Tra qualche giorno, il 20 novembre, ricorre l'annivesario della morte di Leonardo Sciascia (1989) che, sia culturalmente (fiero relativista illuministico) sia politicamente (prima comunista poi radicale), è indiscutibilmente lontano dal mondo e dagli ambieni cattolici degli anni '70. (qui Treccani, qui wikipedia).
Proprio per questo motivo quanto stiamo per ricordare di lui è tanto più genuino quanto più doloroso.
Proprio per questo motivo quanto stiamo per ricordare di lui è tanto più genuino quanto più doloroso.
Di lui, infatti, vogliamo ricordare questo aneddoto (di un'attualità impressionante): nel 1974 lo scrittore andò a Messa, nuovamente, dopo 25 anni di assenteismo, e la sentì, per la prima volta, in italiano rimanendone disastrosamente sconvolto per come era stata ridotta male la liturgia. +
Egli confidò che, mentre assisteva alla celebrazione, annoiandosi, fece un inevitabile confronto tra i riti e i testi pre-riforma (che per motivi anagrafici conosceva bene) e quelli riformati, in italiano. Da questo confronto ebbe un moto di disagio, di smarrimento, e infine di triste disgusto perchè si rese conto di come la grande liturgia della Messa che lui abbe modo di servire da bambino, era stata banalizzata e riempita di "insulse diciture"...
Di come quel "immobile macigno" (la Chiesa pre riforma), nel tentativo di inseguire il mondo, era stata sbriciolata in polvere e povere zolle ...
Di come il suo passato splendore era stato ridotto a squallido presente (prefigurazione di una inevitabile fine, che noi però sappiamo non potrà mai arrivare).
Una cosa ci colpisce molto: l'analisi profonda che lo scrittre colse all'epoca che oggi conferma ciò che noi (e il Cardinal Ottaviani ben più autorevolmente di noi) andiamo dicendo da anni: la banalizzazione della liturgia e l'abbandono del senso del mistero ieratico di certo formule secolari non lo aveva colpito solo da un punto di vista (pur importante) dell'estetica, "ma c'era invece, in quel che andava disordinatamente pensando, qualcosa di più remoto ed oscuro, qualcosa di più pericoloso".
In queste parole forse si può leggere la improvvisa consapevolezza che fulminò lo scrittore, intuendo che con la riforma liturgica non si volle solo rendere più semplice e fruibile la liturgia (da un punto di vista estetico-pratico), ma si volle far ben di più e ben peggio.
Una cosa ci colpisce molto: l'analisi profonda che lo scrittre colse all'epoca che oggi conferma ciò che noi (e il Cardinal Ottaviani ben più autorevolmente di noi) andiamo dicendo da anni: la banalizzazione della liturgia e l'abbandono del senso del mistero ieratico di certo formule secolari non lo aveva colpito solo da un punto di vista (pur importante) dell'estetica, "ma c'era invece, in quel che andava disordinatamente pensando, qualcosa di più remoto ed oscuro, qualcosa di più pericoloso".
In queste parole forse si può leggere la improvvisa consapevolezza che fulminò lo scrittore, intuendo che con la riforma liturgica non si volle solo rendere più semplice e fruibile la liturgia (da un punto di vista estetico-pratico), ma si volle far ben di più e ben peggio.
Questi suoi pensieri, Sciascia li affida nel romanzo giallo "Todo modo" (edito appunto del 1974 per i tipi di Einaudi ed.).
Il nostro antico redattore Giuseppe aveva scritto un post su queste riflessioni, e per chi volesse andarlo a rileggere può trovarlo qui.
Roberto
Ricordo bene quelle messe mano nella mano con la mia mamma .Lei assorta pregava e cantava ,guardando sempre l'altare , invece io ero sempre distratto. Di tanto in tanto la sua mano si stringeva per riportarmi all'ordine .Bastava uno sbadiglio,uno starnuto, non stare seduto composto o stare seduto come un sacco di patate e la mano , secondo il grado della mancanza ,si stringeva più o meno forte.In chiesa ricordo che c'era un buon odore:un mix di cera,di incenso, di naftalina ,di sapone di Marsiglia .....Sciascia aveva proprio ragione è la stessa sensazione che ho provato io quando tanti anni dopo son tornato a frequentare la Chiesa. Però quello è e con quello bisogna fare...
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