vita parrocchiale, allora o sono le due persone più ignoranti e ottuse che abbiano mai occupato quelle cariche, oppure sanno esattamente cosa stanno facendo.
Qualche analogia?".
Ad oggi hanno già dichiarato che non applicheranno il documento vaticano, lo vietano ai loro sacerdoti e rifiutano di impartire le benedizioni indicate dalla Fiducia Supplicans:
Qui l'elenco.
Luigi C.

Luisella Scrosati, La Nuova Bussola Quotidiana, 17-12-23

Le prime avvisaglie della crisi si ebbero per la successione di papa san Leone IV (790-855). L’alleanza con l’Impero carolingio era intanto divenuta deleteria per la Chiesa, sempre più mondanizzata. E al Soglio pontificio, a parte qualche eccezione, furono eletti uomini indegni.
La Chiesa, maestra di verità, ha sempre dovuto convivere con il fatto che spesso i suoi pastori e i suoi figli abbiano preferito la via dell’eresia. Analogamente, la Chiesa santa non solo vive abitualmente a contatto con il peccato dei suoi figli, purificandoli con i sacramenti e innalzando preghiere incessanti per la loro conversione, ma non di rado si trova ad affrontare periodi storici durante i quali il lezzo di gravi peccati sembra prevalere sul profumo dell’incenso, persino in coloro che sono chiamati al sacerdozio supremo.

Non solo eresie, dunque. Mentre in Oriente l’11 marzo 843, con una solenne processione di chiusura del Sinodo di Costantinopoli, fortemente voluto da Teodora (ca 815-867), madre dell’imperatore Michele III e reggente, venne definitivamente archiviato il capitolo iconoclastia, in Occidente ombre sempre più fitte si abbatterono sul Papato. L’alleanza con l’Impero carolingio, che aveva prodotto generosi frutti, stava però finendo con l’assorbire la Chiesa nelle logiche temporali e con un modo di vivere decisamente mondano.

Le prime avvisaglie di una crisi ormai prossima si ebbero per la successione di papa san Leone IV (790-855). Il nuovo eletto, Benedetto III (810-858), che venne letteralmente condotto a forza in Laterano per accettare la nomina, prima di essere ordinato vescovo (era prete cardinale) dovette attendere la conferma degli imperatori carolingi Lotario I (795-855) e Ludovico II il Giovane (822/825-875). Ma i due legati pontifici proposero in segreto agli imperatori di non confermare Benedetto III, bensì di prendere le parti di Anastasio Bibliotecario (ca 810-879), decisamente più favorevole a che la dinastia franca giocasse un ruolo più decisivo nella vita della Chiesa. Per un breve periodo si ebbero perciò un Papa legittimo, Benedetto III, e un antipapa, Anastasio.

Dopo appena tre anni di pontificato, a Benedetto successe un grande papa, san Niccolò (o Nicola) I, detto appunto Magno (ca 820-867), che era stato consigliere di Benedetto. Poco più di nove anni di pontificato, durante i quali il Papato acquistò grande vigore. Papa Niccolò affrontò con grande fermezza lo scisma del patriarca di Costantinopoli, Fozio (ca 810-897), e fu coraggioso e inamovibile nel difendere l’indissolubilità del matrimonio, quando Lotario II respinse la moglie Teutberga per sposare la concubina Waldrada. Un pontificato all’insegna della fortezza fu anche quello di Giovanni VIII (ca 820-882), che tentò in tutti i modi di resistere alle ingerenze imperiali. Una breve, intensa luce, prima del piombare delle tenebre.

Per un periodo di un secolo e mezzo, infatti, ben 44 papi si succedettero al Soglio pontificio, con pontificati mediamente molto brevi, finanche a durare solo qualche mese o qualche settimana (dall’896 al 904 ci furono addirittura nove papi); solo un papa meritò di essere canonizzato (Adriano III), mentre una dozzina furono uccisi o morirono in situazioni non chiare. La Sede Apostolica divenne preda di interessi di famiglie aristocratiche, che imponevano per lo più candidati incapaci, immorali, senza alcun vero interesse per il bene della Chiesa. Era questo l’esito di una troppo stretta commistione tra il Regno e la Chiesa, con sacerdoti che abbandonavano il gregge per partire in guerra con i loro signori, o per servirli a corte; i vescovi venivano scelti più per l’obbedienza al signore che alle leggi della Chiesa; le abbazie finivano nelle mani di dignitari laici; i beni della Chiesa diventavano benefici affidati dai signori ai propri vassalli; la simonia era il pane quotidiano. Sul piano sociale, continue scorrerie di Normanni, Magiari e Saraceni assestavano colpi ad un Impero ormai morente: spargevano sangue, seminavano paura, provocavano rovina, colpendo spesso e volentieri monasteri, chiese e proprietà ecclesiastiche.

