Facendo seguito al nostro post, in cui avevamo stigmatizzato l'infelice uso (o meglio, l'abuso) frequente e ingiustificato (nonchè illeggittimo) del rinnovo delle promesse battesimali durante le Messe capitolari nel Duomo di Modena, è nostra premura, sollecitati anche da molti lettori, pubblicare alcuni doverosi richiami alle norme liturgiche.
Esse prevedono come "Professione di fede" la recita del Credo (optando tra il simbolo niceno-costantinopolitano e quello detto "degli Apstoli") e NON le promesse battesimali, che restano previste solo per la Veglia di Pasqua (pag. 186 del Messale) e per l'amministrazione dei Battesimi (Rituale, n. 67) e delle Cresime (Rituale, n. 26, e 48).
Esse prevedono come "Professione di fede" la recita del Credo (optando tra il simbolo niceno-costantinopolitano e quello detto "degli Apstoli") e NON le promesse battesimali, che restano previste solo per la Veglia di Pasqua (pag. 186 del Messale) e per l'amministrazione dei Battesimi (Rituale, n. 67) e delle Cresime (Rituale, n. 26, e 48).
Dove la Chiesa nella sua grande sapienza ha ritenuto opportuno prevedere il rinnovo delle promesse battesimali, lo ha espressamente previsto. Ubi lex vòluit dìxit, ubi nòluit tàcuit Ove la Chiesa volle le promesse battesimali, lo disse. Ove non le volle, tacque.
Questo per dovere di precisione e di verità. Poi se chi non ama obbedire alla Chiesa, e vuole sempre prendere tutto alla "bersagliera"... faccia pure.
Poi è ovvio che se il sacerdote è pigro, e ha voglia di "spicciarsi" e trova lungo anche il Simbolo degli Apostoli, è sempre meglio che scelga di interrogare i fedeli con le promesse battesimali, invece che optare per formule assurde e profane (come fece don Fredo Oliveri della parrocchia di S. Rocco a Torino nel Natale 2018 qui), o ripiegare su un canto "cinematografico" (come Dolce Sentire, sempre don F. Oliveri nel Natale 2017 qui). Precisazione inutile ma visto il livello di certi "nostri" lettori...
Ma tornando nel merito delle norme liturgiche, leggendo l'Ordinamento Generale del Messale Romano e il Messale Romano (III ed. tipica 2020, ristampa 2021, con Traduzione Conferenza Episcopale Italiana, Edizione in lingua originale: © Libreria Editrice Vaticana Dicastero per la Comunicazione) troviamo le seguenti precise prescrizioni:
Ma tornando nel merito delle norme liturgiche, leggendo l'Ordinamento Generale del Messale Romano e il Messale Romano (III ed. tipica 2020, ristampa 2021, con Traduzione Conferenza Episcopale Italiana, Edizione in lingua originale: © Libreria Editrice Vaticana Dicastero per la Comunicazione) troviamo le seguenti precise prescrizioni:
CAPITOLO II - STUTTURA, ELEMENTI E PARTI DELLA MESSAIII - Le singole parti della MessaB) Liturgia della Parola- La professione di fede (pag. XXV)67. Il Simbolo, o professione di fede, ha come fine che tutto il popolo riunito risponda alla parola diDio, proclamata nelle letture della Sacra Scrittura e spiegata nell’omelia; e perché, recitando la regoladella fede, con una formula approvata per l’uso liturgico, faccia memoria e professi i grandi misteri della fede, prima della loro celebrazione nell’Eucaristia.68. Il Simbolo deve essere cantato o recitato dal sacerdote insieme con il popolo nelle domeniche enelle solennità; si può dire anche in particolari celebrazioni più solenni. Se si proclama in canto, viene intonato dal sacerdote o, secondo l’opportunità, dal cantore o dalla schola; ma viene cantato da tutti insieme o dal popolo alternativamente con la schola. Se non si canta, viene recitato da tutti insieme o acori alterni.
Quindi, secondo il Messale, per Simbolo o Professione di fede si deve intendere solo il "Credo", che è il "Simbolo" niceno-costantinopolitano o quello c.d. "degli Apostoli", così come specificato espressamente in diversi punti dell'OGMR o del Messale. L'alternanza è prevista solo tra questi due "simboli" (e non con altre formule, nemmeno fossero le promesse battesimali). E a dirlo non siamo noi, ma il Messale:
Primo (e chiarissimo), nella premessa Precisazione, pag. LII al n. 3:
3. Professione di fede (cf. OGMR 67) Quando è prescritta la professione di fede, si potrà usare il Simbolo niceno-costantinopolitano o quello detto «degli apostoli», proclamando con diverse formule la stessa unica fede. Sarà il criterio dell’utilità pastorale a suggerire l’uso di questo secondo simbolo, che pure è patrimonio del popolo di Dio e appartiene alla veneranda tradizione della Chiesa romana. Esso richiama la professione di fede fatta nella celebrazione del Battesimo e si inserisce opportunamente nel Tempo di Quaresima e di Pasqua, nel contesto catecumenale e mistagogico dell’iniziazione cristiana. Per una sua più facile memorizzazione, nella lettera e nel contenuto, è opportuno che il Simbolo apostolico sia usato per un periodo piuttosto prolungato.
Secondo: ale prescrizione (con esplicita limitazione di scelta tra simbolo niceno-costantinopolitano e simbolo degli apostoli) è ribadita anche nelle rubriche del Messale, per i sacerdoti pigri (o ignoranti) che non hanno avuto tempo (o voglia) di leggere l'OGMR: a pag. 322, nel Rito della Messa col popolo, nella parte Liturgia della Parola, al momento successivo al Vangelo (o all'omelia).
Terzo: al n. 137, a pag. XXXII (CAPITOLO IV - DIVERSE FORME DI CELEBAZIONE DELLA MESSA, I - Messa col popolo, n. A) Messa senza diacono, Liturgia della Parola):
137. Il Simbolo (Credo) viene cantato o recitato dal sacerdote insieme con il popolo (cf. n. 68), stando tutti in piedi. Alle parole: E per opera dello Spirito Santo... e si è fatto uomo, tutti si inchinano profondamente; nelle solennità dell’Annunciazione (25 marzo) e del Natale del Signore (25 dicembre) tutti genuflettono
quarto: al n. 275 pag. XL
275... b) l’inchino di tutto il corpo, o inchino profondo, si fa: all’altare; mentre si dicono le preghiere Purifica il mio cuore e Umili e pentiti; nel Simbolo (Credo) alle parole: ....
Non ci pare ci sia altro da aggiungere.
Sipario
Roberto