Anche attraverso la gastronomia medioevale si puàò capire la grandezza della civiltà cattolica.
(Qui altri nostri post sugli echi tridentini in gastonomia).
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Luigi
Il Cammino dei Tre Sentieri, 31 AGOSTO 2023, Corrado Gnerre
Anche attraverso un uso quotidiano come il mangiare si capisce quanto sia falsa l’immagine che solitamente si dà del Medioevo cristiano. La gastronomia era piena di colore e raffinatezza a dimostrazione di un atteggiamento positivo nei confronti della vita.
Che ai Medievali piacesse mangiare è risaputo; che piacesse mangiare anche in compagnia, è ugualmente risaputo. D’altronde è Michel Rouche, storico della gastronomia, a scrivere: “Il banchetto probabilmente non ha mai rivestito un ruolo tanto importante quanto in epoca carolingia.” Ma che anche la mistica medievale si occupasse dei “bassi” interessi culinari, questo forse non tutti lo sanno. Diciamocelo: quando pensiamo ai mistici cristiani –e soprattutto a quelli del Medioevo- ci viene spontaneo pensare ad un rifiuto totale del mondo e delle sue cose. Nulla di più sbagliato.
Prima di tutto, è proprio della spiritualità cristiana –e di quella medievale in particolare che di cristianesimo se ne intendeva, eccome!- la distinzione tra due tipi di mondo. L’uno, quello negativo, costituisce, insieme al diavolo e alla carne, uno dei tre pericoli per la salvezza individuale; è il mondo come potere e come ambizione, come interesse per la salvezza terrena e non per quella eterna; è quando si crede che la salvezza del corpo valga di più della salvezza dell’anima. L’altro concetto di mondo è invece cristianamente positivo. E’ il mondo come creato. E’ il mondo come materia, voluta e santificata da Dio. E’ il mondo come libro aperto attraverso il quale si può capire l’esistenza e la grandezza di Dio.
A parlare anche di questo secondo tipo di mondo fu proprio la spiritualità medievale. E’ risaputo quanto il Cantico delle Creature di san Francesco sia una sorta di “manifesto” antignostico. Era il tempo in cui il pericolo cataro era quello che era; e il catarismo era una sorta di nuova gnosi, di demonizzazione della materia e del corpo: il dio buono, creatore dello spirito; e il dio cattivo (il demiurgo), creatore della materia. Ma non solo san Francesco. Già molto tempo prima, agli albori, quando ancora non si può parlare pienamente di Medioevo, sant’Agostino si dilunga sul valore del corpo e della materia. E poi sarà un continuo, fino ad arrivare all’austero san Bernardo, che, malgrado la sua austerità, arriverà a dire: “Poiché siamo carnali, Dio fa che il nostro desiderio e il nostro amore comincino dalla carne.”
Ma torniamo da dove siamo partiti e cioè dall’interesse del Medioevo per la cucina. La spiritualità cristiana non è stata mai indifferente alla cucina; e la spiritualità medievale ancora di più. Certo, non è solo e non è tanto un interesse dettato dal fatto che un piacere materiale come il mangiare, purché sia lecito, è pur sempre un piacere cristianamente da valorizzare; quanto un interesse che muove da motivazioni spirituali. Direte: che c’entra la cucina con lo spirito? E’ presto detto.
I Santi sono stati i primi ad esser convinti dell’antropologia cristiana, cioè di quella concezione secondo cui l’uomo non è solo spirito ma è anche materia, e che questa (la materia) può influire sul benessere e sulle attività dello spirito. Con il mal di testa non si prega bene. Per non parlare della digestione. Quando è lenta e laboriosa ci si sente più nervosi, meno disponibili, forse più vulnerabili alle tentazioni. Molti Santi protomedievali e medievali insistono nel dare prescrizioni per il mangiare. Sant’Agostino dice che si mangi bene (s’intende, salvo i giorni di penitenza), ma ci si alzi dalla tavola sempre con un po’ di appetito. Prescrizione che può dispiacere, ma provare per credere se non è quello che serve per rimanere attivi dopo il pasto. E la regola di san Benedetto? Questa non parla anche di quanto e come devono mangiare i monaci? Ci sono prescrizioni a riguardo almeno in una decina di capitoli. Un’emìna al giorno di vino, dice l’Abate; che equivale ad un quarto di litro, ma c’è chi dice che san Benedetto intendesse di più. Non è poco. Evidentemente era più leggero del nostro, allungato con acqua…e non c’erano i riscaldamenti, per cui le calorie, anche quelle alcoliche, venivano bruciate rapidamente. Per non parlare delle mistiche più mistiche. Santa Ildegarda von Bingen visse nel XII secolo e fu autrice di importanti scritti (il Liber Scivias, il Liber vitae meritorum e il Liber divinorum operum), fu anche badessa di un numerosissimo convento, cultrice di scienze naturali e mediche nonché mistica e veggente che beneficiò di numerose visioni. Una casa editrice italiana ha pubblicato una raccolta di sue ricette, che ha per titolo: Ricette per il corpo e per l’anima, curato dalla studiosa Landis Eve. E’ un vero e proprio libro di cucina. Certo, ci sono tante minestre e decotti per i giorni di penitenza, cosi come ci sono ricette a chiara valenza spirituale, tipo la zuppa del povero peccatore i cui ingredienti, secondo gli studi di fisiologia di santa Ildegarda, dovevano facilitare nel peccatore pentito una sorta di rasserenamento. Ma ci sono anche piatti da leccarsi i baffi; per esempio, una mousse di datteri con crema e panna. Non male. O un piedino di vitello con erbe aromatiche. O, addirittura, nudeln (gli antenati degli spaghetti) con sughetto di burro, salvia e mandorle. Altro che durezza della Germania teutonica! Quella è venuta dopo…non a caso con la fine del Medioevo e con l’avvento del grigio e serioso Protestantesimo.