La desolazione era ovunque e i vescovi cercavano di puntellare un edificio che crollava in ogni sua parte. Come nel Sinodo di Trosle (909), dove i vescovi descrivevano la situazione drammatica che caratterizzava buona parte dell’Impero carolingio: «Le città sono spopolate, i monasteri in rovina e in fiamme; la buona terra è diventata un deserto. Gli uomini vivono come primitivi, senza legge e senza timor di Dio, abbandonandosi interamente alle passioni, così che ognuno compie ciò che sembra giusto ai propri occhi in spregio alle leggi umane e divine e ai comandamenti della Chiesa; i potenti opprimono i deboli; il mondo è pieno di violenza contro i piccoli e gli indifesi; gli uomini rubano i beni che appartengono alla Chiesa e si divorano l’un l’altro come i pesci del mare».

In questo scenario di desolazione, la Sede Apostolica si trovò spesso occupata da papi non solo non all’altezza, ma decisamente indegni, e gli artigli del potere ormai dettavano legge. Il caso di papa Formoso (ca 816-896) è da questo punto di vista eclatante. Formoso si era trovato in mezzo ad una situazione difficile, che gestì in modo confusionario, riuscendo a inimicarsi il mondo intero: prima sostenne Guido II di Spoleto (855-894) per la corona imperiale e incoronò anche il figlio, Lamberto II (880-898), garantendo così la successione; poi cercò aiuto nel re di Baviera, Arnolfo di Carinzia (ca 850-899), per mettere fine alle continue razzie di Guido nei territori della Chiesa, riconoscendo Arnolfo legittimo imperatore. Ma alla morte di Guido, il giovanissimo Lamberto, forte del sostegno della madre Ageltrude, reclamò la sua incoronazione. E Formoso la riconobbe, inviando però in segreto un’ambasciata ad Arnolfo, perché intervenisse. Arnolfo scese in Italia, “liberò” Roma, ma mentre era in marcia contro il Ducato di Spoleto fu colpito da una paralisi. Formoso venne probabilmente avvelenato e morì il 4 aprile 896.

La sua morte però non mise fine alla confusione. Bonifacio VI (†896), che era stato scomunicato due volte sotto Giovanni VIII, probabilmente per condotta immorale, venne eletto papa in non si sa quale modo; tant’è che ancora oggi è dibattuto se sia stato realmente un papa della Chiesa cattolica. Il suo pontificato durò appena quindici giorni. Quindi venne eletto Stefano VI, che era in sostanza una marionetta nelle mani dei Duchi di Spoleto. E infatti si prestò per quello che la storia ha battezzato come il vergognoso “Sinodo del cadavere” (897): una vendetta macabra di Lamberto e di sua madre, che riesumarono il corpo di papa Formoso, lo rivestirono degli abiti pontificali, per processarlo alla presenza di Stefano VI, di cardinali e vescovi. Al cadavere vennero elencati sette capi d’imputazione; per ovvia mancanza di difesa, l’interessato fu condannato, le tre dita della mano destra con cui impartiva le benedizioni vennero mutilate, e il cadavere ingiuriato, portato in giro per Roma e infine gettato nel Tevere. Un vilipendio ripugnante anche per quei romani che non ebbero particolare ammirazione per papa Formoso. I quali, di fronte a tanta crudeltà ed empietà, insorsero. Stefano VI venne fatto prigioniero dal popolo indignato, condotto in prigionia a Castel Sant’Angelo e alla fine strangolato.

Ma questo era solo l’inizio della profonda umiliazione del Papato nel secolo buio.