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martedì 21 novembre 2023

Santa Cecilia e il fine della musica in chiesa

Domani, 22 novembre, anche per il calendario V. O. ricorre la memoria di S. Cecilia vergine e martire. 
Offriamo ai nostri letori queste interessanti riflessioni di musica sacra.
"Preghiamo santa Cecilia perché il sacro non sia costantemente profanato con la folle idea che questo farà tornare la gente in chiesa, mentre contribuisce soltanto ad allargare il portone per quelli che escono".
Luigi C.

22-11-2022, Aurelio Porfiri, La Nuova Bussola Quotidiana

Cantantibus o candentibus organis? A proposito del dibattito sull’antifona dedicata a santa Cecilia, il musicologo Domenico Morgante ha dimostrato la fondatezza della versione tradizionale, che fa riferimento agli strumenti musicali. Ma la diatriba apre lo spazio per una riflessione sull’odierno uso della musica in chiesa...
Ogni 22 novembre si ha l’occasione di fare memoria di santa Cecilia, vergine romana del terzo secolo che fu martirizzata sotto l’imperatore romano Alessandro Severo. A Roma c’è la Basilica di Santa Cecilia, costruita secondo la tradizione sopra la sua casa e in cui la santa fu sepolta. Vi si trova la notissima statua di Stefano Maderno (1576-1636), che rappresenta il corpo di santa Cecilia come fu ritrovato durante dei lavori di ristrutturazione nel 1599.
Santa Cecilia è patrona della musica.
Secondo alcuni questo fu dovuto all’antifona in suo onore: “Cantantibus organis, Cecilia virgo in corde suo soli Domino decantabat dicens: fiat Domine cor meum et corpus meum inmaculatum ut non confundar” (Mentre suonavano gli strumenti musicali, la vergine Cecilia cantava nel suo cuore soltanto per il Signore, dicendo: Signore, il mio cuore e il mio corpo siano immacolati affinché io non sia confusa). Quindi gli strumenti avrebbero accompagnato Cecilia mentre pregava il Signore. Ci fu chi però contestò questa interpretazione, in quanto sembra che in alcuni codici le parole fossero candentibus organis, cioè gli strumenti (incandescenti) a cui ci si riferiva non erano quelli musicali ma quelli con cui la santa fu torturata durante il suo martirio.

Il musicologo e organista Domenico Morgante, autore tra l’altro di un romanzo dedicato proprio a santa Cecilia, avrebbe smentito questa ultima tesi con un suo prezioso articolo («Cantantibus» o «Candentibus» organis?, in “Musica”, n. 324, marzo 2021, 50-54) in cui dimostra la solidità della versione che tutti conoscono, cioè quella che fa riferimento agli strumenti musicali. Eppure ci sono ancora alcuni che difendono la tesi riferita agli strumenti di tortura.

Ricordiamo anche come a santa Cecilia si siano ispirate le società ceciliane in giro per il mondo, associazioni che hanno origine in Germania nel 1868, grazie all’iniziativa del sacerdote e compositore Franz Xaver Witt (1834-1888). Quindi il nome di santa Cecilia è particolarmente beneaugurante per i musicisti.

Ma cerchiamo di riflettere ancora un poco sull’interpretazione delle parole dell’antifona. Naturalmente io mi fido del giudizio del maestro Morgante che conosco e stimo. Però, abbandonando per un attimo la verità testuale, non ci sembra più appropriato al giorno d’oggi che, al momento della nostra preghiera liturgica, non è il pio suono degli strumenti musicali che ascoltiamo, ma che gli stessi sono usati come strumenti di tortura? Infatti, cosa c’è di più disdicevole che usare la musica in chiesa non per dare gloria a Dio ed edificare i fedeli, ma per dare gloria ai fedeli e profanare la maestà di Dio? Qualche anno fa potei parlare con un sacerdote già abbastanza anziano, missionario per molti anni, che mi assicurava che la musica in chiesa è principalmente per i fedeli, che deve essere per il loro intrattenimento. A questo punto, a che serve eseguirla in chiesa? Se è per i fedeli, ognuno la ascolta dove vuole, visto che poi non è molto diversa dalla musica commerciale che si può ascoltare ovunque. Ma è questa musica sacra? Naturalmente non lo è.

La vera musica sacra è quella che ci comunica la Presenza (come direbbe il grande mistico don Divo Barsotti), è quella che serve ad elevarci alla maestà di Dio e non rendere lui soltanto un uomo. Siamo già troppo immersi nell’umano che non ne abbiamo bisogno quando andiamo in chiesa, lì abbiamo bisogno di sentire quello che san Paolo (Atti 17,24-27) dice agli ateniesi sull'Areòpago e anche a noi: “Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è signore del cielo e della terra, non dimora in templi costruiti dalle mani dell'uomo né dalle mani dell'uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa, essendo lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa. Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l'ordine dei tempi e i confini del loro spazio, perché cercassero Dio [...]”. La musica sacra non può salire dall’uomo ma deve sempre essere la sublimazione in Dio dei suoi sentimenti e aspirazioni. Ecco perché è importante ricordare che si ha vera musica sacra solo quando si dà gloria a Dio per primo, la gloria che gli è dovuta come Signore e Creatore di tutto. Se non crediamo più a questo, se non crediamo più a Dio, allora cantiamo canzoni allegre per distrarci, perché se pensassimo a quella che sarebbe la tragedia di una vita senza senso, allora avremmo veramente di che disperarci.

Preghiamo santa Cecilia perché si trasformino gli strumenti, da incandescenti a cantanti. Preghiamo santa Cecilia perché il sacro non sia costantemente profanato con la folle idea che questo farà tornare la gente in chiesa, mentre contribuisce soltanto ad allargare il portone per quelli che escono. Preghiamo santa Cecilia perché ispiri prelati, vescovi, cardinali, papi e gli faccia veramente capire che - anche se Dio non ha in senso stretto bisogno di noi (come direbbe san Paolo) - noi abbiamo certamente bisogno di Lui.