Per la nostra rubrica sulla via pulchritudinis e sulla bellezza istruttiva dell'arte sacra, presentiamo questo commento su una tavola magnifica raffigurante la Presentazione della B.Maria Vergine al Tempio, che si commemora domani.
Viva Maria.
Luigi C.
Schola Palatina, Sara Magister | 23 Dicembre 2022
Niccolò di Bonaccorso, artista attivo attorno alla metà del Trecento, nella Presentazione di Maria al Tempio, basandosi sulle fonti, narra il prodigio, che permise alla piccola Maria, di soli tre anni, di percorrere una difficile salita di 15 gradini, tra la meraviglia dei presenti. Si riconoscono nell’opera, in dettaglio, le reazioni meravigliate di chi assiste al prodigio.
Niccolò di Bonaccorso è un artista nato a Siena e attivo attorno alla metà del Trecento, fino all’anno della sua morte avvenuta nel 1388. In questa città aveva compiuto la sua formazione e vi fu legato al punto da ricoprire cariche politiche all’interno del suo governo, ma la sua attività è attestata anche a Firenze.
In entrambi i luoghi, la sua produzione si concentrò soprattutto su opere di piccolo formato, impreziosite da un’attenzione miniaturistica, dall’uso dell’oro con intarsi e aggiunte di colore e dal colore brillante e smaltato, memore dei maestri senesi di primo Trecento, come Simone Martini e Ambrogio Lorenzetti.
Un unico complesso pittorico
La piccola tavola in esame, a oro e tempera (ca. 50×38 cm), non era stata concepita da sola, ma doveva piuttosto far parte di un complesso unitario, che ne includeva almeno altre due, realizzate dallo stesso autore attorno al 1380, identiche per dimensioni, gamma coloristica e tratti compositivo-stilistici.
Oltre alla nostra, una raffigura lo Sposalizio della Vergine (Londra, National Gallery) – che tra l’altro reca la firma dell’artista, confermandone l’attribuzione anche per questa – e l’altra l’Incoronazione della Vergine (New York, Metropolitan Museum – collezione Lehman). Non è escluso che altre ulteriori scene, per ora non reperite, facessero parte del medesimo complesso pittorico. Per quanto riguarda la loro originaria collocazione, un indizio sta nel fatto che la tavola fiorentina, prima di arrivare agli Uffizi, fosse presso l’Ospedale di Santa Maria Nova a Firenze, che ha in comune con le tavolette anche la medesima dedicazione alla Vergine.
L’evento raffigurato in quella in esame – la Presentazione di Maria al Tempio – è celebrato da entrambe le Chiese, cattolica e ortodossa, il 21 novembre ed è tratto dai Vangeli apocrifi, in particolare dallo Pseudo-Matteo (4,1), poi ripreso nell’Evangelium Nativitate Mariae e infine confluito nel compendio dettagliato sulle vite dei Santi, redatto da Jacopo da Varazze tra il 1260 e il 1298 circa, noto con il titolo di Legenda Aurea.
È questa la fonte principale, per la dovizia di dettagli in essa contenuti, cui attinsero col loro pennello tutti gli artisti fino ad oltre il Concilio di Trento, quando dovessero raccontare storie non rintracciabili nei testi canonici.
I molti piani pittorici
Il tempio di Gerusalemme viene reso da Niccolò di Bonaccorso attraverso un’elaborata architettura a padiglione ottagonale dal sapore gotico, ma anche vagamente classicheggiante, per le arcate semicircolari e i capitelli corinzi posti sulle esili colonnine. In alto, due simpatici angioletti ignudi, memori degli amorini classici, sorreggono un leggero festone di fiori e foglie.
La pavimentazione a motivi geometrici in bianco e nero – i colori tipici dell’architettura gotica toscano-senese – rende con vivacità di movimento il senso di uno spazio, che gioca su tanti piani pittorici, suggerendo non solo la profondità verso il fondo, ma anche verso ulteriori scorci laterali. La stessa griglia geometrica, inoltre, esalta la struttura piramidale della composizione, che confluisce verso il centro sacrale del tempio, posto in alto su di una gradinata, su cui svetta il tabernacolo con l’arca dorata.
La Presentazione di Maria al Tempio: il prodigio
Proprio la scalinata è una citazione delle fonti, le quali narrano che la piccola Maria, all’età di tre anni, era stata condotta dai genitori Gioacchino e Anna al tempio. Ma la posizione elevata dell’edificio imponeva di percorrere una serie di 15 gradini. A questo punto avvenne il prodigio, perché Maria, senza quell’aiuto che di fatto sarebbe necessario per una bimba così piccola, affrontò agilmente da sola la difficile salita.
Per questo, nella tradizione iconografica relativa a questo soggetto, ella percorre sempre da sola le scale, tra la meraviglia dei presenti, e viene accolta direttamente dal sacerdote presso l’altare.
Nella scena raccontata da Bonaccorso il talento dell’artista si riconosce nella piacevolezza narrativa che lo caratterizza, e che in realtà è un altro dei tratti distintivi della cultura pittorica entro cui egli si era formato, quella senese di fine Trecento.
Le reazioni
Si riconoscono quindi nel dettaglio le reazioni meravigliate di chi assiste al prodigio, ognuna diversa a seconda della personalità e della natura di chi la compie. L’uomo in rosso sulla destra si pone una mano al petto mentre guarda verso l’alto. Gioacchino si ferma ai piedi della scalinata in contemplazione assorta di quanto sta accadendo. La madre Anna, invece, per istinto di protezione si affretta a seguirla, mentre Maria è già arrivata in alto e con le braccia conserte la guarda serena e compiaciuta.
Delle altre donne dietro Anna, una cerca di incrociare lo sguardo delle compagne, per poter scambiare con loro le sue impressioni, altre due guardano Maria con stupore, mentre una terza sullo sfondo rivolge gli occhi in esterno, ad incrociare quelli dell’ipotetico spettatore.
Il sacerdote si comporta quasi come un padre adottivo – o meglio, come un nonno, vista l’anziana e veneranda età –, nell’accennare ad abbassarsi verso di lei, per accoglierla a braccia aperte. Dietro di lui un gruppo di fanciulle a braccia conserte attende di accogliere la piccola. Come loro, anche Maria, infatti, verrà lasciata nel tempio, per essere lì educata alla sapienza e alla gloria del Signore.
FONTE: Radici Cristiane n. 148