Dunque, una santa -austera, austerissima- che non disdegna di parlarci di buona cucina. E, torno a dire, non è un caso isolato. Il famoso trattato Menagier de Paris ci dice che nel Medioevo la tavola era molto curata, addirittura raffinata. Si dà grande importanza alla presentazione delle vivande e all’organizzazione generale dei pasti. Tanto è vero che un altro famoso storico della gastronomia, Jean Louis Flandrin, scrive: “I cuochi aristocratici del Medioevo si sono certamente trovati a sacrificare il piacere del palato al piacere degli occhi; una scelta che poi, dal XVII secolo, non è stata più accettabile.”
Ma permettetemi ancora un’altra considerazione. Salvo che nei giorni di penitenza, nel Medioevo, dinanzi ai commensali, non era raro lo svolgersi di pantomime giullaresche e di vere e proprie rappresentazioni teatrali. Si sa che è piacevole degustare e nello stesso tempo osservare. Quando si vede alla Tv un’importante partita di calcio vien sempre voglia di sgranocchiare qualcosa. Ebbene, fu l’uomo medievale a legittimare questo piacere, nella convinzione che bisogna avere cura anche dei minimi particolari per non farsi sfuggire alcun piacere, purché cristianamente lecito ed onesto.
Ricordiamole queste piccole (ma importanti) cose, quando pretendono di presentarci il Medioevo come un’età triste e tenebrosa.
E re e regine santi altri che i nostri governanti
RispondiEliminaAltro che secoli bui...nerissimi erano. Forse i nobili potevano stare bene in quanto sfruttando in tutto e per le classi sottoposte potevano godersela...fino ai 50 anni se tutto andava bene. Se no qualche piccolo malanno se li portava via prima. Nelle campagne la maggior parte delle persone lavoravano dalla alba al tramonto maschi e femmine senza aiuto di macchine o qualsivoglia tecnologia. Poi se rimaneva un po' di forza si ingravidava la propria donna, il matrimonio cattolico sacramento non esisteva, era una specie di promessa giurata. Da tale unione obbligatoria e non di piacere dovevano nascere figli in quanto forza lavoro necessaria...e potrei continuare ancora a illuminarvi sui secoli bui ma mi fermo per non deprimervi. Ma se lo chiedete continuo.
RispondiEliminaBè, ma ma non era mica colpa del "Medio Evo". Se per questo ai tempi dei romani si viveva ancora meno. E ai tempi dei Greci, idem. E nel 12'00 50 anni era l'età media anche in Medio Oriente (dove forse si viveva ancora un po' meno).
EliminaLo status dei "contadini" era lo stesso (se non peggiore) anche nei tempi precedenti il Medio Evo. E Cosa dire della divisione in caste che vigeve (e pure tutt'ora) in India?
Quello che rende NON BUIO il Medio Evo non è questo che lei giustamente ricorda (ma che era frutto del tempo, e ricevuto in eredità dai secoli precedenti) ma la cultura, l'arte, la voglia di migliorare, le scoperte tecniche (si pensi all'ingegno di architetti valenti e di tagliapietre straordinari che costruirono le cattedrali di tutta europa, alla sensibilità dei masti vetrai che le abbellirono con magnifiche vetrate e stupendi rosoni policromi). Senza Medio Evo non avremmo Dante, Federico di Svevia, Lorenzo de Medici, non avremmo lo sviluppo economico e commerciale di Firenze grazie ai Medici, di venezia, Non avremmo l'arte di Giotto (cappella degli scrovegni), i mosaici non avremmo la spiritualità di S Francesco, le scoperte di Leonardo (che trae vitalità proprio dagli "scienziati" medioevali), i tessuti pregiati delle Fiandre, non avremmo la filosofia scolastica, non avremmo la cultura latina, la mitologia romana le opere classiche (conservata, tramandata e trascritta per secoli dagli amanuensi benedettini) che poi hanno ispirato affreschi, soffitti, statue e palazzi (dal Rinascimento in poi).
Come sarebbe stato possibile che tanto ingeno umano si potesse sviluppare e fiorire
Insomma troppo facile dire che il Medioevo era BUIO solo perchè (purtroppo) era proseguita una condizione classista ereditata dalle popolazioni precedenti (quella latina, impoverita e peggiorata dalle invasioni barbariche) e che era comunque comune a tantissime parti del mondo (allora conosciuto).
Quindi, cerchiamo di liberarci da pregiudizi (politici? culturali? di ignoranza?) e abbiamo una visione complessiva delle cose. Certo, ogni epoca aveva i suoi difetti ma anche molti pregi che hanno permesso il progredire delle civiltà, il miglioramento di molti aspetti della vita, e il raggiungimento di nuovi traguardi.
Non è proprio come dice, con secoli bui si deve intendere il pacchetto completo, poiché quella cultura di cui tanto vanta il medioevo poi non portava a benefici per tutti ma solo per le classi nobili e alto clero. Oggi la cultura che ha mandato l'uomo sulla luna è per tutti. Certo permane l'esperienza classista, ma non si puo dire che non si può cambiare ceto sociale così come avveniva nei secoli bui, si c'erano delle eccezioni che confermano la regola. Ma non mi venite a dire che i mecenati e tutti gli artisti e uomini di cultura si preoccupavano di opporsi alla pena di morte alla tortura, allo jus primae noctis. Grazie alla mia ignoranza definisco bui quei secoli.
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